Leiber e il viaggio nel tempo

ottobre 8th, 2008 by Admin Urania

Un intervento di Riccardo Valla su Fritz Leiber e Il grande tempo, che va a completare il profilo tracciato da Giuseppe Lippi.

Rispetto all’idea di viaggiare fino alla luna e al sole, un tipo di viaggio che compare già negli scritti di Luciano (II secolo d.C.), l’idea di visitare il futuro è abbastanza recente e nasce come variante dell’utopia. Invece di presentare stati immaginari di terre lontane, nel romanzo sul futuro si descrivono quelli ipotetici del domani.

Quanto all’identità del primo a presentare in una sua opera il viaggio nel futuro, i francesi citano Mercier (1770), gli inglesi l’anonimo autore di The Reign of George VI, 1900-1925 (1763), che descrive la vittoria dell’Inghilterra sulla Francia. Negli ultimi anni sono state anche citate due opere di polemica politica, S. Madden, Memoirs of the Twentieth Century, del 1733, e un opuscolo di propaganda a favore di Cromwell, Aulicus his Dream, del 1644. Nessuno di questi testi inglesi ebbe però il successo del romanzo di Louis-Sébastien Mercier, L’An 2440, rêve s’il en fut jamais, che descriveva le meraviglie del futuro, create grazie all’insegnamento delle scienze, e che ebbe subito versioni italiane e inglesi.

Rispetto a questi precursori, gli autori italiani sono nettamente distanziati, e il primo è Nel 2073! Sogni d’uno stravagante, di Agostino Della Sala Spada (1874), seguito poi con un grande distacco da L’Anno 3000 di Paolo Mantegazza (1897) e Dopo la vittoria del socialismo di Ulisse Grifoni (1907).

Tutti questi testimoni del futuro, comunque, vi giungevano in sogno, o tramite visioni ed espedienti. Il vero viaggio nel tempo, con una macchina che permette di andare avanti e indietro nell’arco dei secoli, ha poco più di cent’anni e risale al romanzo La macchina del tempo di Wells (1895).

In Italia, queste storie erano piuttosto rare, prima che con gli anni Cinquanta giungesse la Science Fiction americana, ma da allora in poi il tema  è sempre stato uno dei piatti forti della fantascienza italiana… da quando la fantascienza esiste, ossia da quando la parola fantascienza, coniata da Monicelli, è comparsa nel primo numero di “Urania” (allora “I Romanzi di Urania”). In quel mitico numero 1 compariva a puntate, in appendice, un romanzo di Simak sui viaggiatori nel tempo, Oltre l’invisibile. Nel romanzo, il protagonista, che vive in un lontano futuro, è coinvolto in un conflitto tra viaggiatori del tempo e si trova esiliato per un lungo periodo nell’America rurale degli anni Cinquanta.

Con il numero 12, Le armi di Isher di van Vogt, troviamo due viaggiatori nel tempo. Il primo è un giornalista della nostra epoca, che continua a oscillare tra passato e futuro, e il secondo è uno dei protagonisti, che torna indietro di qualche mese nel passato, portando con sé tutti i listini di borsa, e con i suoi guadagni mette in pericolo la stabilità finanziaria della sua epoca.

Prima di allora, i lettori italiani di storie di viaggiatori temporali avevano letto solo il romanzo di Wells. Al massimo, chi leggeva la rivista francese “Fiction” conosceva almeno per nome Le Voyageur imprudent di Barjavel, in cui, diversamente dalla Macchina del tempo, compariva un paradosso temporale, anche se un po’ ingenuo rispetto a quanto stavano scrivendo in America i vari Heinlein e Williamson. Nel romanzo di Barjavel, il viaggiatore, dopo un viaggio in futuro in cui l’umanità ha un’organizzazione da insetti sociali (operai, soldati, e una sola enome “regina” che si occupa della riproduzione) si reca ad assistere alle vittorie di Napoleone ed è ucciso da un proiettile vagante, Essendo morto in una data che precede quella della nascita, viene cancellato completamente dal flusso del tempo ed è come se non fosse mai esistito.

Intanto, negli Stati Uniti, nel periodo che va da Wells al 1950, vari scrittori avevano ripreso l’idea del viaggio nel tempo, a iniziare un autore poco noto in Italia, Ray Cummings, che nel 1924 scrisse The Man Who Mastered Time, in cui una macchina del tempo come quella di Wells portava il protagonista in varie epoche per sfuggire a una dittatura del futuro. Alcuni anni più tardi, nel 1931, appariva un interessante The Time Stream di John Taine, in cui un gruppo di studiosi di una civiltà del futuro si tuffava nel “flusso del tempo” per constatare la distruzione della civiltà e la nascita della barbarie. Nel romanzo, il tempo è circolare e il lontano passato coincide con il lontano futuro. Il romanzo ha una grande forza evocativa, ma evita di approfondire i paradossi.

Con la seconda metà degli Anni Trenta, comincia a delinearsi il tema del paradosso temporale, e il romanzo più significativo dell’epoca è La legione del tempo, di Jack Williamson (1938), in cui l’idea del viaggio nel tempo si unisce a quella dei “presenti alternativi” o degli “universi paralleli” che compariva nel romanzo di Murray Leinster, Bivi nel tempo (1934). In quest’ultimo, un cataclisma che coinvolge vari universi paralleli porta nella nostra realtà alcuni pezzi di Terre dove la storia ha seguito un altro percorso.

Williamson immagina invece che a indirizzare la storia lungo un percorso “alternativo” sia stato un intervento di viaggiatori del tempo provenienti dal futuro. Nel suo romanzo, due civiltà “alternative” del lontano futuro, ciascuna in grado di viaggiare nel tempo, si combattono ai nostri giorni per modificare la storia a proprio favore. Come nel film Ritorno al futuro, gli esponenti di ciascuna “sbiadiscono” e perdono realtà quando l’altra sembra sul punto di vincere.

A questi romanzi si accompagnano, negli anni attornmo al 1940, molti racconti che a volte propongono dei paradossi assai brillanti. Il più noto è quello di Heinlein, Un gran bel futuro (By His Bootstraps, 1941).

Il titolo del racconto è divenuto proverbiale. Significa “sollevarsi da solo, tirandosi su con le stringhe delle scarpe” (o, alla lettera, le cinghie degli stivali), tanto che il programma dei computer che serve per lanciare gli altri programmi si chiama “bootstrap” o “boot”. Però l’espressione non è di Heinlein perché era già in uso nella marina e Heinlein deve averla udita durante il servizio militare.

Nella storia, un giovane del nostro tempo riceve la visita di un viaggiatore del tempo, che lo porta in un lontano futuro. Là viene a sapere che una razza aliena ha invaso la terra e ha trasformato l’umanità in una razza di docili schiavi. Inoltre, prima di scomparire, ha lasciato varie apparecchiature come la macchina del tempo che ha trasportato nel futuro il giovane. In seguito, il viaggiatore si serve di lui come assistente, insegnandogli tutto quello che sa. Quando il viaggiatore scompare, il giovane comprende che il viaggiatore è lui stesso, e il ciclo temporale si chiude. Si è tirato su per le stringhe, ha fatto tutto da solo.

Vari anni più tardi, Heinlein riprese l’idea del “paradosso temporale chiuso” nel racconto Tutti voi zombie (1959), in cui l’autosufficienza del protagonista sale ancora di un grado. Il titolo si collega a una osservazione che s’incontra nelle storie sui viaggi nel tempo: “Se tornassi indietro nel tempo e uccidessi il padre del mio nemico” (o di Hitler, o di Napoleone ecc.) “lui non esisterebbe più”. Per ora è vivo, ma è una sorta di zombie, perché andando indietro nel tempo e uccidendo suo padre, non lo sarebbe più. Una variante è: “E se invece andassi indietro nel tempo e uccidessi mio padre?”, e la fantascienza ha risposto in vari modi: non riesce a uccidere suo padre perché ogni volta c’è qualcosa che glielo impedisce, o perché non è il vero padre, o perché l’azione crea un altro filone temporale o alla maniera di Fredric Brown: lui rimane, ma scompare tutto il resto dell’universo.

Heinlein si ferma alla formulazione originale, in cui ciascuna persona rischia di non esistere perché qualche viaggiatore del tempo, cambiando leggermente la realtà, può annullare le premesse che hanno portato alla sua nascita. Nella storia, una donna orfana dei genitori, che, senza saperlo, è una transessuale, viene sedotta e abbandonata e dà alla luce una figlia. La figlia scompare e lei in seguito cambia sesso. Divenuta uomo, si reca indietro nel tempo e seduce la protagonista (ossia se stessa quando era ancora donna). Naturalmente, con la macchina del tempo rapisce poi la bambina e la porta indietro nel tempo. In questo modo padre, madre e figlia sono una sola persona, a età diverse, e nessuno potrà mai alterare il passato, prima della nascita, e annullare la sua esistenza. (Potrebbe però alterare il futuro, dopo la sua nascita. Il racconto è brillante, come tutti i racconti di Heinlein, al punto da far scordare il filo logico.)

Il romanzo di Williamson dà inizio al filone principale di storie sui viaggi nel tempo, quello in cui la storia deve rimanere com’è e una opportuna polizia del tempo provvede a eliminare chi vorrebbe cambiarla. Tra i più noti romanzi di questo filone si possono ricordare La fine dell’Eternità di Isaac Asimov (1955) e la serie dei Guardiani del tempo (“Everard Cronodetective”, 1959) di Poul Anderson. Nel primo, una sorta di dittatura del tempo, chiamata “Eternità”, controlla gran pare dell’arco dei millenni, per quasi centomila anni. Le sue macchine del tempo però non riescono a superare quella data. Come scopre il protagonista, il blocco è stato messo da una civiltà del lontano futuro, che accusa l’Eternità di avere praticato uan politica isolazionista che ha impedito all’umanità di espandersi sulle stelle. Ora, gli uomini del lontano futuro intendono opporsi al sorgere dell’Eternità. Distruggendola, distruggeranno anche il loro filone temporale, ma l’umanità avrà l’occasione di spargersi in tutta la galassia.

I racconti di Anderson presentano un agente dei guardiani del tempo, Everard, il quale viene ogni volta mandato nel passato per impedire che qualcuno cambi la storia. Come nelle storie di spionaggio, i colpevoli sono altri agenti che hanno tradito, ma l’ambientazione è convincente e le storie sono ben raccontate. “Time opera” – space opera ambientata lungo il tempo – certo, ma di ottimo livello.

A volte si ha l’impressione che la tematica del viaggio nel tempo non sia stata ancora bene approfondita dalla fantascienza e che gli autori si siano limitati a una produzione brillante ma superficiale, trattando il tempo come se fosse lo spazio e disinteressandosi degli spunti maggiormente letterari, come per esempio l’incontro del protagonista con una propria copia più vecchia o più giovane: un romanzo di questo genere potrebbe forse evitare tutti i manierismi che rendono insopportabile a molte persone il solito romanzo d’introspezione.

Forse però la situazione non è proprio quella descritta da Ballard nel suo famoso articolo sullo “spazio interno” (1962), quando accusava gli scrittori di avere ridotto il tempo a niente di più che “una gloriosa ferrovia scenografica”, perché ci sono vari esempi di storie temporali che vanno al di là della trovata brillante, per esempio Il mondo che Jones creò, di Philip Dick, o La freccia del tempo di Martin Amis o Indietro nel tempo di Jack Finney.

Un primo tentativo di uscire dalla tradizionale storia di viaggi nel tempo è questo Il grande tempo di Leiber, che nel viaggio nel tempo e i conflitti tra chi vuole cambiare la storia e chi vuole mantenerla immutata vede il tentativo di costruire progressivamente una molteplicità di universi paralleli: quello che in seguito e sulla scia dei romanzi di Moorcock è oggi chiamato il “Multiverso”. I vari flussi temporali, compresi quelli annullati, sopravvivono sempre: ne sono testimoni i protagonisti, i quali vengono sia dal nostro flusso temporale sia da altri.

Leiber, però, non si limita a questo concetto, e sarebbe difficile ridurre a un solo spunto, anche se “universale”, il suo romanzo. Anzi, la ricchezza dei riferimenti fa pensare che il romanzo sia soprattutto un omaggio a Shakespeare.

Leiber è cresciuto tra esperienze teatrali, e dietro i suoi personaggi c’è sempre qualche riferimento alle scene. Il Grande tempo, a parte le riflessioni della protagonista (che potrebbero essere dei fuori scena: Greta Forzane si volta verso il pubblico e gli rivolge un monologo, mentre gli altri attori fanno finta di non sentire) sembra scritto per essere messo in scena. Anche i personaggi sono quelli del teatro: una soubrette brillante e pratica (Greta), due amorosi (il Ragazzo e la Ragazza Nuovi), un pedante, un rivale dell’amoroso, una sorta di “madre nobile” e varie comparse (la cretese, il romano, gli extraterrestri). E ciascuno ha una o più scene madri.

Lo stesso dialogo ha l’incisività dei testi per il teatro, ed è intercalato di piccole rivelazioni quasi proverbiali: per dirne solo una, l’opinione con una congiura si può spiegare sempre tutto, compresa l’origine dell’universo. E il testo ne è pieno.

C’è da chiedersi perché Leiber, che è autore di pagine memorabili, che scrive sempre a un alto livello stilistico, che è pieno di osservazioni e di situazioni illuminanti, non abbia mai raggiunto la fama di un Asimov o di un Heinlein, per citare due autori suoi contemporanei. Eppure le sue fantasy sono storie che a ogni successiva rilettura rivelano nuove sfaccettature e nuovi riferimenti interni, i suoi gialli sono perfetti, economici, e restano a lungo nella mente, la sua fantascienza non perde mai riferimento con la realtà, anche le sue recensioni che apparivano sulle riviste americane sono degne di un grande critico.

Forse perché il primo a non desiderarlo era lui. Forse, abituato a vivere a contatto con i testi recitati del padre, grande attore di teatro, pensava di se stesso: “O sei William Shakespeare o non sei nessuno”, e rispetto a quel modello si considerava un dilettante, ma alla maniera dei letterati cinesi classici, che scrivevano poesie perfette, ma solo per gli amici e i colleghi in grado di capirle, e non si curavano dei facili successi presso il pubblico grosso.

Riccardo Valla

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24 Responses

  1. Quiller

    Bellissimo intervento che dà un grande “valore aggiunto” a questo blog.
    Ben vengano altri interventi del genere, sia nuovi che magari recuperati da vecchie rubriche (ormai basta un scanner OCR…)
    Grazie

  2. Antonio F

    Dotto, brillante, puntuale e puntiglioso: grande Rick!
    Davvero strano che Leiber non abbia avuto magior fortuna. Forse era troppo bravo…
    Ciao.
    AF

  3. Antonio F

    Oops… volevo dire: grande Ric! ovviamente. Mi è scappata una k di troppo (e una g in meno in maggior).
    Ciao.
    AF

  4. Piscu

    c’è qualcosa in quella storia di Heinlein che non mi torna…

    comunque bell’articolo.

  5. marco milani

    Che dire… leggo ben che volentieri, positivamente colpito, e senza bisogno di aggiungere ulteriori commenti. :)

  6. Antonio F

    Il dettaglio in Heinlein che sembra oscuro è la faccenda che anche la figlia, oltre che la madre e il padre, è sempre la stessa persona. Il fatto è che la madre è una trovatella, ed è in realtà la figlia dei due genitori che sono un unico individuo, la quale scompare perché viene rapita dal padre e portata indietro nel tempo. Cioè è lei la trovatella che avrà una figlia, dopo essere stata sedotta da se stessa, diventata uomo e tornata indietro nel tempo. Non so se l’ho spiegato bene. Spero di sì… :-)
    Ciao.
    AF

  7. Piscu

    ma, fisicamente, come fa uno a partorire se stesso?

    vabbè, ovvio che è megaparadosso proprio per questo. però è strano, pensando ai singoli elementi della storia sembra filare, me nel suo insieme appare impossibile.

  8. Antonio F

    Ci riesce perché cambia sesso, e perché torna indietro nel tempo per ben due volte. La protagonsita (una trovatella)fa una figlia (che viene rapita), cambia sesso, torna indietro nel tempo, mette incinta se stessa (mentre è ancora una donna) e poi torna indietro nel tempo con la figlia (e la lascia lì). Questa bambina, da adulta, non è altri che la donna che abbiamo incontrato all’inizio della storia. Si tratta di un paradosso infernale, ma perfettamente logico. La debolezza potrebbe esserci sugli aspetti biologici, ma sia la femmina che il maschio umani posseggono, in quantità minore, ormoni dell’altro sesso, quindi…

  9. Piscu

    uhm, forse ripensandoci ho trovato la soluzione. quello che mi turbava è che, da un punto di vista biologico, una persona non può essere incinta di se stessa. tuttavia, inserendo in questa idea il viaggio nel tempo, si può considerare l’essere “autoincinti” solo una versione della compresenza di due versioni della stessa persona nello stesso momento.

    inoltre, il fatto che padre e madre siano la stessa persona risolve anche il problema per cui, da un punto di vista genetico, una persona non può essere padre di se stesso: infatti rimescolando i gendi con quelli di sua madre, il figlio ottenuto sarebbe una persona diversa. ma se padre e madre hanno lo stesso patrimonio genetico, è ovvio che anche il figlio sarà la stessa persona.

  10. l.fabriani

    Interessantissimo articolo. Uno dei motivi per i quali Leiber non ha avuto un maggiore successo, è che nel sottofondo della sua opera, nemmeno tanto sotto, c’è un velo di ironia. E l’ìronia piace poco. Questo naturalmente a mio giudizio.

    Come annotazione a due punti da te citati, l’uomo che cessa di esistere se i suoi genitori vengono uccisi e l’incontro con se stesso, vorrei citare un luogo extraletterario: il film Timecop2 The Berlin Decision, peraltro dimenticabilissimo. Un criminale torna nel passato e inizia a uccidere nell’infanzia gli agenti che lo hanno arrestato. Il protagonista si ritrova quindi con gente che gli si nebulizza intorno (naturalmente è scarsamente comprensibile il motivo per cui anziché sparire punto e basta uno si debba disciogliere visibilmente, ma l’effetto speciale serviva forse per sottolineare il fatto). Sempre nello stesso film, un agente che nel passato si avvicina troppo a sé stesso bambino, torna nel futuro fuso con esso in un unico organismo indistinguibile e quindi muore.

    In ogni modo, sono d’accordo con te quando parli del mancato sfruttamento di certi momenti, tipo l’incontro con se stessi. E’ comunque da rilevare come la cosa non sia casuale anzi spesso l’autore parla esplicitamente di un divieto rispetto a questo tentativo. In ogni manuale del buon viaggiatore temporale è chiaramente indicato in neretto e con doppio asterisco che per evitare paradossi l’incontro con se stessi è proibito. Quindi, più che una trascuratezza sembra essere una precisa scelta dell’autore vuoi per evitare complicazioni, vuoi per rientrare in una tradizione stabilita.

    Ciao
    Lanfranco

  11. riccardo valla

    Ci deve essere un ritorno di interesse per Leiber. Ordinando a un libraio americano un certo numero di riviste con le sue recensioni, il libraio diceva di avere ricevuto pochi mesi fa un’analoga richiesta e perciò di essere momentaneamente sprovvisto di parte del materiale.
    Interessante l’osservazione di Piscu (N. 9) sulla genetica nel paradosso di Heinlein. P e M – il padre e la madre – sono lo stesso individuo e dunque hanno lo stesso patrimonio genetico. Però chi si unisce sono i gameti dell’uno dell’altra. Ora, non è che i gameti maschili siano tutti identici e non lo sono neppure tutti quelli femminili; durante le suddivisione che porta da una cellula con due cromosomi per tipo a un gamete con 1 cromosoma per tipo, c’è una rimescolanza. Per cui il figlio non è un clone perfetto. Per dirla in breve, un certo numero di suoi geni non sarebbero quelli dominanti, ma quelli recessivi e quindi magari ha gli occhi azzurri invece che castani, se il padre-madre aveva i due geni. Heinlein avrebbe dovuto dire che impiantava nella donna un proprio clone… Si potrebbe scrivere un racconto in cui uno inventa la macchina del tempo e cerca di ripetere l’esperimento di Heinlen senza riuscirci finché non si ricorda del particolare…
    Antono (N. 8) ha ragione, c’è anche il particolare da lui citato. Però i miei dubbi sorgevano da un altro tipo di considerazioni: nel futuro, uno legge quella storia e gli vien voglia di smentirla. Allora prende la macchina del tempo e interviene per mandarla a monte, che so, sostituendo la bambina rapita… Su un vecchio Urania c’era un racconto del genere – intervento dal futuro – mi pare si chianasse Il moiitero dei tentacoli gialli, di Boucher. Nel futuro, uno degli ultimi superstiti della razza umana ha come unico divertimento la lettura delle vecchie riviste di fantascienza. I racconti che più apprezza sono quelli di un certo Norbert Holt, il quale, una volta dopo l’altra, fa profezie esatte sul futuro. Nella sua ultima storia, descrive con esattezza proprio la sua situazione, lui che legge le storie e che alla fine s’infila dentro una macchina misteriosa, di cui nessuno conosce lo scopo.
    Decide di fare come nel racconto e torna indietro nel tempo nella New York del 1930 dove inizia la carriera di… autore di fantascienza. Ovviamente prende il nome di Norbert Holt. Scrive tutte le storie che aveva letto nelle vecchie riviste e quando arriva all’ultima, in cui descrive se stesso e il suo viaggio con la macchina misteriosa per diventare l’autore, la direttrice della collana ewsclama: “Ma che idiiozie!” e butta nel cestino il manoscritto. Un istante più tardi rispondendo alla domanda della figlia o della nipote, “Chi è Norbert Holt”, dice: “Mai sentito quel nome”.
    Ringrazio Lanfranco (N. 10) per la segnalazione del film, mi metto subito alla ricerca… Uno psicologo come Antonio direbbe subito che tutta l’architettura dei paradossi temporali sorge proprio per evitare di affrontare il tema dell’incontro con se stesso, e chissà che non sia proprio questo il signifiato profondo del viaggio nel tempo, inteso come icona della fantascienza. (Ma lo studio dei simboli della fantascienza è ancora tutto da fare.)

  12. riccardo valla

    acc., quanti refusi!

  13. l.fabriani

    I paradossi intesi come impedimento all’incontro con se stessi? Interessante ipotesi. Ma è un impedimento per impedire il colloquio con il doppio o un rendersi conto che questo avrebbe effetti sconvolgenti?

    La fantascienza, è una roba strana ma strana forte. Da un lato, come ogni letteratura ha un magma inconscio che gli sobolle intorno, sopra e sotto, dall’altro pretende di avere una razionalità scientifica, quindi l’autore scandaglia le proprie premesse, non fosse altro che per la paura di essere preso in castagna da qualcuno più furbo di lui. Prende decisioni, in base a calcoli (o usa calcoli per nascondere l’inconscio), pianifica a tavolino. Da questo punto di vista, la fantascienza ha preso molto dal giallo: mentre chi scrive di doppio in una narrativa fantastica non si deve preoccupare di ciò che scrive, chi scrive di fantascienza sa che il lettore è naso a terra sugli indizi che ha lasciato in giro, sul rispetto della coerenza delle premesse indicate, sui pezzi lasciati scoperti. L’autore di fantascienza sa benissimo che il lettore alzerà i tappeti per controllare la polvere che c’è sotto. C’è una sfida tra autore e lettore, che anche se meno dichiarata di quella del giallo è comunque presente. Ergo, l’autore di fantascienza tende a costringere le spinte dell’inconscio dentro delle mutande in maglia di ferro (scherzo volontario :-))
    Quindi, se l’inconscio deve dire qualcosa, è costretto a farlo sotto le mentite spoglie di plausibilità scientifica.

    Ora, se uno si guarda nello specchio, e lo specchio gli parla, finisce lì. Se lo specchio ti dice, “vendi tutte le azioni”, tu lo fai, non ci perdi nulla e vivi ricco e felice. E allo specchio non cambia proprio niente. Ma se tu torni indietro nel tempo, e dici a te stesso di vendere tutte le azioni, o tu stai ottemperando a un “destino” già scritto, oppure muti te stesso. Il tuo io precedente, non scivola sulla buccia di banana, non finisce in ospedale, non incontra quella che è stata tua moglie. In realtà, nell’incontro con il sé precedente, si corre il rischio di perdere il proprio sé attuale, di diventare qualcun altro. E’ un caso in cui lo specchio modifica se stesso.

    In “Lungo i vicoli”, persino Mariani, che è uno che in quanto a regolamenti non va tanto per il sottile, incontrando se stesso, anzi, andandosi a salvare, rimane nel vago, dice e non dice, in tribunale verrebbe dichiarato testimone reticente. Da un lato c’è il fatto che il Mariani futuro, dando suggerimenti o indicazioni, potrebbe anche ottenere l’effetto opposto. Dall’altro perché c’è sempre un lettore pronto che si metterebbe ad analizzare il frammento con il bilancino del farmacista: “ma se ha detto questo, allora perché tra 27 pagine fa quello?”.

    Ciao!

    Lanfranco

  14. riccardo valla

    Tradizionalmente, quando incontri il tuo doppio muori. Anche il viaggiatore nel tempo, quando incontra il suo doppio, ossia la sua coopia più giovane, rischia di alterare il proprio futuro e dunque “non essere più se stesso”. E’ una delle varie sfaccettature del tema. Naturalmente c’è un Urania (o anzi, un Altri Mondi) in cui si incontra qualcosa di simile. Finney, Indietro nel tempo, in cui il protagonista viaggiava nel tempo e al ritorno trovava sempre che il suo presente era diverso da quello che aveva laciato… e la cosa era prevista.

  15. Piscu

    giusto, non avevo considerato che anche partendo dallo stesso DNA e separando casualmente le coppie di geni si può arrivare ad ottenere un codice genetico differente, anche con il presentarsi di qualche carattere recessivo precedentemente assente. sarebbe un processo simile alla partenogenesi, no?

  16. Stefano

    Mi sono accorto con il leggere che tutti (senza eccezione)questi racconti di fantascienza sono più o meno direttamente ispirati,senza confessarlo, all’Enoch soames di Beerbohm(non so se si scriva così,ma non ho voglia di controllare);mi riferisco a quelli sui paradossi temporali.
    Questo per me è stata una grande delusione,e la dimostrazione che in fondo la Fantascienza è parte,che lo voglia o no,del mainstream.All’ingrosso.

  17. Stefano

    Anzi, più che ispirati sembrano quasi copiati.

  18. Antonio F

    A me sembra che sia il racconto di Beerbohm ad essere fantascientifico… :-)
    A parte questo, la SF consiste spesso nell’escogitare varianti di alcuni temi ricorrenti, come quello sui paradossi temporali. Nel caso di Enoch Soames, peraltro, il paradosso è soprattutto etico, perchè il protagonista (lo stesso Beerbohm, nella finzione)scrive il racconto per rendere giustizia, a suo modo, al personaggio di Soames. Certo, sotto un’altra angolazione, lo scrive perché dopotutto lo ha “già” fatto. Allo stesso modo, nel racconto di Heinlein, se fosse nato un maschio, solo i due genitori sarebbero stati la stessa persona. Ma, naturalmente, anche lì abbiamo a che fare con un anello temporale chiuso (loop): tutto, in un certo senso, è già accaduto, compreso il fatto che sia nata una femmina.

  19. Stefano

    Volevo solo evidenziare un fatto:avendo letti per primi i racconti di Fantascienza sul tema, e solo dopo quello di Beerbhom,ho constatato con delusione come a volte le migliori idee della Fantascienza siano solo “prestiti”,come è forse anche giusto che sia, da altre regioni della letteratura;idee depotenziate,ridotte a poco più che pretesti:infatti, il racconto di Beerbhom possiede una valenza etica e stimola riflessioni sulla hybris della creazione artistica che di rado alla fantascienza sono consentite,se non nei suoi momenti migliori.Sempre troppo pochi.
    Anche se forse bisognerebbe tenere conto del decisivo passaggio d’epoca,con, da una parte una specie di romanticismo individualista(Beerbhom),e dall’altra la vera e propria sparizione del soggetto,sotto la spinta di fenomeni e condizioni storiche di tutt’altra portata.E questa sarebbe la cifra,se ve n’è una,della Fantascienza.Però, se è vero che ogni grande scrittore crea i suoi predecessori,allora sì:Enoch Soames è un grandissimo racconto di Fantascienza.

  20. Piscu

    beh, non è che dopo l’iliade tutte le altre storie di guerra siano delle scopiazzature.

  21. Stefano

    Vero,ma non in tutte c’e la donna rapita,l’assedio,il cavallo di troia ecc…

  22. filos

    si possono richiedere arretrati di urania????

  23. Giovanni De Matteo

    Certo che si possono richiedere. Le modalità sono spiegate sull’ultima pagina degli Urania in edicola. Non le riporto qui per brevità e facilità di consultazione. Ma se dovesse venirmi richiesto farò uno sforzo di trascrizione amanuense. Leiber vale comunque la pena acquistarlo, se già non è presente sulla libreria.

    X

  24. filos

    ok…….ma perchè qui da me Urania non arriva…sigh….e nemmeno nella provincia principale del mio paese…

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