Visti con il Professionista/2: The Bourne Identity

febbraio 19th, 2009 by Alessio Lazzati

VISTI CON IL PROFESSIONISTA: I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO

THE BOURNE IDENTITY

A cura di Stephen Gunn

spy-cineo2-the-bourne-identityscale.jpgRobert Ludlum (1929-2001) è stato forse uno dei più prolifici e amati scrittori di spionaggio del ventesimo secolo… e forse lo è anche nel ventunesimo, se consideriamo la decina di volumi scritti da abili professionisti (tra i quali Eric van Lustbader, Gayle Linds e Patrick Larkin) ma che recano il suo nome. Un marchio di fabbrica di un filone spionistico basato su intrighi quasi kafkiani, molta azione e un continuo rovesciamento di fronti. Un nome senza volto fu pubblicato nel 1981 e rappresenta forse il suo capolavoro. Ebbe, in quegli anni, anche una riduzione televisiva molto fedele con Richard Chamberlain e Jacklyn Smith, ma il personaggio di Jason Bourne, killer senza memoria e umanissima “macchina “ per uccidere in rivolta contro i suoi stessi burattinai, è tornato al successo solo nel 2002. The Bourne Identity di Doug Liman ha riscritto le regole dello spionaggio cinematografico, lanciato presso il grande pubblico un nuovo eroe e rivitalizzato tutto il filone. Dei tre film finora realizzati con il personaggio(The Bourne Supremacy, 2004, e The Bourne Ultimatum, 2007) è quello che presenta maggiori analogie con il romanzo originale. Non solo, la storia è meglio equilibrata tra azione e indagine e le frenetiche sequenze girate con la macchina a mano, impronta d’autore di Paul Greengrass (autore dei successivi capitoli) non sono ancora presenti, a tutto vantaggio della scorrevolezza del racconto. Certo, rispetto al romanzo le variazioni sono molte, ma il trascorrere degli anni nella spy-story è particolarmente importante. Un nome senza volto raccontava la storia di un agente infiltrato che, per stanare lo Sciacallo (terrorista solo vagamente ispirato al “vero” Sciacallo) creava un sicario fittizio per attirare il suo bersaglio allo scoperto. Nel corso di un’operazione finita male, Bourne veniva ferito e gettato in mare. Ripescato al largo di Marsiglia, si scopriva senza memoria. Unico indizio: un numero di conto cifrato in Svizzera inserito sottopelle. Nell’adattamento del romanzo originale di degli sceneggiatori Gilroy ed Herron, sparisce lo Sciacallo e lo smemorato si ritrova al centro di una complessa trama di inganni e omicidi. Sicario programmato con il lavaggio del cervello, si è lasciato distrarre dal viso di una bimba e ha mancato il suo bersaglio, uno scomodo politico africano. Nel tentativo di comprendere chi è, Bourne risale una labile traccia da Zurigo a Parigi, incontra una “ragazza selvaggia” di cui s’innamora e scopre di essere la pedina di un programma chiamato Treadstone. Ovviamente è una sezione segreta della CIA finalizzata all’omicidio politico. Concklin (che nei romanzi di Ludlum è il mentore di Bourne) qui diventa il suo peggior nemico. Cos’ha di diverso The Bourne Identity da moltissimi film del filone basati sul complotto? Prima di tutto una innovativa carica di violenza e un look delle scene d’azione decisamente più aggressivo della media. Le sequenze di lotta a corpo a corpo, le sparatorie e gli inseguimenti in auto sono altrettanto improbabili di quelli proposti da un film di James Bond ma hanno un taglio più ruvido e violento. Agli occhi dello spettatore, probabilmente, più realistico. Azzarderei che il recente restiling dei film di 007 ne abbia risentito. Poi, per la prima volta, un film di spionaggio diventa un prodotto per il pubblico giovane che, negli anni, ha preferito diversi filoni relegando le storie di spie allo scaffale dedicato ai “vecchi”. Il merito è certamente di Matt Damon, francamente non credibilissimo nel primo episodio, ma certamente in grado di smuovere una fascia di spettatori più giovane di entrambi i sessi. La presenza di Franka Potente e di Julia Stiles inserisce le immancabili figure femminili della spy-story, proponendone una versione più moderna e meno stereotipata della “fatalona”cui siamo abituati. In effetti tutto il film sembra una lotta tra giovani confusi, a volte violenti ma decisi a trovare la verità e un oscuro mondo di cospirazioni popolato da “adulti” cui Chris Cooper (Concklin) e Brian Cox (il suo capo Abbott, cattivo anche nel secondo episodio) danno un volto convincente. l’ambientazione praticamente tutta europea conferisce quel tocco esotico (per il mercato USA…) che ha sempre caratterizzato lo spionaggio classico. Anche in questo caso Marsiglia, Parigi, Zurigo, la campagna francese fotografati d’inverno, lividi di giorno e baluginanti di luci arancioni di notte, creano un set che si discosta molto dal glamour dei modelli più noti. Banche, centrali operative stipate di monitor, alberghi di lusso non mancano ma non c’è compiacimento nel modo in cui sono ritratti. Bourne corre, lotta, sanguina all’interno di androni bui, indossa abiti consunti, si muove in un mondo che preme psicologicamente contro di lui, isolandolo. Non c’è necessità di gadget fantasiosi. I sofisticati sistemi di comunicazioni sul cui funzionamento la storia insiste in questo come nei successivi episodi, sono solo versioni leggermente più avanzate di quel materiale che anche noi possiamo acquistare in qualsiasi negozio. Una trovata particolarmente indovinata è l’inserimento degli “assett”, delle risorse umane dell’organizzazione Treadstone. Sono killer come Bourne, sottoposti ad addestramenti massacranti che possiamo solo immaginare, e a un lavaggio del cervello che li ha resi quasi delle macchine. Disponibili in ogni parte del mondo, si celano tra noi, ma basta un messaggio sul cellulare per scatenarne una ferocia quasi sovrumana. L’abilità in combattimento, il fascino della quasi invincibilità ha un prezzo. Per Bourne che si ritrova di colpo a combattere tra due personalità opposte ma anche per i suoi avversari. Memorabile è il confronto nelle campagne invernali chiazzate di neve sporca con il sicario venuto a eliminarlo. Questi ha il viso quasi sconosciuto, per i tempi, di Clive Owen. Forse la sequenza migliore di tutto il film è il loro duello a fucilate nei campi. Ferito a morte Owen manifesta un’empatia ricambiata verso Bourne. Entrambi sono coscienti di essere macchine, ma strumenti umani usurati. Owen si lamenta di martellanti emicranie, dell’insofferenza ai fari. Che lo faccia in punto di morte con una scarica di pallettoni nel ventre e riesca a scambiare un sorriso con Bourne è una trovata che umanizza i personaggi.

Totalmente privi di morale e disumani sono invece i capi; sia Concklin che continuamente parla di ‘fare pulizia’ con totale sprezzo della vita umana, che il vecchio Abbot. Questi, vista la mala parata, fa eliminare lo stesso Concklin, cancella ogni prova dell’operazione Treadstone e, allo stesso tempo, presenta al Congresso un progetto con identiche finalità mascherandolo da programma di addestramento. E la partita ricomincia.

 

SCHEDA TECNICA

Genere: Il nemico siamo noi

The Bourne Identity(id) del 2002 diretto da Doug Liman. Sceneggiatura :Tony Gilroy e William Blake dal romanzo di Robert Ludlum. – Durata:113’ – Matt Damon: Jason Bourne – Franka Potente: Marie Kreutz: – Chris Cooper: Concklin. Brian Cox : Abbott. Julia Stiles: Niki. L’assasino:Clive Owen- – realizzato dalla Universal disponibile in DVD dal 2003.

Posted in Cinema e TV, Visti con il Professionista

7 Responses

  1. il professionista

    certo che avere anche disponibile il trailer…dà gusto.. Grazie Alessio,il Prof è soddisfatto.
    e adesso ce l’ho io una domanda peri lettori….
    cosa ne pensate delle nuove avventure di jason Bourne scritte da Eric Lustbader?

  2. f.t. denard

    Sono d’accordo con questa bella recensione-spiegazione del film tratto dalle opere di Ludlum. Ho letto diversi dei suoi romanzi. Sono d’accordo con il professionista, Bourne è molto interessante e mi è piaciuto, sia il film che il romanzo originale, bellissimo. (il romanzo è invecchiato molto poco, tra l’altro, anche se ha un’aria della fine anni 70 che amo molto). Il genio di ludlum era tirare fuori intrighi serratissimi a volte da inghippi quotidiani banali o sorprese incredibili. Sembra quasi un Pirandello dell’azione caduto nell’LSD da piccolo.

  3. f.t. denard

    Per rispondere alla domanda del professionista. Ho letto anche qualche sequel scritto (non credo però di Eric Lustbader) dai ‘negri’ (chiamiamoli così) di Luddlum defunto. Sinceramente non sono male, tecnicamente li ho trovati molto ben fatti e ricercati, anche ovviamente, e non potrebbe essere altrimenti,(per fortuna) manca loro il tocco geniale, l’aura, del grande scrittore.

  4. il professionista

    sì, ammetto che il tocco del maestro soprattutto negli anni migliori dell sua produzione intorno agli anni 80 è irripetibile. Il mosaico di Parsifal resta uno dei miei romanzi preferiti e modelli (credo che a volte si veda) tra gli apocrifi la serie Covert One(da cui è stato tratto un film televisivo con Stephen Dorf qui quantomai somigliante a jack bauer)quelli scritti dalla Lynds sono forsei migliori anche se l’ultimo uscito Il vettore di Mosca di Patrik larkin merita una lettura. la serie di Bourne scritta da Lustbader si riallaccia direttamente ai romanzi originali e non ha nulla a che fare con i film. Sono ottime storie di intrigo…però con un dichiarato marchio Lustbader che già seppe creare ottimi intrigi di spionaggio con i romanzi della serie Jack Maron…Shan e Quattro pezzi di giada

  5. Alessio Lazzati

    Il primo “Bourne” mi era piaciuto veramente. Bella la storia, l’uso di certe riprese, insomma tutto funzionava. Peraltro, anche il secondo non era niente male. Sulle firme “alternative” a Ludlum avete già detto molto, volevo solo porre l’accento sulla qualità intrinseca: non di semplici mestieranti si tratta in questo caso, ma di scrittori di livello che “stanno in piedi anche da soli”. Van Lustbader ha creato a sua volta alcuni ottimi lavori da “solista” e anche Gayle Lynds è brava.

  6. il professionista

    di gayle Linds vi segnalo L’ultima spia edito da fanucci, una bellissima storia che mi piacerebbe rileggere in Segretisismo(sergio ci senti?)

  7. Casval Som daikun

    Ho apprezzato molto tutti e tre i film,come ho sempre amato tutti i grandi classici del cospirazionismo di Ludlum.

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