Joe Haldeman

maggio 11th, 2009 by Admin Urania

Il ritorno di Joe Haldeman sulle pagine di “Urania Collezione” ci offre l’opportunità di aggiornare il suo profilo, attraverso questo nuovo intervento a cura di Giuseppe Lippi.

Americano, nato nel 1943, Joseph William Haldeman si è diplomato in fisica e astronomia e ha combattuto in Vietnam tra il 1967 e il 1969 come geniere, rimanendo gravemente ferito. Da questa esperienza ha ricavato un’onorificenza (il Purple Heart) e un primo romanzo, uscito nel 1972, che parla di quella guerra (War Year). Il suo primo libro di fantascienza è The Forever War (Guerra eterna, 1974) che vinse i premi Hugo e Nebula. Questo celebre testo – costituito dalla fusione di più racconti apparsi in precedenza sulla rivista “Analog” – rappresenta una trasposizione in chiave fantascientifica della guerra, esperienza umana e letteraria che per Haldeman parve concludersi nel 1975 con un altro testo breve, “You Can Never Go Back”.

Se il più famoso romanzo di fantascienza militare era stato, fino a quei tempi, Starship Troopers (Fanteria dello spazio, 1959) di Robert A. Heinlein, Guerra eterna si presentò fin dall’inizio come un anti-Fanteria, permeato da una visione decisamente più disincantata e dolorosa del conflitto, e interessante proprio come resoconto traslato delle esperienze dell’autore nel Sud-est asiatico. Negli anni seguenti Haldeman si è riconfermato autore di un’interessante serie di romanzi e racconti, perlopiù di genere tecnologico: Ponte mentale (Mindbridge, 1976), Al servizio del TB II (All My Sins Remembered, 1977), l’avventura di Star Trek Il pianeta del giudizio (Planet of Judgement, 1977), Mondo senza fine (World Without End, 1979), Scuola di sopravvivenza (There Is No Darkness, 1983), Fondazione Stileman (Buying Time, 1989), Il paradosso Hemingway (The Hemingway Hoax, 1992) e l’ambizioso 1968.

Per molti anni Haldeman ha giurato che non avrebbe mai scritto un seguito di The Forever War. La decisione di pubblicare un nuovo, ampio romanzo che si ricollegasse idealmente al suo capolavoro è venuta molti anni dopo e non è stata di Haldeman – come egli stesso ha dichiarato – ma degli editori: “A un certo punto, delle varie proposte che avevo presentato è parso che un romanzo intitolato The Forever Peace fosse la più desiderabile e quindi mi sono messo all’opera. Ma non è assolutamente un seguito di Guerra eterna, anche se il libro è imperniato sul problema della violenza e del conflitto. È una riflessione molto personale su una serie di temi che mi stavano a cuore, e che certo si possono riscontrare in altre mie opere.” Dunque, The Forever Peace (1997) era solo un segno premonitore. (“Urania” lo ha pubblicato come Pace eterna nel n. 1336).  A Pace eterna seguirà, nel 1999, l’autentica seconda parte di The Forever War, che Haldeman accetterà di scrivere nel giro di poco più di due anni e intitolata Forever Free (Missione eterna, prima edizione in “Urania” n. 1413). Qui non solo i temi di fondo sono quelli del famoso romanzo originale, ma vi compaiono, impensabilmente trasformati, anche i personaggi di The Forever War: in particolare il veterano Mandella.

Che Haldeman abbia voluto tornare sui propri passi, dopo aver più volte assicurato che un seguito di Guerra eterna non ci sarebbe stato affatto, potrebbe sembrare ambiguo. Lo stesso autore ha ritenuto di dover raccontare come sia arrivato alla decisione per “giustificare” in qualche modo la sua scelta:

“So che qualunque cosa dirò questa ‘contraddizione’ mi perseguiterà per il resto dei miei giorni, ma lasciatemi fare almeno il tentativo. Ho sempre affermato che non avrei mai scritto il seguito di Guerra eterna, pur avendo ricevuto offerte allettanti da parecchi editori: il racconto era completo in sé, dicevo. Quindi, venti anni dopo, ho scritto Pace eterna, spiegando a chiunque interessasse che NON si trattava di un seguito ma di un libro autonomo in cui l’autore, a distanza di un ventennio, prendeva nuovamente in considerazioni una parte di quei problemi.

“A questo punto arriva Robert Silverberg. Bob stava compilando un’antologia, Far Futures, in cui alcuni autori di ‘classici moderni’ della sf avrebbero pubblicato un racconto lungo o romanzo breve ambientato nello stesso universo del loro capolavoro. Siccome il compenso offerto era superiore a quello che, all’epoca, avevo ricavato per Guerra eterna, accettai la proposta. Ero arrivato a un terzo circa del mio romanzo breve quando mi resi conto che si trattava indiscutibilmente dell’inizio di un romanzo vero e proprio; un seguito di Guerra eterna ma ‘sui generis’, dato che fra le due vicende erano passati vent’anni e i personaggi principali erano diventati genitori di due ragazzini, una situazione molto lontana dal loro violento passato… almeno apparentemente. Per di più li avevo intrappolati su Middle Finger, Dito medio, un pianeta che è soltanto un luogo di riproduzione per Uomo, l’inumano successore dell’umanità. Bisognava in qualche modo reagire alla situazione e i miei personaggi reagivano.

“Scrissi a Bob e gli chiesi se avesse nulla in contrario a che il mio romanzo breve venisse utilizzato, in seguito, come primo capitolo di un romanzo vero e proprio, e lui rispose: nessun problema, ma dovrai aspettare tre anni per pubbicare il romanzo (due anni dall’uscita dell’antologia).

“Per questa ragione decisi di consegnare a Bob un altro racconto (“A Separate War”, tradotto in “Urania” n. 1543 come “Una guerra personale”) e di continuare l’altro come romanzo autonomo, intitolandolo Missione eterna (Forever Free). Naturalmente l’aggettivo ‘eterna’ non poteva mancare, e la gente – compresa mia moglie – lo confonde già con gli altri due, Guerra eterna e Pace eterna. Credo di essermi fabbricato il letto di spine da solo, per cui è meglio che mi ci sdrai. La mia nuova missone nella vita è cercare il giusto sostantivo da accoppiare con ‘eterna’”.

In effetti, aggiungiamo noi, Missione eterna è un racconto così caratterizzato e così autonomo nello spirito rispetto all’originale, che può stare benissimo in piedi da solo, giustificando ampiamente gli oltre venticinque anni trascorsi dal romanzo-capostipite. Mandella stesso è diventato un altro uomo, un pater familias, e la sua ex-ragazza (ora moglie regolamentare) non è da meno. Lo spirito epico del romanzo, che non manca, è legato al desiderio di tornare all’avventura, di fuggire dalla morta gora biologica del pianeta Middle Finger (Dito Medio, e pensate all funzione di quel dito nel proverbiale gesto americano); ma per farlo occorre tornare nello spazio, anzi nel tempo, e allontanarsi di almeno quarantamila anni-luce dal pianeta, salvo riatterrarvi quando saranno passate duemila generazioni o giù di lì.

Dunque, se apparentemente Haldeman ha mancato di parola, decidendosi finalmente a scrivere il secondo capitolo di Guerra eterna, pensiamo che l’abbia fatto nello spirito giusto. Anzi, a più d’un lettore questo M.A.S.H. del futuro remoto con annesse questioni spazio-temporali sarà sembrato l’unico concepibile “seguito”, dopo un quarto di secolo, delle avventure di quei due storici commilitoni, sbalzati in un’epoca che sarà un’incognita per tutti.

Con i suoi racconti e romanzi tecnologici Joe Haldeman rimane un solido punto di riferimento della fantascienza americana nell’ultimo quarto di secolo.

a cura di Giuseppe Lippi

[Per la bibliografia completa di Joe Haldeman si rimanda al Catalogo della SF, Fantasy e Horror a cura di Ernesto Vegetti. Il sito dell’autore è invece a questo indirizzo.]

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4 Responses

  1. IL TRASFIGURATO

    @ Giuseppe Lippi

    La ringrazio per il profilo critico { aggiornato } di Haldeman. 😮
    Mi ha dato nuove opportunità di 😀 riflessione oltre che di conoscenza. 😀
    Merçi beaucoups !

  2. Giuseppe P.

    Interessanti e chiare le note su Haldeman da parte del curatore di Urania.
    Ben vengano questi commenti!

  3. Attilio

    Il profilo mi sembra sempre lo stesso

  4. Giovanni De Matteo

    Attilio, vuoi dire che questa pagina è identica a quest’altra?

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