E.C. Tubb, lo spazio in una stanza
I lettori di “Urania” che si sono formati, fantascientificamente parlando, tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli Ottanta, hanno qualcosa in comune. L’affetto per un autore da molti considerato escapista, “un semplice visionario” (come se non fosse una contraddizione in termini), un romanziere “così poco metaforico” che le sue rutilanti space opera si sarebbero potute scambiare per cronache. Cronache della galassia, naturalmente. E il fatto che oggi un editore di classici della sf come Elara abbia dedicato a un suo ciclo famoso, quello di Earl Dumarest, una poderosa edizione rilegata in più volumi, ha stupito qualcuno, trovato impreparato qualcun altro. Ma perché? Tubb è stato effettivamente uno dei più bravi artigiani della fantascienza inglese, anzi un artista del racconto a intreccio. Le se avventure (non solo spaziali, ma soprattutto spaziali) sono le migliori dopo quelle classiche di Eric Frank Russell.
Nato il 15 ottobre 1919 e scomparso il 10 settembre 2010, Edwin Charles Tubb ha dato molto alla nostra collana. A cominciare dai Pionieri di Marte (n. 157 del 1957) per finire con Terrore nell’iperspazio (n. 1004 del 1985), molti sono i suoi romanzi pubblicati con successo da Mondadori e ci dispiace soltanto che questa nuova doppietta – apparsa originariamente in una collana di mystery fantascientifici – sia arrivata troppo tardi, per ricordare un autore ormai scomparso anziché un sempreverde della sf d’azione.
Quando abbiamo letto e comprato i due romanzi, grazie agli auspici di Antonio Bellomi, Tubb non solo era ancora in vita ma stava conoscendo una fase di rilancio voluta fortemente dai suoi agenti inglesi. Sia questo di “Urania”, perciò, non un ricordo retrospettivo ma un omaggio affettuoso, con un saluto a Tubb da parte di due o tre generazioni di lettori.
G.L.
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