Il curatore dell’antologia Bad Prisma, in edicola ad agosto nella collana “Epix”, rivela i retroscena della sua attività e di questo progetto al nostro curatore Giuseppe Lippi.
GIUSEPPE LIPPI: Raccontaci brevemente di te. Cosa ti ha spinto a diventare prima un erborista e poi uno scrittore?
DANILO ARONA: Sarò sincero… Nel 1975 ero il fidanzato della erborista. Per il testosterone in circolo all’epoca, ben superiore a quello odierno, seguii la tipa nell’avventura commerciale. Poi lei mollò in contemporanea me e l’esercizio e io francamente non me la sentii di mandare tutto in malora. Resistetti per un po’ da solo, poi per fortuna all’inizio degli anni Ottanta incrociai nella mia (futura, allora) moglie che si accollò entrambi, me e l’esercizio. Io già scrivevo, soprattutto saggistica cinematografica. Giravo i festival (Parigi, Sitges, Avoriaz…) e in tutta sincerità non pensavo di “fare lo scrittore”. Però, a furia di vedere film, ti crescevano storie dentro. E insomma nel 1983 ci provai… Ero impallinato con l’horror ambientato nella provincia italiana. Ancora ci sto provando, si può dire.
GL: Tu hai cominciato la carriera professionale scrivendo articoli di cinema per la prima edizione di “Robot”, negli anni Settanta. Come vedi mutati i tempi fantascientifici, da allora?
DA: Sono mutati, sì… Temo che si siano ristretti gli spazi. Il problema è che la fantascienza ha debordato nella realtà. La fantascienza è praticamente la cronaca quotidiana. Così la narrativa ha perso il suo potere di anticipazione, il suo fascino presago. Provocando un crollo di attenzione e d’interesse. Ed è un assoluto peccato. Resiste al cinema per un insieme di fattori: effetti speciali, crogiuolo di generi, supereroi della Marvel, spettacolarità seriale tipo Terminator… Ma chi si leggerebbe un libro del serial Terminator? Sulla carta stampata sono crollati Star Trek, X Files… Ci sono storie che funzionano solo sullo schermo, grande o piccolo che sia.
GL: Parlaci di Bad Prisma, la raccolta di racconti italiani da te curata che esce su “Epix” in agosto. Chi è Melissa, questa incarnazione del male che è il filo conduttore di tutta la vicenda?
DA: Melissa è uno spettro, anzi “lo” Spettro. Non è farina del mio sacco, non l’ho mai nascosto. Stava in un sito, presentata come “storia vera”, quella di una ragazza senza identità, bionda, si presume bella, investita alle 5, 20 del mattino il 9 dicembre del ’99 sull’autostrada vicino al casello di Padova… Un sito misterioso e affascinante che riportava diverse testimonianze di automobilisti che l’avevano avvistata alla stessa ora in altri punti del reticolato stradale italiano… Ognuno aveva provato la sensazione visiva d’investirla… Da questo primario presupposto risulta evidente la sua natura “prismatica”. Lo stesso fantasma a più facce, più identità, ma sempre lui… Non è facile da spiegare. Me ne sono impadronito. Peraltro, come ho già sottolineato, l’ignoto webmaster lo presentava come un autentico fatto di cronaca. E la cronaca non è esclusiva di alcuno. A Melissa ho già dedicato quattro libri, Cronache di Bassavilla, Melissa Parker e l’incendio perfetto, Pazuzu (il titolo e il genere sono fuorvianti, ma scrivo sempre di lei…) e un inedito che vedrà la luce nel 2010. Melissa è una e tante perché si aggancia alle ossessioni e agli incubi di ciascuno.
GL: Entrando nel merito del volume, come ti sei trovato a gestire questo vero e proprio mosaico? Infatti, a ciascuno dei numerosi autori che hai scelto di contattare hai affidato il compito di scrivere “una storia di Melissa”, un particolare capitolo dell’insieme…
DA: Ho contattato amici, è vero, ma ho contattato ovviamente coloro che già conoscevano e apprezzavano il mio “Melissa Project”, in modo da non dover spiegare nulla ed evitare gli indottrinamenti (operazione peraltro di cui non sono affatto capace). A ognuno ho lasciato la massima libertà di declinazione del tema, con pochi riferimenti inevitabili: Melissa = fantasma biondo che ossessiona l’umanità sin dai primordi, soprattutto sulle strade di qualsiasi tipo. Ghost on the road. Ho solo chiesto un riferimento temporale specifico (evitando magari di accavallarsi tutti nel tempo presente…) in modo da poter montare l’antologia in senso cronologico, così che il lettore possa percepire il lavoro come un romanzo a tappe temporali. La cosa che più mi è piaciuta è che ognuno ha inserito senza forzature Melissa nel proprio universo narrativo. Il racconto di Alan Altieri è quello più paradigmatico sotto questo aspetto.
GL: Quale ti pare il significato complessivo del volume?
DA: E’ un ottimo libro, non per merito mio, ma per il valore di chi vi ha partecipato. Alan Altieri dice che è un’operazione unica al mondo… Certo, siamo dei tifosi, ci mancherebbe che non fosse così. Però, al di là dei gusti e degli sbilanciamenti affettivi, Bad Prisma dimostra che, quando raggruppi la gente attorno a un progetto forte e condiviso, la nave va in porto senza il minimo problema. Con soddisfazione generale. Sarò scemo, ma per me è vera la storia dell’unione che fa la forza. E poi sai qual è l’aspetto ancora più straordinario? Tutti i “melissiani” (o badprismatici?) sono fra loro amici per la pelle. Nel 2009, in Italia, con l’aria che tira, questo mi pare già incredibile.
GL: Come vedi la situazione dell’horror oggi?
DA: In Italia interessantissima. Con autori – e autrici! – di livello planetario. Con un horror peculiare e tipicizzato che affonda alcune sue radici nel folklore, ma anche nella cronaca più scottante. Diventando quello che il noir non riesce più a essere: un genere di autentica denuncia, politicamente – se si vuole – scorrettissimo. Non faccio nomi, non serve, e poi magari nella fretta mi dimentico qualcuno. Però vorrei aggiungere che, oltre ai soliti noti, ci stanno torme di agguerriti giovani a conferma che il gotico e l’horror hanno una seria e storica possibilità di emergere e non limitarsi alla solita e afflitta parrocchia di venditori di gelato in Siberia. Aggiungo solo che l’horror italiano riesce a essere diverso da tutti gli altri al mondo quando dimentica le suggestioni americane, combinando i generi popolari e riscoprendo motivazioni culturali e fondative.
GL: Il cinema ti interessa ancora come allora?
DA: Certo. Se posso, vado ancora in sala. Non frequento più i festival perché la frequentazione assidua della letteratura mi ha, come dire, un po’ estromesso dal “giro”. Però il cinema resta ovviamente un primo amore. Vedo di tutto, non solo horror. Poche vere emozioni in realtà negli ultimi anni. Dopo i grandi autori dei “nostri” tempi (Carpenter, Cronenberg, Hooper, Craven e qualcun altro), abbiamo solo più un pavido elenco di anonimi shooter che girano tutti allo stesso modo. Negli anni Settanta-Ottanta avresti riconosciuto un Carpenter dallo stile e dall’atmosfera senza la necessità di saperlo dai titoli di testa. Chi oggi ti può garantire un simile risultato? Non mi viene in mente proprio nessuno.
GL: Per concludere, quali sono i tuoi attuali progetti?
DA: Giusto per contraddire la risposta precedente (ma sono uno schizzato dei Gemelli), sto ultimando un saggio critico su Gli uccelli di Hitchcock per una nuova collana curata da Paolo Zelati. E’ una sfida affascinante: 560.000 battute su un unico film, peraltro il vero precursore dell’horror moderno… Poi vari racconti in altrettante antologie. Pare che Bad Prisma stia aprendo una strada. Speriamo che quest’ultima non stia tra quelle indicate nel sottotitolo: lì, in basso, a destra: tutte le strade per l’inferno!
[La foto di Danilo Arona è di LudovicusMed, scattata in occasione della presentazione romana del libro L’estate di Montebuio (Gargoyle Books), lo scorso 2 luglio.]