Visti con il Professionista/15
Tags: CIA, DVD, Faye Dunaway, I tre giorni del Condor, Max Von Sydow, Robert Redford, Spionaggio, Stati Uniti, Stephen Gunn, Watergate
Cari lettori e lettrici, augurandovi buon anno, riprendiamo la rubrica “Visti con il Professionista” che si era interrotta qualche tempo fa per fare spazio ai contributi extra di Ghelfi, Narciso, Novel e Di Marino. Si riparte alla grande con un classico: “I Tre Giorni del Condor”. Ne approfitto per ricordarvi gli apppuntamenti di questo 2010 che comincia col botto: Segretissimo presenta “Balkan Bang!” di Alberto Custerlina, storia nera ambientata nei Balkani tra criminali, poliziotti e killer senza pietà, mentre Segretissimo SAS di questo mese è “Sudestremista Asiatico“. Per via della pausa per le vacanze natalizie, l’invasione delle edicole è cominciata proprio in questi giorni. Un caro saluto a tutti e di nuovo a tutti e… un buon anno “Segretissimo”!
Alessio Lazzati
VISTI CON IL PROFESSIONISTA: I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO
I TRE GIORNI DEL CONDOR
A cura di Stephen Gunn
Alla metà degli anni ’70 la crisi petrolifera mondiale e la paranoia generata da complotti, colpi di stato e assassinii politici della CIA, offrono un terreno fertile per ottime spy-stories dove l’intrigo predomina sull’azione. Ispirato romanzo I sei giorni del Condor (che avrà anche un meno convincente seguito in L’ombra del Condor) del forse non giustamente apprezzato James Grady , I tre Giorni del Condor, resta forse uno dei classici imperdibili del filone che trova un’alternative alle vicende puramente avventurose e a quelle basate essenzialmente sulle atmosfere della Guerra fredda. In pratica è la “via americana” al genere che, almeno al cinema, alterna momenti introspettivi e indagini ad azioni rapide ma ottimamente coreografate. Turner ( che nel film si chiamava Malcom) è l’agente Condor, analista della CIA, interpretato da Robert Redford , all’epoca icona liberal del cinema indipendente. Lo vediamo entrare in scena in motorino, con sciarpetta, occhiali e zucchetto di lana in una fredda giornata di novembre. È l’epitome dell’anti eroe degli anni ’70. Indisciplinato, simpatico, intellettuale. Lavora presso un istituto letterario e il suo lavoro è … leggere libri, principalmente gialli. Si tratta di una delle tante sottosezioni della CIA in cui vengono analizzati e codificati metodi bizzarri di omicidio, trucchi per eludere codici e sorveglianza, insomma tutto quello che la fiction può insegnare al mondo reale dello spionaggio. Tra l’altro non si tratta di una trovata narrativa … il KGB aveva sin dai tempi di Ian Fleming sezioni incaricate di leggerei romanzi occidentali per trarne informazioni. Lavoro comodo “entro ovvi limiti”. Turner crede nel suo paese e nella democrazia, non considera far parte della “Compagnia” , un lavoro “sporco” però si fida ancora dei suoi amici e non poter raccontare apertamente ciò che fa gli rimane incomprensibile. Un ingenuo, infatti. Tanto da notare l’anomalia di un mediocre romanzo di spionaggio pubblicato in un assortimento bizzarro di stati (Medio Oriente, Venezuela, Olanda) ma non nei principali paesi del mondo. Segnala questa stranezza attraverso i canali dell’Agenzia ma non riceve risposta e, un pomeriggio, al ritorno dall’abituale uscita per prendere la colazione per tutto l’ufficio trova i colleghi massacrati da un efficientissimo gruppo di sicari. È vivo per miracolo, un collega malato è stato ucciso a casa. In pieno delirio paranoico chiama la sede di Langley dove Wicks, il suo caposezione, gli fornisce un punto di incontro dove avverrà il suo recupero. Ormai in preda al sospetto più feroce Turner-Condor esige la presenza di Sam Barber, suo vecchio amico, collega e compagno di università. Da quel momento gli avvenimenti precipitano. Sulle sue tracce c’è uno spietato killer a capo del gruppo di fuoco, Joubert, un flemmatico europeo con i tratti nordici di Max Von Sydow . L’appuntamento si risolve in una trappola che scatena una concitata sparatoria in cui Turner riesce a ferire Wicks che ha cercato di eliminarlo. Fugge senza accorgersi che, pur ferito gravemente , Wicks fa a tempo a uccidere Barber, il cui omicidio verrà imputato proprio a Condor. Qui si apre una finestra sul mondo della CIA. Sezioni, sotto sezioni, comitati dove vediamo uomini grigi complottare, ordinare l’eliminazione uno dell’altro in virtù delle regole di un gioco non sempre chiaro. Per loro Condor è diventato un pericolo, ma non solo. Il suo modo di agire, a volte disordinato e causale li sconcerta. Tanto da far sospettare loro di trovarsi di fronte a un abilissimo agente indipendente che deve essere eliminato a ogni costo. Siamo in pieno delirio di potere. Tra questi personaggi kafkiani distinguiamo subito Higgins (Cliff Robertson) che è un po’ un coordinatore sul campo e Wabash interpretato con la sinistra aderenza al ruolo di master spy da John Houseman. Ricordiamo che il film uscì tra l’impeachment di Nixon e la pubblicazione del rapporto Watergate. Si adombra l’esistenza di una ‘CIA nella CIA’ che persegue con il tacito consenso del governo fini criminali per un non specificato “bene del paese”. L’ingenua segnalazione di Turner ha messo in moto un meccanismo perverso per cui un libro, studiato come ‘gioco da tavolo’ per simulare un colpo di stato nei paesi produttori di petrolio, potrebbe diventare motivo di imbarazzo se portato a conoscenza del grande pubblico. Perciò ogni traccia andava eliminata. Il problema per Higgins non è tanto l’ipotesi sovversiva in sé (che in altro momento politico potrebbe anche essere valida) quanto la “negabilità” dell’operazione. In un sottile gioco di inganni ognuno cerca di fare pulizia usando pedine indipendenti senza darlo a vedere. Più facile far tacere Wicks ormai uscito allo scoperto a causa del ricovero in un ospedale pubblico. Se ne incarica Joubert, che prende ordini da uno dei componenti del comitato direttivo di questa seconda CIA, Atwood. Turner , però, è sempre in fuga e con una serie di mosse azzardate che ci dimostrano quanto alla fine sia intelligente anche se non preparato all’azione brutale, prima sfugge a Joubert poi trova rifugio presso Kathy ( Faye Dunaway), fotografa tormentata che prima si ribella poi lo aiuta e forse anche u po’ s’innamora. Il loro è un breve incontro di due solitudini, destinato a non rinnovarsi e minacciato dall’ingresso in scena di Lloyd, sicario di Joubert. Qui ha luogo, nello spazio di pochi minuti, una delle più riuscite scene di combattimento corpo a corpo con tecniche di karate, sparatorie, confusi grovigli di corpi in lotta della storia del cinema. Sono questi scoppi di violenza assolutamente realistici che imprimono adrenalina al lavoro di Pollack. Con astuzia e disperazione Turner allaccia un diffidente contatto con Higgins e gli fornisce le prove che Atwood ha preso l’iniziativa di cancellare tutti i testimoni sin dalla prima strage servendosi di Joubert e il suo gruppo che, ufficialmente, sono morti e vengono impiegati come agenti a contratto. Si riunisce di nuovo il comitato nella stanza dei potenti e Atwood viene giudicato un pericolo per tutti. La soluzione più semplice pare quella di affidare a Joubert l’eliminazione del suo stesso committente. L’anziano killer, esperto nel ‘grande gioco delle spie’, è l’unico ad immaginare di trovare anche Turner – scomparso dalla circolazione – proprio a casa di Atwood. L’omicidio viene consumato ma per Turner Joubert non ha una pallottola. Solo il consiglio di stare in guardia. Ma Redford è, per il pubblico, il paladino della democrazia. In un drammatico confronto finale con Higgins chiarisce i meschini maneggi della CIA e si fa forte di aver rivelato la verità al New York Times. Ma l’uomo dei servizi lo brucia con una domanda. “Sei sicuro che lo pubblichino?”. Così, su uno stop frame agghiacciante, sì infrangono le certezze dell’America democratica e lo spauracchio di uno strapotere occulto della CIA tornano a vivere anche dopo la fine del singolo complotto. Il tema politico, l’abile resa della suspense che alterna rapidissime sequenze di violenza e alternati ad algide discussioni di potere rendono questo film e i suoi interpreti pietre miliari del filone, imperdibili punti di riferimento per chi voglia approfondire la spy-story quanto per chi ambisca a scriverla con un piglio moderno.
SCHEDA TECNICA. Genere. Il nemico siamo noi
I tre giorni del Condor( Three Days of the Condor), USA, 1975, Durata 112’- Regia di Sindey J . Pollack. Sceneggiatura di Lorenzo Sample Jr. e David Rayfiel dal romanzo di James Grady. Interpreti: Robert Redford: Joseph Turner- Condor. Max Von Sydow: Joubert. Cliff Robertson: Higgins. Faye Dunaway: Kathy. John Houseman: Mr. Wabash. Realizzato da Paramount è disponibile in varie versioni DVD più volte ristampate.
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