Visti con Il Professionista/25 – Ronin

agosto 21st, 2011 by Alessio Lazzati

Visti con Il Professionista/25 – Ronin

A cura di Stephen Gunn

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L’accostamento dei samurai senza padrone (i Ronin del Giappone feudale) e gli agenti segreti senza più una guerra dei blocchi da disputare non è casuale. Malgrado le apparenze che mascherano questo action –movie diretto con mano felice da John Frankenhiemer da gangster-story si tratta di una riflessione sulla Guerra fredda in un’epoca in cui lo scenario mondiale dell’intelligence doveva ancora subire la trasformazione indotta dall’11 settembre 01. Nei vicoli di una Parigi notturna, ‘antica’ che rimanda al cinema di Melville quanto agli intrighi del conflitto tra i blocchi, si aggirano uomini pericolosi. Mercenari sembrerebbe, agenti segreti rimasti senza padrone dopo la caduta dei blocchi e ridotti a vendere la propria abilità in guerre clandestine di cui nessuno comprende realmente il senso o le parti in causa. Reclutati dalla misteriosa Deidre (nome irlandese ma che significa?) Sam, Vincent, Larry, Spencer e il russo Gregor devono preparare un colpo. Rubare una misteriosa valigetta di metallo a un gruppo di ex militari arroccati tra una villa e un albergo alla moda di Nizza. Non si conoscono i mandanti e la valigetta, per lo spettatore scafato, si rivela essere da subito un ‘McGaffin’, termine gergale per indicare un oggetto feticcio, da tutti bramato ma del quale alla fine non è importante conoscere la reale natura. La preparazione del colpo, i rituali di sfida virile tra veri professionisti e velleitari duri come l’inglese Spencer (che si spaccia per ex SAS ma viene smascherato e buttato fuori dall’operazione senza neppure la dignità di una pallottola) questo importa. Un mondo senza ideali popolato da uomini che portano sul volto storie di lunghe guerre nell’ombra. Gente di cui è meglio non fidarsi a cominciare dai trafficanti d’armi parigini che dovrebbero fornire il materiale ma sono pronti a sparare per tenersi il malloppo e la mercanzia. Oppure la stessa Deidre che sembra manovrata da un oscuro personaggio,Seamus, rivoluzionario in fuga dai suoi stessi capi. Ed entrano in gioco anche i russi, ex agenti diventati mafiosi, capitanati dal luciferino Miki che protegge una celebre pattinatrice sul ghiaccio (la vera Katarina Witt) reclutata in funzione di un finale clou girato con 2000 comparse all’arena Zenith di Parigi. È un mondo fatto di ombre doppi giochi dove tutti hanno vecchi contatti, informatori, amici pronti ad aiutare e tradire, conti da regolare. Sam, l’americano, sembra un reduce deluso ma diventa presto la mente del colpo attirando anche un ambiguo interesse di Deidre. Gregor il russo sembra in un ingegnere esperto di computer eppure ha riflessi prontissimi, una ferocia fuori dal comune e quando si tratta di correre e sparare non è secondo a nessuno. Comincia così un gioco al massacro che, dietro una trama apparentemente semplice basata su un semplice colpo, ingarbuglia le carte richiedendo allo spettatore non avvezzo al genere qualche sforzo per seguire tutti i fili della vicenda. L’ambientazione esclusivamente francese (ma dilatata dalle periferie parigine a Nizza , alla campagna sino all’anfiteatro di Arles) suggerisce un tono melanconico,una sensazione di rimpianto che si coglie nei dialoghi quanto nell’accompagnamento musicale. Tutti sembrano rimpiangere la Guerra fredda con le sue apparenti certezze. Non manca l’azione che si sviluppa fondamentalmente in due inseguimenti in auto (uno dei quali a Parigi con inevitabile incursione nel tunnel dell’Alma… siamo nel 1998, appena un anno dopo la morte della principessa Diana). Scene d’azione dove si ricorre ancora con parsimonia alla computer grafica e le auto sgommano, si capottano, si sfasciano davvero. C’è anche pane per chi ama sparatorie, pestaggi,e una memorabile sequenza in cui De Niro, ferito al fianco, dirige Jean Reno (Vincent) in un’operazione chirurgica che avrebbe ucciso chiunque. In questo frammento s’inserisce di prepotenza la retorica cui fa riferimento il titolo. In fuga, nei guai, traditi da tutti, Sam e Vincent si rifugiano in casa da un altro vecchio agente segreto francese in pensione con il viso di Michael Lonsdale e la passione delle miniature storiche. È lui a raccontare a uno scettico Sam la leggenda dei 47 samurai rimasti senza padrone che vendicano il signore tradito e poi si uccidono perché non hanno più un ideale da seguire. Sam (De Niro) finge indifferenza ma, alla fine, dimostrerà di essere il vero e unico agente ancora in servizio. È un infiltrato della CIA, infatti, e più della valigetta vuol mettere le mani su Seamus, ultimo superstite degli irriducibili dell’IRA, ostacolo al raggiungimento della pace tra irlandesi e governo britannico. Sam è un personaggio sfaccettato che si svela attraverso sorriso, battute, azioni. Un agente che ama le pistole d’epoca (parlando della vecchia Colt 1911 dice :“Ha servito bene il mio Paese”) dimostra di essere emotivamente sensibile alla bellezza algida di Deidre tanto che, ad affare concluso, indugia nel bar dove il gruppo si è incontrato la prima volta sperando di rivederla. Vincent, forse legionario, forse agente della DGSE ora mercenario gli ha salvato la pelle e ha stretto con lui un legame di solida amicizia virile, sostenuta dalla consapevolezza di essere ‘ operai’ e non ‘ dirigenti’ in un mondo che, anche virato al nero, conserva gerarchie di potere spietate e rigidamente separate. Vincent, alla fine, resta il personaggio più simpatico, più umano, quello che disillude l’amico dicendogli che quella ragazza non la rivedrà mai più e che si allontana pensando che il loro mestiere è fatto di “Niente domande, niente risposte, bisogna accettarlo e andare avanti”. Per la verità è stato girato anche un finale alternativo disponibile nella versione DVD in cui Deidre cerca di tornare al fatidico bar per ritrovare Sam ma viene rapita da misteriosi personaggi ma il regista ha deciso di non inserirlo nella versione per le sale. Scelta equilibrata perché il film resta così secco, romantico ma solo per allusione. Violento ma senza compiacimenti se non qualche minuto di troppo durante il secondo inseguimento. Resta comunque uno specchio della spy-story non solo del periodo pre-guerra al terrore ma anche dei tempi moderni in cui molti servizi si sono riorganizzati dietro pretese ideologie politiche. I Ronin, gli agenti, sono soldati. L’insistenza a parlare di lavoro e non di politica è voluta. Se i meccanismi del tradimento, della suspense, del doppio e triplo gioco restano quelli di sempre come il feticismo per armi e macchine,i ruoli si confondono. Le spie russe vestono con abiti eleganti,gli agenti dell’occidente si nascondo in alberghi male in arnese, ma che importa? Frankenheimer firma il suo penultimo film regalandoci una grande prova servita da attori in parte e da un budget che permette di unire spettacolarità a riflessione. Decisamente un film da ricordare e certamente modello dell’evoluzione del filone negli anni successivi.

SCHEDA TECNICA. Genere: guerra fredda

Ronin(id) regia di John Frankenheimer- Usa 1998-durata 121’- – Sceneggiatura originale di J.d. Zeik e Richard Weist con una collaborazione non accreditata ai dialoghi di David Mamet.- interpreti :Robert de Niro:Sam- Jean Reno:Vincent- Stellang SkarSgard: Gregor- natashsa McElhone:Deidre- Jonathan Pryce: Seamus – disponibile in DVD in diverse collane dal 1999.

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3 Responses

  1. valer

    Un capolavoro assoluto!

  2. Langley

    Oddio, la scena in autostrada contromano è assurda!

  3. casval

    Ecco un film come non ne fanno più.
    Certo qualche scena è un pò esagerata,ma a noi uomini d’azione piace crederci,perchè noi nella realtà ci facciamo male e sanguiniamo sul serio 😉

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