Lo spazio non è acqua
Aprile 1961-Aprile 2011. Per festeggiare i cinquant’anni dal primo volo umano nello spazio e la straordinaria impresa di Yuri Gagarin-Sergej Pavlovic Korolev, “Urania” ha preparato il numero speciale ora in edicola. Riproduciamo qui tutti gli interventi del corposo dossier saggistico, dovuti ad esperti giornalisti scientifici come Giovanni Caprara, Fabio Pagan e lo stesso Paolo Aresi, autore drel romanzo del mese: Korolev.
12 aprile 1961: un uomo vola oltre la terra e per la prima volta ha la possibilità di abbracciarla in un colpo d’occhio solo, descrivendone l’azzurro. L’uomo, Yuri Gagarin, è un pilota sovietico alto appena un metro e cinquantasette ma che un duro allenamento ha forgiato alla massima resistenza fisica e morale. E’ lui ad aver dimostrato che si può viaggiare nello spazio: un traguardo che sarà uguagliato, ma non superato, solo dagli uomini destinati a scendere sulla luna. Gagarin vola nella capsula Vostok 1 progettata dal Costruttore Capo Sergej Pavlovič Korolev, l’artefice dell’astronautica russa. Vostok (che significa “Est”) è un veicolo di dimensioni ridottissime ma che pesa ben cinque tonnellate: di qui il vantaggio di rinchiudervi un astronauta basso e poco ingombrante. Né Korolev si accontenta del successo raggiunto con il volo di Yuri o, prima di lui, con lo Sputnik e l’esperimento della cagnetta Laika; nel 1963 manderà una donna, Valentina Tereskhova, a inseguire l’uomo del cosmo e progetterà il veicolo spaziale Voshkod per consentire ad Alexei Leonov di effettuare la prima passeggiata nell’abisso.
Gagarin è l’alfiere di Korolev in un’impresa che non ha precedenti e che suscita l’incredulità degli americani. Incapaci di accettare l’idea che qualcuno li abbia battuti nella grande corsa, per diversi giorni penseranno che il volo del primo uomo nello spazio sia una montatura: un po’ quello che capita ai paranoici d’oggi, che ritengono gli allunaggi Apollo frutto di un colossale inganno fotografico. (Come se la storia fosse fatta di semplici foto e avesse bisogno, per andare avanti, del loro miope beneplacito.)
Il lancio del 1961 crea un’enorme sensazione. Gagarin diventa un eroe non solo per l’Unione sovietica ma per il mondo intero. All’avvenimento sono legati alcuni ricordi personali, ad esempio mio padre che balza dalla poltrona – il telegiornale ha appena dato la notizia – e misurando la stanza a passi sempre più nervosi esclama: “Ma qui dove andremo a finire”, “Ma questi russi cosa si sono messi in testa di fare?” e via paventando. Certo il tono è più preoccupato che entusiasta: l’idea che la Russia comunista stia per diventare più potente dell’America fa temere un’invasione magari dalla luna.
Ben ci sta.
Ben ci sta, dico, per non aver mandato un cosmonauta lassù prima di Yuri. Per non aver capito in tempo che Buck Rogers, Marco Spada e Giorgio Ventura – le versioni italiane di Brick Bradford –non erano soltanto fumetti per bambini ma precursori dei tempi nuovi. Yuri Gagarin è nato in U.R.S.S. lo stesso anno di Flash Gordon, il 1934. L’astrologo che avesse colto il senso della profezia non sarebbe rimasto così spiazzato.
L’eredità duratura che abbiamo ricevuto dagli anni Sessanta è il senso delle grandi imprese: magari compiute per scopi militari e politici, ma compiute. Lo spazio non è acqua. Per la prima volta nella storia secolare abbiamo avuto la percezione di una convergenza fra immaginazione e realtà, tra le possibilità dell’ingegno umano e i desideri in fieri della fantascienza. Perché, in fondo, cos’è questo genere se non un unico, ripetuto, sempre più profondo tuffo nello spazio?
Ad un certo punto abbiamo creduto di avere scoperto l’acqua calda: lo spazio interiore. Ci siamo trastullati, difesi con l’idea che i mondi che contano siano quelli intimi e non quelli siderali. Quale ingenuità. Soprattutto, quale struggente tentativo di negare l’evidenza per cui le nostre particelle intellettuali, morali, sentimentali eccetera sono tutt’uno con le parti che compongono l’universo. E’ dunque l’interiorità delle stelle, del vuoto, delle orbite planetarie a doverci semmai affascinare… Ma niente paura, la fantascienza fa anche questo: psicanalizza i corpi celesti.
E più che psicanalizzarli, li capisce: nel loro lato solare quando sono al perielio, in quello ombroso e notturno quando sono all’afelio. Solo che (o fausta tempora!) oggi non è solo la sf a svolgere tale utile esercizio, non è solo l’astronomia. E’ l’astronautica – tecnologia applicata al vecchio desiderio – a proiettarci verso l’unico mondo assolutamente reale, lo spazio.
Ce lo ricorda questo numero di “Urania”, in cui, dopo la versione fantascientifica che ne fornisce Aresi, offriamo una testimonianza di prima mano sul Costruttore Korolev attraverso una serie di documenti raccolti nelle pagine seguenti. Le interviste e i commenti si devono alla penna di brillanti giornalisti scientifici come Giovanni Caprara del “Corriere della sera”, Fabio Pagan del “Piccolo” di Trieste e lo stesso Aresi dell’”Eco di Bergamo”. Dedichiamo il tutto alla memoria di Sergej Pavlovič Korolev e a quella di Yuri Alekseyevich Gagarin, due esseri umani che si sono affacciati.
Posted in Dispacci
aprile 15th, 2011 at 20:06
Una data fondamentale per l’umanità:un uomo lascia la terra e gira attorno ad essa.