Intervista a Jim DeFelice
Intervista a Jim DeFelice – Luglio 2010 di – A.Lazzati
AL: Ciao Jim, benvenuto sul blog di Segretissimo Mondadori. Questo mese è in edicola il tuo libro “Gli Artigli del Leopardo”. Che ne dici di presentarti e dirci qualcosa di più a riguardo?
JDF: Prima di tutto, grazie davvero per l’opportunità. Sei molto coraggioso a fare una domanda del genere a uno scrittore. Siamo prolissi per via del lavoro che facciamo, ma cercherò di essere breve. Spero di non annoiarvi troppo. Ho scritto più di una decina di libri, la maggioranza di narrativa. Sono noto principalmente per i miei thriller come “Gli Artigli del Leopardo” appunto, ma ho avuto il privilegio di pubblicare anche romanzi storici e saggi.
AL: Possiamo dire che “Gli Artigli del Leopardo” è un libro non solo sulla Guerra al Terrore, ma sulla guerra in generale e sul modo in cui cambia le persone?
JDF: Sì è esatto. I libri sono diversi per ognuno, e il lettore deve formarsi la propria idea in maniera autonoma, ma per me “Gli Artigli del Leopardo” riguarda la verità che ciascuno di noi conosce nel profondo del cuore: chi siamo veramente, qual’è la nostra natura più profonda. Jack Pilgrim ha perso questa consapevolezza vivendo una vita di lussi posticci. Ha ceduto alle tentazioni della vita moderna e ha dimenticato chi è. L’unico modo per riscoprire sé stesso, l’unica maniera che ha per redimersi, è tornare in guerra. Crede di essere alla ricerca del suo amico, ma in realtà sta andando a salvare sé stesso.
AL: Perché hai deciso di scrivere dell’Afghanistan e com’è maturata la decisione di farne il nuovo “Cuore di Tenebra”?
JDF: Come hai suggerito, il fulcro della storia potrebbe essere ambientato in qualunque luogo, in qualunque guerra. Ma ho sentito che per me, per poter riuscire a scriverlo, per permettermi di comprendere la storia in modo da poterla perlomeno iniziare, doveva essere ambientato in un luogo che conoscevo almeno un po’. Di recente ho svolto un grosso lavoro di ricerca sull’Afghanistan e la guerra incorso laggiù per un saggio. Alla fine il libro non si è fatto, ma direi che alcuni dettagli sono rimasti con me. Quando l’embrione dell’idea ha iniziato a svilupparsi, ho immaginato la storia ambientata lì.
Per quanto riguarda il collegamento con “Cuore di Tenebra”: mi è sempre piaciuto Joseph Conrad, e quella storia in particolare. Spesso cerco di ignorare consapevolmente influenze di quel tipo (non voglio riscrivere la storia di qualcun altro) ma in questo caso l’attrazione era talmente forte che l’ho semplicemente assecondata. Ci sono altre influenze che affiorano. Una è l'”Inferno” di Dante. Il libro si apre con una citazione da l'”Inferno” che ho tradotto (qualcuno direbbe tradotto male) per i miei scopi. Il viaggio di Jack lo vedo simile a quello di Dante: si è smarrito, in una selva oscura ed è in cerca di redenzione. Più o meno, attraversa gli stessi cerchi infernali in cui ha viaggiato Dante. Come hanno fatto tutte queste cose a combinarsi in una storia? Se lo sapessi, sarei davvero bravo e probabilmente non uno scrittore!
AL: Come valuti la situazione attuale in Afghanistan? Come è cambiata da quando hai scritto il libro, e i cambiamenti sono stati in meglio o in peggio?
JDF: Ho scritto il romanzo in un momento in cui l’Afghanistan non stava ricevendo troppa attenzione, e le cose andavano male. Ora sono persino peggiorate. I problemi comunque stanno ricevendo più attenzione, quindi è impossibile immaginare cosa succederà. Voglio essere ottimista, perché è la mia natura, per cui spero che quella nazione possa trovare presto la pace.
Uno dei principali problemi per gli americani è che troppo spesso vediamo il mondo solo dalla nostra prospettiva. Certamente è anche colpa mia. Per colpa di questo pregiudizio, è dura inquadrare le cose dalla giusta angolazione.
Nel mondo ci sono sicuramente persone che vorrebbero ucciderci, e dobbiamo affrontarli con la massima durezza. Questa parte è facile: è solo autodifesa. La parte difficile è capire come coniugarla col nostro impulso ad aiutare le persone. Molti americani adesso si sentono in obbligo verso gli afghani, ma non sanno come comportarsi. Non capiamo tutte le sfumature della situazione tribale e politica del posto, per non parlare delle differenza religiose: penso che parecchia gente sia confusa, sorpresa di scoprire così tante differenze all’interno di quel territorio.
AL: Ho apprezzato il punto di vista che hai usato nella narrazione: tutto è visto e vissuto a livello della strada. Sembra quasi che gli eserciti siano scomparsi e la guerra sia combattuta da gente col solo scopo di sopravvivere. Sei d’accordo con questa analisi?
JDF:Sì, concordo. È la situazione (o meglio era) della maggior parte del paese al tempo in cui scrissi il libro. Gli americani e gli altri contingenti europei non erano mai in numero sufficiente da pattugliare ogni parte del paese, e l’area di cui scrivo era particolarmente remota. Da allora si è posta molta più enfasi sulla protezione della popolazione e la costruzione di nuove “infrastrutture”, cose come scuole e ospedali.
AL: Il protagonista, Jack Pilgrim, è un personaggio a tutto tondo e, nonostante il suo background nelle forze speciali, agisce e commette sbagli come un uomo normale. Non è il solito “super soldato” che incontriamo spesso nei romanzi d’azione e bellici. Come l’hai creato, a chi ti sei ispirato?
JDF: Grazie. Prima di tutto devo dire che ho avuto il privilegio di conoscere parecchi uomini che hanno prestato servizio nei SEALs, nelle Forze Speciali e nei Rangers (un altra unità d’elite), e devo dire che nessuno di loro corrisponde al cliché del super soldato. Certo, erano tutti molto coraggiosi e d estremamente abili nel loro lavoro. Ma tutti loro ammetterebbero senza problemi di non essere dei super uomini.
Per quanto riguarda Jack, non l’ho modellato su una persona specifica. Suonerà molto misterioso, ma il personaggio è sembrato sorgere da dentro di me, da tutto quello che sapevo e dalla gente che conoscevo. Per me, l’essenza era il fatto che avesse perso la sua anima e dovesse ritrovarla. Non sarebbe mai andato in Afghanistan per sé stesso: solo per un amico. Comprendere questa verità è ciò che lo ha delineato, per me. Tutto il resto è scaturito da lì.
AL: Quali sono i tuoi personaggi preferiti?
JDF: Be’ è un po come chiedere a un padre a quale dei suoi figli vuole più bene… di certo rischierei di mettermi nei guai! La storia è vista attraverso Jack, è lui che da colore a tutto. Due personaggi mi vengono subito in mente: uno è Diss, un amalgama di alcune persone che conosco, estremizzate (devo precisare che non è basato su quel vero civile americano che di recente si è scoperto essere in Afghanistan a cercare di fare quello che fa Diss nel romanzo: scovare Bin Laden in persona). L’altro è la suora, che sta cercando di aiutare la popolazione ed è in una breve sequenza con Jack. Le persone di fede, quasi sante mi hanno sempre affascinato. E naturalmente sono ossessionato da Jack Pilgrim. Senza di lui, non avrei scritto il libro.
AL: Come mai la suddivisione in Cerchi, proprio come l'”Inferno” di Dante?
JDF: Sono contento che tu me lo abbia chiesto. Pochi americani lo hanno notato, ma credo che i lettori italiani vedranno il collegamento. Dal mio punto di vista, il viaggio di Jack è molto simile al cammino che Dante intraprende nella Divina Commedia. Incontra lo stesso tipo di peccatori, mentre si fa strada verso la redenzione. Se fossimo stati nel 13esimo secolo, Virgilio l’avrebbe di certo guidato. Ma il nostro tempo è differente. La guida di Jack, Verge, non si presenta, e ciò lo costringe a viaggiare (tra gli altri) con gente che si chiama Disney, ma che pensa di dover essere chiamato Diss. (Sono giochi di parole intraducibili in italiano “Verge” in inglese suona come le prime sillabe di “Virgilio” e al tempo stesso significa essere sul punto di fare qualcosa o quando qualcosa sta per succedere, di buono o di cattivo. “Diss” è slang americano per “Mancare di rispetto”, “Disrespect”, usato nello slang come verbo. Il personaggio crede di essere un duro, per cui gli piace quel nome, ma la sua visione del mondo è simile a quella che ha chi guarda troppa TV, pericolosamente superficiale. Diss in Inglese suona anche come un nome oscuro per il diavolo o l’inferno.
AL: Passiamo a qualche domanda personale. Hai lavorato con altri scrittori famosi come Richard “Dick” Marcinko (i cui libri sono stati pubblicati da noi in passato, incluso “Sacro Terrore”), Dale Brown e Stephen Coonts: com’è stato lavorare con loro? Scriverete ancora la serie Rogue Warrior?
JDF: Sì, io e Dick abbiamo un libro in uscita per l’anno prossimo. È basato in parte su ciò che accade in India oggi; aspettiamo per vedere quanto sarà narrativa e quanto finzione! Mi è piaciuto molto lavorare con tutti coloro con cui ho collaborato. Le esperienze sono sempre diverse. Dick certo è l’eroe per eccellenza, ed è un onore lavorare con lui. Ma è anche uno dei ragazzi più divertenti che conosco. Non credo riesca a stare più di due minuti senza fare battute. Naturalmente quando tiene lezioni o sul lavoro è molto serio, per cui la maggior parte della gente non conosce questo suo lato, se non tramite i suoi libri. Dale è stato il primo con cui ho lavorato, la nostra è una lunga amicizia. Nel suo caso passiamo quasi più tempo a parlare di calcio che di libri. Nel tempo libero, lui è arbitro in un campionato giovanile, io sono allenatore. I nostri campionati sono ai lati opposti della nazione ma ho imparato molto sull’arbitraggio da lui. Ora riesco quasi a vedere le cose dal punto di vista dell’arbitro.
AL: quali sono le tue influenze principali come autore?
JDF: È una domanda a cui è difficile rispondere. Siamo la somma di tutto ciò che abbiamo letto e vissuto, e spero che la mia mente sia sufficientemente aperta da essere influenzata da tutto ciò che va da Calvino, che ho letto principalmente tradotto, lo confesso, passando per Walt Whitman, un grande poeta americano del diciannovesimo secolo, fino ai Kottonmouth Kings (un gruppo rap) e Bob Dylan (il cantautore). In questo caso specifico, direi Conrad e Dante, aggiungendo John Bunyan (l’autore di “Pilgrim Progress” (Il Pellegrinaggio del Cristiano)), un poema allegorico del diciassettesimo secolo su un uomo comune in cerca di redenzione: è da lì che viene il cognome di Jack). Naturalmente nominare tutti questi grandi autori fa sembrare il mio libro come qualcosa di davvero serio e impegnativo, spero non sia così: è intrattenimento, una storia di azione e avventura. I pubblicitari si strapperanno i capelli quando leggeranno queste cose.
AL: Qualche consiglio per gli aspiranti scrittori?
JDF: il consiglio più antico e più valido. Scrivete! Semplicemente fatelo. Perseverate e non preoccupatevi di quello che dice il vostro critico interiore. O quelli esterni.
AL: quali sono i tuoi progetti per il futuro, quando uscirà il tuo prossimo libro?
JDF: Ho parecchi progetti in divenire, o per meglio dire parecchia carne al fuoco. Il mio editore principale in America ha in programma di far uscire il mio prossimo romanzo “solista” nel Giugno 2011 (per solista intendo che su questo non ho collaborato con nessuno). Il titolo inglese è Helios, o almeno è come si chiama adesso. Certe cose sono soggette a cambiamento. Parla di un sistema satellitare in grado di fornire elettricità pulita ed economica al mondo, e delle persone che stanno tentando di impedire che diventi realtà. (Il sistema è reale e spero che il libro serva a farlo conoscere alla gente. Prima che possa essere costruito sono necessari ancora molto lavoro e ricerca, ma forse un giorno verrà realizzato). Un eccentrico agente dell’FBI deve fermare i cattivi. L’argomento è serio, ma c’è un sacco di umorismo nel libro; dopo Gli Artigli del Leopardo, mi serviva qualcosa di diverso. Sono anche al lavoro su una biografia di Omar Bradley, uno dei più grandi generali americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Nessuno ha mai scritto una sua biografia completa, e sono molto entusiasta dell’idea. Mia moglie mi ha aiutato molto con le ricerche, che, come puoi immaginare, è un’attività che richiede parecchio tempo. Presto uscirà un nuovo volume della serie Rogue Warrior, così come un nuovo capitolo della serie “Dreamland” “Whiplash” che scrivo con Dale e un nuovo capitolo di “Red Dragon Rising” (che scrivo col mio caro amico Larry Bond). E ultimo ma non meno importante, sto’ scrivendo un videogame che uscirà nel 2011.
AL: siamo alla fine della chiacchierata: puoi dire quello che vuoi ai tuoi lettori italiani.
JDF: Grazie per aver dedicato il vostro tempo alla lettura del mio libro. Ve ne sono grato. Dovrei parlare anche dei miei amici e conoscenti italiani. L’Italia mi ha sempre fatto sentire il benvenuto e a mio agio ad ogni visita. In parte perché i miei nonni erano italiani (mio nonno abruzzese, mentre la famiglia di mia nonna viveva vicino a Napoli). Ma penso che più che altro sia per il carattere aperto degli italiani. Visitare l’Italia è sempre come visitare la propria famiglia, e sembra che tutti quelli che incontro diventino miei amici.
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luglio 13th, 2010 at 11:44
Complimenti a De Felice e complimenti anche al traduttore Alessio Lazzati.
luglio 13th, 2010 at 16:35
interessante leggere quello che c’è a volte dietro le motivazioni e ispirazioni dei libri. A volte, le motivazioni di partenza sono più avvincenti del risultato ottenuto. Comunque non mi pronuncio sul libro, lo sto ancora leggendo e finora mi piace, lo trovo molto puntuale e ben documentato, sembra veramente di essere lì. Gli americani, come ho già detto altre volte, sono proprio bravi nella documentazione e riescono a non farla strabordare con dettagli inutili o peggio fuori posto. Dal punto di vista umano invece non sento vera emozione, ma come dicevo, non ho ancora finito di leggere e non mi posso pronunciare. Posso solo dire che merita di essere – comunque -letto.
luglio 14th, 2010 at 21:30
Acquistato e cominciato a leggere oggi. Mi sembra un lavoro veramente valido
luglio 15th, 2010 at 18:00
Piccola correzione: l’allegoria religiosa di John Bunyan si intitola “The Pilgrim’s Progress,” non “Process”:-)
Per il resto, complimenti ad Alessio che col libro ha fatto un ottimo lavoro.
luglio 15th, 2010 at 18:06
Thanks Luca! Correggo. Nella fretta di realizzare tutto, a volte sfugge qualcosa.