Matheson’s Legend

novembre 10th, 2011 by Moderatore

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He Is Legend è un’antologia celebrativa scritta dai figli naturali e spirituali di Richard Matheson, i molti discepoli di cui è costellato il panorama letterario americano. E’ un esercizo dell’immaginazione che consiste nell’inventare “prequel”, “sequel” e variazioni sui temi dei più famosi racconti mathesoniani, e come tale si presta sia a celebrare un mito della narrativa che a costruire un labirinto di specchi riflettenti le immagini e le paure dei più bravi autori d’oggi. Il libro ha vinto il premio Bram Stoker e il suo curatore, Christopher Conlon, lo ritiene il suo maggior successo editoriale. Conlon ha tuttavia all’attivo numerosi romanzi come autore (A Matrix of Angels, Midnight on Mourn Street, Mary Falls, The Weeping Time, Saying Secrets e altri) e altrettanti titoli come curatore. Fra questi ultimi ricordiamo:  Filet of Sohl, The Classic Scripts and Stories of Jerry Sohl; The Twilight Zone Scripts of Jerry Sohl; Poe’s Lighthouse, All-New Collaborations With Edgar Allan Poe. Nel campo della poesia ha pubblicato A Sea of Alone, Poems for Alfred Hitchcock.

Ma l’ispiratore di tutto, il King della narrativa elettrizzante americana resta lui, Richard Burton Matheson. E’ nato il 20 febbraio 1926 ad Allendale, nel New Jersey, da genitori norvegesi. Suo padre era un ex-marinaio mercantile, poi trasformatosi in installatore di pavimenti a piastrelle. Cresciuto a Brooklyn (dove, a otto anni, già pubblicava qualche poesia sulle pagine del “Brooklyn Eagle”), Matheson frequentò la Brooklyn Technical High School, dove ottenne il diploma nel 1943. Fu quindi arruolato nell’esercito e dimesso in seguito a una ferita riportata in azione: da queste esperienze avrebbe tratto il romanzo di guerra The Beardless Warriors ( 1960; tr.it. I ragazzi della morte, Longanesi, Milano 1963). Tornato alla vita civile, si iscrisse all’Università del Missouri per specializzarsi in giornalismo; già scriveva racconti e vendette il primo, “Born of Man and Woman”, al “Magazine ol Fantasy and Science Fiction”, che lo pubblicò nel numero dell’estate 1950. Pur avendo scritto romanzi bellissimi (Io sono leggenda, Tre millimetri al giorno, Io sono Helen Driscoll), Matheson è fiorito in un’epoca in cui esisteva un ampio mercato per la narrativa breve, e in cui persino il cinema e la televisione adottavano, di tanto in tanto, il formato antologico; il grosso della sua prima produzione è fatto di racconti e gli eccellenti romanzi fantastici, polizieschi, di guerra e persino western (una passione che gli si è rivelata negli anni Novanta, e che lo ha reso un beniamino fra i lettori della prateria) sembrano quasi un succedaneo, una conseguenza di queste famose short stories.

La sua vena è quella del narratore folgorante: un’idea, un’immagine che colpisce subito e le conseguenze psicologiche, morali di questa forte intuizione iniziale. In genere, lo shock che mette in moto l’avventura si rivela fin dalle prime righe, come nell’indimenticabile “Nato d’uomo e di donna”: “Questo giorno quando ho avuto luce la mamma mi ha chiamato obbrobrio. Sapere cos’e un obbrobrio, chissà…”; ma invece di risolversi in un banale chiller, le sue storie hanno il pregio della sensibilità, legando elegantemente un’intuizione all’altra. Novelliere classico, anche se di respiro breve per scelta stilistica, Richard Matheson accumula una straordinaria quantità di immagini e trovate che si risolvono in invenzioni brucianti e crudeli. Insieme a Ray Bradbury, Fritz Leiber e pochissimi altri – Theodore Sturgeon, Harlan Ellison, Robert Bloch – Matheson è stato il rinnovatore della fanta/scienza del dopoguerra, un genere non più gotico alla maniera di “Weird Tales” e degli autori alla Lovecraft, ma nemmeno sf di ordinaria amministrazione, e che potremmo definire una “fantastica” moderna, il geniale rinnovamento dei temi della vecchia fantasia uniti a quelli della scienza (un’operazione di svecchiamento e di ricerca di strade nuove che era cominciata, negli anni Quaranta su riviste come “Unknown”, e che sarebbe proseguita negli anni Cinquanta sul “Magazine of Fantasy and Science Fiction”).

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Alla fantascienza Matheson ha portato, come Bradbury e Sturgeon, non solo un aggiornato “sense of wonder”, ma un senso dell’umano, del misterioso che sta racchiuso nel profondo. Le sue spedizioni su altri pianeti, i suoi robot (per pochi che siano), i suoi viaggi nel tempo sono, in sostanza, esplorazioni interne di un cosmo sfaccettato e ricco di pathos. Sono “psiche”, materiale che arriva direttamente da un inconscio traboccante. I magistrali racconti neri sono incubi che non è possibile dimenticare: paure fondamentali ma attuali, filtrate attraverso il linguaggio asciutto ed essenziale della narrativa americana realista. Questa scelta stilistica apparentemente contraddittoria è, in realtà, uno dei punti di forza di Richard Matheson: benché il suo materiale appartenga, come abbiamo detto, al mondo imprevedibile ed enigmatico del subconscio, la via attraverso la quale si esprime non è una prosa poetica o barocca, e nemmeno surreale o allusiva: è la prosa immediata e secca d’una tradizione quasi hemingwayana. Lo sforzo di Matheson nel controllarla è notevole, convinto com’è che una rappresentazione del mondo moderno, o del mondo futuro, non possa passare attraverso orpelli linguistici né immagini troppo compiaciute, ma debba mostrarsi come un’immagine cinematografica, che è al tempo stesso visionaria e concreta. La sua vocazione per la sceneggiatura lo porta a sintetizzare questi racconti fulminanti in uno stile asciutto, vivido e non banale. La bravura sta nel non cadere mai o quasi mai nell’ovvio, nella sbavatura sentimentale: arte che è andata gradualmente persa nell’età dei bestseller, anche di fantascienza. Stephen King ha detto e ridetto di dovere moltissimo a Matheson e alla sua arte di calare l’insolito nel quotidiano: ma King è a volte sentimentale, in un modo che al Matheson degli anni d’oro è completamente estraneo.

E’ vero, dunque, che l’influenza di Matheson è stata enorme, anche su chi non se ne rende conto: attraverso i suoi romanzi e racconti; i film da lui scritti (Duel di Steven Spielberg, la serie Poe di Roger Corman, Lo squalo III e altri); gli episodi-chiave di Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e altri show degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, e, certo, grazie alle suggestioni che ha trasmsso a Stephen King, a suo figlio Richard Christian Matheson, uno degli autori più apprezzati della narrativa fantastica moderna, a Joe Lansdale e molti altri ancora. Come dimostra questo libro.

G.L.

P.S. La mancanza di spazio ci impedisce di dilungarci oltre sui fatti della biografia mathesoniana, che tuttavia diamo integralmente sul nostro blog: http://blog.librimondadori.it/blogs/urania/

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2 Responses

  1. Giuseppe De santis

    Perchè negli urania collezione non proponete La nuvola nera di Fred Hoyle,

  2. Anacho

    La nuvola nera… Hoyle non è un autore uranico, però non sarebbe il primo ad apparire su UC, ed è un bel romanzo.
    Credo però che i diritti siano di Feltrinelli, che lo ha ripubblicato sette od otto anni fa.

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