Segretissimo 1652: Stefano Di Marino, “Montecristo. Stagione di fuoco”

aprile 25th, 2020

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 Stefano Di Marino, "Montecristo. Stagione di fuoco", Segretissimo n. 1652, maggio 2020

Stefano Di Marino, “Montecristo. Stagione di fuoco”, Segretissimo n. 1652, maggio 2020

 Stefano Di Marino, “Montecristo. Stagione di fuoco”, Segretissimo 1652, maggio 2020

 

Allacciatevi le cinture e preparatevi a un pieno di azione.

“Stagione di fuoco”, il romanzo conclusivo della saga di Montecristo firmato da Stefano di Marino, atterra nelle edicole e negli store online con un carico di sorprese.

Ma lasciamo la parola all’autore:

Numero davvero speciale, questo Segretissimo di maggio. Le ragioni per non lasciarselo sfuggire sono diverse.

Con il corposo romanzo “Stagione di fuoco” si conclude la trilogia di Montecristo. Dario Massi e la sua squadra sono impegnati per sventare un colpo di stato che porta il disordine e il caos nel cuore dell’Italia.

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Stefano Di Marino, “Montecristo – Giorno maledetto”, Segretissimo 1651

dicembre 23rd, 2019

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Stefano Di Marino, "Montecristo - Giorno  maledetto"

Stefano Di Marino, “Montecristo – Giorno maledetto”, Segretissimo 16561, gennaio 2020

Stefano Di Marino, “Montecristo: Giorno maledetto”, Segretissimo n. 1651, gennaio 2020

Ritorna dal mondo dei morti l’agente Dario Massi per un nuovo, esplosivo capitolo della trilogia di Montecristo, di Stefano Di Marino.

Nel primo capitolo lo abbiamo visto lottare come un leone, venire tradito e perdere le persone che amava davanti ai propri occhi.

Lo abbiamo visto imprigionato sll’inferno, accusato di un crimine che non ha commesso, torturato fino allo stremo.

Lo abbiamo visto perdere fede nella Legge… ma non nella Giustizia.

È per la Giustizia, quella con la “G” maiuscola, che è tornato. Ed è disposto a uccidere.

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Stefano Di Marino, “Montecristo: Un uomo da abbattere”, Segretissimo 1649

agosto 27th, 2019

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Stefano Di Marino, "Montecristo: Un uomo da abbattere"

Stefano Di Marino, “Montecristo: Un uomo da abbattere”, Segretissimo 1649, settembre 2019

Stefano Di Marino, “Montecristo: Un uomo da abbattere”, Segretissimo n. 1649, settembre 2019

Una spy story tutta italiana firmata senza pseudonimo da uno dei più prolifici autori della nostra collana.
Dario Massi è uno sbirro di quelli duri, che se non facesse il suo mestiere, farebbe il gangster.

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Montecristo/2 – Giorno Maledetto

settembre 3rd, 2008

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monte.JPGNon si tratta di un Segretissimo stavolta, ma di un’ uscita nella collana “Il Giallo Mondadori Presenta”.

 

Non è possibile però esimersi dal segnalare  il nuovo lavoro di una delle figure fondamentali degli ultimi dieci anni di Segretissimo, il più prolifico autore della Foreign Legion;

 

Stefano Di Marino , l’autore del “Il Professionista”e di “Vlad” torna con il secondo capitolo della trilogia “Montecristo” .

 

Tutte le informazioni e i commenti, nell’apposita sezione sul Blog del “Giallo”.

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Segretissimo Extra 17: Stefano Di Marino, “Killer Elite. Professione assassino”

ottobre 27th, 2020

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Stefano Di Marino, “Killer Elite. Professione assassino”, Segretissimo Extra  17, novembre 2020

Stefano Di Marino, “Killer elite. Professione assassino”, Segretissimo Extra n. 17, novembre 2020

Stefano Di Marino, “Killer elite. Professione assassino”, Segretissimo Extra n. 17, novembre 2020

 

Un nuovo cavaliere oscuro emerge nella Legione di Segretissimo.

L’Aquila, la misteriosa organizzazione segreta che controlla con il crimine mondiale con l’efficienza di una multinazionale, è in allarme. Qualcuno ha tradito, rubando un documento che potrebbe cambiare gli equilibri della malavita internazionale.

Solo un uomo può risolvere il problema.

Max Costello, aka l’Eliminatore, altresì noto con l’oscuro alias di Mezzanotte. Abile killer, spietato e infallibile, Max è l’unico in grado di muoversi a proprio agio in questo feroce universo di intrighi, omicidi e vendette personali.

Questo conflitto privo di regole catapulta l’Eliminatore da Goa a Malindi, da Sorrento ad Atene, fino a raggiungere l’apice a San Pietroburgo, dove la Piccola Madre, famigerata boss della malavita russa, sfida l’Aquila a un duello senza esclusione di colpi.

Ma non ci sono solo due contendenti in questa partita. Patrizia Manni, tenace poliziotta milanese sulle sue tracce di un suo “lavoretto”, a sua volta marca stretto il killer dell’Aquila, decisa a catturarlo a ogni costo.

E così l’Eliminatore rischia di trasformarsi da cacciatore in preda.

 

Ecco cosa ci racconta l’autore su questa nuova avventura con Segretissimo:

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Segretissimo maggio 2020

maggio 16th, 2020

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M’arma, non m’arma, o… Montecristo? Un informatore fidato ci rivela che Gérard de Villiers e Stefano di Marino, maestri della Spy Story rispettivamente internazionale e italiana, prevedono di invadere le edicole e gli store online per salvarci… dalla monotonia, in questo maggio segnato dalla “Fase Due”!

Avete già deciso da che parte stare? O prevedete di fare il “doppio gioco” e assicurarvi entrambi?

 

Gérard de Villiers, "M'arma o non m'arma", Segretissimo SAS n. 63, maggio 2020

Gérard de Villiers, “M’arma o non m’arma”, Segretissimo SAS n. 63, maggio 2020

 Stefano Di Marino, "Montecristo. Stagione di fuoco", Segretissimo n. 1652, maggio 2020

Stefano Di Marino, “Montecristo. Stagione di fuoco”, Segretissimo n. 1652, maggio 2020

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Segretissimo Gennaio 2020

gennaio 15th, 2020

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Non fatene un segreto… quali uscite di gennaio 2020 vi siete già accaparrati?

 

Stefano Di Marino, "Montecristo - Giorno  maledetto"

Stefano Di Marino, “Montecristo – Giorno maledetto”, Segretissimo 16561, gennaio 2020

Gérard de Villiers, "SAS e lo sceicco sciocco", Segretissimo SAS n. 59, gennaio 2020

Gérard de Villiers, “SAS e lo sceicco sciocco”, Segretissimo SAS n. 59, gennaio 2020

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Segretissimo Settembre 2019

settembre 15th, 2019

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Il ritorno della saga di Montecristo di Stefano Di Marino e un grande titolo di SAS! Questi i Segretissimo di settembre, in edicola!

Stefano Di Marino, "Montecristo: Un uomo da abbattere"

Stefano Di Marino, “Montecristo: Un uomo da abbattere”, Segretissimo 1649, settembre 2019

Gérard de Villiers, SAS "Shangai Express"

Gérard de Villiers, “Shangai Express”, Segretissimo SAS 55, settembre 2019

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Scrivere di spie – di Stefano Di Marino

novembre 19th, 2012

SCRIVERE DI SPIE

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Mai un momento di quiete! A chi lo dite! Voi, forse, siete di quei tali che conducono una vita regolare e sanno sempre quello che faranno domani. Be’, vorrei essere così: per quanto mi riguarda, la vita è talmente bislacca che, alle volte,non so nemmeno quello che ho fatto ieri.”

No, non sono parole mie anche se un po’mi ci riconosco. È l’incipit di un romanzo di Peter Cheyney del 1942( Never a Dull Moment).Il protagonista è Lemmy Caution che i più bibliofili di voi di certo conoscono. Un agente dell’FBI tutto spacconate, cazzotti e sparatorie raccontate da un autore inglese che s’immaginava un’America vedendola nei film. Di fatto Cheyney il detective lo aveva fatto davvero e nella sua produzione Lemmy Caution merita una menzione. Prima di OSS117, prima di James Bond c’era lui. E sicuramente Fleming ammise che una certa influenza nei suoi romanzi delle opere di Cheyney c’era. Be’ tutti abbiamo i nostri modelli. Io ne ho moltissimi. Nei romanzi, al cinema, nei fumetti. E tutto mescolato con la vita vera che è sicuramente meno spettacolare della fiction ma a volte offre ottimi spunti. È la risposta che ho dato l’altra sera durante una presentazione al mio presentatore Fabrizio Fuvio Bragoni che mi chiedeva come nascono le mie storie. In parte documentazione, in parte esperienza sul campo, grandissima voglia di raccontare. Detta così può sembrare facile ma è il lavoro di una vita. Quello che volevo fare e al quale dedico tutte le mie energie, tanto che non saprei che altro fare. Il tempo dedicato alla scrittura effettiva alla fine è limitato. Ci sono poi dei periodi in cui uno assorbe di tutto, anche storie e impressioni visive che poco hanno a che fare con il genere praticato. Prima o poi tutto serve. Se la mia produzione è in gran parte spy story è solo perché si tratta del ‘ contenitore’ che trovo più adatto alle mie fantasie. La fase creativa per dirla tutta è continua e cerca sempre nuovi stimoli, a volte ripescando un po’ nella storia del pulp, a volte scovando nuove idee, nuovi orizzonti. Ammetto che è un gran divertimento. Di sicuro si guardano le cose(non solo quelle nate peri divertimento ma anche la cronaca, i rapporti reali con le persone) con un occhio diverso. Per quanto lo si neghi è sempre in atto il meccanismo del bambino che smonta i giocattoli per vedere come sono fatti. Non è un caso che mi capiti spesso di rivedere film che mi sono particolarmente piaciuti più volte di seguito. È stato il caso di Skyfall che da fan di 007 ho visto con grande piacere una prima volta per divertimento puro. Poi, dopo il giudizio positivo, viene la necessità di rivedere il tutto,di seguire il ritmo dei dialoghi, dell’azione, di scoprire i meccanismi vincenti. E nel frattempo cento altre letture, visioni, incontri. Alla fine diventa un lavoro a tempo pieno. Mi piacerebbe essere molto più famoso e retribuito? eh sì… però questa è un po’ la vita che mi sono scelto e va bene così. Le soddisfazioni sono molte. prima tra tutte avere la libertà di sperimentare di volta in volta formule un po’ differenti, di non essere costretto a ripetere un meccanismo all’infinito solo perché ha funzionato. Oggi, diciamo negli ultimi dieci anni, cinema e tv ci hanno insegnato che il format intoccabile che una volta era la regola prima di ogni seriale, non può cristallizzarsi. Anche a costo di deludere, talvolta, il lettore o una parte di lettori, si devono per forza introdurre delle varianti, tirare un colpo basso. Ricominciare senza tradire gli elementi cardine di una serie, ma guardando tutto da un’ angolazione diversa. È un po’ il caso del volume oggi in edicola Operazione Barracuda che da una parte presenta una vicenda di spionaggio avventuroso classica con cambio di set, azione, sesso, una certa spettacolarità anche nello sfondo in cui si svolgono i fatti, ma poi introduce una sottotrama legata a uno spionaggio più classico che avrà una sua evoluzione con conseguenze consistenti nella vita del professionista. Due parole su ‘Lungo addio’ che appartiene a una vena più realistica, più italiana, se vogliamo legata a Montecristo e alle storie di Gangland. ma non è qualcosa di totalmente avulso. Se il punto di partenza è lo stesso (il mio immaginario) l’approdo è differente. E chissà dove ci porterà. Come dicevo? ‘Mai un momento di quiete!’Meglio così…

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Cosa è successo a Chance Renard?

settembre 17th, 2012

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Speciale Il Professionista Story/2: Cosa è successo a Chance Renard?

di Stephen Gunn

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Lo avevamo lasciato prostrato nel fisico e nell’animo al termine della sua prima avventura nel Suriname, Raid a Kouru, e con il secondo episodio (L’eredità Cargese) rientrava un po’ rocambolescamente a Parigi, per iniziare una carriera di agente free-lance che ha spostato un po’ il fulcro della sua saga dal combat allo spionaggio. In tutti questi anni mi sono chiesto se non ci fosse stato qualche episodio nascosto, non raccontato, che lo aveva riportato in Francia malgrado la caccia spietata che ancora gli davano i suoi ex commilitoni della Legione Straniera. Quando si è prospettata la possibilità di presentare in una veste finalmente degna le avventure del Professionista su Segretissimo, la fantasia si è scatenata. Per uno di quei processi che mi risulta difficile spiegare ma che i lettori gradiscono perché sono sintomo di vitalità e passione dell’autore (le migliori garanzie perché il romanzo riesca bene) ho scritto un’avventura di raccordo che serve anche a spiegare molte cose. Non solo Chance trova il modo di rientrare in Francia grazie all’aiuto di un ufficiale della Marina olandese, ma si trova proiettato in un’avventura tra i ghiacci in cui s’incastrano tasselli che rivelano fatti e personaggi che il lettore troverà nei prossimi romanzi. La Società 666 e il gruppo neonazista I Lupi Mannari hanno qui la loro origine. E poi ho ritrovato il gusto di scrivere una grande avventure spionistiche sulla falsariga di quelle degli anni ’60 e ’70, quelle in cui Segretissimo era un best seller e le copertine di Carlo Jacono anticipavano per la fantasia del lettore tutto un mondo di avventure e seduzioni. Così è nata Operazione Berserker, l’avventura inedita che apre questo volume e che anticipa L’eredità Cargese fornendole anche una base di maggiore credibilità.

Nella genesi dell’avventura sono poi entrati in gioco diversi altri fattori che mi piace condividere con voi senza spoilerare. Prima di tutto Chance, fuggiasco, mal ridotto, ferito nello spirito si perdeva al termine della prima avventura nelle foreste del Suriname. Sylviette, come spesso capita alla fanciulle che accompagnano il Professionista nel corso di un’avventura, avrebbe fatto perdere le sue tracce ma, i lettori più fedeli, sanno che ricomparirà. Da quel momento al secondo episodio trascorre del tempo. Chance (ancora per questo romanzo non viene chiamato ‘il Professionista’, segno che il suo nuovo status di agente free lance è ancora da acquisire) si trova coinvolto in una storia violenta suo malgrado. Quando appare in scena, dopo il prologo ambientato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, è già psicologicamente molto vicino al duro che conosciamo. Ha fatto il salto tra il militare forse ancora un po’ ingenuo della prima storia. Cerca vendetta. Il perché lo scoprirete voi ma si tratta di un carattere distintivo della sua personalità. E qui si riallaccia non solo alle ambientazioni esotiche tipiche dello spionaggio avventuroso anni ‘60/’70 ma anche ad alcuni dei suoi più tenaci avversari nel corso di tutta la saga. Il prologo, dicevamo… Sì, c’è un elemento che mi ha riportato agli anni della mia collaborazione con Alfredo Castelli e vi sarà facile individuare quale sia. Niente paura però: si tratta di una avventura spionistica e benché ci sia un risvolto archeologico, siamo sul piano della pura realtà. Riferimenti ad antiche mitologie a mondi arcani non sono nuovi all’universo avventuroso del Professionista ma, come sempre, creano un’atmosfera, forse alcuni dei protagonisti arrivano persino a credere che siano all’opera forze sovrumane. Ma non è così. La superstizione, la magia da baraccone sono sempre stati strumenti di manipolazione( basti pensare al vudù di Vivi e lascia morire e, perché no’anche dei migliori Tex) . Quando si tratta di arrivare alla soluzione è contro avversari si troppo umani che ci si conforta. E questo mi dava anche la possibilità di ambientare parte della storia nel grande gelo. Da sempre sono un appassionato di storie di artico, degli esploratori. Ho così voluto esplorare l’esotismo del pack, della barriera di Nansen coni suoi blizzard, l’aurora boreale, le distese infinte di ghiacci alla deriva. E, ovviamente, l’effetto che un ambiente simile, come la giungla poteva avere sui protagonisti. Berserker è una storia di sopravvivenza. E poi c’è Amsterdam, città che conosco sin dagli anni ’80 quando andai a praticare la thaiboxing nei gym allora famosi come la Mejiro ei Chakuriki. Certo che, nei decenni,è cambiata molto. Negli anni ’80 era pericolosissima, sia nella zona di Vondel park che alla stazione dove si poteva ancora essere aggrediti con le siringhe infette. Dagli anni ’90 in poi le autorità hanno eseguito operazioni di ‘pulizia’ rendendo la ‘capitale del vizio’ in realtà una specie di luna park dove tutto è permesso ma è vietato infastidire realmente i turisti. Resta una città ricca di fascino… per vari motivi. Ci vado ogni anno e sempre trovo quella multi etnicità, quell’atmosfera un po’ canagliesca che è perfetta come sfondo per una storia del Professionista. In occasione di Berserker ci ero appena stato e con grande piacere ho avuto la possibilità di tornare a visitare il Batavia, autentica nave della VOC(la compagnia delle indie olandesi) e soprattutto lo Scheepwart che, con qualche ovvia trasformazione, diventa un set di questa sezione dell’avventura. Arriviamo poi a L’Eredità Cargese (titolo che all’epoca strizzava l’occhio al mio modello di rifermento più evidente, Robert Ludlum). Il testo è piuttosto differente da quello pubblicato nel ‘95 e la ragione è la stessa che mi ha spinto a cambiare non poco anche Raid a Kouru. Gli anni passano e quei numeri di Segretissimo li scrissi con passione ma molto in fretta. Meritavano (e voi pure) una versione più ampia e rivista sia sotto il profilo linguistico che del contenuto. Facciamo comunque un passo indietro. Erano anni in cui, complice la fine della Guerra fredda, la spy-story veniva data per spacciata e, al di fuori dell’inossidabile SAS, le collane a essa dedicata sembravano incerte sul materiale da proporre.

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Niente più serie, di guerra tra i blocchi neanche a parlarne, i super agenti parevano buoni per qualche ricovero pensionati tra le brume dell’ormai inesistente confine tra le due Germanie… Sembrava davvero finita un’era. Dal mio punto di vista – di appassionato e di autore – non ero d’accordo. Prescindendo dal momento storico attuale che ha riportato tragicamente alla ribalta la lotta al terrorismo e le operazioni d’intelligence, ero convinto (e lo sono tuttora) che il pubblico continuerà sempre ad amare le vicende d’intrigo e d’azione, con protagonisti forti, ambientazioni esotiche e donne pericolose. La formula del Professionista era un po’ questa anche se i tempi ( oggi quasi più di allora) imponevano all’eroe della vicenda risvolti “noir” e una notevole indipendenza dai grandi servizi di spionaggio, caratteristica questa assente nei protagonisti degli anni ’60 e ’70 molto… patriottici e un pochino retorici. Considerato il riscontro positivo del primo episodio l’editore mi stimolò a mettere subito in cantiere la seconda avventura delle tre contrattualizzate per non perdere lettori e sostenere la fidelizzazione non solo al Professionista ma anche al suo mondo. In realtà l’editore aveva pienamente ragione, occorreva comunicare al lettore che quel legionario diventato agente free-lance non era un exploit casuale, ma un compagno che sarebbe stato periodicamente in edicola con tutto il suo universo, i suoi comprimari e i suoi avversari. Il serial di spionaggio stava tenacemente combattendo la sua battaglia contro chi lo voleva rinchiudere in qualche polverosa cantina. Ma… c’era un problema. Io stavo lavorando a un romanzo di più ampio respiro(L’ombra del Corvo) che era pur sempre una spy-story ma destinata alla libreria e a far parte di un progetto più vasto… del quale fanno parte Pista cieca, Ora Zero, Sole di Fuoco e Montecristo, tutte vicende che in seguito verranno a saldarsi con l’epopea del Professionista. L’occasione, tuttavia, era troppo buona. Così, rubando il tempo a qualche traduzione e organizzando con ritmi draconiani il lavoro, mi misi al lavoro sfornando in breve tempo una seconda avventura di Chance. Si trattava di un episodio slegato quasi completamente dal primo, una missione di raccordo prima di un confronto diretto e più impegnativo tra Chance e il Marsigliese, la nemesi che aveva distrutto la sua vita in Raid a Kouru. Per quello volevo avere tutto il mio tempo a disposizione e decisi di rimandare la stesura di tale testo a un momento successivo. C’era poi un’altra ragione che mi spingeva a inserire un intervallo nella continuity. Volevo evitare quello che in gergo si chiama “effetto Gambadilegno”, lo schema, adottato per molti anni nelle avventure di Topolino in cui il nemico era sempre, immancabilmente il perfido gattaccio con la zampa di legno. L’eredità Cargese era tuttavia una storia dinamica, serrata che, nella rapidità della sua realizzazione trovò come punto di forza la scorrevolezza. E al pubblico piacque. In seguito la serie del Professionista acquisì caratteristiche peculiari, costruendosi e reinventandosi a ogni episodio, ampliandosi per intrecci e numero di pagine. L’occasione di una ristampa mi ha consentito non solo di rivedere il testo rispetto alla prima stesura con qualche aggiustamento come è avvenuto per Raid a Kouru, ma di eseguire quasi un vero e proprio remake di un’avventura che, nella mia memoria, era rimasta in qualche modo incompleta. Illustrarvi i meccanismi di tale operazione mi fornisce anche l’opportunità di aggiungere qualcosa su come si scrive e si costruisce un serial che, a prescindere dalle singole avventure, è un vero e proprio mondo a parte che viene elaborato, a volte anche inconsapevolmente, nel corso di anni e di episodi… collaterali alla linea narrativa principale. Prima di tutto – e i “vecchi” lettori se ne saranno senz’altro accorti – il testo si presenta linguisticamente piuttosto differente dalla prima edizione. Una revisione del linguaggio, purgato da soluzioni troppo da narrativa “di genere”, ripetizioni, scorciatoie s’imponeva ed era certamente il retaggio di un romanzo scritto “con mestiere” ma in tempi piuttosto ristretti. Un procedimento che possiamo paragonare a una prima verniciatura o, se vogliamo, alla rimasterizzazione di un film, nel quale vengono tolte tutte le imperfezioni che il tempo evidenzia in maniera implacabile. È vero che un narratore dovrebbe resistere alla tentazione di riscrivere il suo testo solo perché con gli anni il suo stile è cambiato, ma, in un’operazione come questa, ho ritenuto di riscrivere gran parte del romanzo cercando di renderlo quanto più possibile fluido e scorrevole. In particolare la vicenda, che scorreva scandita quasi unicamente da dialoghi e azione, acquista un certo respiro con l’inserimento, a volte minimo, di osservazioni ambientali e d’atmosfera. Parigi, teatro di buona parte dell’azione iniziale, è una città a me particolarmente cara e nota. Già ai tempi vi trascorrevo diverso tempo ma oggi è diventata quasi una seconda città d’adozione e, spero, risulti più riconoscibile nel testo definitivo. Anche per la parte ambientata a Zoco Chico ho potuto visualizzare con maggiori dettagli l’ambiente in cui si svolge l’azione, sempre ricordando posti visti e immagini raccolte qua e là, nella fattispecie tra le avventure dello Sconosciuto di Magnus.

Non era questa però l’operazione più complessa. Dalla rilettura dell’originale ricavai l’impressione che, sebbene lo schema della vicenda funzionasse ancora bene nel suo intreccio generale, la parte finale- che si svolgeva alle Bahamas ricostruite in fretta da una guida- il racconto fosse un po’ accelerato e mancasse di quel ritmo che lo privava di un vero e proprio climax. Tutta la sezione riguardante Grand Cayman, lo scontro con il gruppo di fuoco della Legione, e lo showdown finale sono stati riscritti e riprogrammati, ovviamente in maniera coerente con tutte le premesse. Mantenendo la linea guida ( cioè il percorso che il protagonista deve compiere per arrivare alo scioglimento della vicenda, in questo caso il recupero dei documenti che consentono di arrivare all’eredità Cargese, la scoperta del piano ordito dal mafioso per liberarsi delle mele marce nella sua gang e la resa dei conti con i nemici) ho lavorato sulle ambientazioni, spostando l’azione alle Cayman descritte con maggiori e più realistici dettagli, aggiungendo una scena d’azione di cui sono molto soddisfatto ( la battaglia alla fattoria delle tartarughe) e riambientando il finale che, da una scogliera desolata, si sposta all’interno di un’avveniristica discoteca. Tutto questo dava forza alla vicenda, la ampliava di un poco, e riusciva a conferirle quel senso di compiutezza che, a mio avviso, era carente nella prima versione. Ovviamente i miglioramenti non finiscono mai, ma a una versione definitiva si deve pure arrivare…

A questo punto mancavano i ritocchi che non potevano venire se non dai personaggi. Questi erano già stati delineati nei ruoli e nella funzione all’interno della narrazione già nella prima stesura. Si trattava quindi di lavorare di cesello, uno stravolgimento troppo severo avrebbe creato un groviglio nella trama che mi sarebbe stato difficile aggiustare. Già vi ho detto del cast immaginario effettuato sempre al momento di scrivere un romanzo. Chance Renard – che in questo romanzo viene chiamato per la prima volta esplicitamente il Professionista – era sempre Tom Berenger, la sua immagine restava fedele a quella del primo episodio. Dovevo spiegare però con maggiore attenzione cosa fosse successo al termine della prima avventura e soprattutto il fatto che Chance era diventato un agente free-lance. E questo secondo episodio, pur staccato dalla continuity generale, mi ha fornito la possibilità di abbozzare meglio i particolari che sarebbero emersi nel corso della serie. Ritengo che il mutamento principale rispetto al romanzo originale sia una maggiore consapevolezza del personaggio della sua identità. In L’eredità Cargese, Chance sembrava sì un guerriero ma ancora un po’ in erba, ancora da… svezzare. Di fatto si trattava di un ufficiale della Legione con tre periodi di ferma alle spalle. È diventato così un po’ più duro, un po’ più cinico e più aderente al personaggio noir degli episodi più recenti anche grazie a ciò che gli accade in Operazione Berserker. Certo ha conservato la spavalderia, il gusto per la bella vita ma con qualche lieve ritocco è diventato più credibile, forse appena più cupo di quanto non fosse. Siamo ancora in un periodo in cui le sue avventure risentono ancora di un notevole glamour bondiano che, in questo romanzo, ho ritenuto di mantenere. In effetti, più che una vera e propria spy-story si tratta di un’avventura che da Parigi si sposta in luoghi esotici- Tangeri, Cortina d’Ampezzo, le Cayman- e nella quale non è la lotta tra servizi segreti il fulcro ma un intreccio da banditi. Emergono tuttavia personaggi e luoghi che si evolveranno nel corso del tempo. Veniamo a conoscenza del famoso appartamento di rue de LaRochefocauld che qui è solo una casa-sicura ma che, diversi anni dopo, Chance amplierà facendone la sua abitazione-ufficio. È un luogo che ho visto ed esiste – il 66 di una strada che parte da Pigalle- e che da poco più di un buco acquisterà una maggiore identità con la crescita del personaggio.(L’inserimento dei volumi sulla storia dei samurai, una delle passioni di Chance, sono un tocco anticipatore). Così altri personaggi si delineano sullo sfondo pronti per essere riutilizzati in future avventure. È il caso di Tabitah, la pornodiva che Chance aiuta nel prologo, che in realtà era Tabatah Cash (all’epoca una star del porno proprio come la sua “nemica” Bea che era Beatrice Valle) Tutta la parte sul mondo dell’hard-core è il frutto delle ricerche e dei contatti che, ai tempi, avevo stretto nell’ipotesi di scrivere un libro sul cinema x (l’editore cui lo proposi mi rispose. “E cosa ci scrivi? Racconti le trame dei film?” Progetto annullato. Peccato…). In verità Tabitah ritornerà più volte nel serial sempre come elemento secondario ma utile per fornire informazioni e dettagli sul mondo del cinema porno e su certi ambienti legati ai night club nel mondo. Un po’ come il bazar delle informazioni che qui si vede per la prima volta e che si rivelerà un utile espediente cui far ricorso in diverse missioni per ottenere dritte utili allo svolgimento degli incarichi affidatigli. Torna Barontini (che come ho detto ha il nome il fisico di un mio vecchio amico nel mondo della Savate), una spalla destinata a comparire molte volte e, ovviamente, Peter Handerhof (nella mia fantasia un Rutger Hauer in forma come non mai) che, grazie agli inserimenti di questa nuova edizione, arriverà al culmine della sua presenza accanto a Chance prevista per il terzo episodio coinvolgendo il lettore al punto tale da affezionarcisi. E lo stesso vale per Elena Marconero ( all’epoca identificata con le fattezze di Claudia Koll) che sembrava destinata a un’unica apparizione e invece sarà motore per l’inizio di una avventura di molti anni dopo (Fuoco sulla pelle). I comprimari secondari, quelli cioè che appaiono una o due volte nella serie, sono un grande aiuto per un autore. Hanno una storia loro, permettono di essere inseriti in una vicenda riallacciando un filo con il passato e risparmiano la fatica di doversi immaginare un ruolo nuovo per un “figurante” che magari serve solo per passare informazioni e abbiamo già visto con facce differenti in vari episodi. Nella stesura di un serial sono personaggi e dettagli come questo che, anche se non esattamente programmati con anni di anticipo, aiutano l’autore nella stesura di future missioni. Come diceva una battuta di MI-2: “Ogni eroe ha bisogno di un nemico per essere tale”. Nel romanzo originale avevo già due cattivi degni di tale nome che avevano bisogno semplicemente di essere un po’… irrobustiti. Mirko Soldati, poliziotto-canaglia di origini italiane, ha cambiato nome diventando Cario Valera (Cario viene da Tcheky Cario di Kiss of the Dragon e Dobermann del quale ha preso il viso mentre, nella prima versione, restava nella mia mente un po’ confuso) e ha esasperato certi tratti violenti e maniacali. Valera è un sopravvissuto, un uomo in corsa con la vita, vera e propria nemesi di Chance in questo romanzo che se lo vede rispuntare quando meno se lo aspetta. Fa parte di una schiera di cattivi dei miei romanzi così disperatamente soli e accecati dalle proprie ossessioni da essere a loro modo eroici. Dario ( che aveva il viso di Benicio Del Toro com’era in 007 vendetta privata) era un sotto-cattivo, inserito per conferire virilità a Khalid Amari che, al contrario, è un manipolatore, un boss e non un uomo d’azione. Il personaggio era già tratteggiato ma viene inserito nella storia un po’ prima. Sappiamo qualcosa di più delle sue origini, e l’affiliazione ai Lupi Grigi serve per introdurre un paio di quadri dei rioni turchi di Parigi, a beneficio di un ritratto di città meno ville lumiere e più noir. Di tutti i personaggi è l’eroina della storia ad aver subito un più rigoroso … maquillage. Anche se il suo ruolo rimane quello della damigella in pericolo, un po’ svampita ma sexy e decisa quel tanto che basta da coinvolgere emotivamente Chance (e magari anche un po’ il lettore). Oxana Mitriokinova, nella prima versione era inglese, si chiamava Lindsey Mills e aveva il fisico di una pornodiva (ancora…) della quale sinceramente non rammento nulla. È diventata russa, forse per esotismo, forse per stare al passo coi tempi e forse perché rispecchia in maniera quasi incredibile fisico e personalità di una mia amica… di fatto il personaggio è rimasto quello che era, forse dice qualche battuta in più e con ciò si caratterizza con maggiore fermezza. Sono state poi inserite alcune nozioni tecnico balistiche per rendere l’azione più realistica e Chance usa sempre più spesso la Beretta 92F che, dall’episodio successivo, diventerà uno dei suoi “marchi di fabbrica”. Questo perché nel ’95 scoprii in dosi massicce il cinema di Hong Kong e soprattutto John Woo che di quest’arma italiana fece un vero e proprio feticcio. Di tutte le suggestioni del suo cinema parleremo nel commento del prossimo episodio che si svolge in Oriente e risente, almeno nella coreografia degli scontri a fuoco, delle emozioni che raccolsi da quel filone. Ovviamente si tratta di una storia del ’95 e, nella riproposta, conserva la sua contestualità temporale. È un’epoca in cui si fa ancora un uso limitato di Internet, i cellulari sono quasi (ma non completamente!) assenti e, a Parigi, si paga ancora in franchi. Un remake più che una rilettura e, soprattutto, un gran divertimento per il suo autore.

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