La semplicissima arte del delitto
Cari lettori del Giallo Mondadori. Abbiamo discusso tempo addietro, di quanto fosse interessante la rivista interna agli antichi Gialli Moondadori. La mia intenzione è quella di propore sul blog, salturiamente, articoli che possano essere interessanti punti di partenza per discutere del Nostro genere preferito: Il Giallo.
Così, dopo aver apprezzato il racconto di Luca Conti apparso pochi giorni fa, ecco che Vi proponiamo un articolo di Fabio Lotti (http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/2976/) su “La semplicissima arte del delitto”.
Buona lettura!
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Rifaccio il verso ad un titolo famoso di un famoso scrittore per attirare l’attenzione dei lettori. E mi si compianga per questo subdolo artificio.
Dunque questa semplicissima arte del delitto è diventata di una banalità sconcertante. Semplicissima, appunto. Tutti ormai scrivono gialli, intesi in senso lato, e chi non lo fa è proprio un deficiente, un buono a nulla. Un ritardato mentale. E allora giù a picchiettar sui tasti e a sfornare storie su storie e a infilar piedipiatti dappertutto. In ogni tempo e in ogni luogo. Non c’è spazio temporale o ambientale che non li veda all’opera. Limitandoci al nostro stivale ogni città, ogni paese di pianura, collina, montagna ha il/la suo/a bravo/a detective che vigila acuto nei dintorni e fra poco avremo pure quello di quartiere e ci si sta attrezzando per quello casalingo. A volte mi prende una paura matta che vengano a scuriosare anche in casa mia e mi arrestino, per avere schiacciato con un ben assestato colpo di ciabatta il ragnetto peloso che pendeva schifosetto sulla parete del mio piccolo studio.
Ma ritorniamo alle storie. Come siano poco importa. Basta ci si infili il morto e l’assassino. Meglio se più morti e magari più assassini. E la violenza, naturalmente. Senza la violenza il giallo, sempre inteso in senso lato, non sa di nulla. E più c’è e meglio è. E allora giù coltellate, pistolettate, marchi a fuoco in ogni dove, tagli, squarci, ferri roventi che si infilano nelle parti più intime, uomini e donne spellati vivi e seppelliti vivi, accecamenti, spezzamenti di ossa, bastonature, sangue e sperma che schizzano dappertutto. E il sesso, è logico. Soprattutto se estremo con il tizio nerboruto che ti spalanca una voragine in corpo e nello stesso tempo ti soffoca con un sacchetto di nylon. Praticamente un materiale di apprendimento per tutti i torturatori del mondo.E accanto alla violenza la disgrazia. L’ho già scritto in una mia rubrica e lo ripeto, soprattutto a proposito delle detective lady di cui mi occupo in particolare. Non c’è una donna poliziotto che non abbia una situazione familiare o personale da brivido. Grassa se uno dei due genitori è rimasto ancora vivo. Se lo è trattasi di solito della madre che il padre conta fino ad un certo punto. Se si è sposata è anche divorziata e comunque il marito o la lascia per un’altra o la lascia per sempre. Nel senso che prima o poi gli capita una disgrazia fra capo e collo e tanti saluti a tutti. Meglio, per lei, di quando rimane e la riempie di botte. Talvolta cade in depressione e può essere pure psicopatica. Se è single allora verrà lasciata dal fidanzato o dai fidanzati (quando non è lei stessa a lasciarli) o le muore il fratello o la sorella o quantomeno perde l’amica del cuore. Insomma qualcosa di brutto le deve capitare. Non ci sono santi che tengano. Difficile trovare un filo di luce nel buio della sua esistenza.Più fortunati i maschietti (si fa per dire) che di solito sono soli, per scelta o per forza maggiore ( anche qui separazioni e divorzi non mancano) . Insomma soli. Soli per modo di dire, perché spesso proprio soli non sono. O convivono con un babbo rompiballe o con una mamma magari sorda che non sente nemmeno le cannonate o hanno fratelli o sorelle con qualche rotella che non funziona, oppure una fidanzata che fa girare loro gli zibidei. E la salute? Dove la mettiamo la salute? C’è chi soffre d’insonnia, chi di colite, chi ha l’ulcera, chi è cieco, chi in carrozzella, chi senza palle (alla lettera), chi ha devastanti sensi di colpa (di solito reduci militari) e aggiungetevi pure altre malattie a vostro piacimento.Ma anche quando tutto fila liscio dal punto di vista familiarsalutare li vedi che se ne vanno in giro tra nebbie più o meno padane con certe facce tristi e uggiose che gli casca il mento per terra. Da gridargli su coraggio non ve la prendete che anche noi lettori di questi tempi siamo un po’ nella cacca. Mal comune mezzo gaudio. Difficile strappar loro un sorriso o vederli girare festosi su vespine gialle. Più facile, semmai, trovarli affaccendati intorno alla cucina a preparar manicaretti (o a farli preparare) che uno sfogo, comunque, lo devono avere.E mica è finita qui. Anche l’assassino/a o gli/le assassini/e non sono da meno. Imbranati fradici sin dall’infanzia, torturati dalla sorte funesta, stuprati e violentati, disgraziati maledetti che non gliene va mai bene una nella vita, che si tengono dentro le loro paure e le loro angosce a far concorrenza alle disgrazie di chi li deve beccare e mettere in prigione e non sai se, arrivato all’improvviso il groppo in gola, ti metti a piangere per l’uno o per l’altro. Che fanno una pena boia tutti e due. Qualche volta sono addirittura di una bontà sconcertante. Ti sequestrano il figlio e la figlia e ti chiedono quale vuoi dei due che rimanga vivo. Da abbracciarli e schioccar loro un bacetto sulla guancia.E poi morti annunciate. Con una musichetta sfiziosa o un pezzo di opera lirica e bigliettini lasciati da tutte le parti come a giocare a nascondino e anche pezzi di scacchi di un bischero che conosco bene. E oggi va di moda il ciattare e dunque si ciatta si ciatta si ciatta fino a trovare, finalmente, il tizio che ti spacca il cranio con un martello o ti da una coltellata nello stomaco. E allora ben ti sta che un tunn’avevi a ciatta’!Per lo stile non esiste problema. Anzi, perché parlare di stile? Roba vecchia, passata, stantia. Si scrive di getto così come detta l’ispirazione. Insomma come viene viene. E cosa vuoi che importi se in una pagina ci sono dieci punti esclamativi, se quel verbo sonnecchia, se quell’aggettivo tentenna, se la prosa è sciatta e banale, se tutta la frase si contorce come punta da cento spilli! Macchisenefrega! Ecchisenefrega delle mille frasettine in corsivo che entrano a stormi e a frotte nel cervello del disgraziato di turno e lo fanno parlare e pensare allo stesso tempo e non ha tempo di parlare e pensare e viene fuori un casino del diavolo. E delle frasettine ine ine una dietro l’altra a volte formate da una sola parolina ina ina che messe insieme tutte di seguito ti fanno venire un malino allo stomaco ino ino… Ecchisenefrega delle psicologie traballanti che non stanno in piedi nemmeno se le attacchi a terra con il mastice dei calzolai, se il poliziotto dice ciao amico a chi non conosce, se il detective di turno ti da una pacca sulle spalle appena ti vede, se un barrocciaio (si fa per dire) ti parla come un cattedratico, se l’uomo timido ti grida a squarciagola o la puttana te la da perché sei bello (ma questo ci può stare).Vanno di moda i racconti, le raccolte di racconti. Di tutte le misure, di tutte le specie. Sono più brevi e quindi sono più facili pensa lo pseudoscritturucolo di turno. Più facili un tubo! Prova a fare i cento metri con il passo di un maratoneta. Ma vai a farglielo capire. Le risposte sono sempre quelle (mi immagino, con un pizzico di malizia in staggese). In po’o tempo ci si ‘ava (un c’è da falla tanto lunga) e poi si fa parte di un gruppo, ci si sente in compagnia, se tutto va bene sono baci e lanci di fiori sennò io avrò scritto pure una stronzata ma guarda quello accanto i che ha combinato, è una vita che scrive e un ci ‘apisce gnente, eppure va avanti lo stesso, quando si dice i santi in paradiso e così di seguito. Anche i meccanismi sono sempre gli stessi e ormai quello che viene a comporre il profilo dell’assassino, il giornalista compagnone, i/la poliziotto/a ribelle al superiore ottuso rompicoglioni eccetera eccetera sono di casa e di bottega. Insieme al trucchetto avvizzito dei gemelli con la variante delle gemelle che se non c’è ci si resta anche male.E dunque via libera a questi pseudoprodotti infiocchettati con le loro belle fascettine colorate, impreziositi con gli inevitabili elogi in prima o in quarta di copertina. Se si tratta di una autrice di un giallo classico essa sarà senz’altro L’Agatha Christie italiana o straniera. Non c’è dubbio. Se l’investigatrice di turno è una vecchietta arzilla allora trattasi di una Miss Marple reincarnata. Non si scappa. Se l’autore è un maschietto si può scegliere tranquillamente tra un Maigret, un Simenon, un Conan Doyle, un Nero Wolfe e così via. Se poi non ci si vuole cimentare in paragoni più o meno pericolosi allora trattasi di un “talento indiscutibile”, di un “nuovo caso editoriale”, di una “penna trascinante”, di un nuovo Re o una nuova Regina. Sempre del giallo inteso in senso generale. Tralasciando da parte il talento, che oggi conta fino ad un certo punto, spesso si va al sodo. L’autrice o l’autore sono quella/o più venduti al mondo. Milionate di copie, milionate di incassi. Basta e avanza. Altrimenti si passa al religioso. Un vero e proprio miracolo. Mancano solo le stimmate. A volte una promessa “Lo leggerete tutto d’un fiato” che sembra quasi una minaccia. Con quello che costano i libri fammelo finire anche alla svelta. Agli elogi seguono gli inevitabili ringraziamenti a tutta la tribù di bischeri che ha contribuito al parto funesto. Che non si limitano alle persone più vicine. Si ringraziano tutti. Quelli che ci sono e quelli che non ci sono. Un vero e proprio capitoletto aggiuntivo. Si ringraziano gli editor, gli amici e le amiche, l’agente o gli agenti, siano essi semplici poliziotti o quelli preposti al lancio del libro, i redattori, i procuratori o viceprocuratori distrettuali, i detective veri, gli avvocati, i giudici, i traduttori, i bibliotecari, l’FBI e la CIA, la polizia, i carabinieri, il cagnolino, il gattino, l’uccellino…Perfino i parrucchieri e non è una battuta. Ai ringraziamenti si aggiungono le recensioni, magari edulcorate, di noi coglionazzi recensori. Ma qui qualcosa sta cambiando. E la montagna di spazzatura che ci viene addosso da tutte le parti, peggio di quella che si raccatta per le strade, incomincia a renderci nervosi. E allora giù botte da orbi nella capa di certi autori e la penna che diventa una clava e nei casi più raffinati uno stiletto ben affilato. E gli autori che si ribellano e altri recensori che si buttano nella mischia a difendere ora l’uno ora l’altro e le voci che si mischiano, che si alzano e diventano strilli, urla, schiamazzi in una baraonda infernale. Con il sottoscritto compreso, s’intende, che mica voglio rimanere fuori dalla bolgia. Ah, scusate, mi dimenticavo della nuova figura emergente: il Tuttologo. Non posso trascurarla, via. Abbiate pazienza ancora per un po’ e vi siete guadagnati quantomeno l’accesso al Paradiso. La parola stessa ci indica la sua nuova professione. Egli sa tutto, si intende di tutto. E scrive di tutto. Come organizzare e sviluppare una vicenda poliziesca, via non c’è nemmeno bisogno di dirlo. E’ una vita che costruisce macchinazioni ed intrighi perfetti. Su questo non esiste problema. La performance è assicurata. Morti e intrighi a volontà. Troppo facile. Troppo elementare, caro il mio bel Watson (questa me la potevo risparmiare).Occorre aggiungere qualcosa di vivo, di attuale, di concreto. Una bella critica alla società, per esempio. Ed ecco allora il nostro Tuttologo tuffarsi negli angoli più sordidi e bui per tirare fuori il marciume che ci appesta e mettersi le mani nei capelli, e gridare allo scandalo e lanciare anatemi e moccoli da tutte le parti.Ma pensate, voi letteronzoli ingenui, che la sola critica alla società crudele e abietta possa bastare al nostro Tuttologo? No che non può bastare. No che non basta. Insieme al sociale ci vuole l’individuale. Insieme alla sociologia, la psicologia. Ma non una psicologia superficiale, terra terra che lascia il tempo che trova. Occorre un trattato. Denso e compatto. Una anamnesi da brivido. Almeno sul protagonista principale. Che si sdraia sul lettino all’inizio per alzarsi alla fine del libro. Sudato fradicio peggio di un chirurgo dopo una estenuante operazione.Bene, sociologia e psicologia. Se ci si aggiunge la storia dei morti ammazzati (in un giallo che si rispetti c’è sempre) siamo a posto. Diremmo noi. E, sono sicuro, direste anche voi. Un tubo! grida paonazzo il Tuttologo. E la filosofia? Dove la mettiamo la filosofia? Già, che sciocchi, ce n’eravamo dimenticati. Ad una certa età…Non sarebbe da Tuttologo lasciarla da parte. E infatti, se ci fate caso, nei suoi libri non la lascia per niente. Ma se la trascina dietro dalla prima (diciamo quasi per non esagerare) all’ultima pagina. Con riflessioni sofferte sull’uomo, sulla sua vita, sul suo destino, sui suoi amori, sui suoi dolori. Sulla felicità, sull’odio. Sulla morte. Su Tutto. Essendo egli, appunto, un Tuttologo. Ma quello che più colpisce oggi, come in certi tempi passati, niente di nuovo sotto il sole, è l’uso disinvolto e sprezzante dello stile realistico per vincere una realtà che è più efferata della più efferata fantasia. Mamma che uccide il figlio e il figlio che uccide la mamma, il babbo che sgozza moglie e figli, il nipote che fa a fette gli zii nel garage, il fidanzato che randella la fidanzata, la fidanzata che sgozza il fidanzato dopo aver fatto l’amore con lui come la mantide religiosa con il suo maschietto di turno (di differenza c’è che lo mangia), il vicino di casa che spacca il cranio al dirimpettaio. Ne uccide più la parentela che la spadaE dunque il romanzo poliziesco pulitino e precisino con il suo bravo morto decentemente ammazzato non va più di moda, le cellule grigie fanno tilt, le camere chiuse rimangono chiuse e il povero giallo classico se ne sta tutto triste e silenzioso a mugugnare in un angolo. Non certo i suoi sostenitori che incominciano ad agitarsi, fanno gruppo, si ribellano, chiedono più attenzione e più rispetto per una tradizione tutta italiana. E gli altri, i fans del movimento più movimentato, della pistolettata facile, del marcio che si annida dappertutto, dei colpi di scena a ripetizione continua a dar loro dei vecchi barbagianni imbalsamati.
Ma, come succede spesso, la colpa non è dello stile realistico. La colpa sta nel manico, Cicciolotti miei. Ve lo dice uno che se ne intende, anzi che se intendeva “E’ facile fare un cattivo uso dello stile realistico: per la fretta, per incoscienza o per l’incapacità di superare l’abisso che sta fra quello che lo scrittore vorrebbe saper dire e quello che sa effettivamente dire. E’ uno stile facile da tradire: la brutalità non è forza, l’impertinenza non è spirito, la troppa tensione può essere noiosa come l’eccessiva piattezza, gli amorosi commerci con bionde di facili costumi possono divenire una insigne seccatura quando son descritti da famelici giovanottini il cui solo scopo è quello di descrivere amorosi commerci con bionde di facili costumi”.
Firmato: Raymond Chandler.E di’o po’o.
Fabio Lotti
Il blog personale di Fabio Lotti è consultabile all’indirizzo www.libridiscacchi.135.it
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gennaio 7th, 2009 at 16:01
Quella descritta da Fabio è una situazione che, nella storia del romanzo popolare, accade dalla notte dei tempi. Basta andarsi a rileggere Cervantes, ovvero il capitolo in cui il curato e il barbiere del paese gettano dalla finestra i volumi della biblioteca di Don Chisciotte, scoprendo che il novanta per cento di quei tomi cavallereschi erano clamorose porcherie, o nella migliore delle ipotesi libri che imitavano biecamente i pochi classici del genere.
Il fatto è che Theodore Sturgeon aveva ragione da vendere quando scriveva che “il novanta per cento di qualunque cosa non vale niente”, e non si vede perché il giallo (in questo caso italiano, ma vale anche per quello europeo e americano) debba fare eccezione.
Qualunque genere letterario di successo ha dovuto fare i conti con centinaia, migliaia di epigoni che cavalcano la popolarità del fenomeno senza possedere un briciolo d’originalità. Ma questo è vero dai tempi di Lecoq, Rouletabille, Sherlock Holmes e Arsenio Lupin, mica è una novità.
gennaio 7th, 2009 at 17:38
Divertente intervento.
Si vede che di gialli ne leggi davvero parecchi, e molti dei manierismi del giallo contemporaneo vengono sbeffeggiati per quello che sono.
Credo che l’inflazione giallo/thriller sia il segno più evidente del successo del genere:
da appassionato di fantascienza, non posso che invidiare il lusso di avere una scelta così ampia.
Credo che di fronte al “fiume giallo” che inonda le edicole, diventa essenziale avere un critico di fiducia che aiuti a separare il guano dalla nutella.
Il problema è che non si sa di chi fidarsi, visto che spesso il recensore di oggi è il giallista di domani e il curatore di antologia di dopodomani.
gennaio 7th, 2009 at 21:46
Vorrei precisare e circoscrivere il mio pezzo su un piano direi di quasi puro divertimento con l’esagerazione tipica delle più o meno riuscite satirette. Niente di più, niente di meno. Il mio obiettivo è quasi sempre quello di offrire una piacevole lettura. Questo passa il convento lottiano. Di più nin so come dice un attore storpiando di proposito la grammatica.
Aggiungo che Quiller ha ragione quando dice che anche i recensori talvolta si mettono, purtroppo, a scrivere gialli e quel “bischero” citato nell’articolo è proprio il sottoscritto. Tanto per non far differenze. Ma non è detto che un cattivo scrittore non sia un bravo recensore e viceversa. Certo se il cattivo recensore combacia con il cattivo scrittore allora e so’ ‘azzi amari!
Seriamente. Il lettore non è mica scemo. Dopo un paio di volte che è stato “fregato” dal recensore col cavolo che poi lo legge ancora e ascolta i suoi consigli!
gennaio 8th, 2009 at 08:15
Divertente.
Se non fosse stato così non mi sarei divertito, non sarebbe stato Lotti. Ma poi Fabio a me pare un clown che voglia far ridere ma in fondo è molto serio nel profondo anzi è triste. E io lo conosco, ho avuto modo di conoscerlo un po’ più degli altri..
L’articolo, farsesco volutamente, in realtà sciorina tutti o quasi i leit-motiv del Giallo attuale. Dico Quasi tutti perchè solo una cosa non vedo, in questa lunghissima teoria di modi di fare : la presentazione.
Spesso leggi la presentazione di.. pingo pallino. Quando non è sufficiente quello che dice Fabio e non è re o regina allora ci vuole la presenzazione : ma essa è tanto più pertinente ed efficace quanto più famoso è chi presenta. Solo che non sempre il “bello” effettivamente si coniuga col “buono”, non sempre chi presenta effettivamente coglie il giusto presentando Caio, non sempre il romanzo è veramente rivelatore. Ecco allora che la presentazione diventa una pedina necessaria nel processo di vendita di un libro, indipendentemente dal fatto che sia effettivamente buono o meno; e poi anche se manca una presentazione uffciale da parte del fenomeno del momento, ci saranno i commenti in quarta di famose testate oltre oceano e via dicendo, e quando non ci sono, ecco le testate locali (ahiahia : dimostrano che il libro è una cosa nostra non è PINGO ma pingo).
Il fatto che non si mette mai volutamente in primo piano è che spesso anche quello che è diventato il fenomeno del momento, in realtà è stato presentato da qualcuno; e quindi se qualcuno non l’avesse presentato, lui non avrebbe avuto successo e così chi presenta a sua volta. Insomma un trionfo dell’effimero.
Poi ogni tanto qualcuno dei presentati si rivela un nuovo Ellery Queen. Ma solo ogni tanto..
Ma..meglio per gli Ellery Queen, i Chandler,i Van Dine, i Carr, le Christie, che poi rimangono le vere pietre di paragone senza cui tutto il resto sarebbe vano.
Tutto il resto è vero.
E ci mette tutti quanti nella sua filippica anche noi della Banda Mondadori, noi che ciattiamo.
gennaio 9th, 2009 at 14:37
Ancora una volta mi complimento con Fabio Lotti per un suo scritto.
Penso che il termine migliore per commentarlo sia arguto.
Sorridendo esprime le molte perplessità dei lettori di gialli. Grazie per questa forma di sostegno morale
gennaio 9th, 2009 at 20:08
Se qualcuno avrà voglia di leggere due o tre spunti della mia vita noterà che sono di estrazione del tutto popolare. Se a ciò si aggiunge che sono nato in un paese della Toscana, terra notoriamente fertile per l’umorismo, l’ironia, la satira, lo sbeffeggiamento e pure per la semplice affettuosa presa in giro, allora si renderà ben conto perché io pratico con gioia fanciullesca questa forma di espressione.
Anche nel campo degli scacchi dove ho preso di mira alcune figure tipiche della variegata fauna che si aggira attorno alle sessantaquattro caselle. Tenendo sempre presente che il sottoscritto fa parte integrante di tutto l’ambaradan. Qualche volta esagero e divento palloso. Come quando insistevo e insisto nel voler bruciare i cassetti degli autori in modo da estirpare sul nascere i loro parti mostruosi. O quando propongo un anno sabbatico (per modo di dire) durante il quale niente libri ma tutti, compreso sempre lo scrivente, a zappa’ i ‘ampi, a guarda’ i maiali, a raccatta’ la spazzatura o a tira’ le seghe a’ piccioni mentre volano.
“Turbe senili” ha sentenziato lo Smocovicce. E non c’è da dargli torto.
gennaio 12th, 2009 at 11:58
Anche la nota biografica è divertente
A proposito: condivido in pieno l’idea dell’anno sabbatico “a zappa’ i ‘ampi”.
Scrivente compresa, naturalmente
gennaio 12th, 2009 at 12:22
Guarda Silvia se vuoi sorridere ancora (spero) vai su http://www.zaffoni.it/orient_express_01.htm dove potrai scaricare, tra le altre cose di alrtri autori, “Il Giallo e il Cavallo” parte prima e seconda, praticamente un colloquio in forma ironica fra il sottoscritto e il mio Alter Ego sul giallo e gli scacchi, le mie grandi passioni. Da favola le copertine di Bruno Zaffoni.
Ritornando al tema che ho trattato con divertita superficialità invito i lettori a tirarmi anche qualche sassata che altrimenti e un ci si diverte.
gennaio 13th, 2009 at 12:22
Grazie per il link ho scaricato il Giallo e il cavallo 1 e ho iniziato a leggerlo lo trovo divertente e spero che non me ne vorrà se non ho trovato motivo per tirarle una sassata fin dall prima pagina
Ieri ho terminato la lettura di ‘Sotto la neve’ di Jefferson Farjeon che consiglio vivamente.
A proposito: visto che lei, Fabio, è un così grande estimatore di Agatha Christie, può per favore convincermi che ‘Dieci piccoli indiani’ è un bel libro?
Personalmente ho grossi dubbi sul finale.
gennaio 13th, 2009 at 13:13
La sassata, a dir la verità, era riferita a ciò che ho scritto in questo blog altrimenti il grande Gerax ci scancella se oltrepassiamo troppo la linea di confine. Già letto e recensito il libro di Farjeon che però non mi pare all’altezza di tanti altri Capoccioni del delitto.
Estimatore dell’Agatha sì, ma mica cogli occhi foderati di prosciutto. Infatti non ho voglia di convincerti per niente. Rimani con i tuoi dubbi.
gennaio 16th, 2009 at 14:04
A tutti i lettori di gialli che volessero prendersi un anno sabbatico e mettersi a zappare i campi…..Senza complimenti, il campo lo metto io :)))) giusto ne ho uno che necessita di questa operazione. Ovviamente metto a disposizione anche le zappe..:)))
In attesa di adesioni, Vi saluto tutti.
gennaio 16th, 2009 at 14:20
L’anno sabbatico era riferito soprattutto agli scrittori ma se si incomincia con i lettori va bene lo stesso. Intanto facci sapere il luogo…
gennaio 17th, 2009 at 14:46
Niente di più facile, Fabio. Il luogo è nel Perugino, tra delle colline ed il fiume Tevere, proprio in riva ad esso. Volendo, tra una zappata e l’altra, ci si potrebbe rifocillare presso degli agriturismo dove si mangia niente male se ci si accontenenta di pasta fatta a mano, agnello, oca, anatra, maiale, pollo ed altro similare. Il tutto annaffiato con del vinello…. Ottima ocasione per parlare di gialli. Non menziono Eurochocolate perchè, detto tra noi, è una una solenne fregatura….
gennaio 18th, 2009 at 00:31
Bene, io mi preparo. Ricordo a tutti ifrequentatori del blog di non avere alcun timore a partecipare alle discussioni. Per quanto mi riguarda mi piace dare e ricevere del tu. Ricordatevi anche di dire qualcosa su ciò che viene scritto.
Buttatevi!