L’umanista del futuro
Ray Bradbury, il novantunenne “umanista del futuro” (come è stato definito da un critico spagnolo), è morto il 5 giugno 2012, esattamente un anno fa. Oggi, Mondadori rende omaggio all’anniversario del maestro mandando in libreria un volume senza precedenti nell’editoria italiana: Cento racconti. Autoantologia 1943-1980 (disponibile anche in e-book). Il libro si basa su un testo americano – The Stories of Ray Bradbury, Knopf 1980 – curato dallo stesso autore, il quale aveva scelto cento tra le sue più poetiche e appassionanti short stories, ordinandole con un personalissimo criterio di assonanze e rimandi. L’edizione italiana comprende più di 1300 pagine di testo, un’introduzione dell’autore, un’intervista concessa alla “Paris Review”, nonché tutta una serie di racconti classici, molti di quali appositamente ritradotti, e persino qualche inedito.
“Questi racconti sono per voi”, ha scritto Bradbury, “e, al tempo stesso, rappresentano quasi quarant’anni della mia vita. Se c’è una cosa che ho voluto trasmettere in questo libro, è semplicemente la mappa di un uomo che a un certo punto si è messo in viaggio verso una meta e poi ha continuato ad andare. La mia esistenza non è stata tanto il risultato di una serie di riflessioni quanto di una serie di azioni che, una volta compiute, mi hanno permesso di capire che cosa avessi fatto e chi fossi.”. Come si sa, Ray Bradbury non ha scritto soltanto meravigliose storie di fantascienza ma racconti autobiografici, bozzetti di famiglia, ritratti di vita americana nel XX secolo; racconti del brivido, del mistero e alcuni celebri horror come “Gioco d’ottobre” e “Giostra nera”, in cui il male assume forme stravaganti e grottesche. Ma circhi, giochi di prestigio, maghi e illusionisti, i funamboli dell’esistenza che sono così tipici del mondo bradburiano si caricano di un tale pathos che non basta un pianeta a contenerli. Lo sapeva bene Federico Fellini, che di Bradbury fu grande amico e con cui divideva l’amore per l’autobiografia fantasy: così non c’è da stupirsi che, dopo averlo letto, volesse fare anche lui un film di fantascienza. Il progetto sopravvive ancora, in forma fantastica, in una memorabile sequenza di Otto e mezzo, e forse è proprio su quell’astronave – partita dalla campagna romana e approdata al settimo cielo – che viaggiano ancora alcuni dei più intrepidi esploratori del cosmo, cugini di quelli che Ray Bradbury aveva inviato su Marte alla ricerca di illusioni perdute.
Ma si può recuperare un’illusione? E a che prezzo? Alcuni dei racconti più famosi parlano proprio di questo. “Molto dopo mezzanotte”, uno dei brani più vibranti e drammatici, non si svolge su Marte, si svolge sulla terra e traccia un quadro drammatico della nostra condizione; altri testi, da “Caleidoscopio” a “La terza spedizione”, da “I terrestri” a “Rocket Man”, mostrano le inevitabili conseguenze di una solitudine profonda, degna dello spazio vuoto in cui è ambientata o del malinconico pianeta rosso, Marte.
Tuttavia il libro offre molte belle storie con il sorriso sulle labbra. A cominciare da “Zio Einar” e “La ragazza che viaggiava”, entrambe tratte dall’album di una famiglia di spettri vista con lo sguardo affettuoso di Bradbury; e ancora “La donna illustrata”e “Il bebè McGillahee”, piccole avventure in un mondo senza incantesimi eppure migliore.
Posted in Dispacci, Fantascienza
giugno 14th, 2013 at 11:14
Bella copertina.
giugno 18th, 2013 at 03:33
non so mai cosa ho letto e cosa no.
nel dubbio, bradbury me lo faccio doppio e triplo e quadruplo. Come Ballard. Spero solo che su questo poco controllo non ci giochino troppo gli editori 😉
giugno 18th, 2013 at 23:52
@ Doh Sto Iesco: E’ brutto da dire ma la morte fa vendere però questa antologia non la avverto come un atto di sciacallaggio, mi sembra più meschino questo diluvio di Grandi Gatsby per il film con Leonardo Di Caprio (Ragazze, ce n’era già uno con Robert Redford che comunque neanche lui era un cesso)… in un posto civile te lo darebbero gratis e credo che solo Minimum Fax si sia degnata almeno di fare nuove traduzioni (griffate).
Ballard non è stato tanto sciacallato, anzi per risarcirlo degli inslulti e dell’indifferenza riservata ai pochi libri davvero grandi che ha scritto hanno continuato ad incensare i pallidi romanzetti a tesi che ha scritto a partire dagli anni ottanta.