Philip José Farmer (1918-2009)
Il 25 febbraio 2009 è scomparso il Maestro di Riverworld e de Gli amanti di Siddo. Aveva firmato pietre miliari della fantascienza, a partire dal suo esordio capace di infrangere il tabù del sesso. Ma restava soprattutto un grande appassionato degli universi letterari del fantastico e della fantascienza.
La mattina di mercoledì 25 febbraio Philip José Farmer si è spento nel sonno nella sua casa di Peoria, Illinois. Nato il 26 gennaio del 1918 nello stato dell’Indiana, vantava tra i suoi antenati una mezza dozzina di nazionalità diverse (inglese, olandese, irlandese, scozzese, tedesca e cherokee). Il suo secondo nome era un tributo a una nonna materna di origini indiane.
Benché benestante, Farmer non ebbe un’infanzia facile. Crebbe in un ambiente reso rigido dall’educazione puritana impartitagli dal padre e come forma di evasione dal quotidiano maturò presto una forte passione per la letteratura fantastica (i libri di Oz, I viaggi di Gulliver) e fantascientifica (Edgar Rice Burroughs, Jules Verne). Iscrittosi all’università del Missouri nel 1937 con il proposito di diventare giornalista, fu costretto ad abbandonare gli studi a causa della bancarotta dell’azienda diretta dal padre. Per aiutarlo a uscire dai debiti lavorò quindi due anni come operaio in una centrale elettrica. Nel 1939 tornò all’università vincendo una borsa di studio in scrittura creativa e l’anno successivo conobbe Elizabeth Virginia Andre, che avrebbe sposato l’anno successivo. Nel 1941 si arruolò nell’Air Force come cadetto, ma ottenne il congedo quello stesso anno a seguito della notizia dell’attacco di Pearl Harbor.
Nei primi anni in cui Farmer tentò di intraprendere la carriera letteraria, dovette continuamente scontrarsi con una sorte avversa. Il suo esordio nella fantascienza avvenne nel 1952 con il racconto The Lovers (che avrebbe poi ampliato nel 1961 in romanzo, Gli amanti di Siddo, ristampato solo lo scorso anno nel n. 63 di “Urania Collezione”). Il racconto, rifiutato l’anno prima da riviste prestigiose come “Astounding SF” e “Galaxy” probabilmente a causa del tema scabroso dell’amore tra un terrestre e un’aliena, fu pubblicato nel 1952 su “Startling Stories” e guadagnò al suo autore l’attenzione di critici e lettori, meritandogli nel 1953 il premio Hugo per il giovane scrittore più promettente. L’anticonformismo, l’ironia dissacrante e la verve provocatoria si caratterizzano subito come i suoi marchi di fabbrica.
In quegli anni Farmer vinse un concorso indetto dall’editore Shasta, ma il fallimento della casa editrice gli impedì di riscuotere il premio e lo obbligò a tornare in cerca di un lavoro. Cominciò così a viaggiare molto, da Syracuse (New York) fino a Scottsdale (Arizona), occupandosi di documentazione tecnica per diverse imprese nel settore dell’elettronica, senza mai smettere di scrivere. Nella seconda metà degli anni ’50 vide la luce padre John Carmody, che sarebbe poi divenuto la figura centrale di una serie di racconti poi riuniti in romanzo (ripubblicato anche questo, un paio di anni fa, da “Urania Collezione” nel n. 52 della serie, Notte di luce). La fortuna cominciò finalmente ad arridergli e nel 1964 Farmer abbandonò il lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.
Nel 1965 pubblicò The Maker of Universes (Il fabbricante di universi, “Urania Collezione” n. 47), all’origine dell’omonimo ciclo, un’opera già concepita ai tempi dei suoi studi e poi congelata dopo la delusione di Shasta. Nel 1971 diede alle stampe To Your Scattered Bodies Go (Il fiume della vita, premio Hugo 1972), primo tassello del grandioso affresco di Riverworld. In questo Ciclo del Mondo del Fiume Farmer tornò ad affrontare temi strettamente attinenti alla religione, come la resurrezione dell’umanità dopo la morte, e questo gli attirò le antipatie degli ambienti del fondamentalismo cristiano. Nei suoi lavori l’autore di Peoria non disdegnò mai l’approccio laterale ai nuclei sensibili del conformismo sociale e religioso: che si trattasse di sesso, di Fede o di rapporti interraziali, Farmer ha sempre dimostrato una totale indipendenza di giudizio dal sentimento consolidato. E forse era anche questo uno dei grandi segreti della carica emotiva della sua scrittura.
Il suo forte dinamismo lo portò anche a rileggere le avventure di personaggi di altri autori (The Wind Whales of Ishmael, sequel non autorizzato del Moby Dick di Melville; Il diario segreto di Phileas Fogg – The Other Log of Phileas Fogg, 1973 – pastiche dedicato alle avventure verniane del Giro del mondo in 80 giorni; e ancora i romanzi dedicati al mondo di Oz oppure a eroi dell’età dell’oro del pulp come Tarzan e Doc Savage, o ancora a Sherlock Holmes); Farmer arrivò addirittura a indossare i panni fittizi di Kilgore Trout, eccentrica figura di scrittore modellata da Kurt Vonnegut nei suoi romanzi e racconti di fantascienza sullo stampo di Theodore Sturgeon, con il cui nome firmò nel 1974 Venus on the Half-Shell (Venere sulla conchiglia, “Urania Collezione” n. 15). Sull’onda della stagione di contestazione inaugurata dai movimenti del ’68 Farmer dedicò The Image of the Beast e il suo seguito Blown (L’immagine della bestia e Nelle rovine della mente) a uno stravagante mix di sessualità e viaggi interstellari, portando in scena un altro protagonista della fantascienza americana: il grande appassionato Forrest J. Ackerman, scomparso lo scorso dicembre.
Parafrasando le parole spese per 4SJ, potremmo dire oggi che ancora una volta la fantascienza ha perso un grande appassionato. Che Farmer avesse incidentalmente firmato nel corso della sua prolifica carriera anche alcune delle pietre miliari del genere, non può che renderci ancora più triste la sua dipartita.
Posted in Fantascienza, Orizzonti
febbraio 27th, 2009 at 00:45
[…] mattina del 25 febbraio si è spento nella sua casa di Peoria Philip José Farmer, uno degli ultimi sopravissuti tra i giganti che hanno fatto la storia della […]
febbraio 27th, 2009 at 13:17
Il mio maestro.
Una gravissima perdida non solo per la fantascienza ma per tutta la letteratura.
febbraio 27th, 2009 at 19:51
Grazie di cuore, Philip.
V.
febbraio 27th, 2009 at 21:16
L’amico Rias Nuninga, mantiene un sito ultracompleto su P.J.F.
È in inglese, ma merita comunque di essere visitato:
http://www.xs4all.nl/~rnuninga/
marzo 2nd, 2009 at 20:35
Ho visitato il sito su Farmer e l’ho trovato veramente interessante.
marzo 3rd, 2009 at 10:44
Con il buon vecchio ‘Filippo’ si va sul sicuro. Un grandissimo.
marzo 3rd, 2009 at 10:45
Ovviamente, un ‘arrivederci’ dove sarà per tutti…
marzo 3rd, 2009 at 11:16
Farmer è stato uno scrittore assai più importante di quanto non si pensi, non solo per la sf ma per la cultura di massa e le sue evoluzioni di sistema; prima o poi occorrerà ripubblicarlo in maniera ragionata, e scoprire le opere ancora inedite come “Tarzan Alive”, al pari di quanto è stato fatto per un altro grande innovatore come Dick.
marzo 4th, 2009 at 21:28
Con la morte di Farmer se ne va una parte della mia giovinezza,passata fra gli altri a leggere la saga del fiume,per me affascinante.
marzo 8th, 2009 at 20:19
E’ una notizia che apprendo adesso. E che mi addolora profondamente. Con Dick, Leiber, Edgar Rice Burroughs e Gene Wolfe, Farmer è stato l’autore di fantascienza che ho più amato. Tra quelli che hanno davvero segnato la mia vita (adesso ho 55 anni) fin da adolescente, quelli che mi hanno aiutato ad aprire la mente a idee insolite, unendo il gusto del romanzesco e l’audacia dei temi. Riposa in pace, Philip. E racconta delle belle nuove storie anche a Dio: gli piaceranno. (E intanto, caro e bravo Giuseppe Lippi, vedi di pubblicare e ripubblicare quelle già scritte da Farmer)
aprile 1st, 2009 at 00:44
[…] lo spirito e comprometterne la riuscita”, ha dichiarato. Con una mossa già tentata da P.J. Farmer ai tempi di Venere sulla conchiglia (1974), l’autore ha quindi optato per un nom de plume […]