Buio come una cantina chiusa (3082)

aprile 30th, 2013

luceriprev

Nell’anniversario della morte di suo padre, Alfredo Zardi ha deciso di riaprire per un restauro la villa di famiglia, chiusa dai tempi del luttuoso evento. Una decisione non facile, sofferta, perché all’origine di quella perdita non c’è una causa naturale, ma un apparente suicidio. Per questo è tanto più sconvolgente per lui scoprire che il luogo è abitato: da qualcuno che, a giudicare da numerosi indizi, sembra essere proprio suo padre… Mentre la polizia torna a occuparsi del caso, in qualche modo collegato alla scomparsa di un senzatetto, si moltiplicano episodi sempre più inequivocabili e la mente di Alfredo comincia a vacillare. Come può davvero pensare che uno spettro sia venuto dall’aldilà per tormentarlo? Sta forse impazzendo? O qualcuno sta diabolicamente manipolando il suo dolore per farglielo credere?

All’interno, l’elenco di tutti gli autori e titoli pubblicati a oggi nel Giallo Mondadori.

EBOOK PROSSIMAMENTE DISPONIBILE

 

Popularity: 43% [?]

Posted in Giallo (serie regolare), Le collane del Giallo | commenti 20 Comments »

Intervista a Enrico Luceri

marzo 17th, 2015

Cari lettori de “Il Giallo Mondadori”, abbiamo scambiato due chiacchiere con l’autore di uno dei nostri gialli del mese di Marzo: Enrico Luceri.

Buona lettura!

LUCERI

1 – Come nasce “Le colpe dei figli”? Qual è stata la genesi di questo tuo lavoro?

La prima scintilla della storia è scattata assistendo per l’ennesima volta alle sequenze finali del film “Testimone d’accusa”, diretto da Billy Wilder e tratto dall’omonima commedia teatrale di Agatha Christie: l’ineffabile avvocato sir Wilfrid Robards (interpretato dal grande, in tutti i sensi, Charles Laughton), commenterà così un omicidio commesso nell’aula della corte d’assise: “Non lo ha ucciso, lo ha giustiziato”.  Ecco, a me interessava scrivere una storia per comprendere come una vendetta possa essere vista anche come l’esecuzione dei colpevoli di una colpa e un inganno che altrimenti non sarebbero mai espiati.

Ma non è stata solo questa l’ispirazione. C’era anche un’altra esigenza, che sentivo con forza.

A volte, nei romanzi di genere, gli assassini uccidono per un motivo, o forse sarebbe più corretto chiamarlo movente, che può apparire contraddittorio: per amore. Difficile comprenderlo a prima vista, ma anche i loro crimini, così laboriosi e complicati nella preparazione e la messa in scena, non sono altro che una lunga, disperata, straziante richiesta d’amore. Amore sottratto, amore rubato. Un furto, dunque un crimine, che deve essere punito.

Proprio perché è difficile comprenderlo, io scrivo queste storie. Per capire, o perlomeno provare a farlo, affinché si giudichi solo dopo aver compreso quell’impasto di rancori, rimorsi, rimpianti che chiamiamo sentimenti e sono in fondo la più umana e concreta testimonianza di essere vivi.

2 – Che tipo è Antonio Buonocuore? A chi ti sei ispirato nel tratteggiare la sua figura?

Ho creato il personaggio grazie alla fondamentale collaborazione del mio amico Nello Mascia, il quale gli ha prestato certe abitudini personali, come la passione del fumo, o girare in bicicletta per Napoli, o schizzare a matita i ritratti dei suoi interlocutori. Di mio ci ho messo l’indole di un poliziotto della vecchia scuola che crede ancora nel metodo d’indagine tradizionale, nella ricerca del dettaglio e nei sopralluoghi solitari sulle scene del crimine come un potente incentivo alle sue intuizioni. E insieme abbiamo tratteggiato il profilo di un poliziotto molto umano, concreto, privo di illusioni ma non per questo meno idealista.

Aggiungo che l’ho chiamato Tonio, perchè era il diminutivo che usavamo in famiglia per mio padre. Purtroppo parecchi anni fa gravi incomprensioni familiari ci hanno separato per sempre. Dare il suo nome a un personaggio che ho curato molto era un modo per dirgli, ora che è troppo tardi per farlo a voce, che mi manca.

Leggi tutto »

Popularity: 33% [?]

Posted in Extra, Posizione di tiro | commenti No Comments »

Patricia McGerr Vs Anthony Berkeley: Storia di un modello non riconosciuto

novembre 12th, 2014

Questo mese ospitiamo un interessante articolo di Pietro De Palma su due autori che siamo sicuri , gli amanti de Il Giallo Mondadori apprezzeranno .

Buona lettura .

Leggi tutto »

Popularity: 46% [?]

Posted in Senza categoria | commenti 25 Comments »

Poison in Jest : analisi di un romanzo di rottura

gennaio 15th, 2013

Un nuovo articolo di Pietro De Palma in esclusiva per il blog de “Il Giallo Mondadori”.

at-9-16-poisoninjest.jpg

Lo Speciale N. 68 del Giallo Mondadori “Veleni Letali”,uscito nell’inverno 2012, prima di Natale,  propone 2 romanzi, il primo di John Dickson Carr, il secondo di Hillary Waugh, ed un racconto di Anthony Berkeley: di Carr è proposto “Piazza Pulita” (Poison in Jest), assente da oltre trent’anni dall’edicola; di Waugh, un romanzo ancor più difficile a trovarsi, “Veleno in Famiglia”, ( Pure Poison); di Berkeley, il rarissimo “Il Baratttolo Sbagliato” (The Wrong Jar). Tuttavia, sebbene le opere di Waugh e di Berkeley possano essere oggetto di attenzione al pari dell’opera di Carr, è chiaro che l’attesa dello Speciale da parte di molti, era giustificata dal fatto che vi fosse presentata “Piazza Pulita”, di cui molti lamentavano la non pubblicazione da molti anni a questa parte.

Poison in Jest è una delle opere senza personaggio fisso di Carr.

Apparve nel 1932. A quel tempo, l’unica serie fissa che Carr avesse allestito, era quella di Bencolin, di cui erano usciti quattro titoli (It Walks By Night, 1930; Castle Skull, 1931; The Lost Gallows, 1931). Nel 1932 uscirono altri due titoli: The Waxworks Murder, che meritò anche l’edizione americana: The Corpse In The Waxworks; e Poison in Jest, appunto.

Vediamo la storia.

Jeff  Marle va a trovare il giudice Quayle. Nella sua casa imponente vi vive tutta la sua famiglia assieme a lui: la moglie, i 4 figli (Matt, Clarissa, Jinny, Mary), il genero e marito di Clarissa, dottor Twillis, più il personale di servitù. In origine, i figli erano cinque: c’era anche Tom, che aveva però preferito andar via da casa e pertanto era stato diseredato.

Nella casa regna la tristezza,  il risentimento tra vari rappresentanti della famiglia, e nei confronti del giudice, che crede sia odiato da molti, e un orgoglio mal interpretato, perché ai fasti di un tempo, di cui sono rappresentanti le vestigia della casa, tra cui una magnifica statua dell’imperatore Caligola, cui manca una mano, fa da contraltare la miseria effettiva, giacchè il capofamiglia non ha più nessun soldo, i figli fingono che siano ancora i Quayle di un tempo, mentre l’unico che tiene in piedi la baracca è il dottor Twills, che, agiato, foraggia le necessità del vecchio.

Ecco quello che Marle trova al suo arrivo. Il giudice teme per la sua vita, parla di un suo manoscritto, e, nel mentre, accadono due oscuri fatti: qualcuno tenta effettivamente di uccidere il vecchio giudice avvelenando il sifone del seltz con idrobromuro di joscina, di cui il medico ha una bottiglia contenente circa 300 mg nella sua stanza, in virtù dei suoi trascorsi come psichiatra; e nello stesso tempo, l’avvelenatore cosparge il pane tostato della moglie del giudice, con dell’arsenico.

Il dottor Twills, rivela a Marle di avere dei sospetti su chi possa essere l’avvelenatore e teme nuovi sviluppi visto che la bottiglia contenente la joscina gli è stata sottratta. Prima che possa però arrivare al dunque, viene avvelenato mortalmente con lo stesso alcaloide.

A gestire le indagini è il Commissario di Contea Sargent. Ma se è vero che almeno ufficialmente è lui il responsabile dell’inchiesta, in realtà dietro di lui si muovono Marle, che è un poliziotto, e soprattutto un investigatore privato, Pat Rossiter, innamorato della figlia di Quayle, Jinny, chiamato lì e annunciato da un telegramma spedito prima dell’omicidio di Twills: è lui che risolverà l’enigma.

Nella casa c’è un’atmosfera di morte e di pazzia: il giudice è ossessionato da una mano bianca che si muove e gli appare (sarebbe quella persa dalla statua), qualcuno ride nel momento in cui Twills muore, qualcuno tenta di avvelenare il giudice Quale e la moglie con due diversi tipi di veleno, il giudice parla di complotto, Twills nei suoi appunti, vergati prima di morire, ha scritto che qualcosa è stato bruciato nel caminetto, ha lasciato degli strani ghirigori che potrebbero riferirsi ad uno schizzo di persona ed una formula chimica, quella della morfina. In realtà sul braccio del giudice viene individuata una serie di segni causati da iniezioni (morfina?): l’ossessione della mano quindi sarebbe il frutto di allucinazioni? Oppure la morfina viene data per altro?

Fatto sta che con un’abbondanza di indizi e di persone sospettate, Sargent non sa che pesci prendere. Si ricava solo che qualche giorno prima si era parlato di avvelenamento allorché si era ricordato il caso della Marchesa de Brinvilliers e del suo amante, il Cavaliere di Saint-Croix, celebri avvelenatori del secolo diciottesimo. E che quindi qualcuno ne aveva ricavato l’idea base.

Si sono sentiti dei passi, che la signora Quale, attribuisce ad una donna, prima che lei venisse avvelenata: passi veloci, passettini. Abbiamo un’avvelenatrice? Chi? La signora Quayle è esclusa: per quale ragione si sarebbe avvelenata? Rimangono quindi le altre due figlie: Jinny e Clarissa.

Ci sarebbe qualcuno del personale, ma viene presto escluso. A sua volta, il padre rilancia l’ipotesi di un avvelenatore maschio: mentre ricorda gli aventi di qualche giorno prima, ricorda che in quel mentre era entrato il figlio Matt ed aveva sentito tutto (ma del resto, interrogato, il giudice Quayle si affretta a dire che la porta era aperta e quindi chiunque avrebbe potuto sentire l’oggetto del suo discorso); Matt però era quello che aveva portato alla madre il pasto, in cui il pane era avvelenato.

Insomma di carne sul fuoco ce n’è in abbondanza.

Pat Rossiter arriva a casa: è Jeff che lo trova per la prima volta, ed il ritratto che ne fa è di un pazzo, se non di un personaggio altamente bislacco: “C’era un uomo seduto per terra, che stava parlando ad una scala. In una mano teneva un vecchio secchio di legno, e nell’altra qualcosa che assomigliava a una calza rotta. Una coperta incrostata si sporcizia gli pendeva dalle spalle…Sospirò e cominciò ad alzarsi in tutta la sua sorprendente statura, togliendosi la polvere dall’abito. Aveva un orrendo cappello piantato indietro sulla testa, e dal labbro inferiore gli pendeva un mozzicone di sigaretta spento…con l’espressione più felice che avessi visto su faccia umana…Poteva avere la mia stessa età, con una faccia simpatica e vivace, begli occhi ed un’eterna aria di curiosità.Aveva le spalle forti come un uomo di mare, ed era avvolto in uno strano mantelloverde: le sue scarpe erano fra le più grandi che avessi mai visto e portava una cravatta con i colori di Harrow…Ho sempre desiderato fare l’investigatore, dopo essere stato licenziato da tutti i posti di lavoro..Sedette sullo scalino..con la coperta sporca gettata sulle spalle.Buttando via il mozzicone, tirò fuori cartine e tabacco e mi guardò quasi con aria di trionfo…Dicevo che sono un po’ strano..Il vecchio, là dentro mi considera come un veleno!” (Speciale del Giallo Mondadori N.68, Dicembre 2012, John Dickson Carr, Poison in Jest, traduz. Iti Dussich Knowles, cap. 11, pagg. 87-88-89).

Jeff gli annuncia che il dottor Twills è stato assassinato e ci sono stati due tentativi di avvelenamento. Rossiter si mette all’opera, anche con metodi non proprio ortodossi, per esempio quando chiede ai presenti, di provare a fare degli schizzi, delle prime cose che fossero venute in mente:

“..Tracciate un disegno. – Che cosa? – Tracciate un disegno, ripetè l’altro, con tono fermo e diventando serio. – Ma non capite l’importanza di fare un disegno? Non ne vedete l’importanza profondamente psicologica che avrà sulla soluzione del caso? – No, che mi venga un accidente se ci capisco qualcosa – disse Sargent. – Che disegno? – Uno qualsiasi. – Ma sentite – suggerii con la massima calma possibile – che senso ha tutto ciò? Io non so disegnare e credo neanche Sargent. – Ah, ma questo è il punto, non lo capite? Se aveste saputo disegnare, non ve l’avrei chiesto, vi pare?” (op. cit.  pag. 104).

Questi metodi, alcuni come Sargent ritengono possano essere ascritti ad nuovo modo di investigare, altri come Marle li reputano delle stranezze, altri come il dottor Reed, il medico amico di Quayle, li definiscono delle “stupidaggini”. Persino Virginia Quale,  Jinny, “la ragazza” di Rossiter, è arrabbiata, convinta che l’investigatore, che lei ha chiamato a casa con un telegramma, stia combinando una delle sue.

Fatto sta che, per strano che possa sembrare, anche questa caratterizzazione psicologica dell’inconscio avrà una spiegazione nella soluzione finale. Rossiter, incompreso, deriso, strano e bislacco che possa sembrare, riuscirà a individuare l’assassino, non prima però che sia riapparso “il figliol prodigo”, Tom;  e che nella cantina, egli, l’omicida,  abbia piantato un’accetta nel cranio di Clarissa.

Leggi tutto »

Popularity: 64% [?]

Posted in Extra, Pulp Corner | commenti 24 Comments »