Urania 1563: Rollback

settembre 29th, 2010

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Dopo l’acclamato Neanderthal Parallax, torna su Urania Robert J. Sawyer con una storia di ringiovanimento e comunicazione aliena.

Trentotto anni fa, nel 2010, arriva il primo radiosegnale intelligibile dallo spazio. A decifrarlo è soprattutto Sarah Halifax, ora un’anziana signora di ottant’anni. Ma le sue conoscenze sono così preziose che il milionario Cody McGavin decide valga la pena di finanziarne il ringiovanimento. Anche Don, marito di Sarah, viene ringiovanito, e anzi il procedimento funziona solo su di lui. Sarah si ritrova, vecchia e provata, di fronte a una doppia sfida: vedere la fine di un solido legame personale e sciogliere il dubbio del secondo segnale in arrivo dallo spazio. La risposta degli altri.

Robert J. Sawyer è nato in Canada nel 1960 e con il romanzo Killer on line (1995) ha vinto il premio Nebula. Urania ha pubblicato: Apocalisse su Argo (1990, n. 1364), Starplex (1996, finalista al premio Nebula; n. 1332), Mutazione pericolosa (1997, n. 1346), I transumani (1998, n. 1379), Mindscan (2005, n. 1525) e il ciclo del Neanderthal Parallax composto da: La genesi della specie (2002, premio Hugo 2003; n. 1536), Fuga dal pianeta degli umani (2003, n. 1542) e Origine dell’Ibrido (2004, n. 1547). Il presente Rollback è uscito in America nel 2007.

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Urania 1547: Origine dell’Ibrido

maggio 28th, 2009

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Si conclude su “Urania” di giugno l’acclamata trilogia di Robert J. Sawyer. Dopo Humans e Hominids, ecco finalmente Hybrids, ultimo volume del Neanderthal Parallax.

Mary Vaughan e Ponter Boddit, due scienziati che vogliono avere un figlio. C’è un ostacolo, però: lei appartiene alla specie Homo sapiens ed è nata nel nostro universo, lui è un Neanderthal evoluto e rappresenta la specie dominante di un mondo parallelo. La tecnologia per superare il gap biologico esiste: è nelle mani di uno scienziato Neanderthal che vive nelle solitudini del suo mondo. Il problema, tuttavia, non è come raggiungerlo, ma come superare la violenza e il razzismo di un pianeta pieno d’odio. Il nostro.

All’interno, il racconto “Korolev” di Paolo Aresi.

Robert J. Sawyer, canadese, nato nel 1960, con il romanzo Killer online (1995) ha vinto il premio Nebula. “Urania” ha pubblicato numerosi suoi romanzi, tra cui Apocalisse su Argo (1990, n. 1396), Starplex (1996, finalista al premio Nebula, n. 1332), Mutazione pericolosa (1997, n. 1346), I transumani (1998, n. 1379), Mindscan (2005, n. 1525). Dopo La genesi della specie (2002, premio Hugo 2003, n. 1536) e Fuga dal pianeta degli umani (2003, n. 1542), ecco Hybrids (2004) con la conclusione del Neanderthal Parallax, la sua più famosa trilogia.

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Urania 1542: Fuga dal pianeta degli umani

dicembre 22nd, 2008

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Su “Urania” di gennaio il ritorno Robert J. Sawyer con l’atteso seguito del suo brillante  La genesi della specie. Ecco quindi la seconda tappa della trilogia del Neanderthal Parallax, impreziosita da una fantastica copertina di Franco Brambilla.

La porta tra gli universi è stata chiusa e rischia di non riaprirsi più. Ponter Boddit, lo scienziato Neanderthal, è tornato nella propria dimensione lasciando un solo rimpianto nella nostra: la genetista Mary Vaughan. Per questo convince il consiglio a tentare un pericoloso esperimento: invitare Mary in visita ufficiale sulla Terra parallela in cui sono i Neanderthal, non l’Homo sapiens, la razza dominante. Mary accetta e si avventura fra le sorprese di un mondo capovolto, in cui tra uomini e donne non può esistere il minimo contatto. Ma è solo l’inizio dell’odissea in un altro spazio, un altro tempo.

Il canadese Robert J. Sawyer, nato nel 1960, è autore di numerosi romanzi, molti dei quali pubblicati su “Urania”. Ricordiamo Apocalisse su Argo (1990, n. 1369), Starplex (1996, n. 1332), Mutazione pericolosa (1997, n. 1346), I transumani (1998, n. 1379), Mindscan (2005, n. 1525). Il famoso ciclo del Neanderthal Parallax, cominciato con La genesi della specie (2002, premio Hugo 2003, uscito la scorsa estate su “Urania” n. 1536), prosegue qui con l’inedito Humans (2003).

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Robert J. Sawyer

luglio 9th, 2008

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Un profilo dell’autore canadese de La genesi della specie tracciato da Giuseppe Lippi.

robert_j_sawyer.jpgRobert J. Sawyer, canadese nato nel 1960, è considerato uno degli autori di punta dell nuova sf tecnologica. Di lui “Urania” ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Apocalisse su Argo (Golden Fleece, 1990), Starplex (id. 1996, giunto in finale al Premio Nebula), Mutazione pericolosa (Frameshift, 1997), I transumani (Factoring Humanity, 1998), Mindscan (2005).
Apocalisse su Argo, il suo primo libro, è stato proclamato da Orson Scott Card “miglior romanzo del 1990″ (su “Fantasy and Science Fiction”). Sawyer è l’unico scrittore canadese di SF a tempo pieno e vive a Tornhill, nell’Ontario, con la moglie Carolyne. Starplex è giunto in finale al Premio Nebula. Anche Mutazione pericolosa ha vinto un premio, questa volta in Spagna. Tra i suoi romanzi segnaliamo ancora Illegal Alien (1997), Far Seer (1992), Fossil Hunter (1993), Foreigner (1994), End of an Era (1994). Sono in opzione i diritti cinematografici di Illegal Alien e The Terminal Experiment, che, come anche Golden Fleece, sono una mescolanza di giallo e fantascienza. Far-Seer, Fossil Hunter e Foreigner compongono la cosiddetta “Quintaglio Ascension Trilogy” e raccontano le storie degli equivalenti extraterrestri di Galileo, Darwin e Freud rispettivamente. Con questo Hominids (2002, Premio Hugo 2003 per il miglior romanzo dell’anno) prende il via l’entusiasmante ciclo del Neanderthal Parallax, lasciato incompiuto dal precedente editore italiano e che “Urania”completerà prossimamente.

La bibliografia italiana completa è sul Catalogo SF, Fantasy e Horror a cura di Ernesto Vegetti.

G.L.

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Urania 1536: La genesi della specie

giugno 30th, 2008

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L’evoluzione umana potrebbe aver percorso altre strade… Sulle pagine di Urania torna Robert J. Sawyer, lo scrittore canadese che meglio di tutti ha saputo conciliare le solide basi scientifiche dell’hard sci-fi con l’attenzione ai risvolti psicologici dei personaggi.

Urania 1536 - Sawyer - La genesi della specieChi è Ponter Boddit, e cosa vuole nel nostro universo? Non è questione di razzismo – benché Ponter sia piuttosto brutto e abbia tutta l’aria di un parvenu – ma di elementare evoluzionismo: quell’essere è un Neanderthal! Ora, tutti sanno che i Neanderthal hanno perso, che al gioco delle specie più evolute hanno subìto il cappotto, venendo soppiantati dall’Homo sapiens. Ma forse gli uomini di Neanderthal hanno fatto fortuna altrove, forse abitano un mondo diverso e tuttavia reale da cui, a volte, si può ritornare. Se è così, Ponter Boddit, coltissimo scienziato Neanderthal, ha fatto semplicemente naufragio nella nostra poco ospitale realtà…

Robert J. Sawyer, canadese, classe 1960, ha vinto il premio Nebula con il romanzo The Terminal Experiment (1995). In “Urania” sono apparsi numerosi suoi romanzi, tra cui Apocalisse su Argo (1990, n. 1369), Starplex (1996, n. 1332), Mutazione pericolosa (1997, n. 1346), I transumani (1998, n. 1379), Mindscan (2005, n. 1525). Con La genesi della specie (Hominids, 2002) prende il via l’entusiasmante ciclo del Neanderthal Parallax, che “Urania” pubblicherà integralmente.

[Clicca sulla copertina per visualizzarla in formato grande, oppure clicca qui per vedere la quarta.]

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Urania Jumbo 27: Cory Doctorow, “Radicalized – Quattro storie dal futuro”

dicembre 29th, 2021

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Cory Doctorow, “Radicalized. Quattro storie dal futuro”, Urania Jumbo n. 27, gennaio 2022

Cory Doctorow, “Radicalized. Quattro storie dal futuro”, Urania Jumbo n. 27, gennaio 2022

Cory Doctorow, “Radicalized – Quattro storie dal futuro”, Urania Jumbo n. 27, gennaio 2022

 

In questo volume sono raccolti quattro racconti di Cory Doctorow che, attraverso il filtro della fantascienza, gettano nuova luce su temi di scottante attualità… con la stessa delicatezza con cui si getta la benzina sul fuoco.

Immigrazione clandestina, brutalità della polizia, malasanità, il controllo da parte delle grandi corporazioni su ogni aspetto della nostra esistenza: argomenti che sembrano usciti dai titoli dei giornali, si mescolano tra loro e danno vita a un cortocircuito esplosivo.

Nel primo racconto, ambientato in un futuro rigidamente diviso tra ricchi e poveri, dove l’uso di qualsiasi elettrodomestico è strettamente vincolato al proprio contratto con la rete di fornitura, e controllato tramite il sistema dei big data, una giovane rifugiata dalla fedina penale illibata si ritrova costretta dalla necessità ad hackerare prima gli elettrodomestici, poi gli ascensori di un intero condominio… con conseguenze inattese.

Il secondo racconto è dedicato al supereroe American Eagle, un campione di verità e di giustizia che ricalca da vicino la figura di Superman ed è osannato dalla gente. Almeno fino a quando non interviene per bloccare un brutale pestaggio della polizia ai danni di un uomo di colore, trovandosi catapultato in una prospettiva ribaltata dall’amaro sapore distopico.

Nel terzo racconto, un marito disperato si inabissa nel dark web per aiutare la moglie, colpita da un tipo rarissimo di cancro per cui l’assicurazione sanitaria rifiuta di pagare le cure. Scopre così che la disperazione unisce molte più persone di quanto non si creda, radicalizzandole e andando ad alimentare sentimenti di rabbia, con conseguenze estreme per una società “civile” da cui sono in tanti a sentirsi abbandonati.

L’ultimo racconto ci porta a un altro estremo: una fortezza nel deserto dove un ricco privilegiato geniale cerca rifugio dall’Apocalisse. Ma esiste davvero un luogo protetto da tutto e da tutti, da cui fuggire anche dalle conseguenze delle proprie azioni?

 

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Robert Silverberg

dicembre 22nd, 2010

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Nato nel 1935 da genitori ebrei, Robert Silverberg rappresenta un caso unico nella letteratura USA di fantascienza: il caso, cioè, di uno scrittore che ha cominciato a pubblicare senza alcuna apparente ambizione negli anni Cinquanta (legandosi ai mercati più umili e tradizionali) e che ha ripreso a scrivere negli anni Sessanta trasformandosi, nel giro di un decennio, in un artista maturo e personale, nonché uno dei profondi innovatori del genere. Attivo ancora negli anni Ottanta e Novanta, anche se non più col ritmo febbrile dei decenni precedenti, si calcola che abbia pubblicato oltre cento libri di science fiction e una sessantina al di fuori della narrativa.

Si distinguono, perciò, tre fasi nella sua carriera. Il primo Silverberg esordisce con un racconto del 1954, “Gorgon Planet”, e con un romanzo del 1955, Revolt on Alpha C (in italiano La pattuglia dello spazio, AMZ Editrice, 1960). E’ uno scrittore di avventura come tanti, si destreggia fra space-opera e storie d’azione o di mistero, nascondendosi volentieri dietro gli pseudonimi collettivi delle case editrici di pulp magazine, ma nel 1956 gli viene attribuito un tempestivo premio Hugo quale nuovo autore più promettente. Di quel periodo si ricordano i romanzi Master of Life and Death, 1957 (Padrone della vita, padrone della morte, tr. it. in “Galassia” n. 128, La Tribuna 1970), Aliens from Space firmato con lo pseudonimo di David Osborne (Stranieri dallo spazio, in “Galassia” n. 12, La Tribuna 1961), Invaders from Earth, 1958 (Invasori terrestri, Editrice Nord 1983) e Recalled to Life, 1962 (Anonima Resurrezioni, in “I romanzi del cosmo” n. 181, Ponzoni 1965). Su “Urania” appare Collision Course (1961) col fantasioso titolo de Il sogno del tecnarca.

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La bomba oltre la siepe

agosto 3rd, 2010

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Ovvero, come ce la cavammo dopo la fine del mondo… un intervento su Pat Frank a cura di Valentina Paggi e Giuseppe Lippi.

Quello che ai lettori piace di più, nei romanzi catastrofici, sono ovviamente le scene di catastrofe: quando l’uragano arriva, il finimondo è bello fresco e case e persone vanno a pezzi. Ma quanto dura? C’è un romanzo di Philip K. Dick, in italiano Cronache del dopobomba, in cui dopo un preavviso di una decina d’anni si scatena l’apocalisse e una pioggia di bombe H cade sulla California settentrionale. Dopo le prime scene veramente forti, in cui una villetta crolla in testa alla proprietaria (che però poi esce e va a fare l’amore col primo che capita) e un negozio cade intorno a un tecnico focomelico (che sopravvive a differenza del titolare, tranciato in due sulle scale), si instaura una sequela di situazioni normali o para-normali, in cui we get along nonostante il fallout. Dick è molto bravo a descrivere personaggi credibili e normali in situazioni tese, e Cronache del dopobomba potrebbe essere uno dei suoi bei romanzi realistici della California, da Confessioni di un artista di merda a Voci dalla strada; invece l’anno è il 1981, che per l’epoca era il futuro, e varie situazioni weird ci assicurano che siamo dalle parti della fantascienza. Il focomelico, per esempio, ha poteri paranormali ed è un genio della meccanica in grado di costruirsi una macchina che lo trasporti e faccia per lui il lavoro delle braccia e delle gambe. Una bambina di sette anni, Edie, ha un gemello sapiente accovacciato nel suo fianco e solo un ex-psichiatra, Stockstill, sa che le sue non sono fantasie. Un astronauta lanciato proprio il giorno della bomba continua a orbitare intorno alla Terra, esausto, senza che nessuno possa recuperarlo. Un ragazzo nero dimostra un talento geniale per gli affari eccetera, sicché, man mano che gli anni Ottanta scivolano via, la vita riprende come se niente fosse (o quasi). L’unico a rodersi il fegato come prima è il dottor Bluthgeld, che vorrebbe dire “Soldisporchi” come Strangelove voleva dire Stranamore. Bluthgeld è il fisico atomico, nato a Bucarest, che ha fatto esplodere per errore un fascio di bombe negli strati alti l’atmosfera, e questo una decina d’anni prima della guerra vera e propria. Dire che il rimorso lo perseguiti sarebbe un eufemismo: lui ha paura di essere riconosciuto e ammazzato, per cui emigra nella bucolica contea di Marin, si mette ad allevare pecore e spera di nascondersi sotto il nome di Jack Tree. I fisici atomici non saranno popolari, dopo la terza guerra mondiale, ma per il resto si cercherà di tirare avanti. Ecco, è a questo punto che il lettore di fantascienza catastrofica può sentirsi defraudato: va bene il mondo dipinto a colori smorti, va bene il sapiente realismo, mais où sont les bombes d’antan? Il macello, ov’è mai più?

Attenzione, verrebbe da dirgli, non essere precipitoso. Il caos, la deflagrazione, lo scoppio che si ripercuote senza fine, a ben guardare c’è. Solo che non provoca calcinacci e lingue di fuoco come nelle prime, bibliche pagine, ma terremoti, conflitti ciechi e orrori della mente. La vita dopo la bomba è come la vita nei cimiteri, si dice a un certo punto nel libro di Dick. Il terrore, la nausea, il rimpianto non sono tormenti inferiori a quelli somministrati dai diavoli dell’inferno, sebbene i personaggi più vitali sentano che nonostante tutto si può andare avanti. Lo stesso principio vale nel caso di un romanzo meno frequentemente ricordato di quelli dickiani, ma molto famoso all’epoca in cui apparve e ancora oggi circondato da un discreto culto internazionale: Addio, Babilonia di Pat Frank. Il libro, del 1959, potrebbe aver ispirato non solo qualche episodio del Dopobomba (che invece è del 1965), ma la stessa concezione del romanzo successivo. Lo dimostra il giudizio che ne dà in quarta di copertina Gianni Montanari, in occasione di una ristampa – vedi coincidenza – del 1981:

Addio, Babilonia elabora l’agghiacciante ritratto di un frammento di provincia americana alle prese con gli orrori del dopobomba, orrori che consentono all’autore una critica spesso impietosa di uno spaccato ideale del ceto medio del suo paese. A differenza di molte opere simili, infatti, questa aggredisce con coraggio la difficile indagine sotto un profilo precipuamente sociale e politico, connotando con tocchi sapienti un piccolo campionario di umanità capace di imprimersi indelebilmente nella mente dei lettori, e di rammentare loro che certe catastrofi sono sempre in agguato… anche se le armi finali mutano forma e nome”.

Il libro è l’opera di Harry Hart Frank, in arte Pat, giornalista e scrittore che fu anche consigliere del governo (come più tardi Paul Linebarger alias Cordwainer Smith e Alice Sheldon alias James Tiptree, jr.). Nacque a Chicago il 5 maggio 1908, visse a Washington e a New York e durante la Seconda guerra mondiale lavorò per i servizi d’informazione della Difesa, trasferendosi all’estero. Nel 1960 fu membro del Comitato nazionale del Partito Democratico, nel ’61 diventò consigliere del National Aeronautics and Space Council. Sempre nel 1961 ricevette un importante premio letterario, l’American Heritage Foundation Award. Morì a soli cinquantasette anni a Jacksonville, Florida, di pancreatite acuta. Ha pubblicato i romanzi Mister Adam (Mr. Adam, 1946), storia di una grave forma di sterilità che colpisce tutti i maschi e che in Italia uscì nella “Medusa”; An Affair of State (1948); Hold Back the Night (1952); Forbidden Area (1956), storia di un proditorio attacco sovietico all’America portata sugli schermi TV con Tab Hunter (nota anche con il titolo Seven Days to Never); e Addio, Babilonia (Alas, Babylon 1959). Nel 1962 Frank fece uscire il saggio How to Survive the H Bomb and Why (Come sopravvivere alla bomba all’idrogeno e perché), che potrebbe essere letto in un corso propedeutico ad Addio, Babilonia. (Tuttavia il romanzo sembra mettere in scena il consiglio opposto: come non è bene sopravvivere all’olocausto. Ma questo fa parte del dramma…). The Long Way Round (1953) è un libro di viaggi e memorie, mentre è uscito postumo (1967) un libro sulla guerra nel Pacifico intitolato Rendezvous at Midway – USS Yorktown and the Japanese Carrier Fleet, firmato da Frank con Joseph D. Harrington.

Benché il primo romanzo, Mister Adam, sia frequentemente citato a causa del tema genetico, il suo capolavoro resta Addio, Babilonia, un’opera che ha il respiro profondo del “novel” moderno ed è l’antitesi del racconto sensazionale. L’azione si svolge a Fort Repose, in Florida, una cittadina immaginaria ma basata su quella reale di Mount Dora. I personaggi sono molti, sfaccettati e credibili: Randy Bragg, leguleio senza uno scopo; il colonnello Mark Bragg, suo fratello, che gli dà l’avvisaglia del disastro; Helen, la moglie di Mark; Elizabeth Lib McGovern, l’attuale donna di Randy; il banchiere Quisenbery, il politico Logan, il medico Dan Gunn, l’ex-amiraglio Sam Hazzard, fino al presidente USA Josephine Vanbruuker-Brown, la prima donna eletta alla Casa Bianca come effetto dell’emergenza. Il bombardamento atomico della Florida è una delle catastrofi centrali del romanzo, ma gli Stati Uniti riescono nonostante tutto a vincere la guerra. Il prezzo è altissimo: i morti non si contano e il paese è ridotto a una potenza di trascurabile importanza, ricattata da nazioni dell’ex-Terzo mondo come il Venezuela e il Brasile. Alla conclusione del romanzo, Fort Repose sembra essere la sola città rimasta in piedi in Florida, costretta ad affrontare il futuro in una solitudine senza precedenti.

Come molti libri letti nella giovinezza, Addio, Babilonia (la frase deriva dalla Bibbia di re Giacomo, al capitolo 18:10 dell’Apocalisse: “Guai, guai immensa Babilonia, possente città: in un’ora sola è giunta la tua condanna!”), lascia nel lettore un’impressione indelebile che la rilettura adulta giustifica, per fortuna, ampiamente. È un libro degli anni Sessanta che si inserisce non tanto nella scia di Red Alert (1958), il romanzo di Peter George da cui sarà tratto Il dottor Stranamore, ma dell’Ultima spiaggia (On the Beach di Nevil Shute, 1957, che tuttavia parla dell’Australia) e annuncia Il buio oltre la siepe di Harper Lee (To Kill a Mockingbird, 1960), di cui condivide i toni psicologici e l’allarme politico. La metafora del buio al di là del giardino, e cioè la casa del vicino sconosciuto, è quella intorno a cui ruota il libro di Lee, impregnato dell’analisi di una comunità violenta e del tema del razzismo; il romanzo di Pat Frank, che pure è basato sull’esame di una cittadinanza, allude a un peccato più grave, più irreparabile che non “uccidere un mockingbird, cioè un mimo o un usignolo. Qui la vittima non è un uccello innocuo e canterino, non è la città di Babilonia ma l’umanità intera, suicida in un gesto di proporzioni bibliche. Non senza una nota di speranza, in fondo: se nel Buio oltre la siepe i tempi non sono ancora maturi per evitare la morte del pur innocente uomo di colore, in Addio Babilonia la Bomba è ’a livella. Ricchi e poveri, bianchi e neri non solo possono, ma devono convivere fianco a fianco per la sopravvivenza della comunità, e quando nel parco pubblico le due fontanelle con la scritta “solo bianchi” e “solo gente di colore” smettono entrambe di funzionare, l’antica differenza perderà di significato, e giovani studenti bianchi e neri sederanno vicini sui banchi di scuola (con ben cinque anni di anticipo sul Civil Rights Act del 1964).

C’è grande spazio infatti per i giovani, nella civiltà postatomica. I ragazzini, figli della Guerra Fredda e della paura della Bomba, sono quelli che accettano prima e meglio la nuova era, e i primi a gestire la situazione d’emergenza, mentre gli adulti ben inseriti nella società saranno le prime vittime del nuovo status quo: il banchiere si rifiuterà di accettare l’idea di un mondo in cui il denaro equivale a carta straccia, gli anziani di abbandonare l’albergo privo di risorse di sopravvivenza, e gli avidi di separarsi dai gioielli contaminati che pur costituiscono un pericolo mortale. Del resto un’impietosa selezione naturale fa sì che anche i malati e i più deboli siano i primi a soccombere in un mondo che non si può più prendere cura di loro, ma che nonostante tutto continua ad andare avanti. 

E dunque, lungi dai facili finali moraleggianti, la verità, paradossale, sarà questa: in una civiltà resa più “dura” e “pulita” dalla scopa manzoniana dell’atomica si prospetta un futuro – anche se remoto – che potrà reggersi soltanto sull’energia nucleare. Non c’è un’accusa della tecnologia tout court, semplicemente dell’uso improprio che può farne l’uomo.

Quel che convince di più è che il romanzo non si riduce, banalmente, al ritratto di “una catastrofe” o del “mondo dopo l’olocausto”: libri come questo sono in realtà esercizi di stile sulla vita di un campione di gente qualsiasi. La guerra atomica è il catalizzatore, ma le storie che seguono provengono dall’ambiente di tutti i giorni, da angosce che rodono l’anima, sensi di colpa sfibranti e la pace che non c’è più (se mai c’era stata).

Valentina Paggi e Giuseppe Lippi

Bibliografia Italiana di Pat FRANK (ps. di Harry Hart FRANK)

A cura di Andrea Vaccaro

(I titoli dei racconti sono in tondo, fra virgolette, quelli dei romanzi in corsivo. Le opere sono indicate in ordine alfabetico di titolo italiano, senza tener conto dell’articolo)

Addio, Babilonia (Alas, Babylon, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1959)
La Bussola n. 3 [SFBC 17], Casa Editrice La Tribuna, 30 giu. 1965
Biblioteca Universale Rizzoli L L337, Rizzoli, lug. 1981

“L’isola della morte”(non indicato)
         Supergiallo. Settimanale di Racconti Polizieschi n. 19, Tip. Novissima, 24 ago. 1946

Mister Adam (Mr. Adam,  J.B. Lippincott, Philadelphia, 1946)
         Medusa CCXXXVII, Mondadori, set. 1949

Altre opere, non tradotte in Italia (dei romanzi viene indicato il genere all’interno di parentesi quadre)

An Affair of State, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1948 [fantapolitica]
“The Bomb”, Colliers, Jul 8 1939
“Burden on the Family”, The Saturday Evening Post, Apr. 29 1950
“Capital Gains”, Cosmopolitan, Dec. 1955
“The Christmas Bogey”, This Week Literary Cavalcade, Dec. 1955
“Complete Protection”, Colliers, Jul. 15 1939
“Danger in the Stars”, Redbook, Feb. 1955
“A Date in Bethesda”, Colliers, Apr. 1 1944
“Deciding Score”, Colliers, Jun. 4 1949
“The Empty Desert”, The Saturday Evening Post, Mar. 17 1962
Forbidden Area, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1956 [fantapolitica]
“The Ghosts of Montfaucon”, Liberty, Jan. 10 1942
Hold Back the Night, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1952 [guerra]
How To Survive the H Bomb And Why, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1962 [saggio]
“Ill Wind”, Colliers, Sep. 14 1946
“In Enemy Hands”, The Saturday Evening Post, Dec. 6 1958
“The Last Man on Puang”, Colliers, Aug. 5 1939
The Long Way Round, J.B. Lippincott, Philadelphia, 1952 [diario di viaggio]
“The Loneliest Island”, Colliers, Apr. 20 1946
“The Madman”, Argosy, Sep. 1947
“The Man Who Told the Truth”, Bluebook for Men, Feb. 1961
“Midget’s Moon”, The Saturday Evening Post, Mar. 7 1959
“The Nightmare”, Playboy, Feb. 1964
“On Edge”, Colliers, Jul 22 1950; EQMM, Aug. 1954
“Only the Brave”, Woman’s Home Companion, Dec. 1939
“The Pentagon Spy”, The Saturday Evening Post, Feb. 23 1957
“Prexy Was a Pin-Up”, The Saturday Evening Post, Oct. 23 1954
“Russian Agent”, The Saturday Evening Post, Mar. 17 1951
“The Skipper Couldn’t Take It”, Colliers, Mar. 14 1942; Argosy (UK), Jul. 1942
“Stranger in the Sky”, The Saturday Evening Post, Dec. 7 1957
“Target: Treason”, Colliers, Jun. 22 1946
“This One Is on the House”, Playboy, May 1958
“Victory”, Country Home Magazine, Sep. 1939

La bibliografia italiana completa è sul Catalogo SF, Fantasy e Horror 
La bibliografia in lingua inglese è alla pagina dell’Internet Speculative Fiction DB.

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