Thin air

novembre 8th, 2010

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Sarebbe un vero peccato leggere lo straordinario romanzo di Howard Browne senza prima aver letto questo ottimo (come di consueto) articolo di Luca Conti.

Questo, come molti altri imperdibili contenuti, sono disponibili sul suo sito ufficiale: lconti.com

Non mi resta che augurarvi una buona lettura.

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Howard Browne (Omaha, Nebraska, 15 aprile 1907 – San Diego, California, 28 ottobre 1999) è stato – malgrado sia completamente sconosciuto in Italia – uno dei personaggi chiave nella storia dell’hard boiled e della fantascienza, sotto il suo vero nome ma anche con lo pseudonimo di John Evans. Con tale firma, infatti, Browne ha scritto tra il 1946 e il 1949 quattro romanzi nei quali appare il detective privato Paul Pine, considerato dalla critica uno dei più brillanti emuli di Philip Marlowe. Browne e Chandler vantavano una solida amicizia, nata negli anni in cui Browne era direttore di Amazing Stories, una delle più popolari riviste pulp di fantascienza del’epoca, pubblicata da un autentico colosso del settore quale la Ziff-Davis; e il nome «John Evans» appartiene ad una delle primissime incarnazioni di Philip Marlowe, come si può verificare nel racconto di Chandler No Crime in the Mountains.

Browne, figlio illegittimo di una maestra di scuola diciassettenne e di un medico itinerante, era stato adottato dalla famiglia di un fornaio, scomparso quando Howard aveva poco più di dodici anni. Il giovane Browne finì quindi per qualche anno in una sorta di casa-famiglia, fin quando la madre adottiva non poté dimostrare di poterlo mantenere; all’interno dell’istituzione, comunque, aveva già scoperto il suo interesse per la scrittura, e a quindici anni decise infine di abbandonare gli studi per trovare lavoro a Chicago. Nella migliore tradizione degli scrittori americani, collezionò i più disparati impieghi in acciaierie, sanatori, magazzini di uova, come commesso viaggiatore, eccetera: tutto questo fino alla Grande Depressione del 1929, quando il gangsterismo iniziò ad espandere la sua influenza sulla città soprattutto grazie al bootlegging, la distillazione e vendita illegale di alcolici.

La crisi economica permise a Browne di trovare con relativa facilità numerosi lavori in un campo in evidente espansione come quello del recupero crediti, fin quando (era il 1937) la lettura di un racconto sul Chicago Daily News gli fece balenare l’idea che, certo, anche lui poteva diventare uno scrittore. E perché no? Detto, fatto. Un racconto di mille parole, scritto in men che non si dica e inviato al giornale, aprì a Browne le porte del mondo delle riviste pulp.

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Pulp corner – Aprile 2010 – Jonathan Latimer

aprile 22nd, 2010

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di Dario pm Geraci

Tutto si potrebbe dire della vita di Jonathan Latimer fuorchè tacciarla di monotonia. Latimer arriva al mondo della letteratura (poliziesca precisamente) dopo anni di cronaca, giornalismo investigativo e correzione di bozze. Scrive discorsi politici, frequenta sporadicamente “The boss”, Al Capone, l’uomo che solo Dillinger riuscì ad eguagliare nell’impresa di ridicolizzare politica e forze dell’ordine statunitensi, Latimer insomma arriva sul foglio bianco “zeppo” di fatti e fattacci da raccontare, la differenza con molti altri suoi colleghi cronisti è semplice: lui SA farlo.
Non solo. Ci prende gusto, scrive dei gioielli di incontrastata bellezza, confeziona storie al cardiopalma nella più pura tradizione hard-boiled. Del pulp-writer veste meravigliosamente i panni, variando all’interno del proprio bagaglio stilistico registro e armonia senza mai abbandonare la strada maestra, una “Long ad winding road” per dirla alla McCartney che descrive impietosamente e ferocemente l’altra America, quella lontana da Las Vegas, lontana da Broadway e dalle luci di Hollywood. Quel paese sporco e pieno di “cattivi” che farà da scenario per i “western metropolitani” di molti autori suoi contemporanei ed epigoni. Latimer, i cui romanzi sono stati regolarmente pubblicati in Italia, accantona nell’ultima fase della sua veriegata carriera l’attività di romanziere per dedicarsi a quella di soggetista e sceneggiatore per diverse produzioni televisive. Tra i suoi lavori ricordiamo con particolare attenzione la collaborazione al serial “Perry Mason” e la stesura dell’episodio “Il terzo proiettile” per la serie “Il Tenente Colombo”.

Vi segnalo due ottimi articoli su Latimer disponibili in rete:

Il primo di John Fraser reperibile sull’ottimo “Misteryfile”

Il secondo di Luca Conti direttamente dal suo sito personale “Last of the independents”

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Cornell Woolrich: Kind of black

luglio 30th, 2009

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Tra le uscite del mese di Luglio, ce n’è una in particolare, sulla quale vorrei spendere due parole. Mi riferisco ad “Appuntamenti in nero” di Cornell Woolrich. L’opera che viene proposta dal Giallo Mondadori è tra le più importanti per conoscere, approndire, scoprire o riscoprire, un autore imprescindibile per la storia del thriller. Saccheggiato dal cinema, emulato da una nutrita schiera di epigoni e mai abbastanza incensato, Woolrich va considerata la pietra angolare del giallo in tutte le sue sfumature. Sono tanti i motivi per il quale quest’uscita merita una menzione speciale, vuoi per la qualità del testo, vuoi per il “peso specifico” che accompagna ogni passaggio editoriale di uno dei più grandi autori della storia del poliziesco. Il mio però è diverso: senza tralasciare alcun dato oggettivo sull’autore, il sentimento che nutro nei confronti del vecchio Cornell è molto profondo, se vogliamo personalissimo ma scommetto che lo stesso è condiviso dalla maggior parte degli amanti del giallo. Se volessimo stilare una trinità del noir, accanto a Raymond Chander e Dashiell Hammett non potremmo che inserire Cornell Woolrich, l’autore che, forse più di ogni altro, ha “suonato” le sue storie, imprimendone a fuoco un marchio di fabbrica distinguibile fra milioni. Non era influenzato da alcun mostro sacro della new wave del noir, anzi, essendone lui uno degli epigoni ha casomai “plasmato” la lirica di diversi altri autori che ne hanno seguito le sue tracce, senza mai eguagliarlo. Personalmente inserisco Woolrich, in quella sottocorrente del noir, che amo etichettare come “Blues”, contraddistinta non solo da un eccellente apparato narrativo e da un tipizzazione eccelsa dei caratteristi, ma, soprattutto, da quella flebile “anomia” che accompagna melanconicamente protagonisti, ambienti e situazioni all’interno di una determinata opera. Non è essenziale scavare nella sfera privata del’autore per saperne di più sulla sua opera, è uno sport che non mi piace e non mi piace soprattutto farlo con Cornell Woolrich che da sempre viene “additato” da certa critica più per i suoi costumi che non per il suo “genio”. Non era un rivoluzionario, nemmeno un “personaggio” (nell’accezione più ampia del termine), Woolrich è stato il trait -d’union tra la tradizione e l’innovazione, tra l’età d’oro del crime e il noir americano che verrà dopo la sua scomparsa. Cornell Woolrich è stato e sempre sarà quella piccola tessera di una piramide altissima che sta alla base, si nota poco ma senza la quale la struttura cadrebbe violentemente a terra.

                                                              Dario pm Geraci

In coda Vi segnalo uno splendido articolo di Luca Conti sul rapporto tra Woolrich e il cinema.

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gennaio 21st, 2009

Grazie all’abile lavoro di recupero effettuato da Luca Conti, oggi Vi proponiamo l’intervista rilasciata dall’autore a Gian Franco Orsi. Buona lettura.

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(cliccare sull’immagine per ingrandire)

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John Wainwright

gennaio 20th, 2009

Grazie alla preziosa collaborazione di Luca Conti che ci regala la scheda presente all’interno del Dizionario delle letterature poliziesche (in uscita nel 2009), questo mese, dedichiamo l’approfondimento ad un autore troppo a lungo dimenticato ma che ha fatto senz’altro parte non solo della storia, ma, anche dell’èlite della tradizione poliziesca mondiale.

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John Wainwright [25 febbraio 1921, Leeds – settembre 1995] Britannico. Pseudonimo: Jack Ripley. Presta servizio militare nella RAF (1940-45), si laurea in legge come studente lavoratore nel 1956, è per oltre vent’anni agente di polizia nello Yorkshire (1947-69). Nel 1969, bloccato nella sua carriera dai contrasti con i superiori, si dimette dalla polizia per dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, lavorando anche come editorialista per il Northern Echo, quotidiano di Darlington. Da allora fino alla morte Wainwright riuscirà a tenere una strabiliante media di tre, quattro romanzi l’anno (addirittura escogitando, tra il 1971 e il 1972, lo pseudonimo «Jack Ripley» per lanciare una nuova serie di quattro libri il cui protagonista, John George Davis, è un agente sospettato di omicidio e sospeso dalla polizia).Nel suo primo romanzo, Death in a Sleeping City, scritto e pubblicato nel 1965 (quando ancora Wainwright lavorava come poliziotto di quartiere), una sonnolenta cittadina britannica inglese vede arrivare due killer della mafia che il sovrintendente Lewis deve neutralizzare. Il romanzo ottiene un notevole successo e spinge l’autore a intensificare i propri sforzi letterari, che gli procureranno un forte esaurimento nervoso costringendolo alle dimissioni da poliziotto.In seguito Wainwright diversifica la propria produzione, che raggiungerà la bella cifra di 78 romanzi, svariati racconti brevi, due volumi di memorie e un saggio sull’autodifesa del cittadino. Se la parte centrale e forse più significativa della sua opera ha a che fare con il procedural, Wainwaright non ha mai disdegnato la contaminazione col thriller e il noir, concedendosi anche un paio di sortite nel giallo classico e nella camera chiusa. Tension (1979), per esempio, è la storia di una rapina raccontata dai diversi punti di vista degli undici protagonisti del colpo; in Brainwash (1979) l’ispettore Lyne prova a far confessare il presunto colpevole di uno stupro e dell’omicidio di tre ragazze; The Eye of the Beholder (1980) ha per protagonista Pilter e Skeel, due poliziotti che indagano sull’avvelenamento del famoso illusionista Gordano (un bel finale conclude questa indagine classica, che conta una rosa di indiziati di primo piano); Anatomy of a Riot (1982) descrive in maniera convincente la nascita e lo sviluppo di una sommossa di natura razziale; Spiral Staircase (1983) è una denuncia nei confronti delle ronde di quartiere organizzate per far fronte a una criminalità sempre crescente.Assai più originale è The Forest (1984), che mette in luce il declino dei valori inglesi tradizionali attraverso lo scontro senza pietà di due fratelli che aspirano al titolo di baronetto. Clouds of Guilty (1985) è la storia di un banchiere accusato di complicità in una rapina. Una volta rilasciato, si allontana dalla famiglia che lo crede colpevole. Viene assunto da un gruppo di gangster che si vogliono servire di lui per riciclare il denaro rubato da un treno postale. Pool of Tears (1977) è un tipico procedural alla Wainwright, mentre Take Murder (1979), che rispolvera il mito di Jack lo Squartatore, propone una riflessione sul concetto di colpevolezza.Lo stile e le trame di Wainwright sono solo apparentemente convenzionali, tanto da aver portato, negli anni, a una sostanziale sottovalutazione dello scrittore e al suo quasi totale oblio. Se infatti, da un lato, c’è chi ne sostiene la visione conformista e superficiale, accusandolo di limitarsi a una semplice constatazione degli effetti del crimine trascurandone invece le cause, d’altro canto non si può che rimanere ammirati davanti all’ampiezza di temi trattati da Wainwright, autore di feroce forza morale, quasi calvinista nella sua assoluta intransigenza. Non bisogna infatti dimenticare la profonda crisi personale dello scrittore, costretto a lasciare la polizia per i difficili rapporti con i suoi superiori e per la sua fermezza nel non volersi piegare alla corruzione. Nella sua smisurata galleria di personaggi, difatti, i ritratti più poderosi sono quelli dedicati ai poliziotti, con una facilità di caratterizzazione che rende Wainwright, per certi versi, affatto inferiore a Ed McBain e con la sostanziale differenza che l’autore britannico parla e scrive per esperienza diretta.Grande appassionato di musica classica e, soprattutto, di jazz, Wainwright si è servito della sua notevole conoscenza del periodo Swing per uno dei suoi romanzi più riusciti, la commedia nera Do Nothin’ Till You Hear from Me (1978).  

BIBLIOGRAFIA ITALIANA:

Ten Steps to the Gallows, 1965 (Dieci passi dalla forca, 1967);

Web of Silence, 1968 (I rimorsi non servono, 1970);

The Crystallized Carbon Pig, 1966 (Quello sporco diamante, 1969)

The Take-Over Men, 1969 (I cervelli, 1971);

Night Is a Time to Die, 1972 (La notte è fatta per morire, 1973);

Cause for a Killing, 1974 (Peggio che spia, 1976);

 The Hard Hit, 1974 (Il killer dall’indice d’oro, 1977)

Square Dance, 1975 (Partita a quattro, 1976);

The Bastard, 1976 (Il bastardo, 1978)

The Day of the Peppercorn Kill, 1977 (L’ultimo atto, 1979)

Do Nothin’ Till You Hear from Me, 1978 (Che altro pezzo dobbiamo mandarti?, 1980)

Brainwash, 1979 (Lavaggio del cervello, 1981).

The Distaff Factor, 1983 (Povero William Drever, 1983)

Cul-de-sac, 1984 (Vicolo cieco, 1984)

The Ride, 1984 (Giro vizioso, 1985)

Portrait in Shadow, 1986 (Ritratto in controluce, 1987)  

Firmati come «Jack Ripley»:

Davis Doesn’t Live Here Any More, 1971 (Davis non abita più qui, 1972);

My Word, You Should Have Seen Us, 1972 (Parola mia, andavamo a mille!, 1974);

My God, How the Money Rolls In, 1972 (Mamma mia, quanta grana!, 1975). 

Un articolo di Luca Conti sull’autore: http://lconti.com/category/john-wainwright/

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Margaret Millar

novembre 24th, 2008

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L’ultima sua apparizione sulle pagine del Giallo Mondadori, risale al mese scorso con “Uno sconosciuto nella mia tomba”. Tracciamo un breve profilo di questa grande scrittrice.

In questo periodo in cui, pare essere tornato in voga, il cosiddetto “Thrilling”, è il caso di ricordare, uno, o meglio una, dei massimi esponenti di questa corrente appartenente al Mistery. Margaret Millar (Kitchener5 febbraio 1915 – Santa Barbara26 marzo 1994), nota al pubblico anche per il matrimonio con il celebre scrittore Ross MacDonald ( o Kenneth Millar) ha rappresentato allo stesso un punto di continuità e di svolta per il panorama Giallo. Con i suoi romanzi ha saputo unire, elementi gotici e noir, giallo classico e tratti di hard – boiled.

La Millar, fa il suo esordio sulle pagine del Giallo Mondadori nel 1951 con il romanzo:  

  • Inganno per quattroIl Giallo Mondadori n. 151 

Seguiranno, sempre per il Giallo Mondadori:

  • Occhi nel buioI Classici del Giallo n. 315
  • Sapore di pauraIl Giallo Mondadori n. 1967
  • Il segreto di Virginia Il Giallo Mondadori n. 2226
  • La porta strettaClassici del Giallo n. 208
  • Chi perde un amico…Il Giallo Mondadori n. 2135
  • La scatola d’argentoIl Giallo Mondadori n. 2272
  • Uno sconosciuto nella mia tombaIl Giallo Mondadori n. 2214 – Classici del Giallo n. 1207
  • Una torre per il profetaIl Giallo Mondadori n. 772 – Classici del Giallo n. 656
  • Jessie è scomparsaIl Giallo Mondadori n. 2318
  • Mistero senza fineIl Giallo Mondadori n. 2116
  • Cercatemi domani, sarò mortoIl Giallo Mondadori n. 1489
  • L’assassinio di Miranda Il Giallo Mondadori n. 2467L’urloIl Giallo Mondadori n. 2441
  • RagnateleIl Giallo Mondadori n. 2007 

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Paul Doherty

novembre 18th, 2008

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Ci giunge in redazione, una richiesta di approfondimento circa Paul Harding. Noi, volentieri, rispondiamo.

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Paul Charles Doherty (Middlesbrough, 1946). Laureato in storia medievale all’Università di Oxford , vive in Inghilterra dove da diversi anni, scrive romanzi firmandosi con diversi pseudonimi:

  • Anna Apostolou
  • Michael Clynes
  • Ann Dukthas
  • C.L. Grace
  • Paul Harding
  • Mollie Hardwick
  • Vanessa Alexander 

Grazie alle molteplici personalità “virtuali” firma numerose serie, tra le quali quella di Fratello Athelstan (serie ambientata in Inghilterra nella seconda metà del XIV sec). Tra le altre, ricordiamo quella di  Kathryn Swinbrooke con lo pseudonimo di C.L. Grace  e la serie Amerotke, ambientata nell’antico Egitto nel XV sec. a.C. che vede come protagonista un giudice.

Riportiamo da Wikipedia: (http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Doherty): Altre serie sono pubblicate in italiano: quella di Roger Shallot (Gli artigli del diavolo, Il calice avvelenato, Gli assassini del Graal) con lo pseudonimo di Michael Clynes e quella di Alessandro Magno (Alessandro Magno e la vittoria impossibile, Alessandro Magno e l’uomo senza Dio e Alessandro Magno e le porte degli Inferi). Doherty ha scritto numerosi altri romanzi, non ancora tradotti in italiano.

Il Giallo Mondadori ha pubblicato nel corso del tempo, diversi romanzi firmati delle serie Atelstan, Swinbrooke e Amerotke. Di seguito l’elenco delle opere già editate:

Fratello Athelstan:

  • La galleria dell’usignolo (The Nightingale Gallery), Il Giallo Mondadori n. 2371
  • Mistero alla torre di Londra (The House of the Red Slayer o The Red Slayer), Il Giallo Mondadori n. 2419
  • Lo scheletro del monastero (Murder Most Holy), Il Giallo Mondadori n. 2449
  • La collera di Dio (The Anger of God), Il Giallo Mondadori n. 2473
  • Il porto maledetto (By Murder’s Bright Light), Il Giallo Mondadori n. 2507
  • 19971995La casa dei corvi (The House of Crows), Il Giallo Mondadori n. 2536
  • Il vicario del diavolo (The Assassin’s Riddle 1996), Il Giallo Mondadori n. 2567
  • Fratello Athelstan – Il regno del male (The Devil’s Domain), Il Giallo Mondadori n. 2663
  • Fratello Athelstan e il campo di sangue (The Field of Blood), Il Giallo Mondadori n. 2731
  • La casa delle ombre (The House of Shadows), I Classici del Giallo Mondadori n. 1145

Kathryn Swinbrooke:

  • Il santuario dei delitti (A Shrine of Murders), I Classici del Giallo Mondadori n. 1011
  • L’occhio di Dio (The Eye of God), I Classici del Giallo Mondadori n. 1038
  • Il pittore di Canterbury (The Merchant of Death), Il Giallo Mondadori n. 2528
  • Il libro delle ombre (The Book of Shadows), Il Giallo Mondadori n. 2555
  • Il segreto del convento (Saintly Murders), I Classici del Giallo Mondadori n. 945
  • L’occhio del labirinto (A Maze of Murders), I Classici del Giallo Mondadori n. 1072
  • Il libro dei segreti (A Feast of Poisons), I Classici del Giallo Mondadori n. 1097

Amerotke:

  • La maschera di Ra (The Mask of Ra), Il Giallo Mondadori n. 2646
  • Il tempio di Horus (The Horus Killings), Il Giallo Mondadori n. 2699
  • I delitti di Anubi (The Anubis Slayings), Il Giallo Mondadori n. 2762
  • Le dieci coppe dello scorpione (The Slayers of Seth: A Story of Intrigue and Murder Set in Ancient Egypt), I Classici del Giallo Mondadori n. 970
  • Gli assassini di Iside (The Assassins of Isis), I Classici del Giallo Mondadori n. 1124

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Harlan Coben

ottobre 6th, 2008

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In un universo formato da individui “border-line”, situazioni difficili e idiosincrasie sociali, Harlan Coben conduce il lettore in un vortice di emozioni incessanti, “tour de force” ai limiti dell’umano. I suoi stupefacenti romanzi, che mischiano sapientemente il thriller della scuola americana (Crais, ma anche Mc Bain e Connelly) con il noir cupo e disperato che nasce dalle strade polverose della provincia americana, gli hanno fatto vincere il prestigioso Edgar Award, e l’hanno reso famoso in tutto il mondo. Dal suo romanzo “Non dirlo a nessuno” (Mondadori; 2002) è stato tratta la pellicola “Ne le dis à personne” del regista francese Guillaume Canet (lo stesso Coben appare in un frammento del film in maniera Hitchcockiana in veste di passante all’interno di una stazione), inoltre Seth Greenland sta girando proprio in questo periodo un film tratto dal romanzo “Deal breaker” (Orion; 2006). L’opera di Coben è nota al pubblico italiano grazie alla Mondadori, di seguito i romanzi pubblicati nel nostro paese:

Collana Omnibus stranieri:

        Se ti trovi in pericolo

        Suburbia killer

        Identità al buio

Collana Bestseller :

        Non dirlo a nessuno

        Suburbia killer

        Svaniti nel nulla

        Non hai scelta

Il successo di Coben, è giunto in Italia anche grazie al Giallo Mondadori che ha riproposto per l’edicola due romanzi dell’autore:

Giallo Mondadori n.2841 : Non dirlo a nessuno

Giallo Mondadori n.2869 : Svaniti nel nulla

Giallo Mondadori n.2910 : Non hai scelta

Per maggiori informazioni sull’autore, sulle prossime uscite e sugli sviluppi di questo nuovo, atteso film, consultate la sua pagina web all’indirizzo www.harlancoben.com  o in alternativa il suo myspace all’indirizzo www.myspace.com/harlancoben.

Harlan Coben, laureato in scienze politiche, ha lavorato per molti anni nell’industria del turismo. Ha scritto diversi romanzi, vincendo il prestigioso Edgar Award, prima di diventare famoso in tutto il mondo (ora è tradotto in ventidue lingue) con i bestseller Non dirlo a nessuno (2002), Svaniti nel nulla (2003), Non hai scelta (2004), Identità al buio (2005) e Suburbia killer (2006) tutti pubblicati da Mondadori. Vive nel New Jersey con la moglie e tre figli.

Qui la scheda dell’autore dal sito LibriMondadori.it

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Mickey Spillane

luglio 30th, 2008

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Spillane: l’uomo proiettile

” Non aspettare il momento opportuno: crealo! ” (George Bernard Shaw)

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Frank Michael Morrison Spillane (New York9 marzo 1918 – Murrells Inlet17 luglio 2006).

Ci sono grandi autori e ci sono maestri. Spillane appartiene a questa categoria.

Unitamente a Chandler e Hammett, Mickey Spillane è stato uno dei padri, nonché massimi esponenti del genere “hard – boiled”. Il suo personaggio più conosciuto, protagonista della maggior parte delle sue opere, è Mike Hammer, investigatore privato, un tipo rude, maschilista, sporco e maledetto. Non era amato Spillane, aveva clienti, non lettori. Anche tra i suoi colleghi non raccoglieva certo mazzi di fiori, Raymond Chandler ad esempio  lo definiva capace solo di scrivere fumetti e nulla più. Egli stesso era molto simile al proprio personaggio, deciso, antipatico, presuntuoso, spesso a ragion veduta. Spillane oltre che un grandissimo autore fu soprattutto un eccellente osservatore e patologo della realtà, cinica e disincantata del nostro mondo. In un universo corrotto, violento, traumatico, non c’è posto per i deboli e neppure per i buoni. Per contrastare il male bisogna utilizzare i suoi stessi mezzi. Non era simpatico a molti Mickey, soprattutto non era simpatico alla critica, per la quale non lesinava “colpi frontali” come : “Non mi importa un accidente di leggere le recensioni,sono più interessato ai rendiconti derivanti dal diritto d’autore.” Figlio di un barista, nato nel quartiere newyorkese di Brooklyn e cresciuto nel New Jersey iniziò la sua gavetta scrivendo racconti “pulp” per quotidiani, periodici e riviste a fumetti della Marvel. Per guadagnare vendeva cravatte, faceva il bagnino a Long Island e l’uomo proiettile al circo.

Mai professione fu più azzeccata per un uomo che farà del piombo la sua ragione di vita. Hammer, il protagonista delle sue storie, di fatto diede un contributo fondamentale alla scuola noir. Mescolando letteratura “alta” con le regole (o l’assenza di esse) del “genere” Spillane ottenne un cocktail letale, che lo porta ad essere ancora oggi una pietra miliare per la storia del Giallo e non solo. E’ assolutamente impossibile ritenere Spillane unicamente uno scrittore. Non si può incatenare (neppure da morto) un uomo capace di passare da agente FBI (collaborò a numerose operazioni antidroga)  a predicatore religioso e testimonial per una marca di birra. Un esempio di “self – made – man” che ha dovuto crearsi autonomamente la propria fortuna. Certo, la salita fu perigliosa, ma il lato positivo (senza dubbio apprezzato da Spillane) è che a conclusione del percorso non bisogna ringraziare nessuno.

Questo e molto altro è stato Mickey ” the rough” Spillane. Il duro più duro dei duri. Tra le sue opere ricordiamo: Il fattore Delta (1965), Il club del vizio (1969), Fuori l’ultimo (1973), Piccolo mostro (1975).

Il Giallo Mondari ha pubblicato:

2205 L’uomo che uccide Mickey Spillane(The Killing Man) 5 maggio 1991

DG

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Donald E. Westlake

luglio 17th, 2008

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L’umorismo è il più eminente meccanismo di difesa. (Sigmund Freud)

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Alcuni lo conoscono come Richard Stark, altri come Tucker Coe, altri ancora come Samuel Holt. Di certo tutti conoscono un grandissimo autore: Donald E. Westalke. Westlake, che ritroviamo questo mese in edicola con il Giallo Mondadori in ben due volumi (Parker – L’inferno in terra) e (Il signor omicidi) ha avuto il grande merito di stravolgere in modo assolutamente rispettoso i cardini della letteratura noir. Distaccandosi dal cliché dell’investigatore proto-Bogart, va a creare una miscellanea letale fatta di umorismo nero e calembour che affascina ancora dopo molti anni migliaia di lettori.Donald Edwin Westlake nacque a Brooklyn il 12 Luglio 1933. Trascorre l’infanzia ad Albany, studia presso il Champlain college e l’Harpur college senza però laurearsi. Dopo aver lavorato come trovarobe, impiegato in una compagnia di assicurazioni ed all’ufficio di collocamento di New York vive per qualche tempo in Europa dove lavora in una agenzia letteraria. Successivamente, compie una tappa fondamentale per il suo avvenire di scrittore, viene assunto come lettore di manoscritti, e qui, impara analizzando i testi, come scrivere romanzi che possano piacere sia ai lettori sia agli editori. Inizia così la carriera di uno tra i più prolifici autori noir di sempre. Con lo pseudonimo di Richard Stark, dal 1963 comincia a scrivere gialli che hanno come protagonista Parker, un  rapinatore che fa della determinazione la sua arma vincente. Qui Westlake gioca con le regole del genere, mescola sapientemente la lezione dei padri Hammett e Chandler, sviluppa e si appropria del concetto di Pulp Fiction tanto caro alla generazione della Black Mask e, fattore più importante rinnova con metodologie proprie il registro “duro e puro” del genere. Se resta innegabile il fatto che Westlake abbia assunto molte identità, è altrettanto vero che i suoi personaggi sono mossi da un file-rouge molto netto. Stark, ad esempio non è mai completamente malvagio, mai totalmente corrotto, mai interamente immerso nel marciume, il che distanzia l’autore dalla scuola cosiddetta dei “duri” che voleva i propri “cavalieri” essere con molte più macchie sulle proprie candide camicie. Come sostiene l’autore stesso: “Parker rappresenta il mio desiderio di essere competente […]  e Grofield il mio desiderio di prendere le cose alla leggera” (R. Di Vanni, F.Fossati, Guida al “giallo”, Gammalibri, Milano,1979). Attenzione però, non stiamo certo parlando di un autore umoristico. Westlake tanto per intenderci non è assimilabile ad un Bukowski, quanto piuttosto, chiedendo ausilio al cinema, ad uno Chabrol. Si, il lirismo scanzonato dell’autore è simile ad alcuni duri con la faccia da schiaffi della nouvelle vague e post-nouvelle vague francese. Westlake, che definire “giallista” risulta alquanto riduttivo, ha saputo affondare i propri colpi, le proprie critiche sociali in modo deciso ma gagliardo. E’ allo stesso tempo durissimo ma sarcastico. I suoi romanzi, qualunque tema trattino, qualunque personaggio abbiano come protagonista non si limitano ad essere dei grandi thriller, essi sono la testimonianza vivente (in quanto i libi sopravvivono agli uomini ) che per combattere il nemico, sia esso uomo o sistema, non basta avere qualcosa in più di lui, occorre toccarlo nel profondo, nelle sue contraddizioni e idiosincrasie, con decisione si, ma soprattutto con classe.

                                                                                                                                                       DG

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