Ha ottant’anni, ma è ancora un ragazzino

luglio 8th, 2009

Era il lontano 1929. Con un romanzo di S.S. Van Dine, La strana morte del signor Benson, prendeva il via il Giallo Mondadori, quella che a tutt’oggi è la collana più longeva e rappresentativa del genere poliziesco non solo in Italia, ma in tutto il mondo. L’unica serie continuativa di polizieschi che sia paragonabile a quella mondadoriana, e che sia partita prima, è l’americana Doubleday Crime Club, iniziata nel 1928 ma chiusa nel 1991. Altre serie prestigiose, come la Collins Crime Club, in Inghilterra, o la Série Noire di Gallimard, in Francia, cominciarono dopo (la prima nel 1930 e la seconda nel 1945), ma anch’esse non esistono più, almeno non nella loro versione originaria e riconoscibile.Lorenzo Montano, negli anni Venti collaboratore della “Ronda” e fine letterato in proprio, teneva un archivio piuttosto esteso sulla letteratura poliziesca.

Dal suo incontro con Arnoldo Mondadori, intenzionato proprio in quegli anni ad ampliare il catalogo della casa editrice con una nutrita iniezione di autori stranieri, nacque l’idea di creare una linea editoriale che diffondesse anche in Italia una letteratura di intrattenimento non volgare come si faceva già da tempo nei Paesi anglosassoni. Dal colore della copertina dei primi libri, si diffuse l’abitudine di designare come “giallo” un romanzo di genere poliziesco tout-court, e in breve il neologismo diventò di uso comune.Montano faceva frequenti viaggi in Inghilterra per procurarsi libri, specie quelli del prolificissimo Edgar Wallace, il primo autore di grande successo popolare nel catalogo dei Gialli.

Incontrando subito i gusti dei lettori e superando le occasionali avversità politiche (come la chiusura decisa dal Miniculpop tra il 1941 e il 1945), il Giallo Mondadori ha lanciato sul mercato italiano tutti i più grandi nomi del genere, quelli cioe’ che in Europa a in America hanno lasciato una traccia indelebile e sono ormai identificati col romanzo poliziesco tout-court. Leggi tutto »

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Laboratorio di scrittura creativa Mondadori

luglio 4th, 2009

Edizioni Mondadori organizza il primo laboratorio estivo di scrittura creativa, che si svolgerà  dal 3 al 7 agosto 2009 a Milano. Cinque appuntamenti che vedranno alternarsi “in cattedra” docenti d’eccezione.
 

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  • 3 agosto: IL ROMANZO STORICO
    Relatore: Valerio Massimo Manfredi
  • 4 agosto: NOIR, THRILLER, MISTERY, HARD BOILED
    Relatore: Alan D. Altieri
  • 5 Agosto: SCRIVERE PER LA PAGINA, SCRIVERE PER LO SCHERMO
    Relatore: Margherita Oggero
  • 6 Agosto: DALLA REALTÀ ALL’INVENZIONE
    Relatore: Antonio Franchini
  • 7 Agosto: IL MONDO DELLA POESIA
    Relatori: Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi

Gli incontri si terranno dalle 18,30 alle 20,30 presso lo spazio eventi della libreria Mondadori Multicenter di Piazza del Duomo

Scoprite come partecipare!

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Posizione di tiro – Medicina oscura – Colitto&Rosati

maggio 15th, 2009

Intervista a cura di Dario pm Geraci

Buongiorno Alfredo, buongiorno Edoardo, benvenuti sul blog del Giallo Mondadori. Innanzitutto: Qual è il Vostro rapporto con questa collana? Avete dei ricordi particolari legati al Giallo Mondadori?  

ER: Giallo Mondadori è un pezzo d’immaginario. Per me significa non solo una teoria di grandissimi autori, ma anche direzioni autoriali. Penso, per esempio, a Oreste del Buono, Laura Grimaldi… E che dire dell’illustratore Carlo Jacono? Sono griffe che lasciano il segno. E’ davvero un grandissimo onore vedersi lì, su quella copertina, che ormai fa parte del nostro Dna culturale.   

AC: Ho cominciato a leggere i Gialli Mondadori alle medie. L’idea che un giorno avrei visto il mio nome sulla copertina non mi sfiorava neppure. Fare parte di questa collana è un po’ come essere un passeggero dell’Enterprise…

Veniamo al romanzo attualmente in edicola. Vi cimentate con il medical-thriller, genere che nel nostro paese non è molto “praticato”. Recentemente, Edoardo, abbiamo letto sulle pagine di Segretissimo, un romanzo che ha qualche punto di contatto con questo: “La croce sulle labbra”, scritto con Danilo Arona. Quali sono stati i Vostri punti di riferimento (sia letterari che cinematografici) per la stesura del romanzo? Ci sono stati romanzi, film o serie televisive che Vi hanno colpito particolarmente?  

ER: Il mio romanzo breve non è propriamente un giallo. E forse potrà far storcere il naso ai “puristi” di questa narrativa. E’ più un fantamedical, che s’intrufola nei meandri della genetica e indugia sulla sua anima nera (per usare un termine caro all’amico Sergio Altieri). Con quel sottotitolo, “Una fiaba biotech”, ho voluto rimarcare esattamente tale aspetto (il “C’era una volta”, all’inizio, cerca di mettere in chiaro da subito quest’intenzione…). Con una nota in più: è un plot che verte maggiormente sugli enigmi del corpo piuttosto che sui misteri in corsia. Ecco, allora, nel racconto, qualche mia “svisata” tecnica sulle cose della medicina… E’ vero, però: il medical non è una strada particolarmente battuta in Italia… E’ un fronte, però, che m’intriga, capace anche di svolgere una sua funzione “didascalica” (e qui c’è un po’ di deformazione professionale: sono giornalista medico-scientifico da 20 anni). I miei numi tutelari? Matheson, Crichton e Cronenberg. 

AC: Il mio invece è un giallo. Mentre lo scrivevo, non ho preso a modello nessuno (almeno a livello conscio), ma so bene che Michael Crichton (per la serie E.R.) c’entra qualcosa. Gli autori di riferimento, anche per questo romanzo, sono quelli di sempre: Manchette, Izzo, e tanti altri.

Avete adottato due tipi di prosa sostanzialmente diversi, approcciando però il complotto medico con sfumature accostabili. Da ciò sembra trasparire un’idea simile del “marciume” che si cela dietro a certe macchinazioni politico/finanziarie. La domanda che nasce spontanea a questo punto è, se nel momento in cui stendevate i due lavori, Vi siete scambiati delle idee o i Vostri sono stati due travagli indipendenti che hanno partorito lo stesso “mostro”.  

ER: Sono stati “travagli indipendenti”. Ma è sempre trainante l’idea delle manovre occulte dietro quella che dovrebbe essere, invece, una missione dura e pura: la difesa della salute umana. Su un tavolo operatorio siamo in balia di due mani guantate armate di un bisturi… E ci fidiamo ciecamente dei farmaci… E se quelle mani di gomma operano con secondi fini? E se quella pillola fa parte di un test di cui siamo ignare cavie?    

AC: Del tutto indipendenti. È il marciume diffuso anche a livello medico e ospedaliero che determina le eventuali similitudini tra le nostre due storie. Io ho sempre avuto paura dell’anestesia. E quando scrivo, ovviamente esorcizzo i miei incubi…

Leggendo la raccolta non si può fare e meno di pensare ai numerosi casi di “malasanità” che continuano a verificarsi, in modo crescente, nel nostro paese. Lo spunto per la nascita di questo lavoro da cosa è nato? C’è qualche punto di contatto con la realtà o avete preferito non farvi condizionare dai fatti di cronaca?  

ER: Per quel che mi riguarda, direi proprio di no. Mi piaceva l’idea che il corpo potesse essere (cronenberghianamente, mi verrebbe da dire…) il motore dell’azione. Più che dalle questioni di malasanità (un neologismo giornalistico, ma, per inciso, preferisco parlare di  malpractice, che invece fa capo a un singolo idiota che nel curare il malato gli procura un danno), resto affascinato dai mirabili ingranaggi del nostro organismo… Ormoni che ci fanno sentire felici, staminali che ricreano pezzi del corpo danneggiati, neuroni specchio, guarigioni inspiegabili… Sono questi i veri “gialli” della medicina…  

AC: Ho preferito non farmi condizionare da fatti di cronaca precisi. Tuttavia l’enigma centrale del romanzo è stato controllato e ritenuto plausibile da amici medici, e anche la clinica Villa Claudia, pur essendo inesistente, è modellata su una clinica reale, che ho visitato fin nei recessi più nascosti, con la complicità di un amico scrittore che è anche medico.  

Pensate, di proseguire con questo genere, già praticato con successo ad esempio dall’accoppiata Novelli-Zarini, o in futuro vi dedicherete ad altri territori letterari poco esplorati?  

ER: La volontà è continuare a sperimentare sul genere medical. Nella narrativa, il mio carnet è giovane (mi sento davvero “piccino” di fronte ai nomi che svettano in questa collana), contando un paio di romanzi e tre racconti… C’è ancora così tanto da inventare… 

AC: Io per il momento mi dedicherò al thriller storico. Dopo Cuore di Ferro (Piemme) sono previsti altri due volumi. Poi vedremo. Curiosamente, però, anche il protagonista di questi thriller medievali è un medico, Mondino de’ Liuzzi, personaggio realmente esistito.  

Vi ringrazio per il tempo che ci avete concesso e alla prossima; magari nuovamente sulle pagine del Giallo Mondadori… 

AC : Grazie a te, Dario, e a tutti i lettori del Giallo Mondadori!

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Captcha incoming

maggio 12th, 2009

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Genili lettori del Giallo Mondadori.
Visto il corposo livello di “spamming” raggiunto dal nostro blog, abbiamo deciso (in accordo con gli altri amministratori dei blog Mondadori) di adottare un piccolo strumento di filtraggio ai commenti.
Tale applicazione, chiamata  appunto “Captcha” non consiste altro che nell’inserimento da parte dell’utente di un piccolo codice alfanumerico da digitare prima dell’invio del proprio commento.
Ringraziandovi anticipatamente per la Votra comprensione.
Cordiali Saluti.

                                                                                                                                             Dario Geraci

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Coming soon on Giallo’s blog

maggio 11th, 2009

A breve sul blog del Giallo:

 Posizione di tiro con : Alfredo Colitto

Ritratti: David Goodis

Extra: Nuove recensioni cineletterarie

Stay tuned!

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Come back home “JGB”.

aprile 20th, 2009

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In certi casi, le parole sono inutili.
In certi casi, aggiungere delle parole ad un silenzio tombale, pietrificante, non è elegante.
Se n’è andato, James Graham Ballard, uno dei più grandi scrittori che la storia ci abbia mai regalato.
Addio, che “i venti del nulla” ti liberino “dalla foresta di cristallo” e ti consegnino all’ “impero del sole”. Per sempre.

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Avvinti come l’edera

aprile 18th, 2009

Mi permetto di riprendere e rimpolpare cose già scritte per illuminare lo stretto rapporto che esiste fra il giallo e gli scacchi, sperando di attirare l’attenzione dei lettori su questi due meravigliosi parti dell’intelletto umano (ho esagerato?).La passione per il giallo l’ho avuta sin da piccolo quando, frugando per caso in una cantina di un mio cugino, mi ritrovai fra le mani una avventura di Perry Mason pubblicata dalla Mondatori sulla cui copertina campeggiava il volto del noto attore Raymond Burr (molti lo ricorderanno come uno dei protagonisti de La finestra sul cortile di Hitchcock, quello che ha fatto la felicità di tanti depressi mariti tagliando a pezzi la moglie) che è stato uno degli interpreti principali, se non l’unico, di questo popolare avvocato.

La passione per gli scacchi è avvenuta, invece, molto più tardi e precisamente nel 1972 al tempo dell’ormai mitico incontro mondiale Spassky-Fischer nella gelida Islanda. Fu un mio scolaro del liceo scientifico Galileo Galilei di Siena, l’attuale Maestro Alessandro Patelli presidente del circolo scacchi del CRAL del Monte dei Paschi, a condurmi lungo le strade tormentate della scacchiera. Leggi tutto »

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Posizione di tiro – Marzo 2009 pt2 – Montecristo/3

marzo 17th, 2009

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Intervista a cura di Dario pm Geraci

Eccoci di nuovo qui, sulla scena del crimine, il Grande crimine, quello con la G maiuscola. Quello con la G di Giallo.

Ma Montecristo, questa entusiasmante trilogia, è un giallo? Io ho l’impressione che sia un romanzo storico e che la storia sia quella del nostro paese. Ic et nunc.

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DG: La trilogia di Montecristo è giunta al termine. Con tre romanzi hai affrescato un panorama molto realistico del nostro paese. Ti reputi soddisfatto o pensi di aver dovuto omettere particolari ancor più duri? 

SDM: Nel complesso sono soddisfatto anche se certe storie uno vorrebbe portarsele dietro sempre. Ma tutte le vicende anche le più complesse nella finzione narrativa devono arrivare a una fine… che però potrebbe fare salti nel passato o nel futuro. Il quadro che ne esce del nostro paese mi sembra completo, però. Eccedere ancora sarebbe stato troppo, una sottolineatura di un concetto già ampiamente sviluppato.

DG:Il personaggio di Dario Massi, è una delle personalità psicologicamente più variegate della Tua produzione. A differenza del Professionista, ad esempio, ha una gamma emozionale più varia e profonda. Pensi di poterlo riutilizzare in futuro o la sua missione si esaurisce con Montecristo/3. 

SDM: Sì Dario Massi non è un personaggio nato come seriale,è, per alcuni versi, più realistico più amaro. Se mi permetti la citazione … poliziotto solitudine e rabbia.  Non so perché ma forse lo vedremo ancora. In quale momento della sua vita  per il momento non lo so ….

DG: Come ti rapporti con il fenomeno della New Italian Epix? Ti senti parte di questa “new wave” o preferisci rimanere una personalità indipendente e non inquadrata? 

SDM: No, non credo di potermi inserire nella New Italian  Epix… Il mio è un universo un po’ a sé che già ne comprende diversi(quello della DSE, quello di Montecristo, di Vlad, di Gangland, del Professionista) Un’epica che mi sento di aver creato io e non da ieri … mi ci ritrovo perfettamente. Insomma sono e mi sento fermamente un battito libero. Se capiterà l’occasione di inserirsi in qualche progetto con amici però, ben volentieri….

DG: Spesso il nome di Stefano Di Marino è accostato al termine “macchina per fare storie”. Questa definizione non ti sembra riduttiva? Non pensi possa stare stretta ad un autore eterogeneo come te? 

SDM: Come ho ripetuto più volte mi ritengo un ‘ narratore’, uno che racconta storie un po’ perché questa è la sua natura e alla fine non sa fare altro. Il ‘termine ‘ macchina per fare storie’ è un concetto differente, sembra più meccanico, senz’anima. E alle mie storie io ci credo sino in fondo…

DG: L’ispirazione di Dumas, con il terzo capitolo è stata svelata. La tua scelta è stata molto interessante. Contaminare un romanzo poliziesco con elementi classici è un’attività purtroppo poco sfruttata dal panorama autoriale europeo. Se dovessi scegliere un romanzo e un autore che ha influenzato il Tuo modo di raccontare storie, quale sceglieresti? Naturalmente Salgari non vale, l’accostamento è troppo marcato. 

SDM: Mi metti con le spalle al muro. Come dissi una volta  nell’epigrafe di un  Urania(I  predatori di  Gondwana che era Il Corsaro Nero in versione fantascientifica) mi piacerebbe raccontare una storia che siano tutte le storie…. In realtà non ho un solo autore di riferimento, ma centinaia cinematografici e letterari. Diciamo che è la cultura popolare stessa, intesa come  insieme di storie ed emozioni dove l’intrattenimento nasce dalla passione e dalla fantasia che attingo. In questo senso riprendere Dumas ha un suo senso. Ma solo se mescolato a Scerbanenco,ai poliziotteschi (passami il termine…) allo spionaggio alla Le Carré e a Vidoq, per dire solo alcune cose che sono entrate in Montecristo.

DG: Sesta domanda, eccezione per la rubrica, ma doverosa per un mostro (ormai) sacro e (finalmente) consacrato. Per quale motivo, secondo Te, un’opera come Romanzo Criminale sale alla ribalta e viene sdoganata al grande pubblico cinematograficamente ed editorialmente mentre Montecristo (ma potremmo citare anche Ora Zero e Sole di fuoco) deve ritagliarsi il Suo (prezioso) spazio, con più fatica? 

SDM: Domanda da plotone di esecuzione. Qui dovrei sollevare recriminazioni e parlare in qualche modo di pesi e bilance che poi sono quelli che , anche al di fuori della narrativa, regolano l’andamento del mondo. Non lo farò, io credo che il lettore questa risposta possa  ricavarla da sé. Preferisco parlare di me. Io vado per la mia strada per quanto tortuosa possa essere. Racconto le mie storie che piacciano o meno, che siano promosse o meno..è già molto così… credo che anche a Dario Massi piacerebbe vivere in un mondo diverso, ma deve sopravvivere in quello che gli è stato dato…. Io comunque al mio lavoro ci credo. altrimenti come potrei avere la pretesa che ci credano anche gli altri?

PS: Non perdetevi il link del trailer realizzato da un grandissimo fan dell’autore. “Lucius Etruscus”

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Posizione di tiro – Ferro e fuoco – Romano De Marco

marzo 4th, 2009

Intervista a cura di Dario pm Geraci

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1)”Ferro e fuoco” esce in un momento di grande fermento per la letteratura di genere italiana. Sergio Altieri, ha recentemente affermato che la produzione italiana, in campo editoriale, è attualmente la migliore a livello mondiale. Come ti collochi in questo scenario? Avverti un carico di responsabilità entrando a far parte di questo mondo in questo preciso momento storico? 

Sono assolutamente d’accordo con l’affermazione di Altieri e questo fa sì che io avverta non solo una grande responsabilità, ma anche e sopratutto una certa “ansia” riguardo alle aspettative venutesi a creare intorno al mio romanzo. È comunque una sensazione piacevole, di grande stimolo per me, visto che sono fortemente intenzionato a continuare a raccontare le mie storie, alimentando un vero e proprio sogno divenuto realtà. Questo mondo, come giustamente lo definisci, lo sto conoscendo e apprezzando giorno per giorno. È fatto di professionisti che pongono la passione, la competenza tecnica e il rispetto del lettore davanti a ogni altra cosa. Credo sia questo il motivo per cui la qualità delle opere prodotte in Italia ha un valore aggiunto, rispetto alla oramai stereotipata ripetitività di certa produzione estera. Io intendo dare il mio contributo con l’umiltà e, soprattutto, con quel rispetto che io stesso, come lettore, esigo.   

2)Il Tuo romanzo è fortemente contaminato da elementi, non solo letterali, ma anche cinematografici e provenienti dal mondo del fumetto. Vuoi parlarci delle Tue influenze? 

In effetti, le suggestioni alla base della storia sono innanzitutto visive e affondano le radici nella mia smisurata passione per il cinema di genere degli anni 70. Sopratutto il “poliziottesco” e il cinema di arti marziali, che hanno contribuito in maniera sostanziale alla formazione del mio immaginario e quindi della mia cultura. Nel delineare i personaggi ho attinto ad un intero universo di icone di quel cinema, ma senza spingermi in una operazione filologica o citazionistica. Ho voluto rendere omaggio ai miei miti, attualizzandoli e facendoli interagire con caratterizzazioni ispirate a persone reali, gettandoli all’interno di una vicenda che ha molto di cinematografico. Penso che anche la mia passione per la narrativa e per i fumetti (vanto una collezione personale di oltre 7000 pezzi) siano riconoscibili nelle cose che scrivo.      

3) Com’è nata l’idea che ti ha portato a scrivere “Ferro e fuoco”? Pensi in futuro di dargli un seguito? 

Devo essere sincero: ancor prima di avere in mente, nei particolari, la trama di Ferro & Fuoco, c’era in me l’idea di creare una serie. Questo perché tendo ad affezionarmi ai personaggi, ho sempre avuto il desiderio di poterne narrare l’evoluzione, soprattutto nelle interazioni a livello di rapporti personali. Non credo nella serializzazione “statica”. Per dare un’idea dei miei gusti, posso dire che sono un fan devoto di THE SHIELD, che ritengo quanto di meglio sia stato prodotto nell’ultimo decennio in fatto di serie televisive. Il seguito di Ferro & Fuoco c’è già, si intitola CODICE DI FERRO. Sono attualmente al lavoro sul terzo capitolo e posso assicurare che la voglia di scrivere, il divertimento e la passione che provo nel farlo continuano ad aumentare in maniera preoccupante. Cosa ne sarà di questi miei lavori, lo stabiliranno la Mondadori e, sopratutto, coloro che leggeranno Ferro & Fuoco.  

4) Questo mese, il Giallo Mondadori pubblica due romanzi (il Tuo e quello di Stefano Di Marino) aventi fortissimi punti di contatto. Entrambi, infatti, descrivono un paese “stuprato” da interessi politici ed economici in cui criminali di piccola e media taglia agiscono in funzioni di oscuri burattinai. Pensi che il Giallo Italiano stia intraprendendo una nuova strada o credi che la finzione sia fortemente condizionata da questo preciso momento storico (come avvenne con il cinema degli anni 70)? 

Ho avuto da poco il piacere di conoscere Stefano Di Marino, grazie alla comune frequentazione di un noto social forum. Lo ritengo un grande professionista (mai definizione fu più azzeccata) oltre che una persona squisita dal punto di vista umano. Indubbiamente i nostri interessi, i nostri gusti in fatto di cinema, narrativa e quant’altro sono convergenti, oltre al fatto che io sono un suo abituale e appassionato lettore. Devo dire, in tutta sincerità, che la sua narrativa ha un respiro più ampio, più globale rispetto alla mia, anche se con questo non intendo sminuire il mio romanzo. Semplicemente rilevo una differenza nel nostro modo di impostare le storie e di raccontarle. Credo che ciò sia dovuto anche al fatto che lui,  dall’alto della sua imponente produzione, possa permettersi di spaziare all’interno di un universo narrativo che vanta molte figure mitiche, situazioni ricorrenti, scenari consolidati. Inoltre, la sua indiscutibile competenza tecnica, le sue esperienze di vita e di viaggio, la sua visione globale della situazione internazionale, ci pongono su due piani sicuramente diversi. Io, probabilmente, tendo più a concentrarmi sui personaggi, sulle situazioni “locali”, sui volti… le mie storie sono basate su un diverso tipo di tensione e di ritmo narrativo.Credo, comunque, che la diversità all’interno di un unico “mondo” di narratori possa essere anche e sopratutto una ricchezza per i lettori e mi sento onorato di essere, in qualche modo, accomunato a Stefano.
Riguardo alla seconda parte della domanda, sono certo che il momento storico italiano che sta giustamente ispirando importanti opere in bilico fra la letteratura e il saggio sociologico (una su tutte: Gomorra di Saviano) debba essere di ispirazione anche per la narrativa di genere che, benché assolva allo scopo di intrattenere e divertire, può (nel suo ambito) servire comunque ad informare e far riflettere. Cito, a tale proposito, la saga di MONTECRISTO dello stesso Di Marino
 

5)Ultima domanda ormai diventata un must per gli ospiti di questo spazio: Se dovessi immaginare un regista dietro la macchina da presa di “Ferro e fuoco”, chi sceglieresti? 

Visto che sognare non costa nulla, se dovessi scegliere un regista straniero direi, così senza rifletterci troppo, Stuart Baird. Alcuni dei suoi lavori li ritengo dei veri e propri gioielli del genere action (fra tutti U.S. MARSHALL, un film che è fra i miei preferiti in assoluto). Scegliere un regista italiano, sarebbe un po’ più complicato. Veri e propri professionisti del genere d’azione, purtroppo, non ci sono più, da quando, all’inizio degli anni 80, il cinema di genere ha avuto il suo canto del cigno con gli ultimi squallidi episodi della saga di Nico Giraldi. Dovendo andare a pescare fra i “vecchi leoni”, un regista molto versatile, che penso sia ancora in grado di dire la sua, è Ruggero Deodato. Ma nel caso, eventualmente, chiederò consiglio a te che sei un esperto…

PS: Non perdetevi assolutamente il bellissimo booktrailer di “Ferro e fuoco”, ecco il link:http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/video/video.php?v=1068316594857&ref=nf

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Prossime uscite Giallo/Repubblica

febbraio 24th, 2009

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Ecco le prossime uscite previste dalla collezione:
  

27 Febbraio – Assassinio sull’orient express
  6 Marzo – Perry Mason e l’avversario leale
13 Marzo – L’uomo dai due corpi
20 Marzo – Breve ritorno
27 Marzo – Il doppio 13
  3 Aprile – E’ arrivato Lemmy Caution
10 Aprile – Il giudice è accusato
17 Aprile – La sposa era in nero
24 Aprile –  Bara per due

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