Mario Monicelli parla di “Urania” e di suo fratello Giorgio
…Un altro legame di “Urania” con la settima arte è rappresentato dal maestro Mario Monicelli, fratellastro di Giorgio e uno dei grandi registi del Novecento. Le cose stanno così: Arnoldo Mondadori aveva cominciato l’attività editoriale insieme all’amico Tomaso Monicelli e ne aveva sposata la sorella, Andreina. A Tomaso erano nati due figli, Giorgio e Mario, sia pure da diversa madre. Giorgio, futuro fondatore di “Urania”, era un figlio illegittimo dell’attrice Elisa Severi e sarebbe cresciuto in casa dei Mondadori, sotto le cure personali della zia Andreina. Era nato a Tradate il 21 maggio 1910, sarebbe morto a Milano il 20 novembre 1968. Dalla prima moglie, Italia Buzzi (sposata nel 1937), aveva avuto tre figlie: Diana, Fede ed Eva. In seguito aveva abbandonato la famiglia per trasferirsi da Maria Teresa Maglione, detta “Mutti”, che collaborava con lui in campo editoriale e avrebbe tradotto numerosi romanzi sotto pseudonimo. In un’intervista raccolta per “Urania”nel 1997, Mario Monicelli ci ha lasciato il seguente ritratto del fratello:
«Giorgio era più grande di me di sette od otto anni: tra noi c’è un altro fratello, Franco, poi vengo io e quindi Mino che ne ha quasi cinque meno di me. Voglio precisare che Giorgio era figlio di un’altra madre, un’attrice teatrale molto nota ai primi del Novecento: mio padre aveva avuto con lei una relazione, ma la signora non aveva mai voluto sposarlo e quando sposò mia madre papà era scapolo. Ricordo che da ragazzo andavo spesso a trovare Giorgio in casa dell’altra signora.«Mio fratello aveva soltanto la licenza liceale, non so se si fosse mai iscritto all’università; trovò presto da guadagnare come traduttore e mio padre, da parte sua, aveva altre gatte da pelare, per cui non fece sforzi particolari per convincerlo a continuare gli studi. Per quanto riguarda me, non ho proseguito nelle mie ambizioni letterarie perché mi sono presto accorto di non avere alcuna possibilità in quel campo, ma m’interessava abbastanza il giornalismo; tutti a casa mia eravamo giornalisti, avevamo preso da mio padre Tomaso che era una firma celebre e si era dedicato alla professione subito dopo la licenza ginnasiale. Anche Giorgio ha cominciato così: è entrato alla Mondadori e piano piano si è fatto strada. Ha curato diverse collane e per la “Medusa” ha scoperto molte belle cose. Prima della guerra ha diretto anche dei settimanali, tra cui, mi pare, uno dedicato alla narrativa poliziesca che si chiamava “Il cerchio verde”. Era un appassionato di astrofisica, leggeva trattati divulgativi e ricordo che nei primi anni Trenta voleva spiegarmi la relatività di Einstein, una cosa che non capiva neanche lui! Credo che “Urania” sia nata da questa passione, Giorgio aveva avuto l’intuizione che dovesse essere una collana popolare. Leggeva l’inglese e quindi aveva a disposizione testi che non arrivavano in Italia. Traduceva anche, ma non parlava né capiva la lingua viva: aveva imparato l’inglese sulla carta e leggeva quei segni come fossero il sanscrito… A casa avevamo perlopiù libri in francese, non in inglese, oppure traduzioni francesi di autori anglosassoni. A quei tempi la lingua letteraria era ancora il francese, sia pure agli ultimi bagliori, e a scuola si studiava come prima lingua straniera. Personalmente ricordo di aver letto molti scrittori russi, da ragazzo (Dostoevskij, Gogol eccetera), ma in traduzione francese! l L’editoria italiana, allora, era balorda. In questo quadro era cominciata l’avventura di Arnoldo Mondadori, che inizialmente era solo un tipografo in un paesino sperduto della bassa mantovana, attaccato al Po. Arnoldo aveva sposato una sorella di nostro padre, suo compaesano, e i primi colpi di genio del futuro editore ebbero come scenario proprio la piccola Ostiglia, subito al di qua delle linee di guerra… Si parla della Grande Guerra, quella del ’15-’18. Mondadori aveva comprato una tipografia e insieme a mio padre, che come ho detto era giornalista, aveva fondato un foglio per i soldati al fronte. E’ lì che è cominciata l’attività mondadoriana: la miserabile tipografia degli esordi ottenne varie commesse dall’esercito e si ingrandì sempre più.«Per cominciare, e prima di collaborarvi stabilmente, Giorgio acchiappò da Mondadori qualche traduzione dal francese; in seguito si trasferì a Milano ed entrò nella casa editrice come correttore di bozze e traduttore. Non so granché di quel mondo: personalmente non ho mai lavorato a Milano né alla Mondadori, ho sempre fatto il cinema. Mio padre, nel frattempo, era diventato direttore amministrativo della Rizzoli, la concorrente di Mondadori, e Angelo Rizzoli s’innamorò del cinema, ebbe voglia di fare il cinema. Fu così che produsse La signora di tutti ( 1934), un film con Isa Miranda per il quale fece chiamare il regista Max Ophüls. A mio padre toccò il ruolo di amministratore generale in quel primo film; da giovane, del resto, aveva diretto una rivista di cinema intitolata “Lux et umbra”.«Intanto, alla Mondadori si cercava di organizzare le cose in modo un po’ più serio, all’americana, diciamo: orari, cartellini eccetera. Mio fratello era considerato un artista, un rompiballe; sia Giorgio che Cesare Zavattini si ribellavano a quelle novità, non volevano orari fissi e perciò venivano continuamente multati. (Zavattini aveva avuto un’esperienza alla Rizzoli che aveva lasciato per passare alla Mondadori. A quell’epoca era a capo dell’API, l’Anonima Periodici Italiani). Facevano strani scherzi, da goliardi, come attraversare la stanza del direttore editoriale a piedi scalzi! Contrariamente a Zavattini, mio fratello non ha mai potuto o voluto fare lo scrittore vero e proprio. Aveva provato a scrivere qualche racconto, ma non ne era rimasto soddisfatto; io stesso ne ho letti un paio, ma erano cose truci piene di gente complessata che si uccideva. Comunque, ebbe sempre un certo rimpianto per questo abbandono. Giorgio passava le sue nottate con un tipo ancora poco considerato nell’ambiente, Giorgio Scerbanenco, giornalista e autore di racconti gialli ambientati a Milano in un’epoca in cui si doveva ambientare tutto in Inghilterra o chissà dove. Frustrati, gran bevitori di vino tutti e due, la sera erano sempre ubriachi, in quegli anni anteguerra. Se Scerbanenco sapesse qual è la sua reputazione postuma, sarebbe molto felice! Durante la guerra mio fratello Giorgio entrò in una formazione partigiana; per un anno o due fu anche questore di una città importante, Varese mi pare. Alla liberazione del Nord tornò in ditta: Arnoldo Mondadori, durante il conflitto, era scappato in Svizzera per paura di requisizioni o sequestri, ma ora l’attività si andava riorganizzando. Voglio ancora dire che mio fratello è stato il primo ad aver tradotto in ltalia Malcolm Lowry, e quando lo scrittore venne in ltalia per conoscere il suo traduttore, i due non sapevano come comunicare! Allora si misero a bere barbera e a sghignazzare, insieme a Scerbanenco, come si può immaginare. Giorgio è morto prima di aver compiuto sessant’anni, di cirrosi epatica. Era malato e sempre scontento, forse perché avrebbe voluto fare il letterato… Pur non avendo mai letto “Urania”, perché la fantascienza non m’interessava affatto, ricordo bene le prime copertine, con quei colori bianco e blu: ma allora, cercavo più volentieri altre riviste letterarie»[1].
[1] Mario Monicelli, dichiarazioni raccolte a Roma da Lorenzo Codelli e pubblicate in “Urania” n. 1322 (1997).
Posted in Antigravità
dicembre 2nd, 2010 at 23:12
Un ricordo vivido che rende omaggio in un colpo solo a due figure per me fondamentali nello svolgimento culturale del ‘900. Grazie a Urania e a Lippi per avercelo riproposto.
dicembre 3rd, 2010 at 11:14
Mi ricordo bene questa intervista, era molto bella, vi traspare molta umanità…
dicembre 22nd, 2010 at 16:31
E’ vero, ancora attualissima.
dicembre 23rd, 2010 at 01:24
ciao mario