Il primo, il secondo e gli altri mondi
“Fin dall’inizio della carriera di McDonald è stato evidente un certo interesse per i rapporti che intercorrono fra i paesi del Terzo mondo (o almeno, paesi che non sembrano paradigmatici del Primo) e gli abitanti di altri mondi in arrivo fra noi. In Sacrifice of Fools (1996), un romanzo che dialoga piuttosto intimamente con le idee espresse nella Trilogia aleutiana di Gwyneth Jones, una razza di extraterrestri sessualmente ambigui – ambiguità che appaiono più o meno trasgressive proprio a causa dell’ambientazione irlandese – è coinvolta in una serie di avvenimenti che potrebbero trasformare il pianeta.” Così scrivono Roz Kaveney e John Clute alla voce “Ian McDonald”della Encyclopedia of Science Fiction online. Così è anche per Il fiume degli dei (River of Gods, 2004, qui presentato in traduzione integrale), un lungo e impegnativo romanzo che segna il ritorno dell’autore sul mercato italiano dopo parecchi anni e affronta i problemi del prossimo futuro dal punto di osservazione dell’India. O meglio, degli stati che affollano e affolleranno con sempre maggiore indipendenza quel vivacissimo subcontinente. “River of Gods”, scrivono ancora Kaveney e Clute, “è ambientato nel 2047, anno del centesimo anniversario dell’indipendenza indiana. I numerosi stati che si sono staccati dalla madre federale sono alle prese con il terribile problema del cambiamento climatico e coinvolti nello sviluppo di nuove intelligenze artificiali, spingendosi ben oltre i limiti ‘consentiti’ dalla conservatrice America, una potenza che tenta invano di mantenere le sue antiche prerogative. Questo immenso e credibile teatro d’azione riesce a darci una visione del futuro di straordinario realismo.” Non a caso Il fiume degli dei ha vinto nel 2005 il premio della BSFA come miglior romanzo ed è stato candidato allo Hugo. Nella raccolta di racconti Cyberabad Days (2008) sono compresi alcuni testi ambientati nella stessa epoca e luoghi, tra cui un seguito alle vicende raccontate nel romanzo; ma anche il racconto “The Djinn’s Wife”, tradotto in italiano come “La moglie del djinn” su “Robot”.
Se dunque il Terzo mondo è un paradigma del domani – sospeso a metà fra innovazione tecnologica e miseria, fra conquiste a malapena immaginabili e sfruttamento – è perché già il presente si trova sull’orlo di una spaccatura dietro la quale c’è il mito della crescita illimitata e davanti l’incertezza di una discesa a capofitto. Ma questo è il punto di vista degli ex-paesi forti della terra, dell’Europa e dell’America ormai al tramonto: per il continente asiatico e altre zone cruciali del mondo la percezione è completamente diversa. In fondo, anche lo sfruttamento nelle baraccopoli industriali è “sviluppo” se paragonato al feudalesimo; anche le tecnologie illecite sono appetibili se creeranno lavoro, nuovi interessi e movimenti sociali. Qualche anno fa un’amica singaporese ci diceva: “Ormai l’occidente è a oriente”. Bella frase che forse non è da prendere alla lettera, perché l’occidente non ha rappresentato soltanto uno sviluppo ritenuto senza limiti ma anche il sogno di un’emancipazione umana (e, almeno sulla carta, individuale) che in oriente è ancora lontano dal solidificarsi. Inoltre, se è proprio l’occidente ad avere esportato nel mondo la scienza moderna, la tecnologia e l’arte del fare di più; lo scetticismo religioso, il capitalismo e qualche volta il suo contrario, il socialismo, è sempre l’occidente ad aver inventato l’idea del tramonto di se stesso, nata con Spengler e coltivata fino a Ian McDonald. Ma a differenza dei pensatori spengleriani, il nostro autore è in grado di fare un’operazione doppia: mostrare il declino dell’idea occidentale attraverso le contraddizioni dei paesi orientali, e, nello stesso tempo, cogliere lo sguardo e le speranze che si levano fortemente da quegli scenari, preparando l’alternativa di un Altro Mondo – non Primo, non Secondo e forse nemmeno Terzo – che non sappiamo come sarà. Come in altri scrittori britannici contemporanei, in Ian McDonald c’è una componente ideale generosa e che potremmo definire di sinistra, per qualche aspetto anche marxista (vedi Ken MacLeod), pur se aggiornata ai tempi e alle tecniche di divisione del lavoro che non sono più quelle di una volta. Non stupisce, quindi, che Il fiume degli dei, la bella metafora con cui il romanzo evoca il Gange, non sia tanto un’antiutopia quanto, a suo modo, un’esigua utopia. Qualcosa che è in nuce, che si farà, diventerà. Anche se non sappiamo ancora come e forse non lo sanno gli uomini e le donne di domani che affollano questo grande affresco fra terra e spazio, o gli extraterrestri da cui, a tempo debito, saranno avvertiti. Un romanzo di tale impegno, aggiungiamo da parte nostra, rappresenta una sfida anche sul piano editoriale. Per ospitarlo integralmente abbiamo dovuto creare una collana apposita, i “Jumbo”, che costituiscono un po’ gli eredi delle “Grandi saghe” di qualche anno fa. La traduzione era stata affidata a Riccardo Valla, la cui morte improvvisa nel gennaio 2013 ha lasciato il lavoro a tre quarti: è stato necessario rivederlo, sistemarlo e completarlo, un’opera svolta molto abilmente da Silvia Castoldi, tra le migliori traduttrici italiane di oggi. Speriamo che lo sforzo sostenuto da “Urania” venga apprezzato dai lettori e che i “Jumbo”, come vengono familiarmente chiamati, possano uscire con cadenza regolare annuale.
Ian McDonald è solo il primo di un serie di grandi scrittori che contiamo di presentare grazie alla nuova iniziativa. Nato a Manchester nel 1960, scozzese da parte di padre e irlandese da quella materna, ha cominciato a pubblicare fantascienza nel 1988 e negli anni Novanta si è distinto come una delle voci più personali della sf britannica. Il suo primo romanzo, Desolation Road (’88), è stato definito un mix fra Cronache marziane e Cent’anni di solitudine; è seguito Out on Blue Six (1989), storia che riflette le amarezze dell’età thatcheriana mettendo in scena il fallimento di un’utopia e tentando di riabilitare gli ideali del socialisno (pur senza risparmiarvi critiche). King of Morning, Queen of Day (1991), vincitore del premio Philip K. Dick nel 1992, è un testo del fantastico che parla di tre generazioni irlandesi, fino a sfociare in un orizzonte cyberpunk. Hearts, Hands and Voices (1992) è ambientato in una regione tropicale asiatica ma con riferimenti mitici e religiosi europei, nella fattispecie irlandesi. Il primo romanzo tradotto in Italia è Forbice vince carta vince pietra (Scissors Cut Paper Wrap Stone, 1994) che racconta di un inventore occidentale avventuratosi nel Giappone del prossimo futuro, dove cerca di risolvere i problemi connessi al più importante dei suoi contributi alla recente tecnologia: immagini computerizzate capaci di influire sulla realtà. Pure tradotti in italiano sono altri due romanzi dello stesso periodo: Necroville (id., 1994) e I confini dell’evoluzione (Evolution’s Shore o Chaga, 1995). Il primo è ambientato in una città tentacolare di ispirazione cyberpunk ma affronta il problema delle nanotecnologie, grazie alle quali l’umnità potrebbe autoriparare le proprie cellule e diventare immortale. Il secondo inaugura la sequenza del Chaga, così chiamata dal morbo misterioso che trasforma il continente africano in una entità meravigliosa e forse senziente: “in parte foresta pluviale multicolore, in parte barriera corallina”. La sequenza è costituita da tre testi: Chaga o Evolution’s Shore (1995), Kirinya (1997) e il più breve Tendeléo’s Story (2000). Tra gli ultimi romanzi di Ian McDonald ricordiamo ancora Brasyl (2007), The Dervish House (2010) e il satirico Planesrunner (2011), il cui giovanissimo protagonista si serve di un improbabile ritrovato, l’infundibulo (come l’infundibolo cronosinclastico ideato da Vonnegut) per saltare da un universo parallelo all’altro.
Giuseppe Lippi
Posted in Profili
luglio 22nd, 2013 at 22:03
Splendido articolo di presentazione per un grande autore e un grandissimo romanzo!
luglio 24th, 2013 at 20:20
Ho leggo con grande piacere “Il fiume degli dei” sul mio Kindle ed ho subito cercato altri libri di McDonald in italiano, trovando “Necroville”, che leggerò al più presto, mentre “Forbice vince carta vince pietra” non è disponibile e non trovo in commercio “I confini dell’evoluzione”,
Spero di vedere presto traduzioni di altri suoi libri, molto meglio se anche in formato e-book.
Confido in voi
luglio 24th, 2013 at 21:44
Spero pubblicherete presto l’aggiornamento della classifica ebook per vedere come se la caverà “Il Fiume degli Dei”.
luglio 25th, 2013 at 11:49
Ma l’immagine all’inizio dell’articolo è una mossa pubblicitaria riguardo ad una prossima pubblicazione?
luglio 31st, 2013 at 14:37
Sarà che la fantascienza è in crisi, che è destinata alle nicchie o a mascherarsi da thriller. Ma chissenefrega, a questo punto! Arriva luglio e di colpo, dopo anni di dolorosi tergiversamenti, ti trovi pubblicati assieme un Reynolds e un MacDonald. Solo un enorme grazie a chi ci sta provando in ogni modo. Il futuro è adesso – o mai più! 😉
settembre 10th, 2013 at 10:49
Ottima presentazione davvero. Come ai vecchi tempi.