Oscar Vault – “La Terra Spezzata” di N. K. Jemisin – seconda parte
Oscar Vault
a cura di Beppe Roncari
“La Terra spezzata” – Seconda parte
Benvenuti alla seconda puntata di presentazione della trilogia della Terra Spezzata di Nora K. Jemisin, che Mondadori Oscar Fantastica sta traducendo per il pubblico italiano. Il primo volume, “La quinta stagione”, è previsto per metà aprile.
Siamo in un mondo in cui per oltre ventimila anni si sono succedute le “quinte stagioni”, gelidi inverni decennali causati da terremoti disastrosi che devastano senza sosta il crudele “Padre Terra”, spazzando via una dopo l’altra diverse civiltà.
C’è un solo genere di persone che può interagire con i movimenti tellurici, e sono temuti e sfruttati al tempo stesso. Sono gli orogeni, o rogga, come vengono chiamati con disprezzo. Non fatevi ingannare dall’assonanza con “orogenesi”. Qui non stiamo parlando di lenti cambiamenti geologici che richiedono eoni per realizzarsi, ma di potenti “stregoni” in grado di canalizzare la forza cinetica e termodinamica dall’ambiente circostante per spezzare la crosta terrestre, sollevare dorsali oceaniche, o addirittura causare tsunami e generare super vulcani.
Come spiegavo nella prima parte, pochissimi orogeni riescono a sopravvivere in libertà allo stato “selvatico” (feral) fino all’età adulta: spesso vengono trucidati dalle proprie comunità di origine, terrorizzare dai loro poteri; a volte sono incapaci di controllarsi e si autodistruggono, giustificando almeno in parte l’odio degli “immoti” (stills); altre volte vengono catturati dai Custodi quando sono ancora “cuccioli” (grits). Le scelte lessicali della Jemisin non sono casuali. Come i tori vengono castrati per renderli più obbedienti e meno pericolosi, così gli orogeni sono trasformati in placide bestie da soma, in strumenti, a volte in armi, e questa trasformazione avviene nel Fulcro.
Vi sono tre sedi principali del Fulcro sul continente Immoto, l’Artica, l’Antartica e l’Equatoriale, la principale, collocata nella capitale dell’antico Impero Sanze.
Qui gli orogeni studiano e si guadagnano gli anelli, da uno a dieci, simbolo del livello di controllo dell’orogenia e anche del loro status sociale. Al contrario di quello che si potrebbe immaginare, gli orogeni più potenti non sono coloro che possono causare gli eventi geologici più distruttivi o spettacolari, o meglio, non è questo l’unico criterio di giudizio. Provocare un disastro richiede senza dubbio un immenso potere grezzo, ma nessun grado di finezza. Gli orogeni più avanzati sono quelli in grado di controllare con precisione i propri poteri, al punto da placare un vulcano senza congelare le persone che stanno al loro fianco – sì, le leggi della termodinamica sono sempre valide, – ma incanalandone la potenza intrinseca. Viceversa, gli orogeni che sanno solo “combattere il fuoco con il fuoco” non fanno molta strada nei ranghi del Fulcro, e rischiano di diventare bassa manovalanza. O peggio.
L’orogenia è una delle idee più originali e meglio sviluppate dalla Jemisin. Ecco come ne descrive lei stessa le regole in un’intervista rilasciata a Wired.com:
“Una delle regole è che l’orogenia non è misurabile, non è limitata, non si può contenere. Per mantenere il senso di magia, avevo bisogno che fosse imprevedibile. Per come la vedo io – e questo aspetto diventerà più chiaro nei prossimi due libri – l’orogenia si è evoluta. L’abilità di usare l’orogenia è biologica. Segue regole fisiche, nel senso che bisogna aver sviluppato uno specifico gruppo di organi alla base del cervello per poterla utilizzare. Ed è una capacità che in un certo senso va anche allenata – non per aumentarne la forza ma per raffinarne la percezione. Perciò sì, queste sono le regole, se vogliamo chiamarle così. Ma il nocciolo è che si tratta di una forma di adattamento al mondo che si è evoluta ed è cambiata nel tempo, come tendono a fare le abilità di sopravvivenza. Le persone cercano di definire in modi chiari e precisi altri tratti che hanno garantito la sopravvivenza dell’umanità, il che non è sempre sensato. Prendiamo l’intelligenza. Chiaramente, l’intelligenza ci ha aiutato a sopravvivere come specie fino ad ora, ma come la possiamo definire? Come la possiamo quantificare? Abbiamo alcune idee al riguardo, ma su molti altri aspetti siamo ancora all’oscuro. L’orogenia non ha lo stesso grado di complessità dell’intelligenza, ma in qualche modo le è affine. Volevo una forma di magia che emulasse l’evoluzione.”
E con questo è tutto per la seconda puntata. Nella prossima vi racconterò qualcosa di più sull’autrice di questa fantastica trilogia, Nora K. Jemison, tre volte vincitrice del Premio Hugo per ciascuno dei tre romanzi della serie. Stay tuned!
a cura di Beppe Roncari
Posted in Dispacci, Oscar Vault
gennaio 23rd, 2019 at 10:06
Uno dei “titoloni” del 2019, molto bella l’idea di approfondirne i temi, complimenti!
gennaio 23rd, 2019 at 10:15
Grazie, @Jimi Paradise! ^_^
gennaio 24th, 2019 at 15:45
Dopo l’Hugo a Harry Potter immagino ci possano stare anche tre Hugo a una trilogia fantasy.
Certo che lo scorso anno il premio avrebbero potuto darlo al bel romanzo The Collapsing Empire di Scalzi ma è andata diversamente.
Poi chiediamoci perché la fantascienza perde lettori ogni giorno che passa.
gennaio 25th, 2019 at 10:23
@anacho
Neanche io amo il genere fantasy o le contaminazioni fantascienza/fantasy (con l’eccezione del ciclo di Majipoor di Silverberg), ma aspetterei a leggere questo romanzo prima di dare giudizi. Quanto a The Collapsing Empire, è un libro divertente e scorrevole, ma niente di più; è già troppo che sia arrivato in finale all’Hugo
febbraio 17th, 2019 at 03:02
Non giudico opere senza averle lette, in ogni caso tre vittorie di fila per una trilogia mi paiono comunque esagerate, le attribuzioni dei Nebula mi paiono molto più eque e ponderate.