Riso e sorriso (soprattutto il mio) tra furti, rapine e morti ammazzati.

ottobre 26th, 2010 by Moderatore

Una nuova “chiacchierata tra vecchi amici” del Nostro Fabio Lotti. 

Buon divertimento.

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A scuola ero un patito del tema libero. Anzi, all’inizio, del “pensierino” libero che alle elementari si partiva da questo. Mi è rimasto impresso un pensierino di un ragazzo che fece scompisciare tutto il paese (Staggia). Verteva sulla figura del muratore. Papale papale “ Zenzerino. I maratore fa i gabinetto e poi ci caca” che, a parte gli errori ortografici, formulava una sintesi perfetta di lavoro e utilità. Il poveretto si beccò l’appellativo di “Zenzerino” per tutta la sua vita…Dicevo del tema libero. Potevo scorrazzare a mio piacimento con la fantasia e farlo lungo come mi pare. Ci infilavo di tutto e di più, mentre parecchi compagni andavano nel pallone per tirar fuori tre parole. In compenso ero io a sudare freddo, quando si trattava di mettere insieme un paio di numeri.Ah, la Natura…Eccomi dunque a sfruttare la mia presunta dote anche in campo giallistico. Parto dal riso e dal sorriso intrufolato per lo più nel romanzo poliziesco.Domanda alla Di Pietro “Che c’azzecca il sorriso e il riso con la nera signora dalla lunga falce?”.Di primo acchito sembra proprio che non c’azzecchi niente. A meno che la vista del morto non ci riporti alla mente le battute che faceva da vivo e allora una risatina (se erano passabili) sotto voce ci può anche scappare. Eppure la morte non è proprio disgiunta dal sorriso, anzi dal riso, che in certe società il dipartito si festeggia con canti e balli senza piangerci troppo sopra.

Il riso come spauracchio contro la morte,  diciamo pure uno spernacchio tanto per cercare di renderla  meno terribile.Sorriso e morte, dunque, ci può stare. Nella realtà, volevo dire, figuriamoci nei parti allucinanti e allucinati della fantasia umana. Ergo nel romanzo poliziesco (già detto). Sorriso che si può carpire in vari modi e vari espedienti sui quali un breve accenno come in una chiacchierata fra vecchi amici. Il trucco della chiacchierata è furbetto e pure vigliacchetto. Ci si può permettere un linguaggio semplice e nello stesso tempo nascondere qualche pecca culturale (se è una chiacchierata non si sta a guardare tanto per il sottile). Mentre l’aggettivo “vecchi” tende a scoraggiare qualsiasi tipo di intervento. Soprattutto degli amici che non vogliono riconoscere lo scorrere inesorabile del tempo. Meglio una pagina bianca che gli insulti (consiglio per i giovani scrittori).

Veniamo all’ironia sui personaggi (invento di nuovo e riprendo cose già scritte che mi sembrano passabili).   Esempio eclatante Hercule Poirot. Un piccoletto belga con la testa a forma di uovo già ti apre la bocca al sorriso. Se poi si aggiungono i baffi ben curati, i guanti, le ghette, gli occhiali con il pince-nez, il bastone che si porta dietro perfino al gabinetto, la retina per tenersi i capelli impomatati durante la notte, allora le labbra tendono ad allargarsi ancora di più. La risatina sussultoria arriva con il terrore del freddo (lo patisce di brutto), il suo particolare rapporto con le donne, la sua testarda vanagloria attraverso le celluline grigie che non stanno mai ferme e ballonzolano da tutte le parti.Molte delle vicende della nostra Agatha non avrebbero il risalto che hanno senza la presenza del piccoletto.E la parola “piccoletto” mi fa venire in mente Renato Rascel, che interpretò magnificamente (secondo i gusti) sul piccolo schermo (appunto) negli anni settanta le avventure di padre Brown, uscito dalla penna frenetica di Gilbert Keith Chesterton. Un “pretucolo” dalla “faccia tonda e inespressiva come gli gnocchi di Norfolk” sempre attaccato ad un ombrellaccio che gli cade di continuo.

Esperienza e buon senso uniti insieme a farne un detective infallibile. E non per mettere in gattabuia ma per salvare, per redimere. Con quel pizzico di imbranatura (ne combina sempre qualcuna) che ce lo rende divertente.Di diversa stazza è senza dubbio Nero Wolfe. Un grosso pachiderma statico che non si smuove nemmeno con le cannonate (qualche volta sposta il culone ma è un miracolo) .A muoversi è, invece, Archie Goodwin, il suo giovane braccio destro che racconta gli eventi in prima persona e ci rende edotti delle peculiarità del Nostro. Grande esperto culinario, innamorato pazzo delle orchidee (di cui conosce vita, morte e miracoli), refrattario al gentil sesso (comune a diversi detective) eccetera, eccetera.Non è che sia particolarmente simpatico di per se stesso, anzi per nulla. Sono le sue manie e i suoi scontri con gli altri (in particolare con l’ispettore Fergus Cramer) a strapparci un sorriso. Insieme alla prosa straordinaria dell’autore.Tra il 1969 e il 1971 comparvero alla televisione una serie di sceneggiati sul Nostro interpretati magistralmente da Tino Buazzelli (già scritto e dunque chi l’ha letto può saltarlo). Fu un trionfo.

Me lo ricordo bene perché erano gli anni della contestazione studentesca, per cui di giorno mi ritrovavo a blaterare con i “compagni” sciocchi slogan del tipo “Tutto e subito” (magari meglio un poco per volta) e la sera, invece di studiare come combattere l’Autorità con la A maiuscola, me ne stavo ignominiosamente rincantucciato sulla poltrona a godermi le esilaranti avventure nate dalla penna di Rex Stout. Una delle tante contraddizioni della beata gioventù un fico secco (almeno della mia. Mai una lira in tasca!).In quegli sceneggiati che davvero fecero epoca c’erano altri attori di gran pregio: Paolo Ferrari ad impersonare Archie Goodwin, Pupo de Luca che rappresentava il cuoco e maggiordomo belga Fritz Brenner e Renzo Palmer nelle vesti dell’ispettore Fergus Cramer (O tempora, o moresse!). Altro personaggio massiccio, più largo che lungo, Charlie Chan (riprendo in parte da “Corpi freddi”). Creato nel 1925 con “La stanza senza chiavi” dal giornalista e critico teatrale Earl Derr Biggers, il cinese Charlie Chann, ispettore della polizia di Honululu, è piccolo, abbondantemente grasso, si muove con una leggerezza vellutata, guance morbide, pelle color avorio, occhi obliqui (naturalmente).Un impasto cino-americano intriso di lieve umorismo che conquistò gli americani stessi. Dalle sue avventure furono tratti più di quaranta film, alcuni dei quali con un interprete davvero eccezionale: lo svedese Warner Oland che rappresentava in maniera perfetta il personaggio (per essere nordico aveva un aspetto orientale).Nella letteratura del tempo l’uomo con gli occhi a mandorla è visto infido, perverso e maligno.

Con il nostro cinese, modi garbati e amabile fino all’eccesso, Earl volle fornire “un ritratto più corretto di quella razza”.Chan è un animale notturno come i cinesi, fuma il sigaro, famiglia numerosa con moglie larga quasi quanto lui, una brancata di pargoli più o meno cresciuti (undici!), scontri inevitabili con loro e rimpianto per “i vecchi sistemi, le vecchie abitudini”, ma non può farci niente (sospirone, e noi sospiriamo con lui che le “vecchie abitudini” si tramandano e si calpestano tranquillamente con il passare del tempo). Suo braccio destro il giovane Kashimo che “conosce ogni fessura, ogni crepa del piccolo mondo della malavita”.Provvisto di una serie infinita di proverbi e aforismi vari: “Se qualcuno non avesse lodato il suo raglio, l’asino non raglierebbe più”, “La fretta è il vento che distrugge le impalcature”, “Cosa può un uomo pensare sotto un albero pieno di uccelli?”, “E’ l’uccello che sceglie l’albero, non l’albero l’uccello”, “L’uomo saggio, sapendo di essere sospettato, non si china ad allacciarsi le scarpe in un campo di meloni” (questa è bellina, ma perché proprio in un campo di meloni?), “L’uomo che sta per attraversare il fiume non dovrebbe insultare la madre del coccodrillo” (Io serberei il massimo rispetto perfino ad un suo biscugino alla lontana). In una famosa parodia di Peter Sellers “Domande è come carta igienica vetrata: a lungo andare molto irritante”.Credo sulla parola…Il dottor Fell di John Dickson Carr continua la serie dei tipi mastodontici, un po’ più burberetti, però. Gigantesco come una montagna (un personaggio lo appella Gargantua), cappello a larga tesa, mantello nero ampio come una tenda da campo, un terribile paio di baffi spioventi, un paio di occhiali pince-nez tenuti da un cordoncino nero.Fuma una pipa di schiuma, tuona, ruggisce, sbuffa come un mantice e ogni tanto lancia il grido tremendo “Arconti di Atene!”. Da far tremare le vene e i polsi e invece un sorriso me lo strappa proprio per questa sua presenza massiccia ed esuberante in tutti i sensi.Come l’altra creatura Sir Henry Merrivale di Carter Dickson, che è poi lo stesso di prima . Ecco una descrizione “Movendo gli occhiali su e giù sul naso, sir Henry Merrivale sbirciava alternativamente Sanders e l’ispettore. Di tanto in tanto, come muoveva il corpaccione sull’ottomana, la polvere accumulata nelle tende sovrastanti gli cadeva sulla testa calva, e allora lui guardava in su e imprecava”.

Non solo impreca. Mi sono divertito a sottolineare il modo con cui si esprime: sbuffa, grida, ringhia, accentua il broncio, esorta, si scuote, si acciglia, grugnisce, scuote il capo, trasalisce, brontola, emette un ruggito, ordina secco, ha l’aria chiusa e ostinata.Una specie di belva chiusa in gabbia. Una grossa belva dalla mascella quadrata con un pancione “ornato da una gran catena d’oro che doveva servire a sostenere l’orologio” e che lo precede “Maestosamente come la polena di una nave”.Inutili le cure dimagranti. Fuma da una pipa annerita, è un bel bevitore e un gran sottaniere. E questo non toglie niente, se non aggiunge, alla simpatia.D’altra parte il “Grosso” (no, non parlo di Jonathan), sia nella vita letteraria che in quella reale, in genere ti instilla il sorriso non fosse che per le sue forme strabordanti. Difficile trovarne uno cattivo, uno cattivo vero, voglio dire, anche se impreca e mugugna. “Fallo esse pure cattivo” si diceva dalle nostre parti di fronte ad una montagna di carne in movimento. Però il suo lato negativo ce l’aveva e da ragazzo ho visto più di un “ciccione” paonazzo rincorrere invano i suoi detrattori con le risate di scherno che piovevano da tutte le parti.Mette allegria Lorencito Quesada di Antonio Munõz Molina, corrispondente del giornale di provincia “Singladura”. Vive da solo con una madre praticamente sorda che guarda in continuazione telenovela alla televisione. Pantofolaio, cicciotello, con pochi capelli “sul cucuzzolo della testa”, beve normalmente china di San Clemente e mangia uova bollite.Ha il labbro superiore spaccato e sollevato verso il naso che trema quando è in ambasce. Madrid lo mette in crisi. Troppo caotica e convulsa, troppo piena di malfattori, di puttane, di omosessuali, di drogati, di stranieri. Soprattutto gialli (quanto gli danno noia!).

Un personaggio comico ben riuscito. La madre di Quesada, fissata con le telenovela, mi ha riportato alla mente quella del barbiere Barney Thomson in La bottega degli errori di Lindsay Douglas affetta dalla stessa “malattia”. Un libro letto un paio di ani fa, praticamente una miscela di noir, farsa, grottesco, ingarbugliamenti vari da tenerti su il morale per un bel pezzo.Dovrei continuare il discorso sulle famose “spalle” o bracci destri che servono a catalizzare il sorriso come il già citato Goodwin o sui personaggi minori alla Catarella che sanno di macchietta, ma allora sarebbe troppo lungo e troppo studiato. Insomma mi costerebbe un bel po’ di fatica e mica ho voglia di perderci troppo tempo (tra l’altro non tolgo nemmeno un “troppo” di troppo per la pigrizia che mi ritrovo). Però la lettura del nostro Camilleri viene d’obbligo che la Sicilia è terra benedetta di autori sfiziosi baciati dalla dea Allegra (cito solo Ottavio Cappellani e Valentina Gebbia, come dire Catania e Palermo).Le vecchiette detective, poi, mi sono sempre rimaste simpatiche. Stanno lì zitte zitte (per modo di dire), parlottano, confabulano, spettegolano, sferruzzano, sorridono (pure loro)…e ti risolvono l’arcano in quattro e quattr’otto.  Soprattutto quelle sprint per cui la vecchiaia è giusto una favola. Vedi Cora Felton, per esempio, la signora degli Enigmi di Parnell Hall già evidenziata in altro contesto. Vive con la nipote Shery Carter che vuole evitare le violenze del marito. Non cuce o sferruzza ma risolve i cruciverba. Nella rubrica tenuta da Sherry c’è la fotografia di Cora che appare “una dolce nonnina dai capelli bianchi”. Le piace bere e fumare senza perdere il ben dell’intelletto. Non si spaventa di niente.All’occasione si appende al collo l’inseparabile borsa a sacco e si cala dal tetto. Sì, avete capito bene, si cala dal tetto per entrare in un ufficio. E non ha remora nello spaccare vetri con il calcio della pistola. Scorrazza a suo piacimento in internet e le piace chattare.

Interessata a situazioni forti, che provocano emozioni “Voglio qualcosa di appassionante, dai risvolti succosi. Sesso, scandali, morti ammazzati. Chiedo troppo?”. Mi pare il minimo…(Ultima scoperta la vedova Franca (70 anni) che si ciba di gialli e di enigmistica di Gaia Conventi in “La morte in pentola” e già il titolo mi apre la bocca).Dal passato più o meno lontano al presente. Signore e signori ecco a voi Vish (nome completo Vishwas) Puri di Tarquin Hall! Siamo in India, a Nuova Delhi. Cinquantuno anni, fondatore della “Investigatori privatissimi Lid”. Bassotto, grassoccio, traccagnotto, dotato di una discreta nappa nasale, soffre di pressione alta e deve stare a dieta. Dico “deve” perché quando può scantona, svicola, non sta alle regole.Suoi collaboratori (notare i soprannomi) Luci al Neon, Sciacquone e Crema Da Viso (gnocca nepalese). Uomo onesto e anche generoso, è chiamato “Cicciotto” nell’ambito familiare ma dai suoi sottoposti , forse per rifarsi, deve essere assolutamente chiamato “Boss”. Sua diletta moglie Rumpi (in italiano tutto un programma) e sua fedele segretaria Elizabeth Runi che ha il dovere di “massaggiare con garbo il suo ego”. Piuttosto cospicuo: “Sì, sono un investigatore privato, il migliore di tutta l’India, per essere esatti, come molti personaggi importanti potrebbero dirle” risponde ad uno dei personaggi. E’ pur vero, però, che nel 1999 ha ricevuto la targa Super detective dalla Federazione mondiale degli investigatori e dunque un po’ di autostima gli si può concedere. Abile nei travestimenti, da giovane ha recitato e vinto pure il premio Attore dell’Anno per una sua interpretazione di Amleto. Fissato con i berretti sandown (migliori quelli di Bares e Piccadilly), ha una paura matta degli aerei e non gli piace essere paragonato a Sherlock Holmes, anche se tira fuori qualche deduzione che ci ricorda l’Investigatore per antonomasia.

Il suo credo nel lavoro: vanno bene i metodi scientifici “Ma niente può sostituire la vecchia, classica, raccolta di notizie””.Sempre in forma e sicuro di sé “Nessuna magia né trucchi da illusionisti né acrobazie verbali può fermarmi”. Non manca qualche spunto sulla società e la vista dello slum di Delhi con le sua miseria, la sporcizia, le baracche, infestato da ogni tipo di animale. Puri la vede così “L’uguaglianza è un’ottima cosa…Ma se la godano gli altri. Io mi tengo la macchina e l’autista” (mica scemo).Dall’India alla Calabria (bel salto!) con Imma (Immacolata) Tataranni di Mariolina Venezia, sostituto procuratore di Matera, quarantatre anni, alta uno sputo, un po’ miope (mi pare), faccia di “luna piena”, tacchi a spillo, capelli rosso mogano o fiamma o carota, o addirittura di “un infido color melanzana”, secondo lo schiribizzo giornaliero. Per la suocera, poi, “la donna peggio vestita di tutta la provincia”, anche se sui giudizi delle suocere c’è sempre da stare cauti.Non ha fantasia, né una particolare intelligenza, né un certo intuito comune a tanti/e piedipiatti/e dei nostri romanzi, ma una bella memoria che l’ha aiutata anche durante gli studi scolastici. Ligia al dovere, “implacabile come un orologio a cucù, insensibile alle sfumature e concentrata sul risultato”, tiene sotto torchio i suoi sottoposti (spia soprattutto la Moliterni che esce spesso per gli affari suoi) e li fa tremare quando ha la luna storta.Per non esplodere troppo spesso trattiene il respiro (guance gonfie) o tira fuori qualche piacevole ricordo.

Ostinata e dura come le piante che crescono fra i sassi, i suoi pensieri vanno di pari passo con le azioni di tutti i giorni e con i suoi istinti primordiali, mentre sbuccia i piselli o, se presa da un dubbio, subito distratta da un babà o da una pizza rustica.Sposata felicemente con Pietro e portata altrettanto felicemente al sesso come cosa naturale e spontanea, è attratta dal giovane appuntato Caligiuri che le dà una scossa dentro. Ha una figlia Valentina in età adolescenziale, studia al liceo e le procura qualche grattacapo (i soliti vestiti firmati e via dicendo) condito da qualche pulsione omicida a stento repressa (tipo soffocamento). Non manca la vecchia madre con badante, anzi badanti straniere che non ne possono più, insieme ad uno strisciante senso di colpa. Da favola quando cammina su tacchi alti lungo strade di campagna ingombre di sassi. Un gustoso impasto di ironia e umorismo.I personaggi che non suscitano particolare buonumore come Sherlock Holmes per il loro carattere solitario, ombroso, oppure troppo rigido, subiscono una specie di nemesi da parte del riso attraverso le numerosissime e stravaganti parodie (appunto infilato un po’ a forza).Se si può sorridere di personaggi più o meno seri, si può sorridere a maggior ragione  di certe situazioni create apposta per farci sorridere.A tal proposito mi viene in mente Donald Westlake che con il ladro Dortmunder e la sua banda “eccentrica” ha reso il noir più gradevole di un film di Totò. Le sue storie incasinate assomigliano molto alle commedie degli equivoci dove se ne combinano di tutti i colori e dove circolano certi personaggi che se non sono strambi ed hanno qualche tic particolare vengono buttati fuori a calci nel sedere. Nel 1974 scrive Come ti rapisco il pupo (Jimmy the Kid) che è un divertimento (il nostro) nel divertimento (il suo). Poiché tutti i piani della banda scalcinata falliscono (era prevedibile visti i personaggi) si pensa di sfruttarne uno che ha già conosciuto il successo. Praticamente seguendo pari pari le indicazioni tratte dal libro “Hanno rapito Bobby” di un certo Richard Stark, uno degli pseudonimi dello stesso Donald Westlake.Chiaro come il sole che anche questo piano copiato farà la stessa fine degli altri. Per dare l’ultimo addio al mattacchione di Westlake mi sono beccato il romanzo inedito della serie Dortmunder Get Real- colpo grosso al reality show della benemerita Alacràn edizioni. Copertina da vomito (ma chi l’ha ideata?) sopra un piatto delizioso (però, ad essere sincero, non il migliore della “cucina”).E mi vengono in mente Hap e Leonard di Joe R. Lansdale, una coppia sbrindellata che ne combina di tutti i colori (uno nero, gay e repubblicano, l’altro etero e democratico), ultimamente alle prese “con una specie di setta di vampiri e una stramba organizzazione di killer mercenari” (DevilRed, Fanucci 2010, tradotto dal nostro Luca Conti, a cui si deve, almeno in parte, il successo dello scrittore americano in quel di casa nostra).

Si può sorridere pure di certe situazioni che di per se stesse non hanno niente di comico. Mi riferisco a tutti quei testardi tentativi di creare per forza una continua e stressante atmosfera di inquietudine e di matta paura. Allora arriva il temporale, il vento ulula, la porta cigola, la finestra sbatte, il gatto miagola, il cane abbaia, la civetta manda il suo lugubre verso, un lampo, uno schianto del fulmine, la luce va via, i passi dell’assassino, la corsa nel buio, si inciampa, si cade, ci si rialza…e insomma tutto questo popò di casino invece di far gelare il sangue nelle vene un certo tipo di sorriso te lo strappa (o vediamo se nel frattempo arriva pure il terremoto e qualche asteroide impazzito…).Così come riescono a strapparmi un sorriso tutti quei trucchi, tutti quegli artifici, tutti quei marchingegni stramaledettamente complicati (e pure impossibili) ideati dall’autore (quanto tempo ci avrà perso?) per far fuori in maniera diversa dal solito la povera vittima di turno. Sicuro che  alla fine di tutto l’ambaradan mi scappa un divertito “Ma guarda che cosa ti ha inventato!”. E se proprio devo essere sincero fino in fondo (perché non dovrei?) anche i morti che non stanno mai fermi e non si ritrovano più nello stesso posto passando, magari, da una bara all’altra come nel gioco delle tre carte (facendo impazzire il cercatore di turno), solleticano il mio nero lato umoristico.Di romanzi gialli più o meno volutamente sgangherati ce ne sono in giro e si può sorridere di fronte a ciccioni esplosivi (giuro!) che esplodono così all’improvviso e a tre vecchietti anconetani che cercano di scoprirne il mistero. E a proposito di ciccioni mi viene in mente il Grasso di Pier Damiano Ori dove Cardoso Pires fa fuori su commissione cani di razza (ma dico io…). In un altro lavoro più o meno strimbellato vengono ammazzati notai come mosche. Chi ce l’ha con loro? (certo con quello che costano i sospettati non mancano…).

Ricordo nei primi anni sessanta una serie di gialli umoristici di Carlo Manzoni con titoli che erano tutto un programma: Ti svito le tonsille, piccola!, Che pioggia di sberle, bambola!, Io, quella la faccio a fette, Un colpo in testa e sei più bella, angelo! ecc…dove la donna mica se la passava tanto bene…Anche il sottoscritto ha dato il bel suo contributo al parto funesto (il mio) dei gialletti più o meno venati di umorismo.Ne ho tirati fuori ben tre pubblicati dalla temeraria Prisma di Roma: Partita a scacchi con il morto, Chi ha ucciso il campione del mondo? e Scacchi e sesso.Qualche notizia in una auto-intervista da presa in giro su http://corpifreddi.blogspot.com/2009/08/intervista-fabio-lotti.html. (per far contento l’editore…).Si può sorridere del linguaggio in sé e per sé, voglio dire di un determinato tipo di linguaggio. E qui mi soccorre ancora Lansdale. In certi suoi libri la prosa incalzante, iperbolica, intermittente, pronta a creare situazioni sempre nuove in un groviglio inestricabile è già fonte di goduria. Riprendo in parte una mia recensione di Altamente esplosivo, tradotto ancora una volta da Luca Conti, per darvi un’idea. “Dieci racconti, dieci storie, niente “mallopponi capacissimi di schiantare un bue, se gli cadono addosso” e che vanno tanto di moda. C’è di tutto e di più in questo incasinamento verbale: il grottesco e l’assurdo, l’horror con l’atmosfera di attesa e terrore, i fantasmi, i lupi e i vampiri che ti saltano addosso, la favola della pillola miracolosa che fa crescere all’infinito, il favoloso con le undici dimensioni, la messa a nudo del male, il crudo realismo, il sesso che spunta da tutte le parti, con la morta e con la capra, le botte, il sentimento che affiora nebuloso e come spaventato, violenza, brutalità, il ribaltamento delle aspettative.Una grande, ininterrotta affabulazione, spazi chiusi e spazi aperti, mulo bianco e maiale pezzato che corrono insieme, da un niente, da uno sbuffo di storia una carovana di episodi scalcagnati dove può venir fuori pure il razzismo e lo sfruttamento, tra pistolettate varie.Qualche breve storiella a riprendere fiato magari di stampo diverso (troppe telecamere puntate addosso e non ci si può nemmeno scaccolare) e poi giù di nuovo a correr per valli e dirupi e galoppate e spari tra squarci di umanità lercia e ottusa.

C’è ritmo, movimento in questi racconti, una ridondanza, una lussuria di parole che sembra sortire fuori dai fatti stessi e se affiora qualche piega che pende verso un tantinello di luce subito viene stirata dal passaggio serrato degli eventi”. Non propriamente un riso ma, come dire, una sorta di fascinosa e stupita ammirazione con l’occhietto che brilla felice.Prosa spesso costellata di battute e invenzioni rare che molto hanno a che vedere con il sesso e il turpiloquio. Eccone una tanto per dare un’idea “Tanedrue perse i sensi più in fretta di un ottantenne asmatico che s’incula una pecora in un fienile senza un briciolo d’aria” (Sotto un cielo cremisi, Fanucci 2009. Non vi dico il nome del traduttore…).Essendo un asmatico, anche se non ancora ottantenne, il paragone mi si è presentato di una efficacia sbalorditiva.Bisogna stare attenti, però, a non esagerare e qualche volta mi pare che Lansdale stesso abbia tirato fuori dal famoso cassetto (a lui non lo bruciamo) un casino fin troppo incasinato come, per esempio, in Fuoco nella polvere, Tif extra 2008, in cui il celebre Buffalo Bill, più precisamente la sua testa (giuro), se ne sta volando sopra uno Zeppelin verso il Giappone per portarci lo spettacolo viaggiante “Wild West Show”.Il Nostro, però, riesce in qualche modo a salvarsi con la Sua Penna. Una mano meno esperta può dar luogo, invece, ad una serie di battutine risibili che scoppiettano come peti mosci e flosci. Vedi, in certa misura, per esempio, Le incredibili disavventure di un autentico cacasotto di Manuel Manzano, Kowalski 2009, a Barcellona. Si parte con Gabriel Saviela, pazzo-cieco, che taglia a pezzi la madre, la bolle e la mescola con il riso; si continua con la storia di Manuel Bun, giornalista addetto alla stesura di cruciverba innamorato fradicio di Emma (lo lascia e poi lo riprende) ; si procede con le indagini di Boris Beria Fuensanta, soprannominato il Russo, viceispettore della Omicidi, coadiuvato dall’aiutante Nicodemo disposto a tutto “purché questi continuasse a portarlo a puttane una volta al mese”. Accanto alle tre storie principali un affastellamento di altre storie personali tratte dal passato infilzate una dietro l’altra.Tutte strane, incredibili, impossibili, un coacervo dell’assurdo, del ridicolo, del grottesco, dell’esasperato. Ora la trovata è divertente, ora invece, proprio per voler cercare a tutti i costi l’effetto esilarante, diventa sciapa e noiosetta. Il tentativo continuo ed assillante di far ridere finisce, dunque, per sortire spesso l’effetto contrario.

Un paio di esempi non del tutto aderenti al tema trattato ma vanno bene lo stesso (bella scusa).Se non si sorride del contenuto, si può sorridere della “cornice”. Ovvero di ciò che si racconta intorno al contenuto. Come in Delitto Capitale di A.A.V.V. a cura di Marco Tagliaferri, Hobby & Work 2010.Mettiamo quattro amici al bar. Anzi, mettiamo otto amici scrittori di giallo in senso lato alla premiazione di un libro a Roma (già che ci siamo).Più precisamente: Giulio Leoni, Luigi De Pascalis, Andrea Franco, Enrico Luceri, Sabina Marchesi, Massimo Mongai, Massimo Pietroselli, Nicola Verde. Sicuro che nascono discussioni sulle formule e sulle sigle che si appioppano di qua e di là, sulla letteratura di genere e non, e insomma le solite cose. E sicuro che nasce una antologia come il sorgere e il tramontare del sole.Più o meno facile trovare l’idea giusta.Qualche scaramuccia e poi delitti ambientati in uno stesso luogo in tempi diversi. Praticamente in una antica “insula” , divenuta con il passare del tempo il palazzo di via della Falce dove abita l’enigmatico Tagliaferri, il curatore della suddetta antologia, stramaledetto da tutto il gruppo giallistico.Come cornice, dicevo, le “chiacchiere” dei nostri otto condottieri sull’evolversi del lavoro, sul rompiballe sopra menzionato, sugli scrittori stessi visti nelle loro caratteristiche fisiche e in certi particolari atteggiamenti.Chi fuma la pipa, chi il toscano, chi assomiglia a Nero Wolfe, o a Falstaff, o a Joe Pesci, o a Sherlock Holmes, chi è visto “…flemmatico come un giocatore di scacchi russo” (A dir la verità l’ex campione del mondo Garry Kasparov era tutto fuorché flemmatico) con Sabina, unica donna del gruppo e “un bel peso da portare” (me lo immagino). Tutti quanti confortati da sbevazzate e biascicamenti vari. Un po’ di humour intorno ad una selva di morti ammazzati tira sempre su il morale (anche le bevute in compagnia, ad essere sinceri).E dato che siamo a parlare di riso e sorriso mi vien che ridere, direbbe Totò, a vedere in che pasticcio si trovano i nuovi scrittori del giallo inteso in senso lato. Non solo e non tanto per la storia (anche per questo), quanto per la creazione di un nuovo tipo di detective che sia un po’ diverso dalle milionate di detective già in azione. Difficile tirarne fuori uno del tutto originale come il classico cammello che pigia e ripigia non vuol saperne di entrare nella cruna dell’ago  (povero cammello e…povero ago! Battutina già sfruttata altrove ma una cosa quando mi piace…io mi ci affeziono…Portate pazienza).Così si vanno a pescare nel passato tipi come Cesare Lombroso al quale basta uno sguardo al volto per capire se uno è delinquente o meno (altra battutina scontata), o si fanno diventare eunuchi come Yashim Togalu in quel di Turchia nell’Ottocento.

Ultimamente, sempre in Turchia, ai giorni nostri, però, è nato un investigatore trans. Insomma un travestito. Di giorno veste da uomo, di notte gonna e tacchi alti. In Italia successo assicurato. Soprattutto tra i politici. Ho sotto mano l’ultima (che è poi la seconda) opera del suo creatore, precisamente Gli assassini del profeta di Mehmet Murat Somer, Bompiani 2010. Qui il nostro eccentrico detective (non mi pare di averne trovato il nome) è deciso a scovare chi fa fuori i travestiti con le stesse modalità con cui avevano finito la loro vita i Profeti. Un mondo friccicante, un turbinio di uomini-donna con il loro modo di vivere e “lavorare”, espresso attraverso un linguaggio veloce e diretto dove le “cose” sono chiamate con il loro nome e cognome.

E qualche risatina la strappa. Vedi, per esempio, l’esclamazione di Ponpon (altro travestito) all’ansimare di un maniaco al telefono “Che perversione!” (detta da lui/lei…).Il problema dell’originalità riguarda sia i maschietti che le femminucce e dunque alla saga delle detective lady ( http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2010/04/29/la-detective-lady-secondo-fabio-lotti/)  se ne sono aggiunte diverse. Ne ricordo un paio che ho seguito più da vicino: la commissaria Lobosco Lolita, detta Lolì, creatura di Gabriella Genisi. Bella, solare, ancorché scorbutica, trentasei anni, divorziata (ci risiamo) con il vizietto delle arance che si porta sempre dietro (ecco la novità). E Jolanda Marchegiani di Bologna, creatrice della “Marchigiani Investigationn” e successivamente (visto il buco nell’acqua) dell’agenzia “L’occhio di Sherlock”. Pedinamenti, mariti allegri (con le altre), gattini smarriti fino ad arrivare all’omicidio. Quarant’otto anni suonati, separata da tre (mi pare giusto), senza figli e dunque in analisi, gatta Ofelia a farle compagnia.Niente arance ma  biscotti al cioccolato, ciambella con la crema, tubetto di Ferrero Rocher e via di seguito. Autrice (tutte donne!) Patrizia Marzocchi.Non si sa più cosa inventare, dicevo, e qualche tempo fa consigliai di farne uno o una del tutto normale per colpire l’attenzione del lettore. Pare che mi abbia sentito addirittura Ian Rankin che nel The complaints, non ancora tradotto, presenta un nuovo poliziotto al posto dell’ispettore scozzese John Rebus.Un quarantenne “astemio, sereno, felicemente sposato”. E vai!Il sorriso, il riso, l’ironia, la presa in giro, la sfottitura mi ha accompagnato per tutta la vita, insieme a momenti di tristezza infinita. Provatevi a vivere la vostra giovinezza in un luogo dove la presa per il culo (pardon) è all’ordine del giorno, e poi ditemi se volete morire di facce paonazze o rendere pan per focaccia.Già, il mio paese. Il paese dell’adolescenza e della giovinezza ancora qui nel cuore con i volti degli amici che si accalcano e accavallano come nello scorrere di una pellicola. Gli scherzi, gli scontri, le risse, le prese in giro, le risate. Si rideva di un niente, di una battuta, di uno sberleffo, di una bischerata qualsiasi. Lo studio, la serietà, l’impegno, la pallosità estrema insieme alla bischerata. Ecco, la bischerata come atto liberatorio e come atto di umiltà (siamo tutti un po’ bischeri). Ogni tanto viene fuori e non c’è niente da fare.

Vedi certe “satirette”, vedi certe “interviste”, vedi la creazione di un “Comitato per la salvaguardia delle palle italiane” con l’idea di un anno sabbatico per tutti gli scrittori e gli pseudoscrittori, vedi il raccontino “Fancala!!!” su “Scacchierando” che ha suscitato un vespaio (più di 3.000 contatti!).Scrivere una bischerata per ridere come si faceva da ragazzi, lasciando per un attimo da parte le miserie della vita. Uno dei tanti lati strambi della mia stramba personalità che non cerco assolutamente di nascondere.Potrebbe essere il migliore.Volevo scorrazzare di qua e di là, saltellando giulivo (classica frase lottiana) da un argomento all’altro, ma vedo che questo sorriso mi ha proprio preso la mano.Bene, bene, bene abbiamo finito in un batter d’occhio, così senza accorgercene.Un saluto a tutti anche da parte di Jonathan.

 E ricordatevi che è una chiacchierata tra vecchi amici, eh!            

  

                                                                                                                                                                          Fabio Lotti

(*) testo “spaziato” dal blogmaster per motivi di leggibilità)

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19 Responses

  1. Massimo

    Bell’articolo. Anche perché citi l’antologia “Delitto Capitale”, dove otto scrittori – amici si prendono in giro per tutto il libro. Assicuro che trattasi praticamente di stenografia dei nostri abituali incontri.

  2. Fabio Lotti

    Sul boom delle antologie http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/4106/. Il tuo bel racconto antologico citato in http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/4120/.
    Ho citato l’antologia altrimenti non sarebbe stato un bell’articolo…:)

  3. Andrea Franco

    Mi aggiungo anche io al “bell’articolo” di Massimo, e nel ringraziarti per esserti ricordato di “Delitto Capitale”! A presto.

  4. Fabio Lotti

    Mi sono ricordato facilmente dell’antologia perché mi ha lasciato una bella impressione. Tuttavia, rimbecillito ancor più del naturale dall’arrivo di Jonathan, ho sbagliato la citazione del racconto di Massimo che appartiene, invece, all’antologia “Sul filo del rasoio” della Mondadori. Ma lui scrive così tanto da tutte le parti che è facile sbagliarsi anche con il cervello a posto.

  5. il professionista

    grande fabio, ti ho letto con divertito piacere. Spero che tu lo prenda come un complimento(quale è): un pezzo degno del Vernacoliere!
    ciao
    s

  6. Fabio Lotti

    Accostare al Vernacoliere un toscano è come accostare un italiano al premio Nobel…:)

  7. il professionista

    :-)

  8. Fabio Lotti

    E’ sparita da un bel pezzo Silvia e questo un pò mi dispiace. Silvia, se ci sei, batti un colpo!

  9. Daniel

    Bell’articolo Fabio, comlimenti.
    Com’è possibile contattarla?

  10. Fabio Lotti

    Caro Daniel grazie prima di tutto per il complimento. Devo dire che sono restio ai contatti che abbiano come scopo quello di valutare libri in progetto o già pubblicati. Voglio essere libero di scegliermeli da solo nelle librerie di Siena. Questo per mettere le mani avanti ed evitare una risposta negativa. Se il contatto è per altri motivi richieda pure la mia mail al responsabile di questo blog Dario Geraci.

  11. La Franca di "La morte in pentola"

    L’anziana signora, mai paga di risolvere enigmistica per esperti (i senza schema, ha presente?), la ringrazia per la citazione. E’ bello vedere che qualcuno presta ancora attenzione a queste ossa cigolanti…

  12. Fabio Lotti

    I personaggi simpatici guidati da mani simpatiche li cito sempre volentieri. Semmai devo scusarmi di non averne citati altri ma non era mia intenzione farne uno studio specifico.

  13. Stefano Bellincampi

    Ciao Fabio,
    complimenti per l’articolo, molto bello!

  14. Fabio Lotti

    Ultimissima!!! A proposito di riso e sorriso è uscita l’antologia “Riso nero” a cura di Rossano Braschi e Mauro Smocivich anche con un paio di miei racconti bonsai. Per chi è interessato basta richiederla a http://www.delosstore.it/delosbooks/scheda.php?id=37378 .
    P.S.
    E’ chiaro che non ci guadagno niente e neppure voglio lo sconto per l’acquisto.

  15. Fabio Lotti

    Per chi non lo sapesse Stefano Bellincampi è il creatore e il responsabile di “Scacchierando” http://www.scacchierando.net/dblog/ il blog scacchistico più seguito del nostro paese e del quale sono un collaboratore. Lo ringrazio per avermi fatto una visitina.

  16. Fabio Lotti

    Chi vuole sorridere di cuore deve recarsi qui http://www.thrillermagazine.it/racconti/10457/ nella sezione “Racconti” di “Thriller Magazine” e leggere quelli di Lucius Etruscus. Non perdeteli.

  17. Fabio Lotti

    Più precisamente qui http://www.thrillermagazine.it/racconti/ dove potete leggerli tutti.

  18. Mauro

    Grazie Fabio per la segnalazione. I racconti di “Lucius in Fabula” hanno un loro link specifico qui:
    http://www.thrillermagazine.it/racconti/un_giorno_di_ordinaria_bibliofilia/
    buona lettura!
    m

  19. Mauro

    Il curatore di Riso Nero è Graziano Braschi e non Rossano (che sarebbe l’attore). ringraziamo Fabio per la segnalazione
    m

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