Addio a Riccardo Valla (1942-2013)

gennaio 15th, 2013

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Dopo una vita spesa a pubblicare, tradurre e scrivere di fantascienza (ma non solo), l’ingegnere-letterato Riccardo Valla è scomparso in un lampo. No, non come Romolo rapito dalla folgore, ma in modo altrettanto improvviso, mentre faceva una passeggiata nel quartiere dove viveva, a Torino. Erano da poco passate le quattro del pomeriggio: ha avuto un malore, un passante lo ha visto barcollare e farsi rosso in viso. E’ caduto sul marciapiede dove è rimasto senza vita. Nessun preallarme, nessun esame cardiaco sospetto. Così, a poco più di settant’anni, esce di scena uno dei due o tre personaggi che hanno reso possibile la diffusione della fantascienza in Italia, avendo creato praticamente dal nulla il catalogo dell’Editrice Nord negli anni Settanta. Quello che Valla ha dato di fondamentale – a parte le scelte oculate e felici, e le ottime traduzioni – è la visione storica della fantascienza: con lui, per la prima volta, è stato possibile conoscere il genere in prospettiva dagli anni Venti ad oggi, cosa che i precedenti benefattori del genere, in primis Roberta Rambelli, non avevano potuto fare, preferendo concentrarsi sulla scena contemporanea. Inoltre, avendo una notevole preparazione scientifica (aveva cominciato come redattore di Boringhieri), Valla sapeva cogliere non solo l’impatto sociale e letterario della fantascienza, ma anche quello tecnico, in rapporto ai progressi delle scienze ufficiali o immaginarie. Ultimamente si chiedeva se la scienza possa provocare emozioni come la sua controparte fantastica. Per lui certamente la scienza non bastava, perché aveva l’animo del critico e dello scrittore: ma era stato il primo impulso, e quello fondamentale di uno sviluppo intellettuale rigoglioso. Pur senza alcuna spocchia, dunque, Riccardo Valla è stato uno dei rari conoscitori della sf intesa non solo come genere d’intrattenimento, ma fenomeno artistico e di costume dal ricco bagaglio ideale. La sua astronave era una penna, un regolo: la fantasia non gli mancava, ma governata dal buon gusto e dal ben dell’intelletto. “Urania”, in particolare, saluta l’amico e collaboratore da oltre trentacinque anni, il fine traduttore e l’ineguagliabile giurato del Premio. A lui cercherà di ispirarsi  anche in futuro.

G.L.

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Urania Collezione 120: Frugate il cielo

dicembre 30th, 2012

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Una galassia di mondi fossilizzati, dove ogni società vegeta stancamente, chiusa in se stessa, senza ricordi e senza desideri: la situazione che si trova di fronte Ross, l’intraprendente eroe di questa brillantissima odissea. La sua missione, che è poi quella di scoprire da dove vengano gli uomini, lo conduce di mondo in mondo in una girandola di peripezie, di scoperte, di sorprese, di colpi di scena che fanno di questo romanzo uno dei capolavori riconosciuti della fantascienza americana.” Carlo Fruttero & Franco Lucentini

Frederik Pohl (1919) e Cyril M. Kornbluth (1923-1958) hanno collaborato a quattro importanti romanzi di fantascienza: I mercanti dello spazio (The Space Merchants, 1953), Frugate il cielo (Search the Sky, 1954), Gladiatore in legge (Gladiator-at-Law, 1955) e Il segno del lupo (Wolfbane, 1957). Al di fuori del genere hanno scritto i romanzi: A Town Is Drowning (1955) e L’anno del presidente (Presidential Year, 1956). Dopo la prematura morte di Kornbluth, Pohl ha continuato da solo una prolifica attività di romanziere, antologista, critico e editore. I nomi di Pohl e Kornbluth, insieme a quelli di Damon Knight, Robert Sheckley e pochi altri, rappresentano il meglio della cosiddetta “social sf” degli anni Cinquanta.

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La terra al tramonto (1590)

dicembre 30th, 2012

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Avremmo potuto intitolare questo numero di “Urania” Storie dal crepuscolo di un mondo / 3, in omaggio alle due precedenti raccolte uscite nei numeri 1567 e 1580. Ma il nuovo volume è così speciale da meritare un posto e un titolo a sé. Gli abitanti della Terra morente sono atterriti e hanno convocato i massimi specialisti per svelare il destino finale del loro mondo. Sette nuovi visionari e avventurieri della narrativa trasversale – tra cui George R.R. Martin, Neil Gaiman, Dan Simmons e Tanith Lee – svolgeranno altrettante inchieste sul più enigmatico dei pianeti. I titoli di alcuni “casi” sono “Evillo il Candido”, “Cappel di Rana” e “Il naso-bussola di Ulfänt Banderoz”. Nomi, luoghi e situazioni che ci riportano il sapore dei racconti di Jack Vance? Naturalmente.

GEORGE R.R. MARTIN (1948) e GARDNER DOZOIS (1947) hanno deciso di pubblicare un monumentale tributo all’arte di Jack Vance, Songs of the Dying Earth (2009), di cui il volume che avete tra le mani costituisce l’ultima parte. Martin è diventato l’autore di fantascienza e fantasy storica più apprezzato in Italia, dove sono notissime le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco (Il trono di spade e seguiti). Dozois, dal canto suo, è stato il celebre editor della “Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine” e di un’importante serie di antologie

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Paul Di Filippo

dicembre 19th, 2012

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Ha scritto romanzi, manuali discrittura e fumetti, ma il suo

genere preferito resta il racconto

Nato il 29 ottobre 1954 a Providence, Rhode Island – la città di H.P. Lovecraft – Di Filippo è uno degli autori più innovativi della fantascienza moderna. “Urania” l’ha introdotto nel suo carniere con la raccolta di racconti L’imperatore di Gondwana (2005) apparsa nel n. 1520, ed è stato subito un buon successo. Perché Di Filippo non scrive soltanto romanzi – fra cui ricordiamo Would It Kill You to Smile? (1998), Muskrat Courage (2000), Little Doors (2002), Fuzzy Dice (2003), Spondulix (2004), Beyond the Farthest Precinct, Time’s Black Lagoon (entrambi 2006), Cosmocopia (2008), Roadside Bodhisattva (2010) e la novella La principessa della giungla lineare (2010) – ma  soprattutto short stories e romanzi brevi. Le sue raccolte sono di un tale qualità che è proprio con questo genere che abbiamo pensato di presentarlo al pubblico italiano. A cominciare dalla Trilogia Steampunk del ’95 per continuare con Destroy All Brains! (1996), Ribofunk (1996), Fractal Paisleys (1997), Strange Trades (2001), Neutrino Drag (2004), L’imperatore di Gondwana (2005), il presente Vendesi tempo, affare sicuro (Shuteye for the Timebroker, 2006), fino a Harsh Oases (2009) e After the Collapse (2011), si tratta di libri magnifici fin dal titolo provocatorio e non di rado intriso di humour noir. I racconti di Paul Di Filippo non sono a base di teorie fisiche più o meno “estrapolate” o di rutilanti avventure di circostanza: o meglio, contengono avventure (qualcuno) ed escursioni nel possibile della scienza (qualcun altro), ma contengono anche tutto il resto, cioè il mondo in bilico che ci circonda, con la sua pericolosa tendenza a diventare un ideogramma, una cifra sospesa tra quella che ieri consideravamo la realtà e quello che lo sarà domani, dopo infinite manipolazioni sociali e culturali. Sono, in altre parole, narrazioni moderne o postmoderne, tranci di visione insaporiti dal gusto dell’intreccio narrativo, ma rispecchianti una varietà di situazioni che non è comune riscontrare in fantascienza o in altri generi circoscritti. Insieme, tutti questi ingredienti formano la totalità di uno sguardo sul reale, ovvero (come l’ha definita lo stesso Di Filippo che non si nasconde dietro un dito), “una fantascienza sbalordita e ripiena, multiplex-massimalista, ricomplicata e a banda larghissima”.

Cosa ne penseranno i lettori di “Urania”? ci siamo chiesti in primo luogo. La risposta è arrivata, entusiastica, dopo la pubblicazione della precedente raccolta di Paul, L’imperatore di Gondwana. Il pubblico ne ha pensato tutto il bene possibile, ricollegando idealmente le sorprendenti trovate del nostro a quelle di altri autori di punta: Brian W. Aldiss, Michael John Harrison o John Crowley, solo per fare qualche esempio. Di Filippo è un autore appassionante, come già sanno i lettori della celebre trilogia Steampunk pubblicata dodici anni fa dalla Nord e ripresa più tardi da Delos Books. La materia di questo inventore straordinario è solo in parte la scienza o il futuribile: è evidentemente la fiction che lo interessa di più, sia nel senso delle sue personali finzioni che della letteratura in generale. Come si sa, la parola inglese “fiction” designa qualunque forma di narrativa, dal racconto al romanzo, e di qualsiasi genere. Ecco dunque Di Filippo mettere al suo arco una serie di frecce che si allontanano sempre più dal quotidiano e dal banale, e che, pur conservando una traiettoria rigorosa e calcolata al millimetro, quando raggiungono il bersaglio aprono una breccia nel centro del fantastico. E’ il tragitto, a pensarci bene, di tutta la narrativa che valga qualcosa: parte da solide premesse, da una realtà che si riteneva conosciuta e conoscibile, e sfreccia verso… dove? Una galassia di possibilità che nel caso di Paul Di Filippo consiste molto spesso negli universi alternativi della creazione. Si accede ai suoi mondi non solo attraverso astronavi o falle dimensionali, ma attraverso libri, scrittori e personaggi storici: per questo i suoi eroi sono così spesso romanzieri o inventori.

La presente raccolta costituisce la traduzione integrale del volume americano Shuteye for the Timebroker del 2006 e vuole confermare l’attenzione di “Urania” verso un autore che è grande nelle sue storie steampunk, acutissimo nei pastiche letterari (ci siamo divertiti a leggere una sua reinterpretazione del mito della Creatura della Laguna nera, Time’s Black Lagoon) e assolutamente originale anche quando deve scrivere il soggetto di un fumetto, come Top Ten: Beyond the Farthest Precinct (2005) e Doc Samson (2006). Ma non è meno brillante  quando consegna alle stampe un manuale di scrittura creativa, per cui rimandiamo a How To Write Science Fiction (A Maximalist And Recomplicated Travel Into Sci-Fi, 2011). Quello che più conta, non è un autore che segua mode, correnti o scuole: potete incasellarlo come volete, ma Paul sfida tutte le categorizzazioni; è lui e basta, come Sheckley era Sheckley e Bradbury non aveva altri capiscuola che se stesso. Ad entrambi i grandi narratori americani Di Filippo deve qualcosa, ma in primo luogo la sua autonomia e il suo occhio critico. Poi, se vogliamo, quella punta di umorismo nero che francamente ci sta come un candito sull torta, e che a tratti può ricordare il riso a denti stretti di Kurt Vonnegut.

Paul Di Filippo in Italia. Di origine italiana, probabilmente campana, Paul Di Filippo è tornato recentemente nel nostro paese, ospite della Italcon di Bellaria. Così, a fine maggio, eccolo sbarcare a Bologna con la moglie Deborah Newton e proseguire per Bellaria (Rimini), dove finalmente abbiamo potuto conoscerlo di persona e intavolare più di una curiosa conversazione con lui. Dopo l’acclamazione alla convention – in compagnia di un altro gradito ospite americano, David Gerrold – Paul e Deborah hanno proseguito per la Sicilia insieme ad Armando Corridore e Ugo Malaguti che li accompagnavano nel viaggio. Questo incontro ravvicinato del terzo tipo non ha fatto che migliorare il feeling già esistente tra “Urania” e Paul, al punto che… è nato un progetto di cui parleremo in uno dei prossimi numeri.

Per il momento, segnaliamo ai lettori l’utilissimo sito dell’autore (in lingua inglese):

http://paul-di-filippo.com/

E la voce su Wikipedia italiana:

http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Di_Filippo

Raccomandiamo anche l’introduzione di Salvatore Proietti a La principessa della giungla lineare (Delos Books), il cui incipit si può leggere gratuitamente su Amazon.com (sito americano): www.amazon.com e quindi La princpessa della giungla lineare (Italian Edition), nel reparto Kindle ebooks.

Inoltre, sono leggibili online gli estratti di due interviste (in inglese) fatte a Paul dalla rivista “Locus”:

settembre 2003 – http://www.locusmag.com/2003/Issue09/DiFilippo.html

marzo 2012 – http://www.locusmag.com/Perspectives/2012/03/paul-di-filippo-chameleon/

G.L.

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Daniel F. Galouye

dicembre 19th, 2012

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Nato a New Orleans 1’11 Febbraio 1920 e deceduto dopo una lunga malattia nella città natale il 7 settembre 1976, Daniel Francis Galouye era uno degli autori di sf più dotati tra quelli che iniziarono a scrivere nel periodo degli anni ‘50.

Galouye trascorse praticamente tutta la sua vita nello stato della Louisiana, nella cui università, nel 1941, aveva ottenuto una laurea in giornalismo. Dopo una breve avventura giovanile nel campo editoriale, in guerra aveva fatto il pilota di aerei sperimentali ed era stato uno dei primi uomini al mondo a pilotare dei razzi. Alla fine della guerra si era sposato ed era tornato alla sua primitiva passione: lo scrivere. Dal 1946 al 1965 lavorò come giornalista, ed aveva raggiunto il grado di condirettore del “New Orleans States–Item” quando, nel 1965 appunto, era stato costretto a ritirarsi a causa di malanni risalenti al periodo della guerra ed ora aggravatisi.

Come autore di sf, Galouye non è stato certo molto prolifico (solo sei romanzi in tutto), ma si può senz’altro dire che il livello narrativo delle sue opere è piuttosto elevato. Forse leggermente trascurato nel suo paese, è invece molto apprezzato in Inghilterra e in Germania dove sono apparse anche svariate raccolte dei suoi racconti più famosi, risalenti in buona parte al suo periodo letterariamente più fecondo e maturo, che va dal 1954 al 1964.

Il suo esordio nel campo fantascientifico risale al marzo del 1952 con Rebirth, apparso su “Imagination”; da questo racconto avrebbe tratto in seguito, nel 1961, il presente Dark Universe.

Dopo un paio d’anni trascorsi nello pseudo-anonimato dalle riviste minori del gruppo Hamling, in cui peraltro produsse opere altamente drammatiche come Stanotte il cielo cadrà (Tonight the Sky Will Fall, “Imagination”, maggio 1952) ed il suo seguito The Day the Sun Died (“Imagination”, ottobre 1955), nel 1954 entrò a far parte della grande famiglia di “Galaxy”, affiancandosi autorevolmente agli altri scrittori che Horace Gold, direttore della rivista, andava lanciando in quel periodo: scrittori come Damon Knight, William Tenn, Frederik Pohl & Cyril Kornbluth, Robert Sheckley, Algis Budrys e altri che avrebbero lasciato la loro impronta sul genere fantascientifico.

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Il racconto che lo presentò al pubblico di “Galaxy”, “Il tempio di Satana” (settembre 1954) e racconti come” See-Eyeng Dog” e “City of Force” rimangono dei piccoli gioielli meritevoli di essere ricordati più spesso e ristampati per i lettori più giovani che non hanno avuto l’occasione di leggerli al tempo della loro prima pubblicazione (discorso che vale anche per gli Stati Uniti, oltre che per l’Italia). La freschezza della narrazione e l’ingegnosità dell’idea di base dimostrano subito il talento innato del narratore vero.

Dark Universe (Universo senza luce) ne è la conferma più lampante: in questo romanzo Galouye riprende un tema ovvio come quello della catastrofe nucleare, da un’angolazione del tutto nuova. Il suo ritratto di un’umanità costretta a vivere in caverne sotterranee dove non arriva la luce, della conseguente civiltà basata sull’eccezionale sviluppo del senso dell’udito e del tatto, e della precaria esistenza dei superstiti, legata ai pochi beni loro rimasti (bestiame, pozzi d’acqua e piante fibrose) ma costantemente minacciata da pipistrelli giganti e altri mostri delle tenebre, risulta di grande effetto e pienamente convincente. Soprattutto, rivela un’abilità notevole il modo con cui Galouye descrive le religioni e le credenze popolari che si sono formate a proposito della leggendaria sostanza chiamata «luce». L’atmosfera cupa ed evocativa in cui è immerso il romanzo rende più che giustificata la reputazione di «classico» ad esso già attribuita, e confermata dalla candidatura al Premio Hugo del 1962 per il miglior romanzo.

La prosa concisa, efficace, priva di barocchismi e derivata dal miglior stile giornalistico, permette un paragone per nulla blasfemo con quella di Robert Heinlein, narratore per eccellenza del genere fantascientifico. E con Heinlein, Galouye ha in effetti anche altri punti di contatto: ad esempio la simpatia per il tema dell’invasione della Terra da parte degli alieni. Ben due romanzi di Galouye (Psychon e Percezione infinita) sono imperniati sull’idea di una Terra asservita ad esseri di altri mondi.

Altri interessi ci sembrano tuttavia predominanti nell’opera dello scrittore, primo tra tutti quello per i poteri psi e l’evoluzione della mente umana. Se “City of Force” (Galaxy, Aprile 1959) e Psychon (1963) narrano della rivolta dei terrestri contro sfere di energia pura di origine extra–terrestre, attuata per mezzo di un contatto o di uno scontro mentale, Percezione infinita (1966) presenta un’invasione del nostro pianeta in cui gli alieni adoperano una terribile arma mentale. E ancora, in Mindmate abbiamo una potente organizzazione che imprime la matrice mentale di persone uccise sui cervelli di volontari prezzolati, mentre “See Eyeing Dog” si basa sull’idea di un contatto mentale empatico che permette ad esseri umani ciechi di servirsi della vista di cani addestrati in maniera particolare.        

Un altro tema che ricorre con una certa frequenza nelle opere di Galouye è quello della disgregazione della realtà. Come Dick, anche Galouye sembra piùttosto turbato dalla natura mutabile di un’illusoria realtà. Sia il giovanile ma già notevole Tonight the Sky Will Fall che il successivo e più maturo Simulacron–3 esprimono una disperazione tipicamente dickiana di fronte ad un universo che appare troppo vasto e disarticolato per poterlo comprendere. La situazione superbamente paranoica di Tonight the Sky Will Fall, in cui la realtà dell’esistenza del cosmo è legata alla volontà del protagonista, trova un riscontro nell’altalena tra il mondo reale e il mondo simulato creato dal gigantesco computer Simulacron–3, in cui viene sballottato Doug Hall proprio in quel romanzo. Si tratta di «universi d’incubo», in cui la naturale tendenza cosmica del regresso entropico verso uno stato di caos e dissociazione totale sembra essersi accelerata a dismisura. L’uomo rimane oppresso da questa atmosfera di cupo sconforto: è una sensazione che Dick ha espresso a meraviglia in opere come Illusione di potere (Now Wait for Last Year), Le tre stimmate di Palmer Eldritch (The Three Stigmata of Palmer Eldritch) e “Faith in Our Fathers” (per citarne solo alcune). Galouye non esce tuttavia sconfitto dal paragone: nei due romanzi sopra ricordati, riesce a trattare con altrettanta bravura questo tema che è un po’ il cavallo di battaglia di Philip Kindred Dick, aggiungendovi una «suspense» travolgente che ha invero pochi eguali nel campo. Si può dunque ben vedere come Galouye fosse un autore multiforme e vario, a suo agio con i soggetti più disparati: indice questo del vero talento narrativo, un talento narrativo spesso perduto in tanta sf successiva.

 

Sandro Pergameno

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Urania Collezione 119: Universo senza luce

dicembre 5th, 2012

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Il genere umano ridotto a una razza di talpe che vive nei cunicoli della Terra. Gli elementi più pericolosi, stronzio e cobalto, battezzati con i nomi dei mitici Demoni gemelli. La radiazione trasformata in una personificazione della morte, la luce adorata come un bene remoto… Finché a tutto questo si aggiunge un pericolo nuovo, che scava nelle viscere del pianeta: appaiono mostruosità mai viste e la gente comincia a sparire.

Daniel F. Galouye (New Orleans, 1920-1976) ha studiato alla Louisiana State University e durante la Seconda guerra mondiale è stato pilota collaudatore di aerei. In seguito ha pilotato alcuni dei primi aerei-razzo ma poi ha abbandonato l’aviazione per darsi al giornalismo. Redattore e corrispondente per anni, ha pubblicato alcuni romanzi di fantascienza molto noti: Stanotte il cielo cadrà (1952-55), Universo senza luce (1961, conosciuto anche come Percezione infinita), Psychon (1963) e Simulacron 3 (1964), da cui Rainer W. Fassbinder ha tratto una celebre serie televisiva tedesca, Welt am Draht (1973). Un altro film, Il tredicesimo piano, ne è stato tratto nel 1999. Galouye è uno degli scrittori preferiti del grande zoologo Richard Dawkins.

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Vendesi tempo, affare sicuro (1589)

dicembre 5th, 2012

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Il mondo di Paul Di Filippo è vario quanto è pericoloso. Vi si possono incontrare tremendi assassini psichici (“Cacciatore d’ombre”) e metafore politiche che alludono al dopo 11 settembre, omaggi contemporanei a Jules Verne e Fritz Leiber (“Siamo tutti soli, insieme”) e preoccupanti avventure del brivido (“La ragazza nel metrò”). Ma il culmine del libro è raggiunto nella storia dei “Cronobroker”, i venditori di tempo di domani: la loro merce sarà rimasta anche l’ultimo dei beni-rifugio, e tuttavia bisogna stare attenti perché… guai cedere al sonno!

PAUL DI FILIPPO è nato nel 1955 ed è considerato una delle maggiori rivelazioni della fantascienza americana. Celebre in Italia per il trittico Steampunk (1995), suo primo libro di racconti legati da un tema comune, ha pubblicato altre raccolte di rilievo, fra cui spiccano Lost Pages (1998) e Strange Trades (2001). Su “Urania” è già uscito L’imperatore di Gondwana (2005), mentre Vendesi tempo, affare sicuro (Shuteye for the Timebroker) è

un libro del 2006.

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Un’intervista a Napoli

novembre 8th, 2012

Qui potrete leggere l’intervista completa, rilasciata da Giuseppe Lippi a “La Zona Morta”.

Buona lettura

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I senza- tempo (1588)

ottobre 30th, 2012

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Chi sono il dottor commercialista Totali, l’avvocato fallimentare Pantocrati, il notaio Maggioritariis? E soprattutto, chi è Monostatos il risvegliato? (Questi nomi, presi a prestito nel 2012, nascondono attività mostruose.) Chi ha assassinato i bambini di una scuola elementare di provincia, divorandoli? (Le indagini sono tuttora in corso.) Cosa vogliono gli Archiburoboti, invasori meccanici già in marcia nel 2024? L’intempestiva risposta arriverà nella spaventosa Italia che ci aspetta nel 2036, in un romanzo di magistrali nefandezze e originalità assoluta, vincitore del premio indetto annualmente da “Urania”.

ALESSANDRO FORLANI nato nel 1972, insegna sceneggiatura presso l’Istituto di comunicazione visiva dell’Accademia di Belle Arti di Macerata. Ha già pubblicato Tristano e altri romanzi, vincendo il premio Circo Massimo. I senza-tempo, classificato primo anche al Premio Kipple, viene pubblicato in esclusiva su “Urania”.

All’interno, i racconti “Lo scambiatore” di Marco Migliori, vincitore del premio Stella Doppia, e “Suburbi@ drive” di Dario Tonani.

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L’evoluzione del vuoto/2 (61)

ottobre 30th, 2012

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Il Vuoto fu creato dai primi esseri viventi della galassia. Il suo scopo: conseguire la felicità e lo stato post-fisico grazie alla fusione con l’anomalia. Ma milioni di anni sono passati e il Vuoto è diventato il centro di una titanica lotta che si estende a molti pianeti e innumerevoli sistemi. Nell’ultimo atto, Gore, il Terzo sognatore, ha messo a punto un piano per dialogare con il Cuore al centro del Vuoto; da parte sua, la terribile Ilanthe non si limita a desiderare lo stato post-fisico ma vuole il potere assoluto e dispone della più grande astronave da battaglia mai costruita… Culmina su queste note lo splendido affresco che descrive una straordinaria alternativa alla vita dell’uomo, la dimensione che offre (in teoria) una possibilità di rinascita alle anime di tutto l’Universo.

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