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Urania 1686: Serge Brussolo “Anatomik”

dicembre 24th, 2020

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Serge Brussolo, "Anatomik"

Serge Brussolo, “Anatomik”, Urania 1686, gennaio 2021

Kurt Angström è morto. Ma questo non gli impedisce di essere impiegato come spia dalla temibile ANATOMIK Biotech, un’azienda che, sotto la copertura di fornitrice di protesi bioniche, mira in realtà al controllo globale.

Chuck Ozzborn, un vero duro del Montana, è un reduce della guerra contro il Cartello Globale di Cozatalpa che ha messo in ginocchio l’America, costringendola ad accettare la libera, e anzi obbligatoria, circolazione delle droghe nel territorio degli Stati Uniti e il governo fantoccio “degli eunuchi”.  Veri eunuchi, non è un eufemismo.

Sua figlia Peggy Lee Ozzborn, alias Willa N., lavora per la ANATOMIK fornendo biografie fittizie agli spettri-spia, per aiutarli a combattere l’ansia da amnesia che affligge inesorabilmente tutti gli ectoplasmi, trasformandoli lentamente in poltergeist.

Ah, non dimentichiamo che la Terra è sotto attacco: tempeste di fulmini, forse provenienti dallo spazio, si stanno abbattendo su tutti i cimiteri del pianeta, risvegliando i fantasmi dei morti che, desiderosi di un corpo, non trovano di meglio che i corpi dei viventi come loro nuova dimora…

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Oscar Vault – “Middlegame” di Seanan McGuire

dicembre 22nd, 2020

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Oscar Vault

a cura di Beppe Roncari

“Middlegame” di Seanan McGuire

 

“Middlegame” di Seanan McGuire

“Middlegame” di Seanan McGuire

Vi siete mai chiesti cosa sia una mano della gloria? Basta che l’occhio cada sulla copertina del nuovo romanzo di Mondadori Oscar Fantastica per farsene una (macabra) idea e rendersi conto che le scienze alchemiche giocano un ruolo di primo piano in “Middlegame”. Seanan McGuire – nota al pubblico della sci-fi con lo pseudonimo di Mira Grant – è riuscita nella difficile alchimia di realizzare un urban fantasy godibilissimo anche da un pubblico generalista.

Questo young adult sui generis brilla per la pressoché totale assenza dell’elemento romantico, avendo per protagonisti dei gemelli identici, Roger e sua sorella Dodger.
Gemelli omozigoti di sesso diverso? Non è possibile, direte voi. E avete ragione, ma… è proprio qui che entra in scena l’alchimia, mescolata a una forte dose di biotecnologia.

Roger e Dodger sono stati geneticamente ingegnerizzati da uno scienziato-alchimista immortale di nome Reed, un costrutto creato con pezzi di cadaveri dalla più grande donna alchimista del secolo scorso, Asphodel Deborah Baker, scrittrice per bambini per hobby (sic!) e novella dottor Frankenstein.

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In ricordo di Vittorio Catani

novembre 24th, 2020

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Vittorio Catani

Vittorio Catani

Ci ha lasciati ieri, 23 novembre 2020, l’amato scrittore di fantascienza Vittorio Catani (Lecce, 17 luglio 1940 – Bari, 23 novembre 2020).

Nato a Lecce nel 1940 e vissuto a Bari, è stato una vera e propria colonna della fantascienza italiana, vincitore di numerosi premi, tra cui il primo Premio Urania e diciassette Premi Italia per la fantascienza.

Prolifico autore di racconti, raccolti nel 2007 nel volume “L’essenza del futuro”, dei suoi romanzi ricordiamo: “Il Quinto principio” (Supplemento n. 39 a Urania n. 1533), e “Gli universi di Moras”, quello che gli valse il Premio Urania nell’ormai lontano 1990.

 

Il ricordo di Franco Forte

 

«Vittorio Catani è stato una colonna della science fiction italiana, sia come autore sia come curatore di antologie, ma anche come fan appassionato, che ho avuto modo di conoscere fin da quando, poco più che maggiorenne, frequentavo le Italcon in giro per l’Italia, insieme ad altre centinaia di “fuori di testa che passavano il tempo a trastullarsi con le idiozie della fantascienza”, come qualcuno ci accusava in quegli anni.
Vittorio è stato per me un collega, un amico, un punto di riferimento, grazie alle cose bellissime che ha scritto. Ma c’è soprattutto un particolare che ricordo con forza, e che è stato un vero e proprio punto di svolta per la mia carriera di autore. Devo infatti a Vittorio Catani (e in parte anche a un altro grande della sf come Lino Aldani) se all’improvviso sono riuscito a fare lo scarto che mi ha portato dalla scrittura raffazzonata e dilettantesca che si alimentava di passione ed entusiasmo e poco più, a quella professionale e ponderata che mi ha consentito di arrivare ai massimi livelli dell’editoria.
Il tutto è cominciato quando Vittorio mi rifiutò un racconto per una antologia che stava preparando. Proprio così: il suo rifiuto, anzi, la motivazione del suo rifiuto, mi ha cambiato e mi ha fatto capire molte cose, spalancandomi gli occhi su un errore che commettevo nella mia scrittura, e che non mi consentiva di aprirmi a nuovi orizzonti, per migliorare e rendere i miei scritti più attrattivi per il lettore.
Non starò qui a spiegare di che cosa si trattava, perché dovrei farvi leggere la prima versione di quel racconto, quella rifiutata da Vittorio, e poi la successiva, riscritta dopo la sua motivazione, che mi ha letteralmente folgorato sulla via per Damasco. Dirò solo che si riferiva a quella che è la tecnica più complessa della scrittura (e di cui gli scrittori esordienti sono generalmente all’oscuro), ovvero la gestione del Punto di Vista.
Il rifiuto di Vittorio servì a scaldarmi l’anima: prima con il classico e tronfio atteggiamento dello scrittore esordiente che non accetta i rifiuti e, soprattutto, non vuole sentirsi dire che non sa scrivere come immagina; e poi con l’improvvisa consapevolezza che aveva ragione, eccome, e che da quel momento la mia scrittura poteva evolvere come non avevo mai creduto fosse possibile.
E infatti da quel giorno, da quando ho preso consapevolezza di quanto le bastonate sul coppino di Vittorio fossero corrette, per me le cose sono cambiate, e una dopo l’altra sono arrivate le vere soddisfazioni per chi ambisce a pubblicare a certi livelli.

Lasciatemi dunque ricordare Vittorio Catani non solo come un amico e un compagno d’avventura nel folle mondo della fantascienza, ma anche come uno dei maestri che mi hanno saputo indirizzare sulla strada giusta da percorrere per soddisfare i lettori come da sempre sognavo di fare.

Un retaggio che adesso io cerco di trasmettere agli altri, quando posso, senza mai dimenticare chi è stato il primo ad avermi aperto gli occhi. Ancora grazie, Vittorio…»  

 

Il ricordo di Enzo Verrengia

«Chissà se ora che si è spento nel corpo Vittorio Catani, in un altro stato dell’essere, visiterà Gli universi di Moras, le infinite realtà parallele da lui ipotizzate nel romanzo così intitolato con cui vinse il Premio Urania nel 1989 e l’anno successivo fu il primo italiano a venire pubblicato sulla storica rivista della Mondadori.

Sta di fatto che lui non si fermò mai a scenari riduttivi, inutilmente cervellotici e molto arzigogolati a vuoto di troppa fantascienza italiana del passato. Fin dagli inizi precocissimi, Catani evocò ed esplorò l’inconoscibile. Gli si addicevano fondali stellari o mutamenti epocali degli di Asimov, Clarke, Heinlein e i grandi maestri. Anche quando in una miniatura indimenticabile come “Replay di un amore”, narrava di un’anima trasferita nel computer per consentire a un sentimento di proseguire sotto forma di bit, Catani affrontava il tema con un rigore epistemologico lontanissimo dagli sperimentalismi fini a se stessi e l’azzeramento del linguaggio in gerghi generazionali. Tanto che il suo ultimo romanzo importante, “Il Quinto Principio”, è una summa del suo pensiero avvenirista, profondamente radicato nella speculazione scientifica, che delinea la presenza di una forza termodinamica occulta destinata alla distruzione delle basi stesse del reale.

“Catani è tra i pochi autori che io conosca capace di portare fino alle estreme conseguenze le proprie idee. Come si dice, lo scrittore pugliese è tra i pochi che non hanno mai paura di avere coraggio.” Un riconoscimento etico risolto in straordinario paradosso. Lo scriveva Ugo Malaguti, altro nume tutelare della fantascienza italofona, nell’introduzione a “L’essenza del futuro”, la monumentale antologia dedicata anni fa a Vittorio Catani nella quale interveniva anche un altro padre fondatore della fantascienza italiana, Lino Aldani: “L’aspetto che più colpisce della narrativa di Catani è la costante ricerca di un punto armonico di fusione tra il pessimismo delle sue configurazioni del futuro e la sua commovente speranza, esilissima, sicut parva lucernula, eppure imperitura, in qualcosa che tuttavia può intervenire a modificare tanta paventata negatività.”

A sua volta, lui dichiarò in un’intervista: “In Italia la fantascienza era ferma a modelli ottocenteschi (Verne anzitutto), facilmente slittava verso il fantastico o il soprannaturale. Negli anni ’50 apparvero i vari Asimov, Williamson o Van Vogt, e sembrò che sorgessero dal nulla. Mancava da noi la tradizione americana della narrativa popolare”.

Sì, perché l’intento della migliore fantascienza resta sempre quello di allargare gli orizzonti del pensiero nel più vasto pubblico di lettori possibile. Senza per questo assecondare le cosiddette “tendenze”.

Dietro tutto questo si profilava la figura concreta di Vittorio Catani. Nato a Lecce ma da sempre radicato a Bari, una capitale del meridione differente dalle altre. Avvantaggiata dal trovarsi sulle rotte verso e dal Levante, felice commistione di terziario, commercio e sviluppo. Non a caso, nei suoi dintorni sorge Tecnopolis, la città dell’informatica. Dal suo ufficio di direttore di banca in Viale Unità d’Italia, Catani conciliava l’impegno professionale con la vocazione creativa. Per il suo appartamento nel quartiere di Poggiofranco transitò, fra gli altri, John Brunner. Era l’epoca del fandom. Catani fondò proprio a Bari la rivista amatoriale THX1138, che pubblicò autori poi affermatisi.

E c’erano le convention, dove era possibile fare incontri mirabolanti, come quello che lo scomparso raccontava essere avvenuto una volta a Rimini con Robert Silverberg, che cercava disperatamente un bagno. Senza dimenticare una performance a Montepulciano nel 1986, allorché alla premiazione di un concorso per racconti fantastici, Alberto Moravia redarguì Luce D’Eramo per avere affrontato con il romanzo “Partiranno” un argomento fantascientifico: alieni sulla Terra. Catani guidò la pattuglia indignata che abbandonò la sala.

Una ricaduta importante della vittoria al Premio Urania fu la sua lunga collaborazione al quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, per il quale, oltre ad articoli di futurologia, curò una rubrica di costume, “Accadde… domani”, in cui si sbizzarriva a sviluppare le derive più originali della scienza, della società e del comportamento collettivo.

Sorprendeva che tanta energia intellettuale albergasse nella sua figura di gentiluomo, esile, contenuto e sobrio, che purtroppo da qualche anno era in dissolvenza terminale.»

 

Il nostro saluto e la nostra solidarietà vanno alla sua famiglia e a tutti gli affezionati di Urania.

Buon viaggio verso il prossimo, misterioso, universo parallelo.

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Oscar Vault – Il ciclo della Fondazione di Asimov in un Drago

novembre 10th, 2020

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a cura di Beppe Roncari

Il ciclo della Fondazione di Asimov in un Drago

 

Isaac Asimov "Fondazione – Il Ciclo Completo"

Isaac Asimov “Fondazione – Il Ciclo Completo”

Se siete alla ricerca della pietra fondante per la vostra biblioteca fantascientifica, la vostra attesa è finita. In occasione del centenario di Asimov, Mondadori ha pubblicato in un unico grande Oscar Drago l’intero ciclo della “Fondazione”. Tutti e sette i volumi in un’edizione titanica di 1476 pagine con sovraccoperta e cover disegnata da Lorenzo “LRNZ” Ceccotti, illustratore e fumettista italiano, e scelta tramite un sondaggio fra i lettori.
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Oscar Vault – Lord Dunsany, “Il libro delle meraviglie e altre fantasmagorie”

ottobre 5th, 2020

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a cura di Beppe Roncari

Lord Dunsany “Il libro delle meraviglie e altre fantasmagorie”

 

Lord Dunsany, "Il libro delle meraviglie e altre fantasmagorie"

Lord Dunsany, “Il libro delle meraviglie e altre fantasmagorie”

“I Farfurelli, com’è noto, prediligono la carne umana.” Basta l’incipit di un racconto per farci intuire tutta la forza inquietante e visionaria della fantasia onirica Lord Dunsany, al secolo Edward John Moreton Drax Plunkett (1878-1957).

Alcune delle opere più significative del grande scrittore irlandese, tradotto pochissimo in Italia, nonostante abbia profondamente influenzato autori del massimo calibro – fra gli altri H.P. Lovecraft, Jorge Luis Borges, J.R.R. Tolkien, David Eddings e Ursula K. Le Guin – sono state finalmente raccolte in un magnifico Drago Oscar Fantastica che racchiude “Il libro delle meraviglie”, “Demoni, uomini e dei”, “La figlia del re degli elfi”, “La maledizione della veggente”.

Il volume è arricchito dalle illustrazioni del pittore Sidney Herbert Sime, con cui Dunsany aveva stretto un proficuo sodalizio fin dai primi del Novecento. La collaborazione fra i due si rivelò talmente proficua che talvolta Dunsany dava delle indicazioni per una tavola illustrata a Sime prima di scrivere il racconto vero e proprio, per farsi ispirare e poi redigere una storia che rispecchiasse l’immagine dell’artista, ribaltando così il consueto connubio fra autore e illustratore.

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Distòpia al Loving the Alien Fest di Torino

settembre 15th, 2020

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Loving the Alien Fest 2020

Loving the Alien Fest 2020

 

Urania atterra al Loving the Alien Fest di Torino e lo fa in grande stile, con Franco Forte, editor e direttore della collana, che verrà “scansionato” – ops! Volevamo dire “intervistato” – da Silvia Casolari e Paolo Bertetti.

A seguire, la presentazione di “Distòpia, il Millemondi tutto italiano uscito questa estate nella nostra collana, con presenti alcuni degli autori della raccolta: Francesca Cavallero, Milena Debenedetti, Valeria BarberaAndrea Viscusi e Paolo Aresi.

In chiusura, prima della ripartenza della nostra astronave, potrete assistere anche alla presentazione con gli autori di due opere vincitrici del Premio Urania: “Il pugno dell’uomo” di Davide del Popolo Riolo (edizione 2019) e “Le ombre di Morjegrad” di Francesca Cavallero (edizione 2018).

 

Appuntamento dunque sabato 19 settembre al Loving the Alien Fest presso il Mufant, Torino, ORE 14.30 terrestri.

 

VI ASPETTIAMO!

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Urania Jumbo 13: Arthur C. Clarke e Gentry Lee, “Il giardino di Rama”

agosto 29th, 2020

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Arthur C. Clarke, “Il giardino di Rama”, Urania Jumbo n. 13, settembre 2020

Arthur C. Clarke, “Il giardino di Rama”, Urania Jumbo n. 13, settembre 2020

Arthur C. Clarke e Gentry Lee, “Il giardino di Rama”, Urania Jumbo n. 13, settembre 2020

 

Urania Jumbo di settembre vi dà il benvenuto a bordo di una delle astronavi più famose della fantascienza.

Per chi non la conoscesse, Rama è una mastodontica astronave cilindrica arrivata nel Sistema Solare nell’anno 2130. Ruotando attorno al proprio asse, la nave è capace di ricreare al suo interno un’illusione di gravità, oltre alle altre condizioni compatibili con la vita umana: è dotata di due poli, un mare interno e… numerosi segreti.

È a bordo di questa nave che avviene la prima nascita di un bambino nello spazio, la piccola Simone. Tutto sembra andare per il meglio, fin quando non hanno inizio una serie di anomalie.

Sulle rive del Mare Cilindrico, si stava svolgendo un incredibile spettacolo di luci. Per ore e ore, luminosi archi variopinti hanno illuminato le gigantesche spirali della calotta meridionale. Persino Simone era affascinata dalle lunghe colate gialle, blu e rosse che rimbalzavano tra le spirali creando mille arcobaleni nel buio.

I tre adulti a bordo, Nicole des Jardins, suo marito Richard Wakefield e Michael O’Toole, rimasti su Rama dalla precedente spedizione, capiscono ben presto di essere in viaggio verso una destinazione ignota, sempre più lontano dal Sistema Solare. Conosceranno finalmente i creatori di Rama? Scopriranno a quale scopo è stata creata la gigantesca nave, e soprattutto perché – fra tutti i possibili angoli del cosmo – si sia venuta a trovare proprio nelle vicinanze della Terra?

Ben presto, alcune delle loro domande trovano risposta, e una nuova sfida si prospetta per l’umanità: duemila persone verranno selezionate dalla Terra per essere portate su Rama insieme ai primi cosmonauti e la loro progenie, e dare vita a una nuova comunità.

È qui che le domande dell’equipaggio cambiano, e la nuova scommessa è questa: vinceranno gli alti ideali, o le bassezze del genere umano?

Preparatevi a un’entusiasmante avventura nel cuore dell’Universo e nel quazzabuglio dell’animo mano. Il tutto concepito dalla mente di uno dei padri della fantascienza, affiancato dall’esperto della NASA Gentry Lee.

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Urania Collezione 212: Harry Harrison, “Il vichingo in technicolor”

agosto 27th, 2020

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Harry Harrison, “Il vichingo in technicolor”, Urania Collezione n. 212, settembre 2020

Harry Harrison, “Il vichingo in technicolor”, Urania Collezione n. 212, settembre 2020

Harry Harrison, “Il vichingo in technicolor”, Urania Collezione n. 212, settembre 2020

 

C’è chi sfida le leggi della fisica sfrecciando a bordo di una DeLorean, chi volando in una cabina blu e chi con… un autocarro!

Gli affari alla Climactic Studio non vanno troppo bene. Per fortuna, Barney Hendrickson ha un asso molto speciale nella manica: all’interno di un vecchio capannone impolverato, infatti, sta facendo mettere a punto… un’autentica macchina del tempo.

Si tratta di un mostruoso macchinario costruito per un film horror, pieno di leve finte, a cui però un inventore pazzo ha realmente conferito il potere di viaggiare nello spazio e nel tempo.

È così che Barney, regista mediocre e senza prospettive, riesce a viaggiare fino alle isole Orcadi dell’anno 1000… a caccia di vichinghi.

Il regista è finalmente convinto di poter salvare la propria carriera. Il piano è semplice: condurre l’intera equipe indietro nel tempo e girare un magnifico film storico sulla vera scoperta dell’America… a bassissimo costo!

Preparatevi a immergervi elmo e ascia in The Technicolor Time Machine, una spassosa storia di viaggi nel tempo dai toni satirici, ricca di colpi di scena e deliziosi paradossi temporali… in puro stile hollywoodiano!

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Urania 1682: James L. Cambias, “Abisso profondo”

agosto 27th, 2020

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James L. Cambias, “Abisso profondo”, Urania n. 1682, settembre 2020

James L. Cambias, “Abisso profondo”, Urania n. 1682, settembre 2020

James L. Cambias, “Abisso profondo”, Urania 1682, settembre 2020

 

C’è vita sotto i ghiacci di Ilmatar.

A un chilometro di ghiaccio di profondità vive una razza aliena primitiva, e una squadra di scienziati subacquei, esperta in immersioni profonde, è stata mandata sul pianeta per studiarla a patto di non interferire con la civiltà nativa.

Pacifiche esplorazioni spaziali come questa sono possibili solo grazie alla tregua con gli Sholen, la prima razza aliena in cui si è imbattuta l’umanità, e che ha imposto ai terrestri di non disturbare l’ecosistema Ilmatariano.

Tutto procede per il meglio, almeno fino a quando uno dei membri dell’equipaggio, il  celebre scienzato-esploratore Henri Kerlerec, osannato dai media, non si mette in testa di infrangere il protocollo e di avvicinarsi agli indigeni indossando una speciale tuta stealth. Il tutto, ovviamente, con un cameraman al seguito.

D’altronde – pensa Rob Freemn – lo scienziato esperto di riprese subacquee che lo segue, “Metterli lì, proprio sul fondale marino di Ilmatar, ma proibendogli d’accostarsi ai nativi, era come dire a un branco di adolescenti arrapati che potevano stare nudi a letto assieme, ma senza toccarsi.”

Nel bel mezzo della spedizione segreta, però, un branco di Ilmatariani percepisce l’insolita presenza e, spinto da curiosità, si avvicina a quella bizzarra creatura con soli quattro arti… Henri viene catturato… e fatto a pezzi in un macabro ribaltamento dell’autopsia dell’alieno di Roswell.

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Oscar Vault – Frank Herbert, “Esperimenti e catastrofi”

agosto 24th, 2020

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Oscar Vault

a cura di Beppe Roncari

Frank Herbert “Esperimenti e catastrofi”

 

Frank Herbert, "Esperimenti e catastrofi"

Frank Herbert, “Esperimenti e catastrofi”

Dal genio del creatore di “Dune”, il Drago Urania “Esperimenti e catastrofi” raccoglie tre romanzi che, in modo diverso e originale, affrontano il tema tanto caro a Frank Herbert del rapporto fra uomo e ambiente.

Ne “L’alverare di Hellstrom” (1973) la fantascienza si fonde con lo spionaggio, sullo sfondo di un’enorme cospirazione sociale e politica ispirata al premiato documentario The Hellstrom Chronicle, del 1971. Sull’onda del successo dei film di fantascienza con mostri come le formiche giganti di “Assalto alla Terra”, gli autori del documentario avevano alternato alle riprese entomologiche degli spezzoni narrativi. Lo scienziato che vi compariva lasciava intendere che gli insetti avevano un’organizzazione sociale superiore a quella umana e che ci sarebbero sopravvissuti. Herbert dà al suo protagonista lo stesso nome e cita espressamente brani del documentario nei capitoli del libro. Hellstrom è un personaggio complesso, che ha abbandonato l’organizzazione sociale e morale degli esseri umani per quella dell’Alveare, una struttura in cui uomini e donne sono modificati geneticamente e chimicamente per vivere come insetti, al servizio del bene supremo della comunità. Il progetto va avanti da secoli, con lo scopo finale di sostituirsi a un’umanità asfissiata dal controllo di uno stato di polizia immorale e da una burocrazia corrotta. Paradossalmente, Herbert non sembra fare il tifo per i “buoni”, gli agenti di un’anonima agenzia governativa sulle tracce di Hellstrom e del suo misterioso “Progetto 40”, di cui l’agenzia vuole assolutamente impadronirsi, anche a costo di sacrificare i propri uomini.

“Esperimento Dosadi” (1977) ci porta nella fantascienza spaziale classica: l’uomo è solo una delle tante razze della Consenzienza, e i viaggi interstellari sono consentiti dalle stelle stesse, rivelatesi esseri intelligenti ed empatici, chiamati Calebani. Le civiltà aliene, come quella dei Gowachin, umanoidi anfibi che vivono in un perenne stato di paranoia e di sfiducia nei confronti degli altri, sono sviluppate da Herbert in modo realistico e verosimile. La massima espressione della civiltà Gowachin è l’arena legale, un’“arena” in senso letterale: durante un processo Gowachin nessuno è al sicuro, né gli avvocati né tantomeno i giudici, e l’unico esito possibile è la pena capitale. Nei rari casi in cui in cui un processo si concluda con un verdetto di innocenza, è usanza dei Gowachin linciare l’imputato uscito indenne, reo di aver richiesto senza motivo l’intervento della Legge. Dosadi è un pianeta deserto e mortifero su cui qualcuno ha organizzato un barbarico e segreto esperimento sociale di massa, costringendo milioni di Umani e di Gowachin a convivere nell’unica città fortezza e a lottare per la sopravvivenza in condizioni peggiori di quelle di un campo di concentramento, privati della memoria e isolati dalla Consenzienza da un impenetrabile barriera chiamata Muro di Dio. Come tutti gli esperimenti fantascientifici che si rispettino, anche quello condotto su Dosadi sfuggirà al controllo, con conseguenze inimmaginabili.

“Il morbo bianco” (1982) tocca le vette del filone della fantascienza catastrofista: un virus, modificato geneticamente allo scopo di vendicare un attentato dell’IRA, stermina quasi tutte le donne dei paesi incriminati (Irlanda, Gran Bretagna e Libia), per poi sfuggire al controllo del suo stesso creatore e minacciare la sopravvivenza dell’umanità intera. Il biologo molecolare responsabile del virus si rifugia proprio in Irlanda, iniziando una sorta di viaggio catartico insieme a un prete, a un ragazzo che ha fatto voto di silenzio e a uno dei terroristi dell’IRA responsabili dell’attentato in cui era stata trucidata la sua famiglia.

I tre romanzi di “Esperimenti e Catastrofi” si caratterizzano tutti per la feroce tensione fra la dimensione politica e quella del singolo. Pochi individui eccezionali, dei veri e propri superumani come il Kwisatz Haderach di “Dune”, sottoposti alle pressioni di una società oppressiva e stagnante, diventano il catalizzatore di un processo destinato a sconvolgere lo status quo, a livello planetario o galattico.

Come nel resto dell’opera di Herbert, le azioni dei singoli non hanno mai le conseguenze previste. C’è sempre una forza più grande in azione, la Natura, l’Evoluzione, la Storia. Le singole volontà individuali non sono altro che un’entità più grande in grado di enormi salti evolutivi pur di sopravvivere. Il mondo che ne emergerà “dopo” non sarà mai più lo stesso.

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