Urania Millemondi 67: Il libro del fiume e delle stelle

maggio 4th, 2014

WATSPREVLibro I. Solo il Fiume consente i collegamenti fra le città e solo le donne possono navigarlo: agli uomini è concesso un viaggio unico, pena la follia o la morte. La corrente nera, un flusso vivo e gelatinoso, impedisce ogni contatto con la riva occidentale, popolata da misteriosi esseri appena intravisti con gli strumenti. Essere ammessi nella corporazione del Fiume significa addentrarsi nel cuore stesso della corrente nera, e forse arrivare a una folgorante rivelazione sulla natura del pianeta che la ospita.

Libro II. Ma la nuova odissea, racchiusa in questo volume nella sua completezza, è destinata a continuare fra le stelle. Sul bizzarro pianeta Eeden, ritenuto l’antica terra d’origine dei primi coloni umani, gli esploratori provenienti dal mondo del Fiume dovranno cominciare da zero una nuova esistenza e lottare per scoprire l’identità dell’onnipotente nemico che minaccia di distruggere ogni forma di vita nell’universo…

IAN WATSON È nato nel 1943. Diventato famoso per aver scritto la sceneggiatura del film di Steven Spielberg e Stanley Kubrick A.I. Intelligenza artificiale, ha pubblicato su “Urania” numerosi romanzi, fra i quali Il mistero dei Kyber in collaborazione con Michael Bishop (n. 1431), L’anno dei dominatori (n. 1496) e Gli dei invisibili di Marte (n. 15)

 

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Urania Collezione 136: Le montagne volanti

maggio 4th, 2014

POULPREVIn un’astronave scavata nel cuore di un asteroide, grande quanto una città, un’intera popolazione è lanciata verso le stelle. Il viaggio durerà più generazioni e saranno figli e nipoti di chi è partito a esplorare effettivamente i mondi raggiunti al termine dell’odissea. Chiusi nel pianetino-astronave, i capi della spedizione discutono su come educare i giovani ad affrontare le prove che li aspettano. La risposta è ovvia: offrendo loro una serie di miti tratti dalla storia di chi ha concepito e reso possibile il volo spaziale. Questo lo sfondo sul quale Poul Anderson ha tracciato lo svolgimento della sua grandiosa epica spaziale, detta delle “Montagne Volanti” con riferimento alla fascia degli asteroidi stesa fra Marte e Giove. La loro conquista è concepita dunque come un’epopea simbolica, in contrasto con la società terrestre invecchiata, vuota d’iniziativa e preoccupata soltanto di conservare stabilità e benessere.

POUL ANDERSON È lo scrittore più comunemente associato al gusto dell’epopea in fantascienza e fantasy. Nato nel 1926 e scomparso nel 2001, ha scritto anche numerose saghe ispirate ai miti del nord. Tra i suoi romanzi, in buona parte pubblicati in Italia da Mondadori, ricordiamo: Tre cuori e tre leoni (1953) e il suo seguito Tempesta di mezza estate (1974), La spada spezzata (1954), Loro, i terrestri (1961), fino al ciclo dei Guardiani del tempo (1960) e della Pattuglia del tempo (1991). Del 1971 è il capolavoro di “hard science fiction” Tau Zero, sulle avventure di un’astronave più veloce della luce. Gli immortali (1989) è un lungo romanzo sul cammino della civiltà

 

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Fritz Leiber, sfide della mente

agosto 13th, 2013

FrtizLeiberTra gli scrittori che hanno esordito all’inizio della prima Età d’oro della fantascienza americana, cioè intorno al 1939, Fritz Leiber è il più eccentrico. Anche lui ha pubblicato su “Astounding” e “Unknown”, allora riviste leader del settore, ma si è subito distinto per una voce particolare, quasi dissonante. Rispetto alla pattuglia di autori che si apprestavano a inventare la sf tecnologica, Leiber ha cantato fuori dal coro, tessendo moderni sortilegi più in linea con il mainstream letterario che con il “genere”. E quando sarebbe passato alla sf ortodossa, ne avrebbe fatto un uso disinvolto e personale, ponendo quasi dal nulla le premesse della “social sf” . Anziché celebrare le conquiste di una tecnologia titanica, o il gigantismo dell’uomo che si espande in un universo di stelle e soprattutto di macchine, preferisce mostrarne il lato in ombra. Leiber è stato un artista dei chiaroscuri, dei terrori che può nascondere l’ignoto, delle società future “stregate” perché è stregata la mente degli esseri umani. Fertile e ossessivo, dotato di un macabro senso dell’umorismo ma soprattutto di una prosa ricca e anti-banale, tesserà negli anni un vero e proprio arazzo in nero dell’America, lasciando intravedere, oltre il tessuto, le meraviglie di un cosmo a più dimensioni che normalmente ci sfiora soltanto ma che a volte prende il sopravvento su di noi. Per Leiber non sono i razzi a collegarci intimamente allo spazio, ma i nostri nervi. Le stelle nere, i vortici dell’assurdo, i mondi inesplorati non rispondono a un navigatore razionale quanto all’inconscio, di cui l’universo è un’immagine specchiata. Visto in quest’ottica, Fritz Leiber non è solo un bravo autore del fantastico o un acuto antiutopista, ma una voce degna di un Poe avveniristico. Di più, è un uomo colto nel senso in cui lo sono di solito gli scrittori europei: mentre per gli americani quella che conta è il know-how, la cultura sul campo, per il nostro il lato umanistico è importante e le sue sfide sono anche, e soprattutto, sfide della mente.

Nato a Chicago nel 1910, da una coppia di attori come Poe (suo padre, Fritz Leiber senior, è riconoscibile nel ruolo dell’altissimo prete che accompagna Charlie Chaplin alla ghigliottina nel finale di Monsieur Verdoux), il giovane Fritz Reuter Leiber non ha avuto una vita avventurosa né premature esperienze amorose. Non a caso la sua autobiografia giovanile, uscita anche in italiano nel volume La luce fantasma, si intitola Poco disordine e poco sesso precoce. Questo giovanotto alto, magro e affascinante come il padre attore, è alquanto solitario; scrive lunghe lettere a H.P. Lovecraft, dal quale riceve incoraggiamento per la sua vocazione letteraria, e gradualmente si sforza di trovare una propria voce. Pubblicherà i primi racconti fantastici su “Unknown” e “Weird Tales”, raccogliendoli più tardi nel volume dal titolo shakesperiano Neri araldi della notte (Night’s Black Agents, 1947). Non si accontenterà di spettri derivati né di imitazioni: c’è della fantascienza nei suoi terrori, ma soprattutto c’è la modernità della notte americana, l’eleganza del palcoscenico. In uno dei racconti più famosi della raccolta, “Fantasma di fumo”, lo smog e i residui tossici dell’industria materializzano uno spettro al passo con i tempi, paragonabile forse solo allo “It” di Theodore Sturgeon, e tuttavia più urbano; ne “I sogni di Albert Moreland” un uomo solo gioca, notte dopo notte, una partita a scacchi contro un avversario fantomatico che vede in sogno; dall’esito della partita dipenderà la sorte del mondo reale. Un’idea folgorante che si svolge in una dimensione onirica, del tutto al di là del banale tessuto quotidiano, eppure ricca di pathos; una dimensione notturna e pericolosa dove la tensione nasce dalla disperata solitudine del giocatore. In storie memorabili come“Ai raggi X”, la ricerca dell’ignoto va di pari passo con la rappresentazione di ambienti attuali e personaggi sofisticati. Nel 1938 Leiber aveva deciso di rielaborare una trama ideata con l’amico Harry Otto Fischer e di scrivere il racconto “Il gioiello nella foresta”, noto anche come “Due in cerca di avventure”: la prima trama ambientata nell’immaginario mondo di Nehwon che diventerà la sua creazione fantastica più duratura.

Il mondo di Nehwon (parola che rappresenta il rovescio di No When, “in nessun tempo”) è un universo magico dotato di una coerente geografia ed economia. La tecnologia è ferma a prima dell’invenzione delle armi da fuoco e nella corrotta capitale Lankhmar si muovono personaggi coraggiosi e pieni di curiosità, barbari e uomini civili, bellissime donne e poco raccomandabili negromanti. I protagonisti della serie – nota anche come ciclo delle Spade – sono due: il barbaro Fafhrd, venuto dal nord, e l’Acchiappatopi Grigio (Gray Mouser) che è il suo scudiero, amico e aiutante. Veri e propri moschettieri senza moschetto, ma con spade affidabili e personalizzate, i due amici amano, combattono e soffrono come due eroi della mitologia, mentre i maghi loro protettori e gli stregoni loro nemici si adoperano a tuffarli nelle avventure più impossibili, costringendoli a rischiare continuamente la vita. Il modello su cui è basata la figura di Fafhrd è probabilmente Conan, il gigantesco cimmero creato da Robert E. Howard; ma si cercherebbe invano un equivalente dell’Acchiappatopi Grigio nella saga del barbaro howardiano: questo personaggio piccolino, mingherlino, incappucciato di grigio e abilissimo con il fioretto, è più vicino a certi saggi e disillusi eroi del romanzo picaresco che a qualsiasi personaggio della narrativa d’azione. Perché la fantasy di Leiber non è un genere soltanto avventuroso, e proprio il Mouser serve a introdurre l’elemento beffardo o di riflessione che caratterizzerà, d’ora in poi, le loro incessanti peripezie. Al genere cui appartengono i romanzi e i racconti di Nehwon, Fritz Leiber attribuisce un’etichetta di sua invenzione: si tratta, dirà giocando con le parole, di sword & sorcery, spada e magia, un po’ come si dice “cappa e spada” per indicare i romanzi di Alexandre Dumas. (Più tardi, sull’onda del grande successo popolare di Tolkien, a sword & sorcery si preferirà la nuova locuzione heroic fantasy, entrata anche nell’uso italiano come “fantasia eroica”.) Come vedremo meglio fra poco, dopo un promettente inizio alla fine degli anni Trenta l’attenzione di Leiber verrà distratta dal genere fantasy per alcuni decenni; ma a partire dagli anni Sessanta vi tornerà con sempre più vigore, completando l’ultimo romanzo del ciclo delle Spade pochi anni prima della morte, avvenuta nel 1992: e sarà un piccolo gioiello come Il cavaliere e il fante di spade.

Nonostante il tenace attaccamento al mondo di Nehwon, il primo romanzo scritto e pubblicato da Leiber non appartiene a quell’affascinante universo (i tempi non erano ancora maturi), bensì a un filone più in voga come il thriller soprannaturale. Il titolo del romanzo, pubblicato nel 1939, è Conjure Wife e significa più o meno “La moglie strega”, ma in Italia è uscito prima come Ombre del male e poi come Il complotto delle mogli. Nel frattempo Leiber si è finalmente sposato e dalla bellissima Jonquil avrà il figlio Justin. Fritz e Jonquil vivono insieme da poco: sul giovane scrittore ex-casto, il matrimonio ha l’effetto di scatenare fantasie archetipali e Conjure Wife è la storia di un professore universitario del New England il quale scopre che la moglie è dedita alla magia, anzi che tutte le donne, all’insaputa dei maschi, sono streghe. La battaglia per il potere che esse conducono è pericolosissima, ma necessaria: molto spesso agiscono a fin di bene per proteggere o difendere i mariti. E’ un’idea scioccante, degna di essere sviluppata e messa a fuoco anche nei romanzi successivi.

L’alba delle tenebre (Gather, Darkness!,1943 ) parla di un’altra fantastica lotta per il potere. Si tratta del primo libro di fantascienza di Leiber, e mette in scena una civiltà opprimente del futuro in cui le redini della politica sono nelle mani di una strana chiesa; streghe e stregoni rappresentano l’opposizione all’ordine costituito. Si vede subito che Leiber ha tutte le carte in regola per alimentare il nascente filone della science fiction “sociologica”; oltretutto, il mercato del fantastico va gradualmente restringendosi e il nostro decide di rivolgersi alle riviste di fantascienza. Tra la fine degli anni Trenta e la fine del decennio successivo, Leiber tenta varie attività: insegnante in un piccolo college dell’Est (su cui modellerà l’università di Hempnell in Conjure Wife), predicatore, redattore. Dopo la Seconda guerra mondiale, per lunghi anni lavorerà nella redazione del periodico “Science Digest” e scriverà nel tempo lasciatogli libero dall’ufficio e da un paio di gravi crisi personali segnate da problemi di alcoolismo, ma anche dalla morte della carissima Jonquil. Nonostante tutte le difficoltà porterà a termine, a intervalli, molti importanti romanzi di science fiction: I tre tempi del destino (Destiny Times Three, 1945, una complessa storia di viaggi nel tempo), Il verde millennio (The Green Millennium, 1953, una storia di visitatori dal futuro) e Le argentee teste d’uovo (The Silver Eggheads, 1961), bella parodia dell’industria editoriale e della produzione letteraria in serie che si legge ancor oggi con piacere.

Questi romanzi sarebbero bastati a chiunque per costruirsi una solida reputazione. In realtà, altri autentici gioielli del periodo sono i numerosi e originalissimi racconti brevi usciti su riviste come “Galaxy”, “The Magazine of Fantasy and Science Fiction”, “Amazing” e “Fantastic”. Sono queste storie raffinate, moderne, a volte macabre, a stabilire in tutto il mondo la fama di Fritz Leiber, facendone uno dei grandi innovatori del genere. Né l’interesse per il fantastico viene meno: un romanzo come Scacco al tempo (The Sinful Ones, 1953) si rivela un thriller memorabile in cui un uomo e una donna scoprono di essere le sole creature “vive” in un mondo di marionette. Qui il terrore raggiunge livelli quasi astratti e l’avventura ha un ritmo incalzante, ricco di suspense.

Ma, come dicevamo, molte delle sorprese migliori vengono dagli ottimi racconti brevi. In “Brutta giornata per le vendite”, per esempio, assistiamo al dramma concentrato in poche pagine di un robot che è l’unico superstite dell’attacco atomico scatenato sull’America. In “Un secchio d’aria” la fine del mondo è vista attraverso gli occhi di un bambino asserragliato con la famiglia in un rifugio dove l’aria congelata viene resa respirabile da un processo di liquefazione, dopo che la Terra è uscita dall’orbita e si è perduta nel buio e nelle bassissime temperature del vuoto esterno. In “Prossimamente”, un’altra crudele storia americana, un lottatore di catch sfoga la propria frustrazione picchiando e torturando una ragazza che gli resta vicina proprio per permettergli di farlo. E non sono che alcuni esempi fra i tanti. Intanto, verso la metà degli anni Sessanta Fritz Leiber abbandona il giornalismo e l’editoria per dedicarsi a tempo pieno all’attività di scrittore. In questo periodo pubblica romanzi impegnativi come Il grande tempo (The Big Time, 1959; premio Hugo nel 1960) e più tardi Novilunio (The Wanderer, 1964), che lo consacrano fra i maestri del genere. Il grande tempo riprende e amplia un’idea che Leiber aveva già lanciato in una serie di racconti: quella della Guerra dei Cambiamenti, una partita mortale giocata fuori del tempo normale dalle due misteriose fazioni dei Ragni e dei Serpenti. Chi siano questi signori eternamente in conflitto non è dato saperlo: ma poiché lo scopo della guerra è proprio quello di modificare gli avvenimenti nel tempo normale, i soldati vengono reclutati fra le genti di tutti i pianeti e tutte le epoche storiche. Lo svolgimento della serie – che comprende, oltre a Il grande tempo, i racconti de La guerra e i labirinti – non concede molto al racconto d’azione fine a se stesso, anzi denota una notevole complessità di idee e una finezza stilistica che in alcuni episodi raggiunge il capolavoro. Il romanzo Il grande tempo, in particolare, sembra un’opera teatrale: è tutto ambientato in un bar fuori dell’universo in cui gli ufficiali delle varie fazioni (e delle varie epoche) vanno a riposarsi nelle pause della Guerra dei Cambiamenti, un conflitto che uccide i ricordi e la storia prima ancora che la vita spirituale e materiale di miliardi di combattenti.

Dopo l’esperimento di Novilunio, altro romanzo vincitore del premio Hugo (1964) il cui pretesto è offerto dall’avvicinarsi alla Terra di un misterioso corpo celeste, ma che è anche un affresco della società americana nel decennio di più radicale trasformazione del dopoguerra, Leiber si concede una pausa. Tornerà alla fantascienza cinque anni più tardi, con la sua ultima opera lunga in questo campo, Il fantasma del Texas (A Specter Is Haunting Texas, 1969), una satira della rivalità fra Mex e Tex, cioè i messicani e i loro vicini texani che si risolve in una scorribanda nell’umorismo nero.

Da questo momento in poi Fritz Leiber si concentra sulla narrativa fantastica: i racconti del soprannaturale che escono per tutti gli anni Sessanta su “Fantastic” e sul “Magazine of Fantasy and Science Fiction”, le nuove avventure del ciclo di Nehwon (fra cui il romanzo Le spade di Lankhmar, 1961-1968) e il romanzo del mistero Nostra Signora delle Tenebre (1975). Nei racconti del soprannaturale Leiber dipinge uno straordinario ritratto dell’America moderna: come Lovecraft aveva fatto per il New England dei primi del secolo, che è spesso il vero protagonista delle sue fantasmagorie, così Fritz Leiber disegna il panorama sensibile, evocativo e misteriosamente attraversato da presenze “estranee” della Chicago anni Cinquanta, delle spiagge californiane o di San Francisco, la città in cui finirà per trasferirsi. Così, in “La ragazza dagli occhi famelici” un nuovo tipo di vampiro ipnotizza le sue vittime da immensi cartelloni pubblicitari; nei racconti californiani “Il gondoliere nero” e “Un frammento del mondo delle tenebre” Leiber affronta un problema importante della narrativa fantastica (e che sarà largamente ignorato nei decenni successivi a base di thriller sensazionali): come si possa rendere credibile un racconto soprannaturale oggi. Il mondo radiografato in storie memorabili come “Mezzanotte sull’orologio di Morphy” è il nostro mondo e, allo stesso tempo, un universo misterioso e imprevedibile che Leiber esamina fino nelle pieghe più riposte. Ed è grazie a quest’analisi attenta, mai superficiale, che autore e lettore scoprono il volto segreto, non-ufficiale della realtà. In un universo di meraviglie e paura com’è quello leiberiano, nessuno è veramente al sicuro ma a tutti è dato giocare una leale partita con l’Ombra, o se preferite con la Metà oscura.

Il genere di Leiber non è tanto “l’orrore nel quotidiano” che verrà divulgato e spesso banalizzato nei decenni successivi; è invece un orrore meditato, elegante come un film in bianco e nero, capace di astrazioni. Per lui una realtà accettata passivamente è priva di senso, un velo mediocre; solo squarciandolo, con un’operazione che è un rito magico e artistico, si arriva a cogliere la realtà intima delle cose, il ponte gettato fra noi e l’abisso. Infatti, così come non c’è soluzione di continuità fra la mente e l’inconscio, non può esistere interruzione possibile tra il mondo interiore e il cosmo in cui si aggirano i “paramentali”, le pericolosissime entità evocate da Fritz Leiber. Si tratta di esseri reali e nel contempo psichici che rappresentano la versione aggiornata degli Antichi di Lovecraft: archetipi viventi, simboli non tanto dell’uomo razionale quanto dell’estraneità che gli appartiene, e con la quale ogni concezione troppo superficiale dovrà prima o poi fare i conti.

La stessa visione torna nel romanzo dark Nostra Signora delle Tenebre, in cui uno scrittore di San Francisco dovrà affrontare un’antica maledizione letteraria e un mostro nato dalla sua devozione per i libri. Dalle minacce future della fantascienza ai mondi della fantasy, fino alle nere distese del terrore cosmico: un autore completo come Fritz Leiber sembra fatto apposta per ricordarci che la vena di Poe non si è affatto inaridita nella seconda metà del XX secolo, ma ha dato gemme preziose che vale la pena dissotterrare.

Giuseppe Lippi

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Urania Collezione 123: Le fontane del paradiso

marzo 30th, 2013

ucprev“‘Un gigante della fantascienza’ è definito Arthur C. Clarke, il profeta dell’Odissea 2001, nell’autorevole e severo Who’s Who in Science Fiction di Brian Ash.” Così scrivevano, nel 1979, gli allora vati della sf in Italia, Carlo Fruttero e Franco Lucentini, presentando la prima edizione di questo celebre romanzo. E poco importa se il critico citato non era, in realtà, né severo né tantomeno autorevole: prendiamolo come un gesto munifico dei Nostri verso tutto quanto è british, per un impeto d’entusiasmo nato dalla lettura delle Fontane del Paradiso. Che non è solo un libro ricercatissimo, e qui proposto per la prima volta dopo trentaquattro anni, ma è la realistica, insuperata storia del prometeico elevatore spaziale.

 ARTHUR C. CLARKE Nato in Inghilterra nel 1917, è lungamente vissuto nello Sri Lanka dove è morto nel 2008. Da uno dei suoi racconti più celebri, La sentinella (1953), Stanley Kubrick ha tratto il film 2001 Odissea nello spazio, trasformato in romanzo dallo stesso Clarke nel ’68. Altri importanti romanzi: Le sabbie di Marte (The Sands of Mars, 1951), La città e le stelle (The City and the Stars, 1956), Le guide del tramonto (Childhood’s End, 1953). In “Urania Collezione” sono già apparsi Incontro con Rama (Rendezvous with Rama, 1973) e Terra imperiale (Imperial Earth, 1975).

 

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Urania Collezione 112: Incontro con Rama

aprile 26th, 2012

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11 settembre, data fatidica: in quel giorno (ma nel 2077) un grosso meteorite si abbatte sulla Pianura padana, devastandola. Per evitare che disastri del genere possano ripetersi, viene approvato d’urgenza il progetto Guardia Spaziale, con il compito di catalogare e studiare l’orbita degli asteroidi nel sistema solare. Poi, nel 2130, i radar della Guardia Spaziale individuano un oggetto che sulle prime viene scambiato per un grosso asteroide, ma che è in realtà un oggetto volante sconosciuto. Il comandante Norton riceve l’ordine di esaminare da vicino, con la sua astronave Endeavour, il silenzioso colosso, e se possibile sbarcarvi. È la storia di questa memorabile visita che Arthur C. Clarke ci racconta col suo inimitabile piglio avventuroso e scientifico, ironico e drammatico, magistralmente realistico e carico di affascinanti aperture sull’Universo.

Arthur c. clarke è nato in Inghilterra nel 1917 ed è morto a Sri-Lanka nel marzo 2008. Il suo racconto più celebre è La sentinella (1953), da cui Stanley Kubrick ha tratto il film 2001 Odissea nello spazio, poi trasformato in romanzo dallo stesso Clarke (1968). Altri importanti romanzi: Le sabbie di Marte (The Sands of Mars, 1951), La città e le stelle (The City and the Stars, 1956), Le guide del tramonto (Childhood’s End, 1953), Incontro con Rama (Rendez-vous with Rama, 1972), Terra imperiale (Imperial Earth, 1975), Le fontane del paradiso (Fountains of Paradise, 1979). Un romanzo scritto a quattro mani con Frederik Pohl, The Last Theorem (2008), verrà pubblicato in ottobre sul numero speciale per il sessantesimo anniversario di “Urania”.

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Robert A. Heinlein

settembre 16th, 2011

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Robert Anson Heinlein è nato a Butler, Missouri, nel 1907 ed è morto nel 1988. Dopo avere rinunciato alla carriera di ufficiale navale a causa di una malattia, si è dedicato alla fantascienza e sulle riviste di John W. Campbell Jr. (“Astounding” e “Unknown”) è divenuto in pochissimo tempo uno dei suoi maestri moderni. Inoltre ha scritto alcuni dei juveniles più riusciti della fantascienza, come Starman Jones (1953), Cittadino della galassia (Citizen of the Galaxy, 1957) e Fanteria dello spazio (Starship Troopers, 1959). Ha affrontato tutti i temi classici del genere, aggiornandoli: la subdola invasione aliena in Il terrore dalla sesta luna (The Puppet Masters, 1951), il viaggio nel tempo in La porta sull’estate (The Door Into Summer, 1957), l’astronave generazionale in Universo (Universe, 1963), il capovolgimento in termini della questione razziale in La fortezza di Farnham (1964), che abbiamo presentato in versione integrale in questa stessa collana.

Ancora: una controstoria della Rivoluzione americana è descritta in La luna è una severa maestra (1966), e si potrebbe continuare a lungo. Heinlein ha scritto la sceneggiatura di Uomini sulla luna (Destination Moon, 1950), di George Pal, unanimemente considerato il primo esempio moderno di cinematografia fantascientifica. Con Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land, 1961) ha tentato un esperimento in anticipo sui tempi: in America il libro suscitò polemiche non solo per la sincerità con la quale affrontava temi scottanti come la religione e il sesso ma anche per la sua mole.

In Robert Heinlein convivono dunque molte anime; il romanziere, scomparso nel 1988, ha conosciuto una nuova stagione creativa dal 1971 in poi, iniziando con Non temerò alcun male (I Will Fear No Evil) e continuando con una serie di opere controverse che hanno mostrato le molte sfaccettature di uno scrittore spesso imprevedibile. Questi romanzi sono: Lazarus Long, l’immortale (Time Enough for Love, 1973: un seguito dei Figli di Matusalemme), Il numero della bestia (The Number of the Beast, 1981, sempre inserito nel ciclo di Lazarus Long), Operazione domani (Friday, 1982), Il gatto che attraversa i muri (The Cat Who Walks Through Walls, 1985, un’altra aggiunta al ciclo di Long), Oltre il tramonto (To Sail Beyond the Sunset, 1987, il suo ultimo romanzo).

Intanto, un solo romanzo di Heinlein era rimasto a lungo inedito, pur risalendo agli anni 1938-39: si tratta di For Us, the Living – A Comedy of Customs. In America è stato pubblicato finalmente dall’editore Scribner nel 2004 e in Italia lo ha tradotto “Urania” nel dicembre 2005 (con il titolo A noi vivi, n. 1505). La decisione di pubblicarlo a quasi settant’anni dalla composizione originaria fa già intendere che si tratta di un testo particolare: quello che avrebbe dovuto essere il primo romanzo di Heinlein e che non lo è stato –  per una serie di vicissitudini creative ed editoriali – parte subito con notevoli ambizioni e idee molto precise. Idee sulla scienza, la tecnologia, il ruolo dell’America: perché For Us, the Living non è una storia d’azione e neppure un capitolo della celebre Storia futura heinleniana, ma è semplicemente la storia futura degli Stati Uniti, già tutta racchiusa in una visione utopica e polemica di ampio respiro. L’espediente che dà il via al racconto è talmente classico da richiamare alla mente i maestri storici dell’utopia: Samuel Butler (Erewhon), Edward Bellamy (Guardando indietro) e soprattutto William Morris, il cui Notizie da nessun luogo è, come il testo di Heinlein, l’avventura di un Povero Uomo Moderno nel mondo del futuro, della post–modernità. Quello che il libro mette in scena è un esame affascinante e impietoso della civiltà di domani: una civiltà che in Heinlein, come in Morris e Bellamy, è studiata tratto per tratto, settore per settore, con la pazienza di un entomologo. Per i lettori abituati al futuro autore di Fanteria dello spazio, Stella doppia o La porta sull’estate costituisce una scoperta, una variazione sul tema del progettare mondi alternativi; per tutti si è trattato di un’importante aggiunta alla conoscenza di un autore che viene ancora considerato sinonimo di fantascienza americana, e di cui Philip K. Dick ha scritto: “Anche se abbiamo idee politiche completamente diverse, lo considero il mio padre spirituale,”[1].

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Editoriale

luglio 26th, 2011

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Eccoci arrivati al consueto appuntamento estivo con le anticipazioni di “Urania”, “Collezione” e “Millemondi”, cominciando a prepararci fin d’ora all’annus mirabilis che sarà il 2012. “Urania” compirà sessant’anni tra quindici mesi, ma a vederla adesso sembra una ragazza in perfetta forma, sportiva e con la voglia di rifarsi il trucco. Fuor di metafora, una collana che grazie all’elisir della fantascienza guarda al futuro con occhi pieni di stelle e finisce per non avere paura del tempo, restando sempre giovane. I nostri programmi per il secondo semestre sembrano avvalorare l’assunto beneaugurante.

Agosto. I lettori che si erano dispiaciuti per l’improvvisa scomparsa (gennaio 2010) di Kage Baker, l’autrice della Compagnia del tempo, saranno ricompensati dal veder apparire un romanzo ancora inedito: La vita nel mondo che verrà. Nel libro troveranno ancora una volta la protagonista Mendoza, estraniata dalla sua epoca e trasformata in una coltivatrice diretta-cyborg per fare gli interessi della Compagnia. Tuttavia la scoperta più interessante è che la potente consorteria del dr. Zeus ha un tallone d’Achille come tutti gli altri, e sarà questo a dare il “la” al romanzo. Infatti la Compagnia del tempo, pur dominando i secoli, non può sapere nulla di ciò che avverrà dopo l’anno 2355… Ecco perché Alec Checkerfield, diventato pirata e deciso a sabotare una volta per tutte la fortissima multinazionale, crede di aver trovato l’asso che gli mancava.

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[Dossier 50 anni nello spazio] Valentina Tereshkova, primadonna dello spazio

aprile 10th, 2011

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Un’intervista con l’astronauta che ha superato le barriere della terra… e del suo maschilismo
“Quando ho sentito i motori accendersi e la navicella tremare e ho capito che mi stavo sollevando ho detto
ad alta voce: ‘Ehi, cielo, apriti che vengo verso di te’. E subito dentro al mio casco risuonò la voce di Yuri Gagarin che mi chiedeva cosa stessi dicendo. Infatti quelle parole non facevano parte del protocollo”.

Valentina Tereshkova è la prima donna ad avere varcato la soglia dello spazio. Il suo missile Semjorka partì dalla base spaziale di Bajkonour il 16 giugno del 1963. Valentina alloggiava nella Vostok 6, una scomoda navicella monoposto dove era quasi impossibile muoversi. Nei giorni del cinquantesimo anniversario del lancio dello Sputnik, avvenuto il 4 ottobre 1957, Valentina si trovava in Italia, a Bergamo, l’abbiamo incontrata e intervistata. Oggi la Tereshkova ha 74 anni, ancora lavora alla Città delle Stelle di Mosca. Ha uno sguardo da mezzobusto di eroe della Rivoluzione, due occhi inflessibili, azzurri, la fronte molto ampia.
Che cosa ricorda di quei primi anni dell’astronautica? Ha conosciuto Gagarin?

“Gagarin per me era come un fratello. Eravamo grandi amici. Lui era una persona dolcissima eppure molto esigente con se stesso e con gli altri. Gagarin era diventato il braccio destro del Costruttore Capo, Korolev. Era sempre presente ai lanci, alla preparazione degli astronauti.  Voleva che tutto fosse studiato nei minimi dettagli. Ecco, penso che la morte di Gagarin, come del resto quella di Korolev, abbiano fortemente influito sullo sviluppo del programma spaziale sovietico”.
 

In che senso?

“Soprattutto la morte di Korolev condizionò pesantemente il programma. Korolev era il padre della nostra astronautica, aveva realizzato lo Sputnik e la Vostok e i razzi Semjorka. Era un uomo di straordinarie capacità, intuizione, aveva la forza di trascinare progettisti e astronauti. Quando il governo sovietico gli chiese di realizzare una navicella a due o tre posti per fare fronte alla Gemini americana, Korolev fece l’impossibile e ci riuscì, adattando la Vostok nella nuova Voshkod. Proprio da una Voshkod uscì Leonov quando fece la prima ‘passeggiata spaziale’ della storia. Ma si trattava di una soluzione precaria, dovuta alle pressioni politiche. In realtà Korolev stava già lavorando alla navicella Soyuz, ma i tempi di elaborazione erano più lunghi… Venendo a mancare lui mancò un punto di riferimento. Korolev morì nel 1966, Gagarin nel 1968″.
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Arthur C. Clarke, sogno imperiale

gennaio 14th, 2011

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Arthur Charles Clarke è nato a Minehead, una piccola città del Somerset (nell’Inghilterra sudoccidentale) il 16 dicembre 1917. La scienza e le sue applicazioni lo avevano sempre affascinato: suo padre, contadino, l’aveva mandato alla vicina scuola elementare di Taunton e Arthur si era appassionato all’enigma dei dinosauri ma anche al misterioso alfabeto Morse. Difficile immaginare che da quelle semplici premesse sarebbe nata la brillante carriera scientifico-letteraria del futuro autore di 2001 Odissea nello spazio.

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Buon 2011 a tutti i lettori!

dicembre 29th, 2010

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Periodicamente gli amici di questo blog sollecitano una mia apparizione in veste di anticipatore (richiesta più che legittima trattandosi di una collana di fantascienza). Vogliono che “anticipi” i titoli di prossima uscita e confermi quelli già annunciati; ma il mio imbarazzo e relativa latitanza dipendono, come ho già spiegato più volte, dal fatto che il calendario uranico è un gran ballerino. In altre parole le profezie, pur se fatte di anno in anno o di semestre in semestre, rischiano di essere continuamente modificate da tutta una serie di Cause di Forza Maggiore: cause che fanno capo alla direzione editoriale, ma non solo. Ci sono di mezzo gli uffici amministrativi e marketing, i traduttori più o meno puntuali, gli agenti letterari italiani e quelli stranieri; infine c’è lo storico intasamento dei nostri forzieri, che dopo il passaggio alla periodicità mensile e la chiusura più recente di “Epix”, si è trovato a dover smaltire un’imponente quantità di volumi acquistati nel passato. Troppo imponente per una collana sola. Ecco il perché di lunghe o lunghissime attese nell’apparizione di alcuni titoli rispetto alla loro annunciazione su queste colonne; ed ecco perché, da quando un  libro viene approvato e scelto dal sempervoster, prima che appaia in edicola può passare un tempo che all’appassionato sembra interminabile. E meno male che dei titoli abortiti – cioè, da noi caldeggiati ma finiti per sempre nelle sabbie mobili dell’inaccessibilità – voi non saprete mai nulla…!

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