Urania1695: John Scalzi , “Il tesoro di Zarathustra”

settembre 27th, 2021

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John Scalzi , “Il tesoro di Zarathustra”, Urania 1695, ottobre 2021

John Scalzi , “Il tesoro di Zarathustra”, Urania 1695, ottobre 2021

John Scalzi, “Il tesoro di Zarathustra”, Urania 1695, ottobre 2021

 

L’unico collega di Jack Holloway su ZaraXXIII è Carl, fedele amico e compagno più o meno… addestrato. Carl infatti è un cane, il solo essere vivente con cui Jack abbia il piacere di trascorrere la sua giornata lavorativa, specie ora che si trova a 178 anni luce dalla Terra…

Dopo aver piazzato delle cariche esplosive sul crinale di una montagna, Jack e Carl fanno accidentalmente saltare in aria una parete rocciosa. Una di troppo, dato che qualche incidente con gli esplosivi lo avevano già avuto in passato.

La Zarathustra Corporation, stanca delle bizzarrie di Jack, decide seduta stante di revocare il suo contratto da prospettore. Tuttavia, la detonazione ha portato allo scoperto anche un ricchissimo giacimento di eliolite, uno dei materiali più preziosi dell’universo su cui Holloway, ormai libero da vincoli contrattuali, potrebbe vantare tutti i diritti di estrazione.

Di fronte alla scoperta la compagnia fa dietrofront, dimostrandosi all’improvviso bendisposta e premurosa nei suoi confronti, e Jack, da ex avvocato, approfitta della suo posizione di vantaggio per farsi assegnare una grossa fetta del tesoro. La ZaraCorp promette a Holloway una valanga di soldi, e tutto sembra andare per il meglio… almeno fino a quando un curioso bipede peloso si presenta a casa di Jack, seguito a stretto giro da un’intera famiglia di adorabili “tuttopelo”.

Grazie al contributo di Isabel, biologa residente sul pianeta (e sua ex fidanzata), Jack scopre che i piccoli bipedi pelosi potrebbero essere esseri sensienti di cui nessuno era a conoscenza, e questo crea un piccolissimo intoppo: i diritti di sfruttamento delle risorse del remoto pianeta da parte della ZaraCorp si basano interamente sul presupposto che il pianeta sia privo di forme di vita intelligente!

La comparsa degli adorabili esserini metterà Jack di fronte a un terribile bivio: pensare come al solito solo al proprio tornaconto personale, o difendere la vita di un’intera, pelosissima nazione?

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Urania 1673: John Scalzi, “Su la testa”

novembre 27th, 2019

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John Scalzi, "Su la testa", Urania n.1673, dicembre 2019

John Scalzi, “Su la testa”, Urania n.1673, dicembre 2019

John Scalzi

“Su la testa”

Urania n. 1673

Dicembre 2019

 

“Su la testa” (Head On, 2018) è ambientato nello stesso universo di “Chiusi dentro” (Lock In, 2014, Urania n. 1632), un futuro prossimo venturo in cui le vittime del morbo di Haden sono rimaste paralizzate e possono interagire con il mondo esterno solo tramite degli androidi soprannominati threep.

Alcuni Haden hanno iniziato a praticare l’hilketa, violenta combinazione di rugby e combattimenti fra gladiatori, dove i threep si affrontano con spade e martelli, cercando di fare goal con la testa dei giocatori avversari al posto della palla.

La violenza è spietata e la folla la adora, ma in fondo si tratta di corpi robotici e nessuno può farsi male davvero, giusto? Sbagliato.

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Urania ottobre 2021

ottobre 14th, 2021

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A ottobre, preparatevi a un atterraggio di massa… di ottime storie. Dove? In tutte le edicole e gli store online, ovviamente!

 

Con Urania Jumbo viaggeremo tra i diecimila pianeti artificiali di Yellowstone nel romanzo “I fuochi di Elysium” di Alastair Reynolds.

Urania Collezione ripropone un cult della fantascienza italiana, il divertentissimo “Memorie di un cuoco d’astronave” di Massimo Mongai.

E per Urania, ci allontaneremo appena 178 anni luce dalla Terra alla ricerca de “Il tesoro di Zarathustra” di John Scalzi.

 

E voi, in quale guaio cosmico vi caccerete?

 

Alastair Reynolds , “I fuochi di Elysium”, Urania Jumbo n. 24, ottobre 2021

Alastair Reynolds , “I fuochi di Elysium”, Urania Jumbo n. 24, ottobre 2021

Massimo Mongai, “Memorie di un cuoco d'astronave”, Urania Collezione n. 225, ottobre 2021

Massimo Mongai, “Memorie di un cuoco d’astronave”, Urania Collezione n. 225, ottobre 2021

John Scalzi , “Il tesoro di Zarathustra”, Urania 1695, ottobre 2021

John Scalzi , “Il tesoro di Zarathustra”, Urania 1695, ottobre 2021

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Tutti i mondi di Urania nel 2021

dicembre 11th, 2020

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Serge Brussolo, Anatomik,  Urania n. 1686, gennaio 2021

Serge Brussolo, Anatomik, Urania n. 1686, gennaio 2021

Cari lettori, buon Urania a tutti!

Il 2020 è stato (anche se ancora non è terminato concedeteci il verbo al passato) parecchio difficile per l’editoria, nonostante il mondo delle edicole abbia beneficiato della possibilità di continuare a offrire i propri prodotti al pubblico anche nei terribili momenti di lockdown. Ma certo la crisi economica scatenata dalla pandemia non ha fatto bene alle tasche degli italiani, e questo ha avuto delle conseguenze anche su Urania e su tutte le collane collaterali che trattano di fantascienza, argomento diventato quanto mai attuale, visto che siamo stati tutti sbalzati in uno scenario da science fiction catastrofica e distopica.

Per il 2021 la speranza è che si torni a un minimo di normalità, e allora ecco qualche anticipazione su ciò che Urania e sorelle proporranno ai lettori il prossimo anno, nei limiti di ciò che possiamo dare per assodato grazie a contratti sottoscritti con agenti e autori.

Urania

Partiamo con la collana madre, che a gennaio proporrà “Anatomik”, il nuovo ed esuberante romanzo di Serge Brussolo, un autore che in tanti ci chiedevano a gran voce e che siamo riusciti a riportare in collana con uno dei suoi romanzi più sorprendenti.

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Urania Dicembre 2019

dicembre 16th, 2019

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Ecco cosa potete trovare in edicola a dicembre! Frank Herbert, John Scalzi e Raphael A. Lafferty!
 

Frank Herbert, “Il morbo bianco”, Urania Collezione n. 203, dicembre 2019

Frank Herbert, “Il morbo bianco”, Urania Collezione n. 203, dicembre 2019

John Scalzi, "Su la testa", Urania n.1673, dicembre 2019

John Scalzi, “Su la testa”, Urania n.1673, dicembre 2019

Raphael A. Lafferty, “Storie di altri universi”, Urania Millemondi n. 85

Raphael A. Lafferty, “Storie di altri universi”, Urania Millemondi n. 85

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Urania 1632: Chiusi dentro

giugno 21st, 2016

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scalzi-coverContagiati da un virus globale, milioni di esseri umanicsi trovano paralizzati all’interno del corpo senza poter più muovere un muscolo. Li chiamano in molti modi: Haden, locked-in o “chiusi dentro”, ma la sostanza non cambia. Gli immobilizzati possono interagire con il mondo esterno solo attraverso due espedienti: piccoli robot che si muovono al loro posto oppure esseri umani consenzienti che ne ospitano la personalità, prestando il corpo. Uno degli integratori, come vengono definiti questi volontari, è sospettato di aver commesso un omicidio. La legge gli dà la caccia, ma quando un integratore porta dentro di sé la volontà di un Haden le sue tracce si fanno più labili e le sue motivazioni più confuse… Per questo bisogna capire chi abbia preso la decisione di uccidere.

JOHN SCALZI Nato nel 1969 a Fairfield, in California, è stato giornalista umoristico e redattore di “America Online”, ma dal 1998 è scrittore a tempo pieno. Ha pubblicato Uomini in rosso (Redshirts, premio Hugo 2013, “Urania” n. 1610) dopo essersi affermato con la serie di Old Man’s War, della quale fanno parte romanzi come Morire per vivere (2005) e Le brigate fantasma (2006). Scalzi, che è anche un prolifico autore di saggistica in campo scientifico, ha pubblicato Lock-In nel 2014.

EBOOK DISPONIBILE

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Urania 1610: Uomini in rosso

settembre 5th, 2014

uominiprev“Nella grande ammiraglia dell’Unione Universale, l’Intrepid, le uniformi hanno il colore della gloria.” Non credeteci. Hanno il colore dell’opportunismo, e chi comanda non porterà mai una casacca rossa. Chi comanda è al sicuro sui ponti più alti, mentre chi va incontro al nemico –­quando è il momento di affrontare l’ignoto, di rischiare la vita – sono sempre i sacrificabili. Quelli col petto rosso di coraggio, come dicono i bandi d’arruolamento, quelli col petto rosso di sangue. Andrew Dahl scoprirà tutto questo a bordo dell’Intrepid, dove lo hanno assegnato al prestigioso laboratorio di Xenobiologia. Perché nella missione c’è qualcosa di profondamente sbagliato, qualcosa che sa di inumano… più ancora dell’anatomia dei corpi alieni.

JOHN SCALZI Nato nel 1969 a Fairfield, in California, è stato giornalista umoristico e redattore di America Online, ma dal 1998 è scrittore a tempo pieno. Ha pubblicato Redshirts (Premio Hugo 2013) dopo essersi affermato con la serie di Old Man’s War, della quale fanno parte romanzi come Morire per vivere (2005) e Le brigate fantasma (2006). È anche un prolifico autore di saggistica in campo scientifico e divulgativo.

EBOOK DISPONIBILE

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Urania 1952-2012 prima parte

ottobre 9th, 2012

La famiglia Mondadori (Arnoldo, il figlio Alberto e l'editore Valentino Bompiani, con le signore)

Urania 1952-2012

Ovvero, come la macchina del tempo non si è mai fermata

Ottobre 1952: sessant’anni fa usciva il primo numero dei “Romanzi di Urania”. Novembre 1952, a distanza di un mese appariva nelle edicole anche “Urania” rivista. Per festeggiare la ricorrenza, vi anticipiamo quattro momenti della lunga avventura editoriale delle nostre collane. Il tutto dalle pagine del volume Il futuro alla gola: una storia di Urania 1952-2012 di Giuseppe Lippi che uscirà all’inizio del 2013 (per gentile concessione dell’editore Profondo Rosso, Roma).

Omaggio a Monicelli

Il re Giorgio

Nel raccontare la storia della nostra collana, molto spazio è stato dedicato alle figure dei fondatori, in primo luogo Giorgio Monicelli (1910-1968) che ha curato la rivista “Urania” e i suoi “Romanzi” fin dal 1952, partendo da un progetto che gli stava a cuore dall’anteguerra. Ma benché la figura di Monicelli sia diventata giustamente leggendaria, come quella di un Jules Verne o almeno uno Hugo Gernsback dei nostri lidi, non bisogna dimenticare che ben difficilmente un giornalista solitario ― per quanto nipote di Arnoldo Mondadori ― avrebbe potuto varare una nuova linea editoriale di successo. E’ per questo che va dato il giusto credito ad Alberto Mondadori (1914-1976), secondo figlio di Arnoldo e cugino di Monicelli, che fiancheggiava il padre nella direzione della casa editrice al tempo della rinascita. Nell’Italia di Giorgio Monicelli e Alberto Mondadori, si decise di varare non una, ma due collane di fantascienza: “Urania” sarebbe stata una rivista di racconti e rubriche; una collana parallela, “I romanzi di Urania”, avrebbe ospitato i testi più lunghi. Furono questi ultimi ad uscire per primi il 10 ottobre 1952, al prezzo di 150 lire per 160 pagine; la rivista di racconti avrebbe visto la luce il mese dopo. Il direttore responsabile delle due testate era Gino Marchiori, il curatore Monicelli. L’editor o meglio il publisher ― se volessimo usare in anticipo questi termini aziendali molto più recenti ― era Alberto Mondadori (che, in qualità di editore, non figurava nel tamburino redazionale). Per il momento “Urania” non aveva una redazione vera e propria: oltre ad esserne curatore, Giorgio Monicelli ne era anche redattore letterario e a volte traduttore. In seguito, i compiti più tipicamente redazionali sarebbero stati affidati ad Andreina Negretti, a sua volta abile traduttrice, che rimase l’unica responsabile del lavoro quotidiano dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, quando venne affiancata da Lea Grevi e poi da Marzio Tosello.

Ma per tornare ai tempi eroici di Monicelli, diremo subito che “Urania” rivista non fece presa come si era sperato e cessò le pubblicazioni nel dicembre 1953, dopo appena quattordici numeri. E’ un peccato, perché la formula della rivista di racconti avrebbe permesso di trasmettere appieno l’impatto della science fiction moderna, che negli anni Cinquanta aveva la sua punta di diamante nel racconto breve. Storie mature sul piano stilistico, ingegnose e spesso paradossali venivano pubblicate ogni mese nella moltitudine di riviste anglo-americane: in Italia se ne sarebbe avuta la prova definitiva qualche anno più tardi, con l’antologia di Sergio Solmi e Carlo Fruttero Le meraviglie del possibile (Einaudi, 1959). Nei quattordici numeri di “Urania” rivista sono raccolti numerosi capolavori della fantascienza: racconti come “Le maschere” di Fritz Leiber, “Terrore” di Richard Matheson, “Esodo nero” di Ray Bradbury (un episodio delle Cronache marziane), una versione breve di Fahrenheit 451 pubblicata con il titolo Gli anni del rogo, “L’ultimo marziano” di Fredric Brown, “I mangiatori di loto” di Stanley G. Weinbaum (un classico degli anni Trenta sempre fresco e attuale, o rara avis). Inoltre, la rivista mondadoriana avrebbe tradotto la produzione corrente di scrittori come John Wyndham, Katherine MacLean, John D. Macdonald, Damon Knight, Frank G. Robinson, Murray Leinster, Clifford Simak e Isaac Asimov, tolta dai mensili americani “Astounding Science Fiction”, “Amazing Stories”, “The Magazine of Fantasy and Science Fiction” e soprattutto “Galaxy”. Su “Urania” rivista non ci sono state concessioni alla nostalgia, al passato remoto, a velleitarismi di alcun genere. Il vezzo principale è consistito nel pubblicare, talora a puntate, romanzi per ragazzi come I vampiri di Venere apparso nel primo numero: un testo che, per quanto scritto da un noto astronomo come Philip Latham, venne condensato nella versione italiana ed era del resto, fin dall’origine, un prodotto per giovanissimi.

Si è dunque trattato di una bella e precoce pubblicazione soffocata dalla sorella maggiore, la collana di romanzi che avrebbe finito per surclassarla. Se “I romanzi di Urania” attecchirono è perché si diedero alla robusta forma dell’intrattenimento generale, del romanzo d’azione oltre che di idee. Ed escono tuttora, benché con il n. 153 del giugno 1957 la testata sia diventata “Urania” tout-court. L’ultimo numero firmato da Giorgio Monicelli come curatore è stato il 267, nell’ottobre 1961. Ma chi era il leggendario pioniere dei “Romanzi” e probabile inventore del neologismo “fanta-scienza”? Com’era cominciata la sua meteorica carriera? Le cose stanno così: Arnoldo Mondadori aveva cominciato l’attività editoriale insieme all’amico Tomaso Monicelli e ne aveva sposata la sorella, Andreina. A Tomaso erano nati due figli, Giorgio e Mario, sia pure da diversa madre. Giorgio, futuro fondatore di “Urania”, era un figlio illegittimo dell’attrice Elisa Severi e sarebbe cresciuto in casa dei Mondadori, sotto le cure personali della zia Andreina. Era nato a Tradate il 21 maggio 1910, sarebbe morto a Milano il 20 novembre 1968. Dalla prima moglie, Italia Buzzi (sposata nel 1937), aveva avuto tre figlie: Diana, Fede ed Eva. In seguito aveva abbandonato la famiglia per andare a vivere con Maria Teresa Maglione, detta “Mutti”, che collaborava con lui in campo editoriale e avrebbe tradotto numerosi romanzi sotto pseudonimo.

In un’intervista raccolta per “Urania”da Lorenzo Codelli nel 1997, il regista Mario Monicelli ci ha lasciato il seguente ritratto del fratello: «Giorgio era più grande di me di sette od otto anni: tra noi c’è un altro fratello, Franco, poi vengo io e quindi Mino che ne ha quasi cinque meno di me. Voglio precisare che Giorgio era figlio di un’altra madre, un’attrice teatrale molto nota ai primi del Novecento: mio padre aveva avuto con lei una relazione, ma la signora non aveva mai voluto sposarlo. Ricordo che da ragazzo andavo spesso a trovare Giorgio in casa dell’altra signora. Mio fratello aveva soltanto la licenza liceale, non so se si fosse mai iscritto all’università; trovò presto da guadagnare come traduttore e mio padre, da parte sua, aveva altre gatte da pelare, per cui non fece sforzi particolari per convincerlo a continuare gli studi. Giorgio è entrato alla Mondadori e piano piano si è fatto strada. Ha curato diverse collane e per la “Medusa” ha scoperto molte belle cose. Prima della guerra ha diretto anche dei settimanali, tra cui, mi pare, uno dedicato alla narrativa poliziesca che si chiamava “Il cerchio verde”. Era un appassionato di astrofisica, leggeva trattati divulgativi e ricordo che nei primi anni Trenta voleva spiegarmi la relatività di Einstein, una cosa che non capiva neanche lui! Credo che “Urania” sia nata da questa passione, Giorgio aveva avuto l’intuizione che dovesse essere una collana popolare. Leggeva l’inglese e quindi aveva a disposizione testi che non arrivavano in Italia. Traduceva anche, ma non parlava né capiva la lingua viva: aveva imparato l’inglese sulla carta e leggeva quei segni come fossero il sanscrito…

«Per cominciare, e prima di collaborarvi stabilmente, Giorgio acchiappò da Mondadori qualche traduzione dal francese; in seguito si trasferì a Milano ed entrò nella casa editrice come correttore di bozze e traduttore. Mio fratello era considerato un artista, un rompiballe; come il suo amico Cesare Zavattini non voleva orari fissi, arrivava in ritardo e perciò veniva continuamente multato. Facevano strani scherzi, da goliardi, come attraversare la stanza del direttore editoriale a piedi scalzi! Contrariamente a Zavattini, mio fratello non ha mai potuto o voluto fare lo scrittore vero e proprio. Aveva provato a scrivere qualche racconto, ma non ne era rimasto soddisfatto; io stesso ne ho letti un paio, ma erano cose truci piene di gente complessata che si uccideva. Comunque, ebbe sempre un certo rimpianto per questo abbandono. Giorgio passava le sue nottate con un tipo ancora poco considerato nell’ambiente, Giorgio Scerbanenco, giornalista e autore di racconti gialli ambientati a Milano in un’epoca in cui si doveva ambientare tutto in Inghilterra o chissà dove. Frustrati, gran bevitori di vino tutti e due, la sera erano sempre ubriachi, in quegli anni anteguerra. Durante la guerra mio fratello Giorgio entrò in una formazione partigiana; per un anno o due fu anche questore di una città importante, Varese mi pare. Alla liberazione del Nord tornò in ditta: Arnoldo Mondadori, durante il conflitto, era scappato in Svizzera per paura di requisizioni o sequestri, ma ora l’attività si andava riorganizzando. Voglio ancora dire che mio fratello è stato il primo ad aver tradotto in ltalia Malcolm Lowry, anche se quando lo scrittore venne in ltalia per conoscere il suo traduttore, i due non riuscivano a comunicare! Allora si misero a bere barbera e a sghignazzare, insieme a Scerbanenco, come si può immaginare. Giorgio è morto prima di aver compiuto sessant’anni, di cirrosi epatica…”

Giuseppe Lippi

(1 – continua)

L'illustratore Kurt Caesar

Un intervento di Giuseppe Lippi sul portale Mondadori

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Mario Monicelli parla di “Urania” e di suo fratello Giorgio

dicembre 2nd, 2010

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…Un altro legame di “Urania” con la settima arte è rappresentato dal maestro Mario Monicelli, fratellastro di Giorgio e uno dei grandi registi del Novecento. Le cose stanno così: Arnoldo Mondadori aveva cominciato l’attività editoriale insieme all’amico Tomaso Monicelli e ne aveva sposata la sorella, Andreina. A Tomaso erano nati due figli, Giorgio e Mario, sia pure da diversa madre. Giorgio, futuro fondatore di “Urania”, era un figlio illegittimo dell’attrice Elisa Severi e sarebbe cresciuto in casa dei Mondadori, sotto le cure personali della zia Andreina. Era nato a Tradate il 21 maggio 1910, sarebbe morto a Milano il 20 novembre 1968. Dalla prima moglie, Italia Buzzi (sposata nel 1937), aveva avuto tre figlie: Diana, Fede ed Eva. In seguito aveva abbandonato la famiglia per trasferirsi da Maria Teresa Maglione, detta “Mutti”, che collaborava con lui in campo editoriale e avrebbe tradotto numerosi romanzi sotto pseudonimo. In un’intervista raccolta per “Urania”nel 1997, Mario Monicelli ci ha lasciato il seguente ritratto del fratello:

 giorgio-monicelli.PNG «Giorgio era più grande di me di sette od otto anni: tra noi c’è un altro fratello, Franco, poi vengo io e quindi Mino che ne ha quasi cinque meno di me. Voglio precisare che Giorgio era figlio di un’altra madre, un’attrice teatrale molto nota ai primi del Novecento: mio padre aveva avuto con lei una relazione, ma la signora non aveva mai voluto sposarlo e quando sposò mia madre papà era scapolo. Ricordo che da ragazzo andavo spesso a trovare Giorgio in casa dell’altra signora.«Mio fratello aveva soltanto la licenza liceale, non so se si fosse mai iscritto all’università; trovò presto da guadagnare come traduttore e mio padre, da parte sua, aveva altre gatte da pelare, per cui non fece sforzi particolari per convincerlo a continuare gli studi. Per quanto riguarda me, non ho proseguito nelle mie ambizioni letterarie perché mi sono presto accorto di non avere alcuna possibilità in quel campo, ma m’interessava abbastanza il giornalismo; tutti a casa mia eravamo giornalisti, avevamo preso da mio padre Tomaso che era una firma celebre e si era dedicato alla professione subito dopo la licenza ginnasiale. Anche Giorgio ha cominciato così: è entrato alla Mondadori e piano piano si è fatto strada. Ha curato diverse collane e per la “Medusa” ha scoperto molte belle cose. Prima della guerra ha diretto anche dei settimanali, tra cui, mi pare, uno dedicato alla narrativa poliziesca che si chiamava “Il cerchio verde”. Era un appassionato di astrofisica, leggeva trattati divulgativi e ricordo che nei primi anni Trenta voleva spiegarmi la relatività di Einstein, una cosa che non capiva neanche lui! Credo che “Urania” sia nata da questa passione, Giorgio aveva avuto l’intuizione che dovesse essere una collana popolare. Leggeva l’inglese e quindi aveva a disposizione testi che non arrivavano in Italia. Traduceva anche, ma non parlava né capiva la lingua viva: aveva imparato l’inglese sulla carta e leggeva quei segni come fossero il sanscrito… A casa avevamo perlopiù libri in francese, non in inglese, oppure traduzioni francesi di autori anglosassoni. A quei tempi la lingua letteraria era ancora il francese, sia pure agli ultimi bagliori, e a scuola si studiava come prima lingua straniera. Personalmente ricordo di aver letto molti scrittori russi, da ragazzo (Dostoevskij, Gogol eccetera), ma in traduzione francese! l L’editoria italiana, allora, era balorda. In questo quadro era cominciata l’avventura di Arnoldo Mondadori, che inizialmente era solo un tipografo in un paesino sperduto della bassa mantovana, attaccato al Po. Arnoldo aveva sposato una sorella di nostro padre, suo compaesano, e i primi colpi di genio del futuro editore ebbero come scenario proprio la piccola Ostiglia, subito al di qua delle linee di guerra… Si parla della Grande Guerra, quella del ’15-’18. Mondadori aveva comprato una tipografia e insieme a mio padre, che come ho detto era giornalista, aveva fondato un foglio per i soldati al fronte. E’ lì che è cominciata l’attività mondadoriana: la miserabile tipografia degli esordi ottenne varie commesse dall’esercito e si ingrandì sempre più.«Per cominciare, e prima di collaborarvi stabilmente, Giorgio acchiappò da Mondadori qualche traduzione dal francese; in seguito si trasferì a Milano ed entrò nella casa editrice come correttore di bozze e traduttore. Non so granché di quel mondo: personalmente non ho mai lavorato a Milano né alla Mondadori, ho sempre fatto il cinema. Mio padre, nel frattempo, era diventato direttore amministrativo della Rizzoli, la concorrente di Mondadori, e Angelo Rizzoli s’innamorò del cinema, ebbe voglia di fare il cinema. Fu così che produsse La signora di tutti ( 1934), un film con Isa Miranda per il quale fece chiamare il regista Max Ophüls. A mio padre toccò il ruolo di amministratore generale in quel primo film; da giovane, del resto, aveva diretto una rivista di cinema intitolata “Lux et umbra”.«Intanto, alla Mondadori si cercava di organizzare le cose in modo un po’ più serio, all’americana, diciamo: orari, cartellini eccetera. Mio fratello era considerato un artista, un rompiballe; sia Giorgio che Cesare Zavattini si ribellavano a quelle novità, non volevano orari fissi e perciò venivano continuamente multati. (Zavattini aveva avuto un’esperienza alla Rizzoli che aveva lasciato per passare alla Mondadori. A quell’epoca era a capo dell’API, l’Anonima Periodici Italiani). Facevano strani scherzi, da goliardi, come attraversare la stanza del direttore editoriale a piedi scalzi! Contrariamente a Zavattini, mio fratello non ha mai potuto o voluto fare lo scrittore vero e proprio. Aveva provato a scrivere qualche racconto, ma non ne era rimasto soddisfatto; io stesso ne ho letti un paio, ma erano cose truci piene di gente complessata che si uccideva. Comunque, ebbe sempre un certo rimpianto per questo abbandono. Giorgio passava le sue nottate con un tipo ancora poco considerato nell’ambiente, Giorgio Scerbanenco, giornalista e autore di racconti gialli ambientati a Milano in un’epoca in cui si doveva ambientare tutto in Inghilterra o chissà dove. Frustrati, gran bevitori di vino tutti e due, la sera erano sempre ubriachi, in quegli anni anteguerra. Se Scerbanenco sapesse qual è la sua reputazione postuma, sarebbe molto felice! Durante la guerra mio fratello Giorgio entrò in una formazione partigiana; per un anno o due fu anche questore di una città importante, Varese mi pare. Alla liberazione del Nord tornò in ditta: Arnoldo Mondadori, durante il conflitto, era scappato in Svizzera per paura di requisizioni o sequestri, ma ora l’attività si andava riorganizzando. Voglio ancora dire che mio fratello è stato il primo ad aver tradotto in ltalia Malcolm Lowry, e quando lo scrittore venne in ltalia per conoscere il suo traduttore, i due non sapevano come comunicare! Allora si misero a bere barbera e a sghignazzare, insieme a Scerbanenco, come si può immaginare. Giorgio è morto prima di aver compiuto sessant’anni, di cirrosi epatica. Era malato e sempre scontento, forse perché avrebbe voluto fare il letterato… Pur non avendo mai letto “Urania”, perché la fantascienza non m’interessava affatto, ricordo bene le prime copertine, con quei colori bianco e blu: ma allora, cercavo più volentieri altre riviste letterarie»[1].  

[1] Mario Monicelli, dichiarazioni raccolte a Roma da Lorenzo Codelli e pubblicate in “Urania” n. 1322 (1997).  

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