La detective lady secondo Fabio Lotti

aprile 29th, 2010 by Moderatore

Buona lettura

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La detective lady nel romanzo poliziesco. Dalle vecchiette terribili alle giovani sfigate

All’inizio volevo scrivere una specie di polpettone con più di cento citazioni. Poi mi sono ricordato della famosa frase di Totò che ogni limite ha una sua pazienza ( per i lettori in questo caso) e allora il polpettone è diventato un semipolpettone. Sempre indigesto, magari, ma almeno più breve.

Mi butto sicuro sulla Introduzione del nostro beniamino Mauro Boncompagni scritta per Le signorine omicidi colpiscono ancora, Gli speciali del Giallo Mondadori 2009, per trovare conforto a qualche mia lettura. In principio erano zitelle. Ovvero “vecchiette terribili”, ovvero “eroine in pericolo”. Niente a che fare con quelle di oggi, ma non anticipiamo. Vediamone qualcuna.

Miss Silver di Patricia Wentworth è una “zitella sferruzzante” sempre china sui lavori a maglia per i vari nipoti. Ex insegnante ed istitutrice, sferruzza e tossisce, sferruzza e tossisce, sferruzza e tossisce.  Mentre Miss Marple sorride, lei tossisce ( non so se si è capito) ma all’occorrenza sa tirare fuori un bel sorriso accattivante. Educata, educatissima, vive con le sue vestaglie ornate di pizzo, con le sue pantofole vezzeggiate di perline, tra i suoi adorabili servizi di ceramica, sempre attenta e composta. Difficile, se non impossibile, che alzi la voce, al massimo scuote la testa. Talvolta il ticchettio dei ferri segue il ritmo della conversazione e mi pare di vederla impegnata a passare dall’adagio all’andante mosso. Si concede qualche citazione e qualche massima personale (si sente che ha studiato) Vista da un personaggio “Sembra uscita da una stampa del secolo scorso”.

Altra zitella Hildegarde Withers di Stuart Palmer, alta e rinseccolita, dalla faccia cavallina che ti aspetti un nitrito da un momento all’altro. Letterariamente parlando nasce qualche anno dopo Miss Marple (siamo negli anni trenta) ma non ne sono sicuro e non ho certo voglia di scartabellare tra i miei libri. Controllate voi. Dunque Hildegarde. Intanto è americana e non inglese. E questo è assodato. Insegnante di scuola elementare, tosta, dallo scilinguagnolo sciolto e affilato. Pettegola, insomma. Proprio non ce la fa a stare zitta e vuole mettere bocca dappertutto, dando lezione anche al capo della polizia di un’isola vicino a Manhattam. Ha un amico fidato, suo corteggiatore, (c’è speranza per tutti) nell’ispettore Oscar Piper della polizia di New York che la tiene in alta considerazione (considerazione non ricambiata almeno del tutto se lei pensa che non abbia una particolare intelligenza). Con il suo modo di fare aperto e sfrontato (sempre nei limiti) riesce a carpire i segreti altrui con la sua faccia da cavalla mattonata. Ama disegnare e camminare, vedere, osservare, esplorare. Certo non è una “signorina” sedentaria adatta all’uncinetto come Miss Silver. Per concludere una “vecchia gallina spennacchiata” che mette il naso dappertutto e che risolve i misteri criminosi del suo tempo.

E poi c’è la nostra Miss Marple sulla quale riprendo in parte un pezzo già scritto. E’ lunghetto e quindi vi conviene saltarlo. Con lei amore a prima vista. Sarà che il personaggio era pari pari spiccicato a certe vecchine del mio paese Staggia Senese che vedevo ogni giorno intente a ciabattare sulle scale di casa, mentre sferruzzavano maglioni a figli o nipoti e che mi salutavano quando passavo davanti a loro. Altri le consideravano solo brutte pettegole ma a me faceva piacere il loro sorriso e qualche frase riferita al mio continuo sviluppo “Guarda Fabio come cresce!”. Certo queste erano un po’ più sfortunate di quelle di St. Mary Mead. Nel senso che venivano prese di mira da noi ragazzacci che gliene combinavamo di tutti i colori. Una volta…ma lasciamo perdere.

Sarà quello che ho detto in precedenza,  sarà che rivedevo in Miss Marple una nonna che non avevo mai conosciuta, sarà per altri motivi psicologici più reconditi ma l’impatto è stato subito positivo. Forse, a pensarci meglio, il primo elemento che me la rese nuova e simpatica fu proprio il fatto di essere donna e “vecchia” nello stesso tempo. Due particolari giallisticamente attraenti rispetto ai tanti poliziotti maschi e giovani che già conoscevo. E poi il villaggio di St. Mary Mead poteva benissimo essere il mio piccolo paese dove tutti ci conoscevamo e non c’era segreto di sorta per nessuno. Bello o brutto che fosse si sapeva perfettamente se quella se la faceva con quell’altro o se il postino non aveva portato le lettere perché aveva avuto la diarrea. Il personaggio funzionava e pure l’atmosfera che lo circondava. Un peana? Forse ho esagerato, ma mica tanto. L’anziana lady detective piaceva una cifra anche alla sua creatrice, quell’Agatha Christie, regina vera del giallo che ha allietato tante mie sere buie e tempestose (mi è venuta così).

Dicevo di Miss Marple, una vecchietta di circa settanta anni che si era intrufolata nella sua vita quasi senza accorgersene. Un tipo che aveva visto in casa di sua zia (o nonna che fosse) e che le si era stampata per sempre nel cuore. E sulla penna. Un fatto, però, mi incuriosiva. A St. Mary Mead si sapeva tutto su tutti  eccetto che su Miss Marple. Una bella furbata di Agatha per renderla ancora più interessante? Diciamo quello che sappiamo: anziana (già detto), nubile (zitella dalle mie parti), alta, snella, occhi azzurri, di aspetto delicato, benestante, colta o dotta che fa lo stesso, di religione protestante, ottima istruttrice di domestiche e molto attaccata a suo nipote Raymond West. Per il momento non mi viene altro per la testa. Aggiungo semmai il volontariato e l’amore per il volo degli uccelli. Poi casa pulita, ordinata, precisa, giardino curato nei minimi particolari. Da qui guarda, scruta, osserva, conversa con le sue amiche. Quelle sì impiccione e pettegole! Specialmente la signorina Hartnell che non si fa gli affari suoi nemmeno a pagarla a peso d’oro. Il suo metodo di indagine (mal sopportato dall’ispettore Slack, ma tenuto in debito conto da Scotland Yard)  è basato non solo sull’intuito e la deduzione ma anche, e direi soprattutto, dalla sua vasta esperienza di vita. Ogni abitante del suo paese, maschio o femmina, giovane o vecchio che sia è lì pronto nella sua mente per essere tirato fuori al momento opportuno e messo a confronto con i vari personaggi che ruotano intorno ad un delitto (niente di nuovo ma lo ridico lo stesso). Gli uomini saranno pure diversi nell’aspetto esteriore ma la natura umana è sempre uguale. E il male è dappertutto, anche dove meno te lo aspetti. Ma della natura umana fa parte pure il sesso. Che non è un male. Ecco un altro particolare che la rende simpatica. Non come quel misogino di Poirot! (solo all’inizio perché in seguito anche questo “difetto” diventa divertente). Certo non aspettatevi chissà che cosa. Siamo sempre nell’età vittoriana ed un casto bacio può benissimo rappresentare un’orgia dei giorni nostri. Ma insomma la nostra arzilla vecchietta è preparata anche su questo tema così scottante. E non solo sul sesso “normale”. Mi pare che lo dica lei stessa ma non ricordo dove (memoria andata).

Mi dimenticavo il sorriso (memoria ritornata). E l’aria innocente e svagata. Miss Marple parla e sorride. Parla, sorride e sembra pensare ad altro. E’ sempre così gentile e carina con quel suo amabile sorriso! Solo che sorridendo vi fa dire quello che vuole. Se avete dei terribili segreti e lei vi ha sorriso state pur certi che, bene o male, è riuscita a carpirveli.

Naturalmente ci sarebbero ancora da citarne una bella sfilza tra cui Loveday Brooke, Florence Cusak, Lady Molly, Violet Strange, Sarah Fairbanks, Harriet Vane, Miss Pinkerton, Sarah Keate  e via discorrendo ma insomma il numero non cambia poi di tanto la sostanza che in principio furono zitelle, maestrine di campagna, aristocratiche, ereditiere, gentildonne impoverite, infermiere, collaboratrici di Scotland Yard e anche suore che le vie del Signore sono infinite.

Prima ancora ne avevo incontrata qualcuna uscita fuori dalla penna dell’”onesta gallina della letteratura popolare”, alias Carolina Invernizio, come la bella operaia torinese Nina Palma, però non esageriamo che, come accennato all’inizio, ogni limite ha una sua pazienza.

Dai giorni loro ai giorni nostri una bella evoluzione in tutti i sensi dato l’espandersi del mondo gentildonnesco. E allora arrivano gli avvocati e che fior di avvocati! Anche se al sottoscritto, dico la verità, non è che restino particolarmente simpatici (gli avvocati in generale, voglio dire).

Soprattutto dal Nuovo Mondo. Bennie Rosato che lavora a Philadelphia con alle spalle più di 100 verdetti, viene fuori dalla penna di Lisa Scottoline. Struttura fisica di una amazzone con lunghi capelli lunghi e ribelli, bocca “generosa”, occhi azzurri e “niente che mimetizzasse le zampe da gallina”. Gambe muscolose dovute agli anni di canottaggio e una grossa vena che attraversa un polpaccio (un po’ di senso me lo ha fatto). Beve caffè e si depila. Single con un po’ di nostalgia per il fidanzato Grady Wells.

Altro avvocato Philomena Manfreda detta Manny di Michael Baden e Linda Kenney. Di origine italiana, ha ventinove anni ed esercita la sua professione a New York. Alta un metro e settanta, bel viso, occhi azzurri, una gobbetta sul naso ereditata dal padre, sguardo intenso. Porta tacchi a spillo, un orecchino e un quadratino di stoffa rossa appuntato all’interno della giacca del tailleur perché sua nonna le aveva detto che portava fortuna. Maniaca dell’ordine e fissata con i bei vestiti. E mica vestiti e “contorni” da nulla: accappatoio Ralph Lauren, borsone di Prada, completo Chanel, tailleur da 2000 dollari,  vestito microfibra nero Donna Karan, jeans neri della Sevens e il giubbotto di pelle Gaultier (manca solo Armani che infesta i romanzi polizieschi). Hobby preferito, naturalmente, lo shopping. Single pure questa, le è rimasta la madre e vive da sola con il cane Mycroft in un monolocale in Central Park South. Suo ufficio nei pressi di Wall Street con una bella scritta sul vetro “Avv.Philomena Manfreda”. Ci sarebbe pure Rebecka Martinsson, avvocato fiscalista svedese di Asa Larsson, magra come un chiodo, (però sempre bella se quasi alla fine di un libro alcuni signori anziani le lanciano un’occhiata di apprezzamento), lavora per lo studio legale Meijer and Ditzinger. In profonda depressione dopo avere ucciso tre uomini, per legittima difesa, a Kiruna. Dopo questa millanta altre.

Tra le poliziotte cito subito l’ultima incontrata (ce ne sono a bizzeffe e ne vedremo qualcuna anche in seguito), cioè Nikki Heat di Richard Castle della squadra omicidi di New York, che si trova ad indagare su una serie di delitti che scuotono il mondo dell’alta finanza. Persa la madre morta ammazzata (il minimo che può capitare) deve svolgere le indagini in collaborazione con il giornalista affermato Jameson Rook che non gli piace per niente. E dunque salteranno gioiosi insieme sul letto (succede sempre così anche se a me non è mai successo). Bella (la prima occhiata di un collega si posa sul fondoschiena), forte e risoluta. Il tutto si svolge sotto un caldo boia e termina con un bacio sotto la pioggia. (che carini!).

E poi giù a ritrecine dottoresse di vario genere. Antropologhe come Kay Scarpetta,  un personaggio, anzi IL PERSONAGGIO creato da Patricia Cornwell. Direttrice dell’istituto di medicina legale della Virginia e direttrice pure del National Forensic Academy di Hollywood in Florida. Un pezzo grosso, insomma, sui quaranta anni portati discretamente se non ha problemi ad intrecciare diverse relazioni dopo lo scontato divorzio (scontato perché molte detective lady non ce la fanno proprio a restare maritate), la più lunga delle quali è con il profiler dell’FBI Benton Wesley. Lavora in coppia con Pete Marino che ha un caratterino tutto suo (leggi spigolosetto-burberetto) e dunque gli scontri dialettici non mancano. Ma rimangono pur sempre buoni amici. Tra l’altro anche Marino è divorziato e allora qualcosa li lega.

Kay Scarpetta, dicevo, e le sue imitatrici. Tempe (Temperance) Brennan di Kathy Reichs, per esempio, docente di antropologia in una università della Carolina del Nord. Altezza uno e sessantacinque, peso cinquantaquattro chili. Inoltre “Occhi nocciola, vivaci, qualcuno avrebbe detto intensi. Qualche zampetta di gallina, sì, ma erano ancora il mio pezzo forte. Zigomi alti, naso piuttosto piccolo. La mascella si manteneva tonica e, nonostante qualche capello grigio, il color miele era ancora nettamente prevalente”. Età oltre i quaranta. La solita sfiga sentimentale che accomuna tante detective femminili e che mi ha offerto lo spunto per il sottotitolo (ci ritornerò in seguito). Sposata e poi divisa, ma non ancora divorziata, con Pete, un avvocato che l’ha tradita e che tiene un cane e un gatto. Si sente sempre attratta fisicamente da lui anche se ha una nuova relazione con Andrew Ryan, detective della squadra omicidi di Montreal. Ed ha una figlia Katy “meravigliosa”, “turbolenta” e “quasi laureata”. Temperamento forte, focoso, irascibile. Se ne rende conto ella stessa “A volte riesco a darmi dei buoni consigli, per esempio non innervosirti. Ma spesso li ignoro”.

Ruth Galloway di Elly Griffiths, trentanove anni, ottanta chili di peso (miezzeca!), “capelli castani lunghi fino alle spalle, occhi azzurri, carnagione pallida” con uno splendido sorriso. Nata a Londra, vive in un cottage sul limitare del Salmarsh, una distesa di paludi salate a ridosso della costa. Professoressa di archeologia forense all’università del North Norfolk, specializzata nella datazione delle ossa antiche. Due gatti, Flink maschio dal pelo fulvo e Sparky gattina dal pelo nero con il naso bianco a farle compagnia. Ha lasciato il marito Peter perché terminato l’amore (mi pare giusto), in conflitto con i genitori non sopporta il fratello Simon il “perfettino”. Sua amica Shona che insegna inglese all’università, adora Springsteen, Bruce, Rod e Bryan, legge volumi di archeologia, gialli, manuali di cucina, guide di viaggio, romanzi rosa. In continua lotta con il suo peso e in continua riflessione su se stessa e gli altri.

Aggiungo psicologhe come Maria Dolores Vergani di Elisabetta Bucciarelli (ma c’è pure Anna Pavesi di Alessandro Perissinotto, trent’otto anni, di formazione freudiana, separata dal marito Stefano vive a Bergamo da dieci mesi  con la gatta Morgana in Vicolo Aquila Nera 10.), una quarantenne radiata dall’Albo per un suo sbaglio. Sensi di colpa e un odio insanabile verso la madre che l’ha abbandonata (se vi dico che sono sfigate…), lasciandola a genitori adottivi. Sua storia tribolata nei cosiddetti anni di Piombo. Il padre adottivo, Direttore di uno stabilimento automobilistico, sotto scorta. Paure e piccoli scongiuri. Viene su forte, sicura, severa, corazzata come una campana d’acciaio, sua bestia nera le emozioni che la avvolgono da tutte le parti (per evitarle si muove come un Cavallo sulla scacchiera) e dunque sensibile, seppure fidanzata, al fascino degli altri uomini. Soprattutto se musicisti o poliziotti.

Katy Klein di Karen Irving è una astrologa laureata in psicologia. Ha quarantacinque anni e vive con  una figlia di nome Dawn di quattordici anni che sta sempre attaccata al telefono e l’ha costretta ad una dieta vegetariana. Praticamente separata in casa con l’ex marito Peter (il nome Pete o Peter sembra andare di moda) che abita al piano di sopra con il quale ha mantenuto un buon rapporto. E’ ebrea come lui. Ha una madre forte e dura e un padre che ha avuto un ictus.

E aggiungo giornaliste come Annita Bengzton di Liza Marklund, report di punta della Stampa della sera di Stoccolma. Trentacinque anni, solita crisi matrimoniale, due bambini, un maschio ed una femmina. Siamo nella linea normale delle detective lady. Qui si può aggiungere il tradimento del marito Thomas che si aggiunge a sua volta ad un rapporto difficile con un precedente fidanzato ed un suo innamoramento non ricambiato. Aggiungiamo ancora, tanto per sfruttare questo verbo, la brutta avventura “intorno al Natale precedente, quando era stata presa in ostaggio e tenuta prigioniera in un tunnel da una serial killer psicopatica, la Bombarola”. Conseguenza: crisi di panico e vocine che le ronzano per la testa (il minimo). Così per gradire. E caffè a barili, anche quattro per volta. Non si pone limiti e si espone senza pensarci a situazioni limiti (oggi mi va di ripetere le stesse parole). Passione per la giustizia e la verità. Vista dal marito: estranea e inafferrabile. Un’aliena scesa sulla terra, anzi per essere più precisi “una piccola donna verde venuta da un altro pianeta”.

Non mancano le filosofe. Alexander McCall Smith ha tirato fuori dal cilindro la quarantenne Isabel Dalhousie. Vive e lavora ad Edimburgo nella Scozia. Laureata in filosofia a Cambridge, dirige una “Rivista di etica applicata” e riesce a risolvere i casi tra un cruciverba e l’altro. E le bibliotecarie. Vedi Antonia Darcy di R.T.Raichev, bibliotecaria cinquantenne in un “esclusivo club londinese per ex militari”, divorziata (ti pareva) con figlio David e la nipotina Emma. Aggiungiamo che è una scrittrice di romanzi polizieschi, le piace la musica classica, presa spesso da cattivi presentimenti, ancora fragile per il divorzio. Determinata tuttavia nella ricerca della verità (Un’altra Darcy è Elizabeth che, in coppia con il marito Fitzwilliam, indaga nei romanzi di Carrie Bebris. In realtà questi sono anche i personaggi di Orgoglio e pregiudizio della Austen alla quale la Carrie ha voluto fare una specie di omaggio).

Incominciano ad andare di moda anche giovani detective, magari senza grilli per la testa, magari sole come la diciassettenne Blanche Paicham di Hervé Jubert, (non riesce a prendere il treno con i suoi genitori ed aiuta nelle indagini lo zio Gaston Loiseau, ispettore di polizia di Parigi). Insomma il tipo verginale dopo tante assatanate di sesso. Maisie Dobbs di Jacqueline Winspear (per esempio), e mi pare che anche qualche pezzo grosso, vedi Henning Mankell, si sia buttato su questa nuova linea strategica (la purezza e l’innocenza mischiate con il fango fanno sempre un certo effetto) dando spazio alla figlia Linda del suo beniamino Kurt Vallander. Non contento ha creato il nuovissimo personaggio di Birgitta Roslin (meno giovincella),  giudice a Helsingborg, spedendola in Cina. Fresca fresca di giornata pure Flavia de Luce di Alan Bradley. Undici anni, madre morta quando ne aveva uno, vive nell’antica magione di Buckshaw in Inghilterra (anno 1950) con il padre e due sorelle più grandi e dispettose (ma anche lei non è da meno). Adora la chimica, soprattutto i veleni, porta un apparecchio di metallo che le ingabbia i denti, passa molto tempo nel laboratorio chimico che era stato dello zio Tar. Trova un morto nel giardino tra i cetrioli (mi ha fatto sorridere) la cui ultima parola è “Vale”. Bugiardella il giusto (eufemismo) inizia a scorrazzare per le indagini su Gladys, la sua vecchia bicicletta, con un coraggio e una faccia tosta eccezionali (alcune di queste informazioni già apparse in “La semplicissima arte del delitto II”).

Giovani, dicevo, e studentesse come Sonia Leibowitz di Elena Vesnaver (tenetela d’occhio!) che scrive, beve Tocai e aiuta il commissario Leone (siamo a Cormòns) a risolvere qualche caso di morti ammazzati. Suo fidanzato Alex, un assassino che l’amore si trova nei posti più impensati. E come Clotilde Kuster Melis di Bruno Coppola (prima prova poco convincente), una ragazza di vent’anni che sta per laurearsi in filosofia. Figlia del signor Alberto “alto e magro come un grissino” e della signora Bianca “svanita e surreale, sempre con la testa fra le nuvole”. Fratello più piccolo di tre anni e fidanzata con Marco (troppo posato) anche lui sotto tesi di laurea. Carattere aperto, socievole, curiosa di tutto, grande camminatrice. E belloccia (corpo snello, gambe lunghe), il che non guasta.

Naturalmente pure scrittrici ed ho proprio sotto gli occhi Erika Falk di Camilla Läckberg che si occupa di biografie. Genitori all’altro mondo, sorella in crisi matrimoniale. Sensibile e desiderosa di una vita tranquilla e serena da poter pianificare “convivenza, fidanzamento, matrimonio, figli e poi una lunga serie di giorni che si susseguono finché una mattina ci si guarda e si scopre di essere invecchiati insieme”. Consapevole del male che si nasconde sotto “una superficie che doveva essere costantemente tirata a lucido”. Un bel personaggio.
Siamo nella Svezia e la sua cara amica Alexandra viene ritrovata morta nella vasca da bagno con il braccio destro che penzola “floscio e striato di rosso”. Sul pavimento una lametta da barba. Suicidio o omicidio?

Il sesso, citato poco fa, prima sussurrato a denti stretti e con infiniti rossori ora spiattellato di brutto come un pezzo di maiale sul banco del macellaio. Ma non voglio ripetermi sull’argomento già affrontato ne “Il sesso nel romanzo poliziesco” di me medesimo proprio in questo nostro blog (http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2009/10/14/tornafabiolottitutti-sotto-coperta-col-giallo/ ). Se vi interessa dateci un’occhiata. Cambiando i tempi cambiano pure le situazioni personali che sono più incasinate di prima. Già visti alcuni esempi in precedenza. Aggiungo solo la situazione di Petra Delicado di Alicia Gimenéz Bartlett con quattro matrimoni alle spalle, raggiunta dalla madre di Nan Vining di Diane Emley che anche i parenti si danno da fare. Sfigata pure Lena Gamble di Robert Ellis della sezione speciale Omicidi di Los Angeles con la mamma scappata di casa, il padre morto per un incidente sul lavoro quando aveva sei anni, il fratello David ucciso.  Insieme a Giorgia Cantini di Grazia Verasani, single poco più che quarantenne, titolare di un’agenzia di investigazioni a Bologna che la sua bella figura ce la fa con la sorella impiccata, la madre morta da tempo, il padre involato a nuove nozze e i suoi amori finiti nel cesso. E tanto basta e avanza. Chi volesse saperne di più clicchi su http://www.thrillermagazine.it/rubriche/7279  per l’articolo “Che sfiga, ragazzi!”, sempre del solito rompiglioni.

Rara avis la sposa più o meno serena come Jane Rizzoli di Tess Gerritsen, detective della Omicidi di Boston. L’ho lasciata felice che aspetta un figlio ma chissà che cosa le sarà capitato in seguito ( non bisogna mai allontanarsi). Anna Maria Mella di Asa Larsson, ispettore di polizia ha quattro figli (la mi’ nonna!). Il volto cavallino ( ricorda quello di Hildegarde Martha Withers), piccola, con l’abbronzatura che copre le lentiggini, la treccia spessa. Sulla fronte una fila di punture di zanzare. Vista da un altro personaggio “All’epoca la poliziotta era incinta quasi cubica, mentre ora era magra. Ma aveva le spalle larghe e l’aria forte, anche se era così bassa di statura. I capelli raccolti nella solita treccia sulla schiena. I denti bianchi e regolari nel volto cavallino. Un pony-poliziotto”.  Imma Tataranni di Mariolina Venezia, procuratore di Matera, è l’ultima mamma fresca fresca (nel momento in cui scrivo) con quinta di reggiseno e una figlia in crisi adolescenziale.

Pulzelle indagatrici anche nel passato che ormai lo spazio e il tempo sono di loro dominio (se non si svegliano i maschietti si troveranno a far la fila al gabinetto). Mnesarete di Cristina Aggio e Nazareno Valente, medico ateniese del 400 a.C. venuto a Siracusa per parlare con colui che tutti ritenevano successore del grande Ippocrate. Ferma, composta, risoluta, innamorata del giovane Fileo dato per morto in battaglia. Suo spasimante il logografgo  Sombrothidas, sua schiava Erice, una specie di indovina. Questa Mnesarete non è mica male con i suoi capelli corvini “ondulati e lunghissimi” e dalle forme “morbide e flessuose”. Occhi scuri, vivida intelligenza, notevole capacità dialettica e di osservazione sarà lei che alla fine svelerà le trame complesse di alcuni omicidi.

Adelia Ortese Aguilar di Arianna Franklin la “Kay Scarpetta del XII° secolo”, dottoressa formatasi nella famosa scuola di Salerno, conosce pure gli scacchi (E questo per me è un bel viatico). Quando Mansur gioca contro l’abate, guardando la scacchiera, dice proprio al suo fedele “Stai perdendo” (che occhio!).

Le storie di Margaret Kerr di Candace Robb sono ambientate  nella Scozia alla fine del 1200, fra Edimburgo e Perth. Praticamente durante il tentativo di Edoardo I di conquistare questa nazione. Un personaggio forte, tosto, risoluto, capace di fare un viaggio lungo e rischioso pur di vedere che fine abbia fatto suo marito (succederebbe anche oggi?).

Kathryn Swinbrooke di C. L. Grace, meglio conosciuto con l’altro pseudonimo di Paul Harding, è uno speziale e medico inglese del XV° secolo che “vive le sue avventure in un periodo burrascoso per il suo Paese, agitato com’è da lotte incessanti per la successione al trono e da intrighi che non consentono di condurre una normale esistenza quotidiana. In questo clima tetro, connotato caratteristico, e un po’ di maniera, del periodo medievale, Kathryn si barcamena con apprezzabile dignità, cercando di fornire il suo apporto professionale e le sue doti non comuni per la risoluzione dei frequenti delitti che insanguinano la contea” (Cristina Aggio e Nazareno Valente).

Mary Lang di Y.S. Lee, una giovinetta di diciassette anni salvata dall’impiccagione per furto con scacco da una fantomatica “Accademia per Ragazze di Miss Scrimshaw”, diventa un agente segreto per indagare su un commercio di contrabbando. Forte, coraggiosa, risoluta, pronta a difendere  la condizione della donna che allora, seconda metà dell’800, non se la passava tanto bene.

Amelia Peabody di Elisabeth Peters (siamo nell’ultima parte dell’800), è una giovane di trentadue anni ma il naso grosso, la bocca larga e un carattere focosetto la tengono lontano dai pretendenti. Una zitella mancata, però, che alla fine trova il suo amore in Egitto nell’archeologo Radcliff Emerson con il quale condivide la passione per le antichità di quel paese.

Sempre nel sunnominato secolo (mi pare) Charlotte Ellison, di Anne Perry che è un bel tocco di figliola con un ottimo retroterra  danaristico (di buona famiglia) e una sua bella personalità spiccata. Innamorata dell’ispettore di polizia Pitt (poi lo sposa) partecipa alle indagini portando un contributo risolutivo. Tanto che alla fine Pitt viene relegato ai margini delle storie (e un po’ gli zibidei gli devono girare).

Arrivano a dare manforte alle nostre moderne eroine anche elette scrittrici del passato. Vedi Jane Austen di Stephanie Barron. Figlia di un ecclesiastico ha lasciato un suo pretendente al matrimonio e se ne è venuta via di casa. Spirito libero, aperto, moderno, dotata di acuta intelligenza e di brillante dialettica tiene testa a tutte le conversazioni. Sensibile, riflessiva, timida (spesso arrossisce), all’occorrenza botta e risposta, energica e affilata. Dinamica, grande camminatrice (tre miglia le fanno un baffo), non gradisce la città, gli “interminabili pavoneggiamenti, l’irrequieta vacuità delle conversazioni, l’affollamento dei luoghi pubblici…”. Mille volte meglio la campagna. Sempre elegante e curata nel vestire, una penna infilata in una fascia adorna di perle che porta intorno alla fronte. E vanitosa. Lo dice lei stessa “Ognuno di noi ha i suoi difetti, e il mio è la vanità”. Non crede al matrimonio ma non è immune al fascino maschile.

Ogni tanto c’è un ritorno all’antico modello delle vecchiette più o meno terribili che conquistano sempre i lettori. Cora Felton, per esempio, di Parnell Hall, la signora degli Enigmi, vive con la nipote Shery Carter che vuole evitare le violenze del marito. Non cuce o sferruzza ma risolve i cruciverba. Nella rubrica tenuta da Sherry c’è la fotografia di Cora che appare “una dolce nonnina dai capelli bianchi”. Le piace bere e fumare senza perdere il ben dell’intelletto. Non si spaventa di niente. All’occasione si appende al collo l’inseparabile borsa a sacco e si cala dal tetto. Sì, avete capito bene, si cala dal tetto per entrare in un ufficio. E non ha remora nello spaccare vetri con il calcio della pistola. Scorrazza a suo piacimento in internet e le piace chattare. Interessata a situazioni forti, che provocano emozioni “Voglio qualcosa di appassionante, dai risvolti succosi. Sesso, scandali, morti ammazzati. Chiedo troppo?”. Vista dal giudice Trillino “L’imputata, una signora piccolina, vestita di tweed, gli ricordava Miss Marple, e gli sembrava incapace, non solo di commettere il crimine di cui era accusata, ma anche solo di infrangere i limiti di velocità”. Non propriamente un occhio di lince.

Miss Lalli di Kalpana Swaminathan,    sessantatre anni, un metro e sessantacinque di altezza, cinquanta chili di peso. Viso da attrice “rugoso, intenso, espressivo”, occhi neri e lucenti, capelli argentati. Mani “quadrate incredibilmente forti”, elegante nel vestire, si muove veloce con grazia. Negata per gli acquisti, non sa mai quello che vuole. Acuta osservatrice non c’è nemmeno bisogno di dirlo. In quarta di copertina “Questa donna è l’Agatha Christie indiana. Brividi assicurati”. E tutti i lettori incominciano a tremare.

Non si fa più neppure caso ai distinguo sessuali e alle condizioni sociali delle nostre investigatrici. Ergo ecco le detective lesbiche. Come Saz Martin di Stella Duffy dal linguaggio semplice e spontaneo (leggere più sotto). Sempre in movimento la vediamo all’inizio (niente citazioni di libri) correre sotto la pioggia (in seguito verremo a sapere anche la lunghezza del percorso: cinque chilometri), far cadere le chiavi di casa e dire “Merda, cazzo, merda, vaffanculo, cazzo” (una sciccheria). Poco più avanti ancora il solito ritornello sull’arnese di riproduzione maschile. Ha gli addominali scolpiti “contro le vecchie cicatrici delle ustioni che coprivano i muscoli ben delineati, il corpo pronto a reagire, preparato a qualunque mazzata stesse per piombarle addosso”. Un tipetto tosto che sa il fatto suo.

Il commissario di polizia Vanessa Tullera di Pablo Echaurren, è una lesbica vergine innamorata del tenente Rosa Baronia (Ma la prima investigatrice privata lesbica, stando a Sacha Rosel, è Helen Keremos nata dalla penna di Eve Zaremba con il romanzo A Reason to Kill, mentre la prima poliziotta lesbica è Kate Delafield in Amateur City del 1984, di Katherine V.Forrest.).

In due devono scoprire una serie di delitti allucinanti che riguardano certi “artisti” superporno. Una mostruosa galleria degli orrori che viene fuori da un testo dissacrante, grottesco, di humour nero.

Siamo nei bassifondi di Manhattam negli anni cinquanta con Josephine Flannigan detta Joe, di Sara Gran, una tossica uscita dal giro da due anni. Niente si sa del padre, trascurata dalla madre se ne va via di casa occupandosi della sorella più piccola, Shelley. Droga e prostituzione per tirare avanti.  Alloggia alla Sweedmore, una pensione femminile in una stanza dalle dimensioni “di una scatola di scarpe”. Due vecchie poltrone di seconda mano, un tavolo, un tavolino da salotto, un vecchio fonografo e bagno in comune con altre ragazze. Uscita da poco di galera senza un soldo. Frega portafogli, fuma l’erba che tanto non da dipendenza. Sposata e separata da suo marito Monte che l’aveva iniziata alla droga. Accetta l’incarico da parte dei genitori Nelson, di ritrovare la loro figlia Nadine scomparsa, anch’essa caduta in un brutto giro.

Phryne Fischer e Corinna Chapman di  Kerry Greenwood dimostrano papale papale che ormai la nostra detective lady ha occupato tutti i gradini della società. Cicciotella panettiera soddisfatta la seconda che vive a Melbourne e il nome del suo negozio Delizie terrene la dice lunga sul suo attaccamento alle bontà concrete di questo mondo. Niente portatori di palle fra i piedi ma il micione Orazio che comanda su altri due.

Aristocratica londinese  (nata in Australia) venuta dal basso dopo avere ricevuto una inaspettata eredità, la prima. Alta, slanciata, caschetto di capelli neri, occhi grigioverdi, vestiti di classe inappuntabili (insomma una gnocca come la cortigiana greca Frine di cui porta il nome). Adora “Alice nel paese delle meraviglie”, legge un po’ di tutto, perfino il “Trattato di tossicologia” di Glaister. Abita in una bella villa con la dama di compagnia Dot Williams e i Butler marito e moglie per le faccende domestiche. Colore verde suo preferito, sa sparare, conosce i trucchi della lotta senza armi, canta, fuma, gioca a whist, fa tranquillamente all’amore senza innamorarsi. I soldi non le mancano ma si annoia a morte. E allora ecco che si inventa detective.

Jeffery Deaver deve aver capito il vento che tira (verso le donne). Lasciati da parte Pellam e Rhyme, si è buttato su Kathryn Dance, Bryn Mckenzie e, ultima nata. Rune, aspirante regista, bassa, capelli castani, “minigonna rossa sulla quale erano stampate sagome di dinosauri, e due magliette smaniate, una bianca e una blu”. Comunque il primato delle signore e signorine in giallo credo vada assegnato a James Patterson (sì, proprio il creatore di Alex Gross interpretato magnificamente al cinema da Morgan Freeman) che ha tirato fuori quattro donne del club omicidi: Lindsay Boxer tenente della polizia di San Francisco, la giornalista Cindy Thomas, il medico legale Claire Washburn e l’avvocato Yuki Castellano. Insieme risolvono i casi più disparati. Ultimamente mi pare che Cindy Thomas sia passata a miglior vita e dunque sono rimaste in tre (ma siccome non sono aggiornato il numero può essersi ulteriormente ridotto).

Beh, come abbiamo visto in minima parte, l’evoluzione della donna dalle vecchiette terribili (però non muoiono mai) ad oggi  c’è stata (eccome!) anche in campo letteral-giallistico, ricoprendo tutti i ruoli possibili, con la sua forza, la sua grinta, la sua passione, il suo amore, la sua intelligenza, la sua complessa personalità. E con la sua sfiga che è man mano aumentata con il trascorrere del tempo.

                                                                                                                                                                     Fabio Lotti

 

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22 Responses

  1. correttorepazzo

    azz se questo è un mezzo polpettone, non voglio immaginare la prima versione..

    scherzo, molto interessante

  2. Marco Piva

    Complimenti Fabio: uva vera e propria enciclopedia vivente :-)
    Molto interessante e divertente.
    Alcuni personaggi mi hanno scatenato bei ricordi.

  3. Silvia

    Caro Fabio,
    più che di polpettone penso si tratti di un articolo di revisione della letteratura.
    Grande lavoro, lettura scorrevole e divertente, manifesta un notevole impegno nella raccolta dei dati. :)

    Mi sono chiesta cosa porti a trasformare una scrittrice come Jane Austen in una detective ed ho effettuato una ricerca sul sito dell’Autrice. La spiegazione é particolarmente curiosa.
    Stephanie Barron afferma che durante la prima gravidanza, fra i vari sintomi, ha avuto anche l’esperienza di sentire delle voci e che una di queste era quella di Jane Austen.
    Era, ed è, convinta di essere in contatto con Jane Austen e ciò che scrive è ciò che Jane le ha detto.
    Così è nato ‘Jane and the unpleasantness at Scargrave Manor’,

    Bravo Fabio, hai fatto centro ancora una volta :)

    Colgo l’occasione di questo post per augurarti Buon Compleanno!!! :)

  4. Fabio Lotti

    Su questo argomento si potrebbe scrivere un libro interessante per molti lettori. Io non ci penso proprio, ne ho scritti anche troppi e dunque tifo Boncompagni! Tutti questi sorrisi sono un bel regalo per il mio compleanno che arriva domani insieme a quello di Riccardo.
    Un altro passo verso la tomba…(alla fine ci azzecco).

  5. Luca Conti

    Fabio, ti hanno risparmiato il lavoro… In casa ne ho almeno due: “The Woman Detective” (1995) di Kathleen Gregory Klein e “Detective Agency: Women Rewriting the Hard-Boiled Tradition” (1999) di Priscilla L. Walton e Manina Jones. Ma ne esistono parecchi altri: quello dei cosiddetti “gender studies” nel giallo è un settore di studi molto diffuso negli USA.

    Comunque il tuo pezzo, visto che parla di molti titoli usciti negli ultimi anni, aggiorna non poco il panorama presentato in quei volumi :-)

  6. Marco Piva

    Tanti auguroni di buon compleanno caro Fabio :-)
    Uno come te che vive le passioni a mille ha il cuore forte e temprato.
    Ne spegnerai ancora tante di candeline, ne sono convinto. Ne devi sotterrare ancora tanti di cadaveri :-)

  7. Fabio Lotti

    Scusa Dario
    mi è stato segnalato che non vengono recepiti gli interventi. Possibile?

  8. Dario Geraci

    No, assolutamente.
    E’ possibile che ci sia una distonia temporale tra quando il commento è inviato e quando viene pubblicato.
    A differenza di qualche tempo fa, adesso i commenti li “filtro” alla base.

  9. Fabio Lotti

    @Luca. Mi riferivo a libri in italiano che mi pare non esistano, a meno di una mia dimenticanza. Tieni presente che ho lasciato da parte anche una notevole litania di altri esempi.
    Grazie per il tuo intervento sempre puntuale.

  10. Bernardo Cicchetti

    Complimenti per il bell’articolo e augurissimi a Fabio!

  11. Piero

    Leggo ora del Compleanno di Fabio: tanti auguri anche se..in ritardo. :-)

  12. Fabio Lotti

    @Dario
    Ci deve essere però qualcosa che non permette qualche inserimento come, ad esempio, quello di Alessandra Buccheri di “Angolo nero” che ha provato più volte a spedirmi un messaggio e non sa cosa fare.

  13. il professionista

    bravo Fabio, l’ho letto con molto interesse…ottima l’immagine di accompagnamento…

  14. Fabio Lotti

    Grazie a tutti ma ora devo vedere il finale tra Anand e Topalov che è avvincente!!!

  15. Fabio Lotti

    Rileggo “Mary Lang di Y.S. Lee, una giovinetta di diciassette anni salvata dall’impiccagione per furto con scacco”. Naturalmente è “furto con scasso” ma gli scacchi ormai mi entrano dappertutto…:-)

  16. Claudia lotti

    Oh!Babbo ma quanto scrivi!!!!!!!Mi sono persa!!!Bella “faccia da cavallina”.Sei sempre molto divertente!

  17. Fabio Lotti

    Ciao Clau. Benvenuta fra noi! Hai ragione, scrivo troppo…:-)

  18. Fabio Lotti

    Uscita altra detective lady dalla penna di Anne Holt. E’ Hanne Wilhelmensen, bella, di buona famiglia e omosessuale.

  19. Leo

    Essì che scrivi molto… ma ogni tanto se po’ ffà! B-DD

  20. Fabio Lotti

    Scusa Leo la mia ignoranza sesquipedale in fatto di simboli grafici ma B-DD cosa rappresenta?
    Ti ringrazio per la eventuale illuminazione.

  21. Fabio Lotti

    Nessuno sa dirmi cosa può significare B-DD? Accetto di tutto, che sia un complimento, una critica e anche una ironica presa in giro.

  22. maria cristina e nazareno

    caro Fabio, sia pure in ritardo, vorremmo congratularci per l’ottimo articolo e ringraziarti per aver dato spazio alla nostra investigatrice Mnesarete la quale, con “il risveglio dei Palici” raccoglie più consensi da parte della critica che da parte del pubblico. Tanti complimenti e speriamo di rileggerti quanto prima.

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