IL PROFESSIONISTA : GUERRE SEGRETE
15 ANNI DA PROFESSIONISTA
Raid a Kouru, la prima avventura del Professionista risale al maggio1995. Quando, solo qualche mese prima, avevo firmato il contratto con Mondadori per una serie di romanzi di spionaggio concepiti per Segretissimo avevo appena compiuto un passo importante per il mio percorso professionale. Avevo deciso di lasciare il lavoro da redattore per dedicarmi non solo alla scrittura ma a un’attività editoriale che comprendeva consulenze e traduzioni. Insomma come Chance Renard (che aveva servito fedelmente nella Legione Straniera) diventavo un free-lance. Allora come adesso una decisione importante, ponderata ma, ammettiamolo, accompagnata da un’alea che alcuni definirono incosciente. Di certo non immaginavo che la serie programmata inizialmente durante la lavorazione di un più importante impegno per la libreria (L’ombra del Corvo), sarebbe diventata un punto distintivo della mia carriera. Di certo non pensavo che il personaggio riscuotesse un successo tale da proseguire sino a oggi in quindici anni di carriera e neppure che l’idea di base si sarebbe ramificata, distaccandosi comunque da molti simili personaggi seriali presenti nel filone. Forse, però, il suo destino era già stato segnato in precedenza. Chance Renard, il legionario accusato ingiustamente dell’omicidio di un commilitone, braccato dai suoi stessi compagni e destinato a diventare un ‘agente di nessuno’ era nata qualche anno prima per un medium differente da quello letterario. Era un progetto per un fumetto da realizzarsi per Granata press, casa editrice bolognese diretta da Luigi Bernardi, per cui stavo appunto sceneggiando una linea di fumetti cyberpunk ( Alba nera). Per una serie di problemi che al momento non è il caso di rievocare Granata attraversò momenti difficili e il progetto fu accantonato. Nel mondo dell’editoria succede ogni giorno. Poi c’era una considerazione valida ancora oggi. In Italia il fumetto popolare sembra raccontare storie di ogni tipo fuorché spionistiche. Western, horror, fantasy, fantascienza magari mescolati assieme a dosi di giallo classico ma un thriller d’azione o una spy-story di tipo letterario non si vede dai tempi dei famigerati ‘ fumetti neri’, figli di una stagione di controversie ma, diciamolo, anche di maggiore libertà espressiva. La spy-story come il thriller contemporaneo sfuggono quasi per definizione a quelle regole non scritte di ‘correttezza politica’che decretano la larga diffusione dei fumetti nostrani. Al contrario di quanto, per esempio, avviene nel mercato franco-belga dove di fumetti di spionaggio ‘ adulti’ ce ne sono molti. XIII e Alpha solo per citare due serie famose una più classica e una più recente. Insomma l’idea c’era ma i tempi non erano ancora maturi. Nel 1994 l’editor dell’edicola Mondadori voleva per Segretissimo un altro …SAS. Esattamente come nel 1965 alla morte di Fleming, l’editore parigino Plon chiese al giornalista Gérard de Villiers di creare un altro Bond. Da appassionato di entrambe le serie (nonché di tutta la saga di eroi di Segretissimo) compresi subito che l’occasione era più che interessante. La mia idea che Segretissimo dovesse tornare alle origini, ripescando nel suo repertorio il gusto per l’eroe abbandonando le imitazioni alla Le Carré a mio avviso poco adatte al formato dinamico della collana, combaciava perfettamente con il progetto che avevo in testa. Allo stesso tempo mi rendevo conto che la Guerra fredda era terminata e l’epoca d’oro dei ‘jamesbondoni’ ormai era passata. Del resto lo stesso SAS aveva basato la sua fortuna editoriale sulla variazione del modello e non sulla sua pedissequa imitazione. Se volevo che il mio personaggio durasse nel tempo avrei dovuto riprendere gli elementi che avevano fatto la fortuna dei suoi predecessori, inserendo via via delle modificazioni che lo proponessero al lettore come qualcosa di ‘nuovo’ e ‘ personale’. In questi quindici anni (in cui Chance Renard è stato protagonista di quasi trenta romanzi e un gran numero di racconti più brevi tutti inseriti in una particolare continuity) credo di essere sempre rimasto fedele ai proponimenti di allora. Per prima cosa il mio ‘eroe’ non era legato a un solo servizio segreto. In un mondo in cui i blocchi si andavano sfaldando e la spy-story andava perdendo le sue caratteristiche di narrativa ‘politica’ Chance Renard è un free-lance, un mercenario se vogliamo, al servizio di ‘ chilo voleva’. Nella sua genesi, almeno a livello inconscio ci sono due personaggi importanti per la narrativa d’evasione italiana. Uno è Lo Sconosciuto, ideato da Alberto Raviola (in arte Magnus) che intorno agli anni ’80 aveva creato a fumetti un personaggio straordinario. Un veterano di guerre legionarie, un anarchico ancora pronto a gustarsi la vita ma invischiato in storie sordide che poco avevano del glamour di Bond e persino di quello di SAS. Era, malgrado tutto, un eroe italiano. Così come lo era ( o meglio avrebbe dovuto essere) Ulisse Ursini, creato da Giorgio Scerbanenco, straordinario cantore del noir milanese. Ursini era esattamente un personaggio come Renard, un paracadutista costretto al ritiro e deciso a mettere la sua ancora notevole capacità di uomo d’azione al soldo di chi fosse in grado di pagarlo. ‘Al servizio di chi mi vuole’ uscì nel 1970 e rimase unico romanzo di una serie che probabilmente ci avrebbe regalato momento indimenticabili. Chance Renard nasceva con i geni di questi personaggi ma anche di mille altri agenti… nonché quelli del suo autore che, per principio e per scelta, ha sempre scelto di essere… a man apart. E il sentiero di Renard è stato, in questi anni, sempre variegato, inserito in un unico universo fantastico ma sin da principio libero di spaziare in schemi narrativi e avventurosi trai più vari. Il combat, lo spionaggio classico, quello avventuroso, il noir e sì anche un po’ il western e l’avventura salgariana ma anche la blackexploitation, i film made in Hong Kong e altre mille suggestioni attinte dalle mie passioni narrative, cinematografiche, fumettistiche ed esperienze umane hanno plasmato il personaggio. Non mi vengono di guardare a Chance come un riflesso di me stesso. Riflesso certo, distorto perché, nei romanzi, l’avventura, il surrealismo a volte, diventano d’obbligo ma in quell’avventuriero con il sigaraccio finisco per identificarmi. Per questo volume concepito per celebrare i quindici anni di vita editoriale del personaggio volevo qualcosa di speciale da regalare ai lettori. Un’avventura lunga e complessa capace di catturare il glamour internazionale del filone ‘classico’ del Professionista ma anche una serie di spunti che non solo lo collegassero ai risvolti ‘italiani’ della sua evoluzione ma anche al suo passato. È così che Guerre segrete permette l’innesto di un racconto che diventa un lungo flashback (un po’ come la giovinezza del Marsigliese in Il grande colpo del Marsigliese). La differenza è che si tratta di una storia degli anni ’60 in cui vediamo in azione Robert Renard, La Volpe, padre scapestrato, avventuriero incosciente sempre presente nei pensieri del figlio. La vicenda ambientata durante la guerra di secessione del Katanga contiene inoltre un particolare riferimento. In parte è ispirata alla sceneggiatura inedita di Kongo di Alan D. Altieri che mi ha fornito alcune idee e l’inquadramento storico della storia nella quale s’innestano però personaggi già noti ai lettori:Barontini, Cargese e un paio d’altri riferimenti che vi lascio scoprire. Di Kongo (la sceneggiatura) restano alcuni episodi tra l’altro ripresi dalle cronache dell’epoca e il personaggio di Eduard de la Croix, un cattivo in grado di arrivare a questo secolo e giocare il ruolo di grande burattinaio in un’avventura complessa. A proposito di questa rilevo una sola cosa. Il Kazanstan che occupa la parte più emozionante della vicenda è uno stato inventato. Espediente questo non nuovo né a me né ad altri autori del genere (ricordate lo Zangaro dei Mastini della guerra di Forsyth?). Inutile quindi cercarlo su Internet o sulle guide turistiche anche se è immaginato partendo dalle suggestioni offerte dai paesaggi e dalle tradizioni di Paesi centro asiatici e centroeuropei realmente esistenti. Altrettanto inventate sono le armi del futuro con cui viene combattuta questa guerra segreta. Strumenti di una tecnologia disumana che, auguriamocelo, non vedano mai la luce. Al romanzo è allegato anche un lungo racconto “Bajo-Fuego, i Crudeli” che completa questo volume celebrativo sottolineando una linea narrativa che si è sviluppata in questi ultimi anni e ha suscitato l’apprezzamento di molti lettori. Il Professionista è nato nel segno della dinamicità narrativa. Cambio di ambientazione, sfondi esotici, persino la firma Gunn ammiccava a serie straniere di successo. Convinto come sono che un serial per poter sopravvivere debba inserire gradualmente ma con continuità sempre elementi nuovi , a un certo punto mi sono accorto che un periodico ricambio dei comprimari non era sufficiente. Nel 2007 provai a proporre una vicenda interamente italiana ,Gangland, e, considerata la risposta positiva di molti lettori ho trasferito il Professionista da Parigi a Milano ambientando un certo numero di avventure nel nostro Paese. Giusto per dimostrare che l’Italia può essere uno scenario perfetto per storie d’azione e di spionaggio. Muovendomi dai confini di Milano-Gangland ho deciso di portare il Professionista a Genova, città già ampiamente sfruttata nel ‘poliziottesco’ ma anche perfetta per essere il fulcro di un’avventura… a tutta velocità, come potrete vedere. Questo volume esce nell’anno che celebra i 50 anni di Segretissimo e ciò mi rende particolarmente orgoglioso. Seguo questa collana sin da ragazzo e ho sempre sognato di poterci pubblicare i miei lavori. Che il Professionista sia uno dei più conosciuti e senz’altro il più longevo agente della Italian Foreing Legion(ossia del gruppo di scrittori professionisti che hanno creato dei serial appositamente per questa collana) è una soddisfazione che vale mille premi della critica. Ma questo volume coglie anche un altro importante anniversario legato non solo al Professionista e a Segretissimo. Sono dieci anni che Carlo Jacono, principale e insuperato illustratore delle stagioni più fortunate di Segretissimo ci ha lasciato. Carlo, poi, era mio vicino di casa e amico di famiglia. Molto prima che cominciassi la mia avventura editoriale frequentavo il suo studio. Sbirciavo, in compagnia di suo figlio Andrea compagno dalle elementari all’università, attraverso quella porta che si schiudeva su un mondo fantastico. Modelli di navi, armi antiche, foto sfuggite da un enorme archivio di immagini. Fanciulle provocanti, ritagli di giornale, cartine e poi pennelli, bioscopi, colori e tele. Gli strumenti che costituivano una straordinaria officina di un artista della narrativa disegnata. A mano a mano che cresceva la mia passione per le storie d’avventura e di spionaggio, Carlo mi permetteva a volte di stare a guardare mentre riportava sulla tela figure femminili in biancheria dettagliatissima, armi riprodotte con precisione unite a collages che spesso mescolavano foto e disegni preesistenti uniti dalla sua magistrale abilità con i colori. E un poco, credo di essere debitore al metodo creativo di Carlo anche per i miei romanzi. Unire con un gusto unico, personale elementi diversi suggeriti dalla redazione per formulare un universo che si rivolgeva direttamente al lettore. E alla fine tutto appariva limpido, suggestivo invitante. Lui con il pennello e io con la penna. Una passione in comune. Raccontare storie che piacessero a noi per primi. Perché un narratore deve essere il primo a credere nel suo mondo, se vuole essere seguito dai lettori.
Stefano Di Marino