Daniel F. Galouye

dicembre 19th, 2012 by Moderatore

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Nato a New Orleans 1’11 Febbraio 1920 e deceduto dopo una lunga malattia nella città natale il 7 settembre 1976, Daniel Francis Galouye era uno degli autori di sf più dotati tra quelli che iniziarono a scrivere nel periodo degli anni ‘50.

Galouye trascorse praticamente tutta la sua vita nello stato della Louisiana, nella cui università, nel 1941, aveva ottenuto una laurea in giornalismo. Dopo una breve avventura giovanile nel campo editoriale, in guerra aveva fatto il pilota di aerei sperimentali ed era stato uno dei primi uomini al mondo a pilotare dei razzi. Alla fine della guerra si era sposato ed era tornato alla sua primitiva passione: lo scrivere. Dal 1946 al 1965 lavorò come giornalista, ed aveva raggiunto il grado di condirettore del “New Orleans States–Item” quando, nel 1965 appunto, era stato costretto a ritirarsi a causa di malanni risalenti al periodo della guerra ed ora aggravatisi.

Come autore di sf, Galouye non è stato certo molto prolifico (solo sei romanzi in tutto), ma si può senz’altro dire che il livello narrativo delle sue opere è piuttosto elevato. Forse leggermente trascurato nel suo paese, è invece molto apprezzato in Inghilterra e in Germania dove sono apparse anche svariate raccolte dei suoi racconti più famosi, risalenti in buona parte al suo periodo letterariamente più fecondo e maturo, che va dal 1954 al 1964.

Il suo esordio nel campo fantascientifico risale al marzo del 1952 con Rebirth, apparso su “Imagination”; da questo racconto avrebbe tratto in seguito, nel 1961, il presente Dark Universe.

Dopo un paio d’anni trascorsi nello pseudo-anonimato dalle riviste minori del gruppo Hamling, in cui peraltro produsse opere altamente drammatiche come Stanotte il cielo cadrà (Tonight the Sky Will Fall, “Imagination”, maggio 1952) ed il suo seguito The Day the Sun Died (“Imagination”, ottobre 1955), nel 1954 entrò a far parte della grande famiglia di “Galaxy”, affiancandosi autorevolmente agli altri scrittori che Horace Gold, direttore della rivista, andava lanciando in quel periodo: scrittori come Damon Knight, William Tenn, Frederik Pohl & Cyril Kornbluth, Robert Sheckley, Algis Budrys e altri che avrebbero lasciato la loro impronta sul genere fantascientifico.

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Il racconto che lo presentò al pubblico di “Galaxy”, “Il tempio di Satana” (settembre 1954) e racconti come” See-Eyeng Dog” e “City of Force” rimangono dei piccoli gioielli meritevoli di essere ricordati più spesso e ristampati per i lettori più giovani che non hanno avuto l’occasione di leggerli al tempo della loro prima pubblicazione (discorso che vale anche per gli Stati Uniti, oltre che per l’Italia). La freschezza della narrazione e l’ingegnosità dell’idea di base dimostrano subito il talento innato del narratore vero.

Dark Universe (Universo senza luce) ne è la conferma più lampante: in questo romanzo Galouye riprende un tema ovvio come quello della catastrofe nucleare, da un’angolazione del tutto nuova. Il suo ritratto di un’umanità costretta a vivere in caverne sotterranee dove non arriva la luce, della conseguente civiltà basata sull’eccezionale sviluppo del senso dell’udito e del tatto, e della precaria esistenza dei superstiti, legata ai pochi beni loro rimasti (bestiame, pozzi d’acqua e piante fibrose) ma costantemente minacciata da pipistrelli giganti e altri mostri delle tenebre, risulta di grande effetto e pienamente convincente. Soprattutto, rivela un’abilità notevole il modo con cui Galouye descrive le religioni e le credenze popolari che si sono formate a proposito della leggendaria sostanza chiamata «luce». L’atmosfera cupa ed evocativa in cui è immerso il romanzo rende più che giustificata la reputazione di «classico» ad esso già attribuita, e confermata dalla candidatura al Premio Hugo del 1962 per il miglior romanzo.

La prosa concisa, efficace, priva di barocchismi e derivata dal miglior stile giornalistico, permette un paragone per nulla blasfemo con quella di Robert Heinlein, narratore per eccellenza del genere fantascientifico. E con Heinlein, Galouye ha in effetti anche altri punti di contatto: ad esempio la simpatia per il tema dell’invasione della Terra da parte degli alieni. Ben due romanzi di Galouye (Psychon e Percezione infinita) sono imperniati sull’idea di una Terra asservita ad esseri di altri mondi.

Altri interessi ci sembrano tuttavia predominanti nell’opera dello scrittore, primo tra tutti quello per i poteri psi e l’evoluzione della mente umana. Se “City of Force” (Galaxy, Aprile 1959) e Psychon (1963) narrano della rivolta dei terrestri contro sfere di energia pura di origine extra–terrestre, attuata per mezzo di un contatto o di uno scontro mentale, Percezione infinita (1966) presenta un’invasione del nostro pianeta in cui gli alieni adoperano una terribile arma mentale. E ancora, in Mindmate abbiamo una potente organizzazione che imprime la matrice mentale di persone uccise sui cervelli di volontari prezzolati, mentre “See Eyeing Dog” si basa sull’idea di un contatto mentale empatico che permette ad esseri umani ciechi di servirsi della vista di cani addestrati in maniera particolare.        

Un altro tema che ricorre con una certa frequenza nelle opere di Galouye è quello della disgregazione della realtà. Come Dick, anche Galouye sembra piùttosto turbato dalla natura mutabile di un’illusoria realtà. Sia il giovanile ma già notevole Tonight the Sky Will Fall che il successivo e più maturo Simulacron–3 esprimono una disperazione tipicamente dickiana di fronte ad un universo che appare troppo vasto e disarticolato per poterlo comprendere. La situazione superbamente paranoica di Tonight the Sky Will Fall, in cui la realtà dell’esistenza del cosmo è legata alla volontà del protagonista, trova un riscontro nell’altalena tra il mondo reale e il mondo simulato creato dal gigantesco computer Simulacron–3, in cui viene sballottato Doug Hall proprio in quel romanzo. Si tratta di «universi d’incubo», in cui la naturale tendenza cosmica del regresso entropico verso uno stato di caos e dissociazione totale sembra essersi accelerata a dismisura. L’uomo rimane oppresso da questa atmosfera di cupo sconforto: è una sensazione che Dick ha espresso a meraviglia in opere come Illusione di potere (Now Wait for Last Year), Le tre stimmate di Palmer Eldritch (The Three Stigmata of Palmer Eldritch) e “Faith in Our Fathers” (per citarne solo alcune). Galouye non esce tuttavia sconfitto dal paragone: nei due romanzi sopra ricordati, riesce a trattare con altrettanta bravura questo tema che è un po’ il cavallo di battaglia di Philip Kindred Dick, aggiungendovi una «suspense» travolgente che ha invero pochi eguali nel campo. Si può dunque ben vedere come Galouye fosse un autore multiforme e vario, a suo agio con i soggetti più disparati: indice questo del vero talento narrativo, un talento narrativo spesso perduto in tanta sf successiva.

 

Sandro Pergameno

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