La semplicissima arte del delitto III
Tra corna, canini in fuori, bambini violentati, mallopponi scandinavi, il caldo boia, il freddo bestia, la pioggia pallosa…
Come dice il proverbio non c’è due senza tre. Un po’ come quei film di successo che al primo ne seguono almeno un paio. Di solito più brutti del precedente. Qui non siamo partiti neppure dal successo e dunque sapete cosa vi aspetta.
Non so se riuscirò ad essere pungente come nel passato. Devo dire la verità. Jonathan, nipotino di poco più di un anno, mi ha chiaramente rimbecillito e dunque ammorbidito. Lo dovreste vedere quando lo porto per i prati a prendere i fiori con le sue manine grassocce, o quando osserva attento e curioso le lunghe litanie di formiche che se ne vanno in qua e là. Ha cominciato da poco a camminare barcollando che sembra cada da un momento all’altro come la torre di Pisa, ma lui continua imperterrito. Se cade davvero una lieve smorfia, un accenno di pianto e poi via a caracollare di nuovo sulle gambe robuste, a battere le mani, a sputacchiare e sbrodolare una lingua tutta sua ancora incomprensibile…
Per essere corretto dico subito che riprendo e rinforzo anche qualche pezzo scritto per “Corpi freddi” (http://corpifreddi.blogspot.com/) e “Sugarpulp” (http://www.sugarpulp.it/) con un caldo invito a frequentarli. Vi ci troverete bene. Un saluto a Enzone e Giacomo, i responsabili dei blog.
Incominciamo. La marea gialla continua. Perfino nei titoli dei quotidiani: “Il mondo è un giallo”, “Il realismo si è tinto di noir”. Per qualcuno, vedi Nicola Villa, solo quella straniera che l’italiana non esiste proprio. Suo l’articolo, appunto, “Il giallo italiano non esiste” pescato nell’”Angolo nero” della nostra brava Alessandra Buccheri (andate a darci un’occhiata). Villa non la fa tanto lunga, riprendendo un concetto di una certa “giò” che su aNobii aveva lamentato l’inconsistenza e dunque l’inesistenza del giallo italiano sempre ripetitivo e sempre uguale a se stesso. Con i soliti personaggi e le solite trame.
Nel senso, come ho già scritto proprio su questo blog, che non c’è città o sperduto paesino di campagna che non abbia il suo bel commissario o la sua bella commissaria tanto che, prima o poi, mi prefiguravo anche quello di quartiere che venisse ad arrestarmi “per avere ucciso con un colpo ben assestato di ciabatta il ragnetto che pendeva schifosetto nel mio piccolo studio”. Tutti scrivono romanzi polizieschi. Dai più infimi ai più noti e dunque il giallo italiano è ben vivo e vegeto e non c’è bisogno di scomodare Augusto De Angelis quando, negli anni Trenta, si mise in testa di realizzarlo “Io ho voluto e voglio fare un romanzo poliziesco italiano”. Ci riuscì, eccome. Ed ecco le conseguenze…
Aumenta tutto. Aumentano i blog e i siti dedicati alla letteratura poliziesca (positivo); aumentano i concorsi (trovato pure un GialloBirra, niente male in estate) e i premi che te li offrono al bar (appunto) e te li tirano dietro anche ai semafori (occhio a non prenderli in testa se vi sporgete dal finestrino); aumentano le sigle con l’ultima nata post noir o post-noir o postnoir (mettetevi d’accordo!) dal connubio Montanari-Varesani (se non ricordo male) a volte se ne sentisse la mancanza; aumentando gli scrittori e gli pseudoscrittori (soprattutto questi) aumentano, di conseguenza, le antologie piene zeppe di nomi conosciuti e sconosciuti dove è più facile rispondere alla domanda che si fa sempre più consistente rispetto all’offerta. Dieci? Quindici? Macché, facciamo pure una trentina e il gioco è fatto. Non ce l’ho con le antologie, via, si fa per dire, e pure il sottoscritto ne ha curata una con questi numeri. E farà parte, come autore, di Riso nero, una raccolta di racconti brevi giallo-comici della Delos Books. Dunque figuriamoci se voglio fare lo spiritosetto. E’ che trovare lavoro a tutti non è mica facile. Anche se la sopra citata casa editrice si è data da fare, invitando 365 (trecentosessantacinque!) facitor di parole a scrivere un breve racconto relativo all’erotismo, al sesso e all’eros in tutte le sue sfaccettature. Titolo dell’antologia Racconti erotici per un anno. Tiè! Se un racconto al giorno leva il medico di torno, come sentenzia il nuovo proverbio, l’antologia andrà a ruba.
Però qualche merito a questo boom del giallo va dato, oltre alla sua bellezza intrinseca. Pensiamo un po’ alla geografia, tra l’altro vero tallone di Achille durante il mio excursus scolastico tutto preso come ero dalla storia. Quanti luoghi particolari del nostro paese abbiamo ultimamente conosciuto attraverso il romanzo poliziesco! E a quante altre civiltà ben lontane da noi ci siamo accostati senza l’assillo dello studio! Ricordo le più recenti avventure di Vish Puri nell’India, di Darko Dawson nel Ghana, di Peter Decker nel quartiere ebraico di Los Angeles…Un incontro etnico- culturale- geografico di tutto rispetto. Non parlo, poi, della storia che non finirei più. Solo su Siena sono sbocciati all’improvviso diversi lavori ambientati soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento (non tutti impeccabili, ma insomma…). Può costituire addirittura un efficace antidepressivo secondo una mia modesta, ma non certo velleitaria, interpretazione psicologica (http://www.milanonera.com/?p=2251 ).
Aumentano le recensioni iperboliche. Un po’ me le cerco come succedeva da ragazzo quando ritornavo a casa con qualche livido addosso e subito me ne compariva qualcun altro di stampo familiare. In fin dei conti che cosa me ne importa. Eppure sono fatto così. Vedo qualcosa che non mi torna. Dico la mia, magari in maniera troppo forte, mi becco una reprimenda, mi dispiace, giuro di non incasinarmi più, passa un po’ di tempo e siamo punto e a capo. Nei cromosomi, come si suole dire. Per interesse naturale e interesse pratico giro quasi tutti i giorni fra molti blog (tengo una rubrica a proposito su Thriller Magazine) e leggo una marea di recensioni. Un tripudio di bravi, bene, bis, una sfilza di ottimo ed eccellente da far venire il capogiro, frutto magari istintivo ( speriamo) di simpatie ed amicizie. Elogi sperticati di lavori che, a mio parere, possono ritenersi accettabili e niente di più, talvolta pure buoni, raramente eccezionali. C’è quasi una sorta di innata difesa dell’autore nostrano (e non solo nostrano), come se fosse bisognoso di cura e protezione continua. Posizione legittima, si capisce, e in parte da comprendere anche perché per molto tempo nel nostro paese ha tirato un’aria fortemente esterofila. Ma ora credo che il giallo italiano sia cresciuto e sia forte abbastanza per camminare da solo. Poi, magari, la colpa è del mio metro di giudizio troppo stitico e allora tutto quello che ho detto va a puttana. Pardon a escort (effetto Jonathan).
Si arriva perfino al grottesco, con il lettore (l’autore stesso mascherato?) a sostenere ragionamenti assurdi. Il linguaggio è carente ma rende meglio il contenuto, cioè ”che paradossalmente questo stile decisamente dilettantistico conferisce ancora più realismo ai personaggi investigatori altrettanto dilettanti e improvvisati”. Come a dire che la brutta scrittura si adegua ai brutti personaggi. Quando si dice una ferrea logica…
A volte qualcuno mette pure in dubbio che i libri vengano letti come il nostro Stefano Di Marino il quale, intervistato su Liberidiscrivere, sottolinea a proposito delle recensioni dei suoi lavori, ”Ricordo con piacere quelle in cui ho capito che il recensore aveva letto il romanzo… Sic transit gloria mundi…preferisco le lettere dei lettori”. Non c’è più religione.
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