Claudio Asciuti
Torna il vincitore del Premio Urania con un romanzo tanto fantascientifico quanto autobiografico. E non è un paradosso!
Genovese, è nato nel 1956. Ha pubblicato nel 1988 il romanzo Il Signore della morte, mentre nel 1999 ha vinto il Premio Urania con La notte dei pitagorici. Del 2006 è I semi di Marizai. Collabora con le riviste “Pulp”, “If” e il quotidiano “Rinascita”.
Voci e schermi (di computer).
Claudio dice di sé:
“Dopo un certo apprendistato a base di Salgari, Verne e de La Hire, mi sono trovato, come tanti, a una di quelle biforcazioni preadolescenziali che rendono la vita insopportabile. Leggere romanzi e libri per storpiarne senso e significato come facevano tutti, o al contrario farsi sedurre dall’immagine del nuovo, dell’inesplicato, del futuro che ci appariva invariabilmente inquieto, ma nello stesso tempo pieno di rivoluzionarie prospettive? Parafrasando d’Annunzio, la donna è una fantascienza, non un piacere. E di tutte le Muse e le Camène scelsi Altaira, Andromeda, la sposa meccanica, l’eterna Eva, Olympia. Dopo una fedeltà quarantennale, credo con reciproca soddisfazione.
“Ma il neofita colto da sacro entusiasmo lavora per pubblicare, e il suo testo d’esordio già gli sembra fondamentale e incompreso. Ci siamo passati tutti, prima o poi… Dopo un po’ capisce che, come diceva John Gardner, scrivere è una forma di yoga, di via, di alternativa alla normale vita-nel-mondo; e lo yoga ha valore solo per chi lo pratica. Allora diventa un dilettante di livello: sprofonda nel suo incubo privato, costruisce universi (che magari non cadano a pezzi in due giorni), si addormenta pensando alla sua storia e quando ha terminato un velo di tristezza l’opprime per ciò che ha creato e abbandona. Spera che un improbabile lettore si diverta, leggendola, almeno quanto lui a scriverla: se il suo yoga potrà essere condiviso da qualche altro vagabondo del Dharma, indicando così la via per Eleusi, ancora meglio.
“Poi c’è il professionista, che scrive pensando ai lettori (a volte senza rinunciare allo yoga); ma sulle esperienze di un professionista risponderò oramai nella prossima esistenza…
Vento eclissale nasce da una mia (irrazionale) convinzione sulle inaccessibili valli di Shangrilah o Brigadoon, surrogate però da luoghi di vacanza, solitari e montani, dove far perdere le tracce con i propri libri e un attrezzo per scrivere. Una volta soggiornai in un luogo così selvatico e antico da illudermi, mentre guidavo un gregge di capre dal pascolo, di aver trovato l’accesso… poi ci furono l’eclissi del 1999, altri luoghi di fuga, la (tardiva) scoperta di non essere un Kallikanzaros, la consapevolezza dell’eterno errore, il proposito di persistere in esso, riflessioni sulla fantascienza quando il mondo era ancora intriso di magia, sul tempo dovuto e la “mistica sorella” che mai si incontra. Che potevo fare? Scrivere un romanzo di fantascienza. Esistono altri esorcismi all’angoscia esistenziale?”
(a cura di G.L.)
Posted in Profili
aprile 18th, 2010 at 12:42
Ho appena finito di leggere il romanzo breve di Asciuti. Scritto bene,prende.
Un’unica critica. Mi pare poco fantascientifico.L’ho trovato simile al realismo magico di Sgorlon.
Non è una critica. Avrei preferito che seguisse la strada tracciata. Trovo il finale alieno giustapposto con in più il difetto che non si spiegano le apparizioni di entità appartenenti al filone fy.