Posizione di tiro – Giugno 2010 – Gianfranco De Turris
Cari lettori del Giallo, anche questo mese torna “Posizione di tiro”, il nostro consueto appuntamento con i protagonisti della letteratura poliziesca. Questo mese abbiamo il piacere di avere con noi Gianfranco De Turris ,curatore dell’antologia attualmente in edicola “Sul filo del rasoio”.
Nessuno meglio di Lui può raccontarci l’itinerario, il dietro le quinte e qualche curiosità su questa, incredibile antologia, che segna un ulteriore “punto di svolta” nell’ambito della new wave del thriller italiano.
Here we go:
DG: Come e quando nasce l’idea di costruire questa antologia e con che criterio ha individuato gli autori?
GDT: L’idea ha due fonti: la prima è che sono sempre stato un appassionato del giallo classico (alla Sherlock Holmes e alla Giudice Dee, per intenderci) e negli anni Settanta pubblicai nella collana “Futuro” dell’editore Renato Fanucci il libro di Algernon Blackwood, John Silence, investigatore dell’occulto in cui lo scrittore inglese, che ne sapeva parecchio di magia ed esoterismo, aveva applicato appunto i sistemi investigativi di Sherlock Holmes al suo John Silence ma sul piano – appunto – dell’occulto. Quindi la passione per la mescolanza di poliziesco e di fantastico ha una lontana origine, che ho personalmente concretizzato in seguito, prima con un numero speciale del fanzine Diesel nel 1994, poi con l’antologia Investigatori dell’ignoto, edita da Alacràn nel 2002 e poi ampliata nel 2008, in cui misi alla prova, credo con eccellenti risultati, scrittori italiani su questa specifica commistione in un ambiente italiano.
Seconda fonte: tempo fa ho avuto l’occasione di assistere alla presentazione di alcuni libri durante la quale un amico scrittore e curatore specialista in storie poliziesche e d’avventura polemizzò in modo graffiante con gli stereotipi imperanti nel giallo provinciale italiano e che riassunse nella definizione di “Commissario Cliché”. La cosa mi divertì e mi intrigò. Mi chiesi allora perché, dopo aver sollecitato vari amici ad affrontare il giallo fantastico, non potevo fare altrettanto con il giallo fantascientifico. Per far questo non era ovviamente necessaria una iper-specializzazione nel giallo tout court appunto perché non di esso si tratta, ma di un mix che si deve giudicare nel suo complesso. L’idea è stata accettata anche con entusiasmo dagli autori e Sul filo del rasoio era pronto già all’inizio del 2009. Sergio Altieri, che mi aveva incoraggiato a portare avanti l’idea, ha deciso poi di pubblicarla come supplemento dei Gialli e non di Urania. Approfitto dell’occasione per ringraziarlo: se non ci fosse stato lui questo libro non sarebbe mai uscito.
DG: Si trova d’accordo nel definire questo genere “Cyber-noir?”. Pensa che sia improprio accostarlo all’ambito del connettivismo?
GDT: La definizione non mi piace troppo. Nella introduzione all’antologia ho detto esplicitamente, infatti, che non uso di proposito il termine noir che è nato in Francia con una specifica intenzione e che adesso si applica ai testi più disparati, al punto da non significare granché. Da parte sua cyber mi ricorda troppo cyperpunk, definizione coniata da un critico all’inizio degli anni Ottanta per le opere di Sterling, Gibson & C. Se ne è voluto fare, soprattutto in Italia, un movimento non solo letterario ma anche politico-ideologico e i suoi stessi scrittori simbolo ora non lo riconoscono più. Quindi cybernoir non mi piace. Quanto alla corrente italiana del “connettivismo” non mi pare che i racconti di questa antologia vi abbiano a che fare, dato che anche qui gli autori che si dicono “connettivisti”, indipendentemente dai loro risultati, mirano ad un movimento non solo letterario ma quasi filosofico. Certo nel giallo fantascientifico c’è la fusione di due generi che potrebbe ricordare il nexialism vanvogtiano da cui emerge una loro fusione, ma siamo sempre e solo a livello letterario e non “ideologico”.
Se proprio si vuole porre un’etichetta a questo tipo di storie allora perché non il più semplice fantathriller? Esiste già il tecnothrller con cui sono stati definiti, se non sbaglio, certi romanzi del nostro Altieri. Le etichette però valgono per quel che valgono, spesso sono artificiali e artificiose, al massimo servono per comodità.
DG:Pensa che questo genere possa ritagliarsi una finestra importante nel panorama del thriller italiano (seguendo il trend del mercato americano) o è destinato a rimanere una corrente “crepuscolare”?
GDT: Mah, tutto dipende dal cosiddetto “mercato” che è circolare: se in Italia l’argomento va perché piace ai lettori, anche sull’onda delle traduzioni americane, i curatori e i direttori di collane ne chiederanno anche agli scrittori italiani. I quali, se scriveranno testi interessanti per linguaggio e idee si faranno comprare e leggere. E così via. Ovvero: se curatori e direttori editoriali crederanno a questo sottogenere chiederanno ai loro autori che vi si impegnino, e se le opere saranno interessanti saranno lette e richieste. E’ già successo che certi generi siano stati “imposti” dall’alto per preveggenze editoriali, ed altri uccisi nella culla per incomprensioni editoriali. Se uno dei passaggi fa cilecca l’impalcatura crolla. Ma, come al solito – è già avvenuto in passato – la sovrabbondanza di romanzi pubblicati solo per seguire una “moda” senza molto guardare la qualità producono l’effetto contrario: la disaffezione del pubblico. Che è molto esigente e oggi, per la nota crisi, compra di meno scegliendo tra le molte offerte.
Che questa antologia possa costituire l’indicazione per una nuova direzione del thriller italiano sarebbe per me “fantascientista” una sorpresa e mi farebbe piacere, ma preferisco che resti in una zona “crepuscolare” ma con testi buoni, che non diventi alla “moda” con testi mediocri, scritti solo perché c’è una “moda”.
DG: Giallo e Fantascienza sono spesso stati “compagni di viaggio” nel corso della storia della letteratura; quali attinenze secondo Lei legano questi due generi all’apparenza così dissimili?
GDT: Una volta non ricordo chi scrisse che la fantascienza assommava in sé tutti gli altri generi e tipologie letterari: le storie d’avventura, d’amore, il dramma sociale, la speculazione filosofica, l’introspezione psicologica, l’orrore, la fantasia più bizzarra, le estrapolazioni della scienza, le visioni sociologiche, politiche, utopiche. Quindi perché non anche il giallo, cioè l’indagine poliziesca in un futuro più o meno vicino? Charles Eric Maine, Eric Frank Russell, Philip Dick e soprattutto Isaac Asimov ci hanno provato con ottimi risultati. La conclusione è quindi che la fantascienza può anche comprendere il giallo senza problemi. Che due generi “popolari”, “di massa”, come si diceva una volta, si fondano, come ho anche detto prima, non deve sembrare una novità, però alla fine sono i risultati quelli che contano.
DG: Senza voler fare delle classifiche, dei racconti presenti all’interno dell’antologia, quali sono a Suo parere, rispettivamente: Il manifesto della raccolta, la sorpresa, il racconto più cinematografico e la storia dove i due generi meglio si assortiscono?
GDT: Domanda oltremodo imbarazzante! Non tanto perché rischio di farmi dei nemici, ci mancherebbe!, ma perché ritengo tutti i racconti di una buona a in alcuni casi eccellente qualità, non fosse altro perché li ho scelti io, magari dopodiverse riscritture…. Però la domanda individua delle specificità, e potrei forse dire che la sorpresa è Il ritorno di Iside di Pietrangelo Buttafuoco,giornalista e scrittore mainstream di successo che si è cimentato per la prima voltain questa mescolanza di “generi” con un risultato eccellente dal punto di vista linguistico e straniante dal punto di vista contenutistico, dato che oltre alla fantascienza e al giallo c’è anche una preponderante componente mitica. Per il racconto più cinematografico ne segnalo due: Il Grande Sceneggiatore di Andrea Carlo Cappi, autore versatile ma non tanto in fantascienza che ha scritto una storia, come gli ho detto, che merita di essere trasformata in romanzo e che ha tutti gli ingredienti per un film spettacolare. Ma anche, intendendo questo aggettivo come struttura della narrazione, Maschere di Antonio Tentori, che, proprio perché l’autore è uno sceneggiatore di film polizieschi e horror, è pensata quasi come fosse un soggetto cinematografico. Il racconto in cui meglio si mescolano i due generi? Forse Il metodo Bulard di Lombardi e Necropolis di Passaro che, pur brevi, immaginano allo stesso tempo nuovi crimini e nuove pene, senza far torto a parecchi altri che pure meriterebbero di essere citati. Infine, non è il caso di indicare un racconto manifesto, troppo difficile: diciamo allora che Sul filo del rasoio è una antologia manifesto. Ma di che? Sinceramente non avevo intenzione di proporre un sottogenere perché esso, in quanto tale, non è una completa novità; piuttosto di lanciare una provocazione in positivo: il poliziesco italiano può percorrere proficuamente anche la strada del futuribile che, a sua volta, come si può leggere, ha innumerevoli varianti, anche la storia alternativa.
Grazie per la Sua disponibilità, alla prossima e..continui a seguirci.
Note biografiche:
Gianfranco de Turris (Roma, 1944), giornalista e scrittore, ha esordito nel 1961 con articoli e poi racconti di fantascienza, spesso insieme a Sebastiano Fusco, sulla rivista romana Oltre il Cielo. Con lui ha curato per dieci anni (1972-1981) le collane dell’editore Renato Fanucci che hanno lasciato una traccia critica nella editoria italiana di science fiction. Ha scritto su giornali, riviste, enciclopedie, cataloghi. E’ stato per 26 anni a RadioRai occupandosi soprattutto di cultura e realizzando il programma settimanale L’Argonauta per cui ha ottenuto il Premio Saint-Vincent 2004. Ha curato l’edizione italiana di tre o quattrocento volumi (almeno crede, perché non li ha mai contati tutti). Ha ideato sin dal 1981 innumerevoli antologie di fantasia e fantascienza italiana a tema: tra le ultime Se l’Italia (Vallecchi, 2006), Il mondo di Lovecraft (Alacràn, 2007), Investigatori dell’occulto (Alacràn, 2008), Nel nome di Lovecraft (Bottero, 2008), Da Arkham alle stelle (Bottero, 2008), Sul filo del rasoio (Mondadori, 2010). E’ stato fra coloro che hanno fatto conoscere o riscoprire in Italia Tolkien e Lovecraft, la protofantascienza italiana e la storia alternativa o ucronia. Ha pubblicato, anche con pseudonimo, sedici volumi e volumetti tra narrativa e saggistica, sia di politica culturale sia di letteratura dell’ Immaginario: tra gli ultimi: Il drago in bottiglia (Ibiskos, 2007) e Cronache del fantastico (Coniglio, 2009). Insieme a Sebastiano Fusco cura a partire dal giugno 2010 la collana “Ai confini dell’Immaginario” dell’Editore Coniglio dedicata ai classici di science fiction, fantasy, horror che si inaugura col ciclo di Solomon Kane di Howard (il film esce in Italia a luglio) e Schiavi degli invisibili di Russell.
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