Robert Silverberg

febbraio 16th, 2010 by Admin Urania

Il nostro curatore Giuseppe Lippi ci regala un profilo del maestro Robert Silverberg, ospitato questo mese in “Urania Collezione” con L’uomo stocastico.

Nato nel 1935 da genitori ebrei, Robert Silverberg rappresenta un caso unico nella letteratura USA di fantascienza: il caso, cioè, di uno scrittore che ha cominciato a pubblicare senza alcuna apparente ambizione negli anni Cinquanta (legandosi ai mercati più umili e tradizionali) e che ha ripreso a scrivere negli anni Sessanta trasformandosi, nel giro di un decennio, in un artista maturo e personale, nonché uno dei profondi innovatori del genere. Attivo ancora negli anni Ottanta e Novanta, anche se non più col ritmo febbrile dei decenni precedenti, si calcola che abbia pubblicato oltre cento libri di science fiction e una sessantina al di fuori della narrativa.

Si distinguono, perciò, tre fasi nella sua carriera. Il primo Silverberg esordisce con un racconto del 1954, “Gorgon Planet”, e con un romanzo del 1955, Revolt on Alpha C (in italiano La pattuglia dello spazio, AMZ Editrice, 1960). E’ uno scrittore di avventura come tanti, si destreggia fra space opera e storie d’azione o di mistero, nascondendosi volentieri dietro gli pseudonimi collettivi delle case editrici di pulp magazine, ma nel 1956 gli viene attribuito un tempestivo premio Hugo quale nuovo autore più promettente. Di quel periodo si ricordano i romanzi Master of Life and Death, 1957 (Padrone della vita, padrone della morte, tr. it. in “Galassia” n. 128, La Tribuna 1970), Aliens from Space firmato con lo pseudonimo di David Osborne (Stranieri dallo spazio, in “Galassia” n. 12, La Tribuna 1961), Invaders from Earth, 1958 (Invasori terrestri, Editrice Nord 1983) e Recalled to Life, 1962 (Anonima Resurrezioni, in “I romanzi del cosmo” n. 181, Ponzoni 1965). Su “Urania” appare Collision Course (1961) col fantasioso titolo de Il sogno del tecnarca.

Quando, verso la fine degli anni Cinquanta, il mercato dei pulp magazine scompare e quello delle altre riviste si ridimensiona, Silverberg ne approfitta per concedersi una pausa. Usciranno suoi libri anche nell’intervallo fra il 1959 e il 1966, ma si tratterà di rifacimenti di vecchi lavori. Nel frattempo, si dedica ad altri progetti e altri libri.

Torna alla fantascienza nel 1967, in grande stile, con Thorns (Brivido crudele, Editrice Nord 1972), storia di un astronauta “vivisezionato” e rimesso insieme da creature extraterrestri, e con Hawksbill Station, 1968 (Base  Hawksbill, Editrice Nord 1979), che racconta di un campo di prigionia per deportati politici nascosto nel remotissimo passato. I successivi romanzi confermano in Silverberg uno scrittore potente e originale, tanto da farlo acclamare come uno dei maestri della science fiction americana: The Masks of Time, 1968 (Le maschere del tempo, Fanucci 1977 e 1991), avventura di un misterioso visitatore giunto dall’anno 1999, The Man in the Maze, 1968 (la versione pubblicata su rivista è apparsa in italiano come La città labirinto in Urania n. 498, 1968; in seguito è stata tradotta anche la versione ampliata a volume: L’uomo nel labirinto, MEB Editrice, 1976); e ancora il ciclo di Nightwings, 1969 (Ali della notte, Editrice Nord 1973), una storia dai toni quasi fantasy ambientata nel lontano futuro, e una delle sue migliori prove stlistiche.

Up the Line, del 1969 (Il paradosso del passato, Editrice Nord 1978) descrive i molti problemi dei viaggi nel tempo, mentre Downward to the Earth, del 1970 (Mutazione, Editrice Nord 1979) è quasi una versione fantascientifica del conradiano Cuore di tenebra. Devoto di Conrad, Robert Silverberg ritenterà più esplicitamente l’operazione con un romanzo breve del 1988, The Secret Sharer, in cui anche il titolo è identico a quello del modello. In italiano la versione pubblicata su rivista è apparsa abbastanza tempestivamente, sia pure con un titolo che non permette di cogliere il rimando al capolavoro di Conrad: si tratta di Comunione segreta ed è apparso nel “Millemondi estate” 1988 (Mondadori).

Del 1971 sono A Time of Changes (Il tempo delle metamorfosi, Fanucci 1974 e Editrice Nord 1993), Son of Man (Il figlio dell’uomo) e The Book of Skulls (Il libro dei teschi o Vacanze nel deserto, quest’ultimo riedito da Fazi e attualmente in libreria).

Silverberg non si interessa soltanto al tema della civiltà nel futuro, ma anche al problema del singolo individuo – e dell’artista in modo particolare – nel nostro ambiente contemporaneo, che può risultare angoscioso e opprimente come quello di qualunque dystopia. Così Dying Inside, 1972 (Morire dentro, Fazi 2007) è la straziante odissea di un uomo che, dopo aver acquisito facoltà telepatiche, lentamente le perde. Per contro, The Stochastic Man del 1975 (versione su rivista tradotta come L’uomo stocastico in “Urania” n. 687 e qui ristampata), è la realistica e affascinante avventura di un uomo che impara non solo a prevedere il futuro con metodi statistici, ma a “vederlo”. In altre parole, a trasformarsi da tecnico scaltrito in veggente. La vicenda è rappresentativa di tutta la fantascienza e del modo in cui opera: prendendo una branca della tecnologia o della scienza più o meno ufficiale – e a volte solo un’abilità tecnica – passa a ricavarne neoscienze o facoltà super-scientifiche il cui portato è molto più vasto, e il cui scopo, come dice Silverberg in questo romanzo, consiste nell’indagare il possibile “significato” dell’universo (ciò che la scienza ufficiale, sappiamo bene, non farà mai né intende fare). In questo senso la fantascienza travalica l’esperienza scientifica per rifarsi a quella puramente speculativa, e nel caso dell’Uomo stocastico alla problematica del tempo, del destino e del libero arbitrio. L’universo ha un senso, conclude il protagonista di Silverberg: l’ex-uomo stocastico è approdato a una concezione filosofica del mondo.

Altri romanzi di questo formidabile “periodo di mezzo” sono To Live Again del 1968 (Vertice di immortali, Editrice Nord 1971), Tower of Glass del 1970 (Torre di cristallo, Editrice Nord 1973) e The Men Inside, 1971 (Monade 116, Delta Editrice 1974), che racconta le spaventose conseguenze della sovrappopolazione urbana. L’ultimo romanzo di questa seconda e straordinaria fase creativa è Shadrach in the Furnace del 1976 (Shadrach nella fornace, Editrice Nord 1978) che tratteggia la figura di un dittatore del futuro vista attraverso le esperienze del suo medico.

Si può ben dire, a questo punto, che l’opera di Silverberg avesse raccolto quanto di meglio la tradizione della fantascienza americana potesse offrire e avesse trasferito il suo ricco bagaglio di idee e invenzioni – ma anche un certo modo di porsi di fronte al tempo, quello che è stato giustamente definito “il senso del futuro” – sul piano di una personalissima qualità inventiva e stilistica. In tal modo la sua fantascienza risulta ben inserita nello spirito moderno (quello che i vecchi classici dell’Età d’Oro non potevano, ormai, più sperare di rappresentare) e, pur rimanendo perfettamente all’interno del genere, ne rappresenta un importante rinnovamento e non sfigura per nulla accanto ai romanzi mainstream dello stesso periodo. I temi che interessano Silverberg e l’abilità narrativa con cui sa affrontarli sono ormai quelli di uno scritore maturo: l’evoluzione della civiltà americana, il problema delle personalità riprodotte tecnicamente (molto ben affrontato in romanzi come Vertice di immortali e The Second Trip del 1972, apparso in Italia come Il secondo viaggio) e ancora il sesso e il tormento dell’uomo “diverso” nel mondo massificato contemporaneo. Egli è l’esempio più vistoso di come un genere letterario vitale possa arricchirsi e giungere a maturazione in alcune singole figure di autori la cui abilità trascende, ormai, la perizia dell’artigianato.

Ma non sempre il mercato premia l’inventiva e l’originalità senza compromessi, e quello della fantascienza americana andrà incontro, negli anni Ottanta, a profonde metamorfosi, anche involutive. Silverberg scrive spesso in una vena tragica: le sue vicende amare, dalla conclusione non di rado pessimistica, sembrano disorientare alcune frange di lettori; e ancora di più sconcertano gli editori certe “pretese” del grande Robert. Disgustato dalla politica letteraria delle case editrici di fantascienza (che non ristampano i suoi romanzi, che annegano nella pletora di novità senza curare il catalogo e che, in definitiva, lo trattano come uno sforna-salsicce, secondo l’espressione usata da Agatha Christie), Silverberg smette per la seconda volta di scrivere SF.

Questo abbandono dura quattro anni, dopodiché, nel 1980, lo scrittore torna a produrre regolarmente romanzi e racconti. Ma c’è stato un cambiamento di tono e di registro: Lord Valentine’s Castle (Il castello di Lord Valentine, libro che segna il suo ritorno sulla scena) è quasi un romanzo fantasy che non sembra aggiungere molto al bagaglio dell’autore, anche se in esso nasce il mondo di Majipoor che tornerà a fare da sfondo alla raccolta di racconti The Majipoor Chronicles, 1982 (Cronache di Majipoor, Editrice Nord 1983) e al successivo romanzo Valentine Pontifex, 1983 (Il pontifex Valentine, Editrice Nord 1984).

Seguono alcuni esperimenti con il romanzo storico (Silverberg ha scritto, fra l’altro, alcuni libri di storia antica e archeologia, ed è un appassionato di mitologia): Lord of Darkness nel 1983, Gilgamesh the King  nel 1984 e To the Land of the Living nell’89.

Nel 1986 esce il suo primo romanzo di fantascienza pura dopo dieci anni: si intitola Star of Gypsies (in italiano L’astro dei nomadi, Editrice Nord 1988) e poco dopo prende l’avvio una lunga saga ambientata nel lontano futuro dopo una nuova glaciazione. Il ciclo conta finora i seguenti titoli: At Winter’s End, 1988 (La fine dell’inverno, Mondadori 1989) e The New Springtime, 1989 (La nuova primavera, Mondadori 1990). Del 1991 è il romanzo The Face of the Waters (Il volto delle acque, Sonzogno 1992), storia di una colonia terrestre che sopravvive su un pianeta acquatico dopo la distruzione del nostro mondo.

Rassegnato alle richieste del mercato, Silverberg accetta di scrivere tre romanzi ricavati da altrettanti racconti di Asimov: Nightfall nel 1990 (Notturno, Bompiani, stesso anno), Child of Time nel 1991 (Il figlio del tempo, Bompiani, s. a.) e The Positronic Man nel 1992 (Robot NDR-113, Bompiani, s.a.). Il primo romanzo è tratto dal racconto omonimo, mentre il secondo e il terzo costituiscono rispettivamente l’espansione degli asimoviani “The Ugly Little Boy” e “The Bicentennial Man”. Il suo precedente romanzo di fantascienza, la space opera Starborne, 1996 (L’arca delle stelle, n. 1306) è stato il titolo di maggior successo su “Urania” nel 1997.

Attivissimo anche come antologista e saggista, Robert Silverberg rimane una figura-chiave della fantascienza contemporanea. Recentemente i suoi racconti brevi sono apparsi in una raccolta organica pubblicata tanto negli Stati Uniti che in Inghilterra. Silverberg è anche, sicuramente, uno degli autori più amati in Italia.

Giuseppe Lippi

[La bibliografia italiana di Robert Silverberg è reperibile sul Catalogo Generale di SF, Fantasy e Horror, a cura di Ernesto Vegetti. Foto via Midamericon.org.]

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9 Responses

  1. Kronos H

    Ho letto L’uomo stocastico molti anni fa e mi era piaciuto.
    Ho visto che la traduzione è sempre quella di Lella CUCCHI (Urania 687). Qualcuno sa dirmi se si tratta di una traduzione integrale?

  2. Giuseppe P

    Io mi ponevo la stessa domanda! Ma almeno è stata rivista la traduzione? mi sembra che era la stessa della vecchia edizione??

  3. Giovanni De Matteo

    Mi sembra che questa domanda abbia ricevuto da tempo la sua risposta. Tutte le ristampe in UC vengono riviste e, nei casi in cui è necessario, le traduzioni vengono integrate.

  4. GianniT

    Fu esattamente la risposta che mi fu data da Lippi quando feci la stessa domanda relativamente a “Storie del Tempo e dello Spazio” di Boucher. Direi che possiamo stare più che tranquilli.

  5. Kronos H

    Ok, grazie Giovanni. Sono contento che questi romanzi vengano ristampati in una nuova veste.

  6. Gian Luigi Bona

    Silverberg è grandissimo, visto che Fazi sembra avere interrotto le sue ristampe potreste continuarle voi…
    Vi supplico…

  7. Giuseppe P.

    In U.C. vorrei vedere “Ali della notte” (romanzo di Fantasy e SF),
    senza dubbio uno dei migliori lavori di Silverberg.

  8. Subhaga Gaetano Failla

    Ricordo con particolare emozione il romanzo di Silveberg, in edizione Urania del 1971, “Le due facce del tempo” (Starman’s Quest, 1962), con tema il “paradosso dei gemelli”.

  9. Subhaga Gaetano Failla

    Correggo un refuso: Silveberg = Silverberg.

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