Il Ritorno di John le Carré
settembre 5th, 2008 by Alessio Lazzati
Quando ci si occupa di narrativa di spionaggio, non si può prescindere dal parlare di John le Carré. Vi segnalo che il nuovo romanzo Yssa il Buono è in arrivo: la data da tenere d’occhio è il 9 Settembre 2008.
Sul numero di Panorama in edicola oggi potete leggere un articolo su John le Carré scritto da Roberto Barbolini (autore tra l’altro di Beethoven 27% – Il Giallo Mondadori Presenta); nel pezzo anche un box, con foto, sul nostro Professionista – Stefano Di Marino.
Posted in Segretissimo Foreign Legion, Spy - Story
settembre 5th, 2008 at 18:51
La spy fiction è viva e vitale
Ha buone probabilità di ridiventare un genere “alla moda” (in senso buono), anche senza dover sempre celarsi sempre dietro la (pur corretta e ineccepibile, ma ampia) etichetta di thriller.
Questo, senza nulla togliere al fatto che una serie di romanzi thriller più commisti sarebbero in realtà ascrivibili a più generi contemporanente.
Ma questa, sirs, se fatta bene, è ricchezza, non limite!
settembre 6th, 2008 at 10:04
La spy fiction è penalizzata dal fatto di essere considerata un genere “a scadenza” nel senso che i libri di spionaggio figli di un certo momento storico difficilmente vengono considerati degni di ristampa.
Secondo me ci sarebbe invece spazio per grandi recuperi d’annata (al di là del sempiterno SAS)
settembre 6th, 2008 at 17:02
l’ho notato anche io sul sito di mondadori, ma cliccando sul link, mi dava tutt’altra pagina.
settembre 6th, 2008 at 17:11
Sono d’accordo con Fabio…e mi chiedo, ma perché mai la spy story è diventata semplicemente ‘thriller’? non poteva rimanere spy story o Espionnage o spionaggio? e quando è successo siffatto cambiamento? come dicevo in una altro post, ben vengano i generi, sono contrario ai libri che non si capisce cosa siano, in US mi è capitato di chiedere dei libri di spionaggio, e un commesso ‘cinese’ mi ha indirizzato verso uno scaffale con i thriller…ho sicuramente perso una diottria di vista a leggere tutte le quarte di copertina per capire quali di questi ‘thriller’ fossero di spionaggio. Spiegatemi un po’ a chi giova tale mimetismo e se uno ha fretta, come fa a leggersi tutte le quarte?
settembre 7th, 2008 at 09:46
Credo che ci sia stato un malinteso di fondo molti anni fa. dai primi del 900(i romanzi di Buchan) le storie di spionaggio sono sempre state una filiazione del thriller poi si sono mescolate conl’Hard Boiled(Lemmy Caution) per prendere anche una strada avventurosa(Fleming, Bruce) o più vicina al noir(LeCarrè) .Insomma di spy story si è cominciato a parlare con il boom dei jamesbondistici negli anni60-70, poi con i 70 e la sviluppo di quel settore che è stato definito(qui non concordo ma vabbè) più…maturo della spy story queste storie sono state circosritte, erroneamente, alla sola contrapposizione tra i blocchi. Venuta meno quella sono vent’anni che si parla della morte del genere. E invece non è vero perchè la raccolta di informazioni, l’inserimento nel campo nemico, certe meccaniche narrative sono rimaste uguali. cambiano gli scenari, gli obiettivi.dite la vostra…
settembre 7th, 2008 at 17:28
La vivacità di una collana come Segretissimo e la vitalità della Italian Legion sono la dismostrazione che la spy-story è più viva che mai. Concordo con quanto afferma Il Professionista, lui in effetti sì che se ne intende…
settembre 7th, 2008 at 20:30
Evviva il professionista. Evviva la spy story…o magari, visto che non si può cancellare la storia, potremo chiamarla spy thriller? anche se mi suona un po’ orribile… spy story suona meglio.
settembre 8th, 2008 at 08:17
Interessantissima discussione, come sempre quando si tratta di tentare di definire un genere e cercare di fare il punto sul suo stato di salute.
Il mio parere assolutamente personale; se si vuole includere la spy-story nel genere thriller, non è un problema (ogni spy story in fondo è un thriller, non tutti i thriller sono spy… esempio del rapporto tra i generi è ben fornito dalla produzione di Ken Follett, buon numero di thriller, non tutti spy) purché con pari dignità di trattamento quando si viene al nodo fondamentale che diceva Denard: lo scaffale.
Per quanto riguarda lo stato di salute del genere: dopo la caduta del muro c’è stato un primo assestamento, dopo l’11/9 un’altro.
Gli autori che hanno continuato ad osservare la realtà hanno colto il filo conduttore e non hanno perso di vista l’obiettivo: intrigo, spionaggio, doppio gioco, agenti provocatori… hanno stracciato le bandiere forse, ma sono sempre li.
Ecco il mondo dei contractors, e delle squadre speciali, delle guerre invisibili e della “extraordinary rendition”.
La spy – story nelle sue declinazioni classiche, action – combat ecc. in realtà è destinata ad essere sempre più in salute, dal momento che le variabili sembrano essere aumentate a dismisura. il suo stretto legame con l’attualità è si da un lato un fattore di invecchiamento, ma dall’altro è la sua forza.
settembre 8th, 2008 at 09:43
Sono d’accordo con Alessio, avevo letto la dichiarazione di uno studioso, dopo la caduta del muro, che aveva detto che la Storia era finita. Che fesseria, diciamo che la Storia continua, sono solo cambiati, come dice Alessio, i termini del problema. Mi viene in mente lo spionaggio industriale, o appunto, i contractors, questi nuovi ‘agenti segreti’. Insomma, sono tutti scenari novelli che si aprono alla fantasia degli scrittori e all’attenzione dei lettori…o pensiamo al James Bourne di Ludlum, ancora agente segreto, ma già in ‘mutazione’, o alla directive Janson… dove appunto il protagonista è un vero e proprio contrator…
settembre 9th, 2008 at 19:20
Comunque, volevo dire una cosa: la spy story è proprio bella! Non penso ci siano storie più avvincenti di questo genere, attualmente in missione clandestina… e sotto copertura di ‘thriller’
settembre 11th, 2008 at 09:21
oggi è l’undici settembre. data che ha cambiato diverse cose… tra quelle meno sconvolgenti anche la concezione della spy story narrativa più che cinematografica. il romanzo di le carrè mi sembra buono, quantomeno adeguato a tematiche contemporanee. direi comunque che rimane una certa divisione tra la spy story da edicola cche ha sempre un taglio più avventuroso e ritmato e quella letteraria che, a volte, non sempre, scivola un po’ nell’ambizione del romanzone…
settembre 11th, 2008 at 18:31
Buongiorno al Professionista, Ma questa divisione – differenza tra spy story da edicola e da libreria secondo te è positiva o negativa?
settembre 12th, 2008 at 17:51
Mi sembra molto reale la differenza evidenziata dal Professionista. La spy story da edicola (ovvero, a quanto ne so, la sola collana Segretissimo ^__^) spesso è andata a pescare nel cosiddetto genere “Men’s Adventure” di cui è principe Mack Bolan l’Esecutore e che conta negli USA decine di serie, soprattutto negli anni 70/80. Qui più che l’intelligence contano le armi e le esplosioni (ce n’e’ spesso una colossale nel finale)
e siamo distanti anni luce non dico da Ambler e Greene, ma anche da Le Carrè e Deighton.
Mi sembra che la Legione cerchi un valido equilibrio tra le due tendenze…
settembre 13th, 2008 at 17:56
E Ludlum, secondo te, in categoria lo metteresti?
settembre 13th, 2008 at 18:42
Difficile operare per schemi rigidi. Comunque è evidente che Segretissimo sta tentando di uscire da un certo luogo comune (radicato specie nell’universo femminile, almeno quanto altri radicati in quello maschile).
Non si può, cito un solo esempio, non rendersi conto di quanto sia colta e letteraria la prosa di Claudia Salvatori, pur mantenendosi nella narrativa di intrigo, Walkiria Nera è l’esempio lampante di un nuovo corso intrapreso.
La domanda su Ludlum è da un milione di dollari, esistono autori che fondono l’action e l’intrigo ad altissimo livello in maniera ottimale (Ludlum stesso, alcuni lavori di Clancy, Forsyth, certi Follett). Poi la produzione di un autore spesso non è uniforme per contenuti e qualità.
settembre 13th, 2008 at 19:10
Ludlum l’ho sempre associato a Follett e Forsyth, in una trimurti di bestselleristi. Ho apprezzato tutti e tre ma è parecchio che non li seguo più.
Comunque, a parte la lunghezza delle opere, assolutamente sul versante dell’intrattenimento e non del romanzone letterario. Anche se gli manca quella vena “pulp” e hardboiled che dà sempre un tocco in più, secondo me…
settembre 14th, 2008 at 11:09
ho fatto questa domanda perché ho ordinato ben ‘sette mattoni’ di Ludlum, su amazon. (quelli suoi, non quelli dei ghost-writers che adesso scrivono seguendo i voleri degli eredi) Sono d’accordo sul fatto che, malgrado gli intrighi ‘intrigatissimi’, (sto leggendo Parsifal Mosaic), non abbia nessuna vena pulp e ancora meno hardboiled… ha una scrittura molto lineare, è tutto riverso sulla trama. e appunto, mancando questi due aspetti, si sente che manca qualcosa, senza nulla togliere alla bravura. Il sesso, per esempio, è veramente di stile ‘americano’, ovvero non c’è. Ma forse dipende dal fatto che è uno scrittore un po’ vecchio stile, i suoi libri sono leggibili a tutti,(potremo dire, cuon un termine televisvo, quasi generalisti?) non ci sono parolacce, non ci sono efferratezze, e le trame sono sempre riferite a complotti universali. Anche se, malgrado queste ‘piccole’ mancanze, ha una straordinaria capacità di tenerti incollato alla pagina!
settembre 14th, 2008 at 17:36
Concordo su tutto denard, tranne sulla tua decisione di approvvigionarti di ben 7 Ludlum
Mi basterebbero per 50 anni!
settembre 14th, 2008 at 19:40
è uno scrittore che m’incuriosisce molto e che non ho mai frequentato nel passato… a dire la verità ne avevo ordinati 25, ma mi hanno rifiutato l’acquisto perché erano di librerie online americane, sembra che su amazon si possa comprare libri solo dall’inghilterra. Proverò dopo averli finiti. è interessantissimo comunque leggere parecchio dello stesso scrittore. Non la’vevo mai fatto per libri di spionaggio!
settembre 14th, 2008 at 20:00
Io da un pò di tempo evito, avevo fatto una sbornia del pur eccellente Elmore Leonard e per settimane ho vissuto in un mondo “elmoreleonardesco”
Adesso alterno!
Constato però che, come me, sei un “malato” dell’acquisto di libri, ti auguro che (almeno tu!) abbia il tempo di leggere tutto
settembre 15th, 2008 at 01:38
Penso che la spy-story sia cambiata e che necessiti ritmi sempre più serrati. Per farsi un’idea, credo che oggi il modello da seguire, sia quello televisivo di 24, eccellente mix tra azione, spionaggio e dinamiche interpersonali.
settembre 15th, 2008 at 09:27
Già, anche io penso la stessa cosa, è vero che c’è bisogno di ritmi più serrati, però ti assicuro che quando leggevo Parsifal Mosaic, che è un mattone di 700 e passa pagine, non riuscivo a staccarmi dalla pagina… sono andato a dormire alle tre di notte. Voglio dire, penso che a volte i ritmi dipendano da un meccanismo interno, non tanto dalla lunghezza del romanzo in pagine. In fin dei conti, per fare una citazione dotta che però risale ai tempi del liceo, anche l’Ulisse di Joyce è un mattone, però racconta un’unica giornata. Anche Ludlum fa lo stesso, anche se magari la narrzione dura una settimana, non un giorno come 24. Ha proposito, la primavera scorsa, ho letto uno dei 24 uscito per Segretissimo (mi apre fosse per Segretissimo?) e lo trovo molto ‘Ludlum’, come tematiche, anche se certo, è giusto che spy story si evolva… cambiando discorso, sentita la notizia di Le Carrè che voleva passare con il KGB?
settembre 15th, 2008 at 14:04
sì, mi sembra un po’ pubblicitaria.però da come era raccontato il Circus (il controspionaggio inglese) nei suoi romanzi forse la tentazione almeno programmatica c’era…
settembre 15th, 2008 at 16:11
effettivamente… è uscito l’articolo quando è uscito il libro, comunque l’importante è che si parli di spy story
settembre 15th, 2008 at 16:20
una domanda, sempre saltando di palo in frasca: secondo voi esiste lo spy noir? visto che va tanto di moda il noir…
settembre 16th, 2008 at 10:15
Lo spy noir? Certo che esiste. Un magnifico esempio è “Death Will Have Your Eyes” di James Sallis, romanzo del 1997 che uscirà per Giano entro il 2009.
settembre 16th, 2008 at 16:33
e c’è anche qualche scrittore italiano che la pratica?
settembre 16th, 2008 at 16:39
Grazie dell’informazione, me lo chiedevo da qualche tempo, visto che c’è tutto questo rumoreggiare sul noir… mi chiedevo se lo spionaggio potesse entrarci senza perdere la propri anima,anche se forse, moltissime storie di spionaggio sono già noir di per sé…
settembre 16th, 2008 at 17:44
Ironicamente direi che adesso ci vogliono almeno altri trenta messaggi per definire il noir.
Pensò però che il noir inteso come insieme di sensazioni sia insito nella Spy Story.
settembre 16th, 2008 at 21:32
forse, l’unica cosa che manca del noir, sono le atomosfere…, gli ambienti?
Noto che spesso nelle storie di spionaggio, gli ambienti sono esplosivi e scopiettanti, più che da noir classici, pioggia, impermeabili o stile blade runner, tanto per capirci. Devo tirar fuori quel libro di Giovannini(ed. castelvecchio? non mi ricordo e lo scaffale è troppo lontano) che dava la definizione del noir. forse quello ci può aiutare
settembre 16th, 2008 at 21:33
scusate gli errori di grammatica, ho dimenticato di rileggere! :>