Isaac Asimov e il sarto
Nel 1966 «Urania» (“la più famosa collana di fantascienza”) si presentava nella miglior veste tipografica della sua lunga carriera. Un rombo colorato in alto a sinistra – definito tecnicamente losanga – portava impresso il nome della testata e la gloriosa specificazione da noi messa pudicamente tra parentesi. Alla destra del rombo, il cui colore cambiava di settimana in settimana e si intonava con quello delle copertine, campeggiavano il titolo del volume e il nome dell’autore. Al centro, su fondo bianco e racchiusa in un cerchio dal bordo rosso, una straordinaria illustrazione di Karel Thole che mozzava il fiato. No, non era soltanto questo: le illustrazioni di Thole facevano capire (è una questione di gusto) che altrove, da qualche parte, il mondo era misterioso, bello o straordinario. Che c’era posto per per il grottesco, l’erotismo e il terrore. Quanta intelligenza e raffinatezza racchiudessero quei perfetti cerchi è risaputo, ormai, in ogni angolo della terra. Ma nel 1966 pensavamo di essere ancora in pochi a condividere quel mondo tenebroso, a trarre profitto dall’insegnamento mostruoso del Maestro, il cui apocrifo vangelo di natività apocalittiche, mutazioni esagerate, piaghe d’Egitto rivedute e corrette con inesauribile fantasia, sodome e gomorre, accoppiamenti naturali e innaturali, non finiva di deliziarci.
Nel 1966, in agosto, Karel Thole pubblicò una delle copertine più memorabili di quell’estate. Vi si vedeva un uomo anziano che inciampava in un bambolotto, uno di quei bambolotti d’una volta che quando erano nudi, senza capelli o senza una mano (come nel caso immaginato dal nostro pittore), mettevano decisamente l’angoscia. Sia l’uomo che la bambola sembravamo volteggiare in uno spazio immateriale, impossibile, e guardando il contesto si capiva subito perché.
L’uomo e la bambola erano sospesi fra due paesaggi totalmente diversi ma inspiegabilmente contigui. Il bambolotto sembrava intenzionato a morire sull’asfalto del paesaggio più riconoscibile e terrestre, anzi, forse era già morto. L’uomo (in giacca e presumibilmente cravatta, un orecchio messo in evidenza dalla straordinaria calvizie, non un pelo su tutto il cranio) stava invece trascolorando, trasumanando nell’Altrove. Nel lato destro della tavola, quello agghiacciante del bambolotto, campeggiavano ancora i tranquillizzanti grattacieli di Chicago, benché simili a Torri di Babele sovrastate da nembi apocalittici; nel lato sinistro, preponderante (le due metà del disegno non sono perfettamente simmetriche), ribolliva e sbocciava dal nulla una visione, sorprendentemente colorita, del caos. Sarebbe confortante poter dire che quelle sagome erano geometriche, quelle figure organiche, che insomma qualcosa le rendesse simili alle forme del nostro mondo: ma era impossibile. Probabilmente l’uomo calvo, Schwartz, aveva varcato una volta per tutte la soglia dei confini della realtà e si era imbattuto – per errore, per caso, per la cieca indifferenza del cosmo – in un universo di Pure Forme, l’iperuranio di un mondo inconcepibile che in quei colori e in quelle aperture conservava le matrici perfette di un’inimmaginabile realtà.
L’inconsapevole ma sostanziale affinità tra il romanzo e la classica copertina di Thole (e in un certo senso quella di Franco Brambilla per l’edizione attuale, con la sua tensione dell’umano verso il sovrumano) sta nel fatto che questa è la storia di un uomo comune, un piccolo sarto qualsiasi, proiettato in un’avvetura molto più grande di lui. In Paria dei cieli – 1949, il suo primo romanzo – Asimov ci trasporta in un remoto futuro dove mette in scena una tragicommedia sulla questione dell’antisemitismo. È il 1949, teniamolo a mente: la guerra è finita da poco e si sono appena scoperti gli orrori della persecuzione nazista. Asimov, alla sua prima prova lunga dopo gli anni dei racconti brevi e dei pulp, sente di dover dire la sua e lo fa scopertamente, senza usare quel più sottile reticolo, quella grana meno grossa dei romanzi successivi. Nonostante il tono un po’ didascalico, tuttavia, Paria è un buon romanzo che tiene ancor oggi: e se non tutti i personaggi di contorno hanno le sfaccettature che l’autore intendeva attribuire loro (il Procuratore, novello Ponzio Pilato, lo scienziato pentito Shekt eccetera), la figura centrale di Schwartz, il sarto ebreo proiettato nell’avvenire per scoprirsi ancora una volta paria, ma che diventerà l’asso nella manica del libro, è sicuramente ben disegnata. Notevole anche il risvolto superomistico, che Asimov sottrae agli avversari di campo (Nietzsche eccetera) e che, grazie alle qualità democratiche della sua fantascienza, proietta tranquillamente sull’eroe quotidiano. È un importante luogo fantascientifico quello per cui il reietto, il perseguitato, può in realtà nascondere poteri superiori, anzi è un luogo della fiaba e del fantastico in generale. Nella fantascienza a volte si viene perseguitati proprio perché si è “super” (come in Slan di A.E. van Vogt), ma il più delle volte la persecuzione avverrebbe comunque e i poteri extranormali permettono all’eroe di riscattarsi. Essi sono, in altre parole, l’equivalente della sua dignità.
È probabile che il tema del superuomo nasca in fantascienza dal bisogno di controbilanciare – con la complicità del darwinismo – il diffuso senso d’inadeguatezza dell’uomo in una società tecnologica; eppure uno degli autori che hanno meglio affrontato il tema, a parte l’esempio ormai storico di Olaf Stapledon (Odd John), è Theodore Sturgeon, che non è tanto interessato alla superiorità quanto alla diversità dei suoi eroi. Paria dei cieli dibatte vari problemi connessi al razzismo, ma è evidente la volontà di Asimov di stemperare (fino a un certo punto, almeno) la terribile lacerazione cui si trovarono di fronte i tanti piccoli ebrei dopo la catastrofe della guerra. In ogni modo, nella bella scena conclusiva la solitudine di Schwartz è l’implicita dimostrazione che non è possibile lasciarsi indietro il passato.
Paria dei cieli forma, con Le correnti dello spazio e Il tiranno dei mondi, una trilogia che si svolge nello stesso universo delle Fondazioni e che in un certo senso prepara le vicende della celeberrima saga galattica. In questo romanzo, e negli altri due citati, siamo in un’epoca precedente a quella descritta nella serie delle Fondazioni (v. sotto), quando Trantor è ancora la capitale dell’impero e duecento milioni di mondi fanno parte della gigantesca confederazione. La sequenza storica è dunque completa.
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Isaac Asimov nacque a Petrovich, un villaggio russo nei pressi di Smolensk, nel 1920. I suoi genitori, entrambi ebrei, decisero di emigrare negli Stati Uniti e a soli tre anni il piccolo Isaac venne condotto a New York, città in cui da allora (a parte brevi intervalli) avrebbe continuato a vivere. Il padre gestiva un candy store, cioè un negozio di giornali e dolciumi in cui l’infanzia dello scrittore trascorse come in una tipica famiglia della piccola borghesia immigrata.
Benché non fosse figlio unico – anzi aveva due fratelli, Stanley e Marcia – Isaac era il pupillo dei genitori a causa della salute cagionevole. A scuola era sempre molto bravo e appassionato di materie scientifiche; a nove anni scoprì, fra le riviste vendute nel negozio paterno, un mensile di fantascienza e chiese il permesso di leggerlo, sostenendo che si trattasse di divulgazione. Il padre gli credette e concesse il benestare, dando inizio a una passione che sarebbe durata tutta la vita di Isaac. A soli undici anni cominciò a scrivere per hobby. Fra le altre cose progettò un lunghissimo romanzo fantastico ambientato in una terra immaginaria: sempre autoironico, in seguito si sarebbe rammaricato di non averlo portato a termine (“Avrei anticipato Tolkien e Il signore degli anelli…”). Nel 1937 tentò la vendita del suo primo racconto professionale, “Cosmic Corkscrew” (“Cavatappi cosmico”), ma venne rifiutato da tutte le riviste del settore. Incoraggiato dai suggerimenti di John W. Campbell, direttore di “Astounding”, Asimov ritentò fino a quando riuscì a piazzare “Marooned off Vesta” (“Naufragio al largo di Vesta”, 1938), il suo primo racconto pubblicato. Sempre in quel periodo, cominciò a scrivere i racconti che avrebbero dato vita al ciclo dei robot e alla famosa utopia delle Fondazioni.
Nel 1941 ottenne il diploma Master of Arts alla Columbia University e pubblicò il racconto che da molti è considerato il suo capolavoro, “Nightfall” (“Notturno”). Nel 1942 sposò Gertrude Blugerman e in quello stesso anno venne chiamato alla Naval Air Experimental Station di Philadelphia, dove lavorò con altri due grandi nomi della fantascienza, Robert A. Heinlein e L. Sprague de Camp.
Nel 1945 fu arruolato come soldato semplice e costretto a lasciare Philadelphia. Nel 1948 ottenne la laurea (Ph.D.) in biochimica e cominciò a lavorare con il professor Robert C. Elderfield, svolgendo ricerche sui farmaci contro la malaria. Nel 1950 uscì il suo primo romanzo, Pebble in the Sky (Paria dei cieli), cui sarebbero seguiti la raccolta I, Robot (Io Robot, 1950) e i romanzi The Stars Like Dust (Il tiranno dei mondi, 1951), The Currents of Space (Le correnti dello spazio, 1952), The Caves of Steel (Abissi d’acciaio, 1953), The End of Eternity (La fine dell’eternità, 1955), The Naked Sun (Il sole nudo, 1957). Tra il 1951 e il 1953 una piccola casa editrice riunì in tre volumi i racconti delle Fondazioni, con i titoli Foundation, Foundation and Empire e Second Foundation (in italiano con vari titoli, ma inizialmente come Cronache della galassia, Il crollo della galassia centrale e L’altra faccia della spirale). Nel 1953 apparve l’antologia Earth is Room Enough (La Terra è abbastanza grande).
Dopo il 1959 l’attività fantascientifica di Asimov cominciò a rarefarsi per lasciare il posto a quella di divulgatore, che avrebbe assorbito la maggior parte delle sue energie nei decenni successivi. Un’eccezione è rappresentata dalla raccolta The Rest of the Robots (Il secondo libro dei robot), apparsa nel 1964. Per diventare scrittore a tempo pieno Asimov rinunciò all’insegnamento e alla ricerca, portati avanti per qualche anno alla Scuola di medicina dell’università di Boston.
Risposato con Janet Jeppson, una psichiatra newyorchese, lo scrittore mantenne i contatti con il mondo della fantascienza ma non scrisse nessuna opera lunga (con l’eccezione di Viaggio allucinante, 1966, novelization di un film di successo) fino al 1973, anno in cui apparve The Gods Themselves (Neanche gli dèi). Durante questo iato, tuttavia, moltissimi sono i suoi bestseller nel campo della divulgazione scientifica, storica e letteraria: i volumi da lui pubblicati sono oltre 300, fra cui una divertente e minuziosa autobiografia.
Durante gli anni Ottanta, in concomitanza con il nuovo boom della fantascienza, ricominciò a scrivere romanzi, da L’orlo della Fondazione a Fondazione anno zero. Isaac Asimov è scomparso il 6 aprile 1992 per un arresto cardiaco (ma in seguito verrà rivelato che si è trattato di contagio da virus HIV, contratto in ospedale). La sua salma sarà cremata e le ceneri disperse.
I racconti di fantascienza di Asimov si possono raggruppare in vari filoni (robot, ciclo delle Fondazioni, ciclo dell’Impero, ecc.) ma questa suddivisione ha valore solo da un punto di vista tematico. Al di là dell’argomento immediato, il tratto che li distingue è la finezza con cui affrontano situazioni canoniche e talvolta stereotipe della fantascienza, portandole a un livello di sofisticatezza mai raggiunto in precedenza.
Asimov appartiene, con Robert Heinlein, Theodore Sturgeon, Fritz Leiber, A.E. van Vogt e pochi altri, a quel manipolo di autori che fra l’inizio degli anni Quaranta e la metà dei Cinquanta hanno trasformato e rinnovato la fantascienza americana (che ai primi del secolo si era affermata sulle pagine delle riviste popolari). Il tratto caratteristico di Asimov, tanto nei romanzi che nei racconti, è il porsi in modo intelligente di fronte ai problemi che l’evoluzione tecnologica offre all’immaginazione. Asimov, insomma, è uno scrittore che vive nel progresso e ne è affascinato, ma che non rinuncia a mostrarne il rovescio. Spesso è preoccupato delle conseguenze politiche che l’automazione e la computerizzazione generale potranno avere: in un racconto famoso l’elettorato americano si è ridotto ad una sola persona (estratta a sorte) perché in base a quell’unico voto il calcolatore saprà dare il risultato generale tramite “proiezioni”.
Il ciclo delle Fondazioni riprende i modelli della più tipica fantascienza avventurosa, a cominciare dal grandioso concetto di un impero interstellare. Ma se la vastità del disegno è tale da far venire in mente i plot dei film di effetti speciali e i corrispondenti romanzi d’appendice, al fondo sono sempre presenti i problemi cari ad Asimov: il gioco politico, il controllo della storia, l’automazione, il conflitto tra istituzioni vecchie e nuove. Il ciclo delle Fondazioni, composto originariamente da una serie di racconti brevi, fu ristampato negli anni Cinquanta con l’aggiunta di materiale “connettivo” e da allora è stato costantemente riproposto in più volumi. Vagamente ispirato dalla lettura del Declino e caduta dell’impero romano di Gibbon, il ciclo racconta la caduta del primo impero galattico e degli sforzi compiuti da un’associazione di scienziati (riuniti nelle cosiddette Fondazioni e aiutati dalla scienza immaginaria della psicostoriografia) per abbreviare il periodo di caos che segue.
Inseriti nello stesso quadro “storico”, ma alcuni millenni prima del crollo dell’impero, sono i tre romanzi Paria dei cieli, Il tiranno dei mondi e Le correnti dello spazio. I lettori troveranno di particolare interesse anche i romanzi robotici di Asimov, da Abissi d’acciaio a Il sole nudo, anticipatori delle tematiche contemporanee sull’ambiguo confine tra uomo e macchina (come nei romanzi di Philip K. Dick). Asimov è anche un prolifico autore di gialli, campo a cui ha dato tre romanzi e varie antologie di racconti (in Italia le più note sono quelle dedicate alle avventure dei Vedovi Neri, un club di soli uomini che nel corso di un ricevimento mensile si ingegnano a risolvere problemi polizieschi).
Il successo mondiale conseguito da questo autore dopo la guerra si deve a due ordini di fattori: la capacità di stupire ma soprattutto di “convincere” il pubblico con il suo realismo, la sua asciuttezza, l’onnipresente ironia; e l’accuratezza degli sfondi scientifici, materia da cui si sviluppano le sue visioni e le sue riflessioni su un mondo dominato dalla meccanizzazione.
La generazione di scrittori cui Asimov appartiene è quella con cui nasce la fantascienza in senso moderno: il genere che esce dal cerchio magico del fantastico e, per parafrasare il titolo di una famosa antologia, trasferisce le sue meraviglie nell’ambito del possibile, poggiando su basi razionali e scientifiche ma non dimentiche del lato umanistico (come era stato in H.G. Wells). Non è un discorso che si possa generalizzare, perché negli ultimi anni la fantascienza USA si è orientata di nuovo verso il fantastico, ma i parametri sin qui indicati valgono senz’altro per la produzione degli anni Quaranta e Cinquanta, la cosiddetta “età d’oro” della sf. D’oro proprio perché possibilista: tutte qualità che in Asimov si trovano espresse al meglio e che vengono trasferite in uno stile sobrio, lineare e spesso adeguatamente ironico.
G.L.
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settembre 10th, 2012 at 23:02
PtComplimenti GLippi, articolo molto bello, profondo, mi hai fatto fare un balzo indietri di 30 anni, quando mi lessi il primo libro di Asimov. Mi colpi’ moltissimo, mi fece trasportare in un mondo nuovo, di fantapolitica, di emozioni, di viaggi ‘allucinanti’… questo libro lo possiedo nella versione oscar mondadori, ma ho una gran voglia di rileggere uno dei miei autori preferiti, e l’uscita su urania sara’ l’occasione per reincontrare un vecchio amico con le basette lunghe.
settembre 11th, 2012 at 11:42
Con la solita maestria e competenza il Sign. Lippi riesce a farci tornare l’interesse per uno dei più letti scrittori sci-fi di sempre che proprio perché così famoso spesso viene lasciato in disparte nel suo angolo di notorietà benmeritata.E invece Asimov è sempre attuale,sempre fresco,sempre un’ottima lettura.
settembre 11th, 2012 at 12:02
Squisito articolo, veramente ottima la sintesi con cui è stato descritto l’immenso universo creato da Asimov.
Ho riletto più volte tutti i libri in mio possesso (li ho quasi tutti) ed è sempre come la prima volta.
Andiamo avanti così.
Lippi sei forte!
settembre 11th, 2012 at 13:39
Io ho l’edizione Oscar con quella magnifica immagine di copertina!
settembre 11th, 2012 at 14:36
non vedo l’ora di leggere…
settembre 11th, 2012 at 15:19
Un articolo interessante sotto molti punti di vista che mette in risalto la grandezza di Asimov.
Dopo averlo letto sono andato a rivedere la cover di Urania 442 con più attenzione nei minimi particolari e tenendo presente le osservazioni del “Curatore della collana” ho scopertro una meraviglia ancora più grande sebbene già allora quel bambolotto e quell’uomo calvo colpirono la mia fantasia.
Volume da acquistare senza esitazione sperando nell’arrivo con nuove traduzioni dei seguiti del ciclio dell’impero.
settembre 12th, 2012 at 10:19
Un articolo esemplare sul buon dottore dei robot più umani degli umani, che ha spaziato dal microscopico (Viaggio allucinante) al galattico. Grande Asimov!
settembre 12th, 2012 at 22:40
Quando lo vedremo in edicola?
settembre 13th, 2012 at 09:31
Trovato – e comprato- questa mattina dalla mia edicola di fiducia.
settembre 14th, 2012 at 18:00
Acquistato e pronto per la lettura.
settembre 18th, 2012 at 20:18
Ho apprezzato molto l’articolo ma mi permetto di dissentire su una cosa: per me la migliore veste tipografica di URANIA era quella della cosiddetta “Serie Rossa”.
settembre 20th, 2012 at 23:50
@ Adriano: Guarda lo volevo scrivere io ieri.
settembre 21st, 2012 at 19:56
letto tutto molto bello il romanzo.
settembre 22nd, 2012 at 15:04
“Paria dei cieli forma, con Le correnti dello spazio e Il tiranno dei mondi, una trilogia che si svolge nello stesso universo delle Fondazioni”, in raltà penso che il collegamento è stato fatto a posteriori da Asimov in modo al quanto artificioso. Sarebbe forse meglio leggerli come romanzi indipendenti così come leggere i primi tre libri della Fondazione in maniera indipendente da quelli successivi in modo da mantenere l’omogenità originale.
settembre 23rd, 2012 at 21:40
@Dr. Lippi</B)
Complimenti vivissimi, veramente un ottima introduzione, tenuto conto che necessariamente, per motivi di spazio, ha dovuto limitarsi solo a cenni su temi che Lei riesce a farci intravedere nella loro complessità, e che apparentemente “non sono degni di letteratura pop”, come ancora tanti considerano la S.F. …..
Per me è stata una autentica novità, nel 1966 non avevo soldi, e non riuscii a trovarlo nell’usato…
Poi, quando ne avevo, non lo acquistai perché Asimov mi piaceva di più come divulgatore scientifico, e concordavo con l’opinione di molti che in Italia era sopravvalutato come scrittore di romanzi, lunghi , di S.F. ….
Evidemment “Paria dei cieli” come spesso capita è si un romanzo di esordio, ma nello stesso tempo un acme per lo scrittore che poi raramente riesce a raggiungere nuovamente.
Quindi merçi Dr. Lippi, sempre più IL
Curatore Maximo di “Urania”.
ottobre 5th, 2012 at 12:33
Asimov è Asimov, Paria dei Cieli è un bellissimo romanzo.
Solo che, in un momento in cui la fantascienza latita negli scaffali delle librerie, le opere di Asimov sono tra le poche che sono pubblicate regolarmente e si possono trovare persino nei supermercati e “Paria dei Cieli” è tra queste…
Mi permetto quindi di dire che vederle su Urania Collezione lo trovo un po’ uno spreco quando molti altri libri e autori sono finiti nell’oblio ed ed è impossibile da trovarli in altro modo o da altra fonte…
Saluti