L’Artiglio del Lupo – di Stefano Di Marino
Gentili lettori e lettrici, oggi ospitiamo la prima di una, si spera, lunga serie di collaborazioni. Il primo articolo, a firma Stefano Di Marino, è un approfondimento sul numero di Segretissimo ora in edicola: L’artiglio del Lupo, di Brent Ghelfi. State pronti perché lo speciale su Brent Ghelfi continuerà, con una grossa sorpresa, nei prossimi giorni.
BRENT GHELFI: L’ARTIGLIO DEL LUPO
di Stefano Di Marino
Alexei Volkovoy è un uomo disperato. Ex ufficiale dell’esercito russo, è tornato dai campi di morte della Cecenia con una menomazione e ferite nell’animo tanto profonde da non potersi rimarginare mai più. Poco conta che il Generale gli abbia procurato una gamba artificiale così tecnologicamente perfetta da consentirgli di correre e calciare meglio di un uomo normale. Volk è una bestia feroce. Il suo nome significa “Lupo” e, per sopravvivere nella nuova Russia, Volk è costretto a essere un predatore. Sono passi vent’anni dalla caduta del Muro, l’URSS si è sgretolata dando vita a un universo dove il crimine è al potere. Ma anche “ contro” il potere. Uno scenario di degrado sociale, di vizio, un enorme luna park dove il consumismo ha avuto l’impatto sociale di un uragano. Per gli occidentali la Nuova Russia è un gigantesco luna park del sesso dove si può acquistare di tutto. Ragazzine, bambini, droga, armi, persino capolavori d’arte scomparsi. Non lasciatevi ingannare. Il fulcro di questa prima avventura di Volk sembra essere il furto di un dipinto perduto di Leonardo da Vinci all’interno dell’Ermitage di San Pietroburgo. Non è così. Quella è solo la crosta di ghiaccio distesa sopra un lago in cui nuotano squali assetati di sangue. È la nuova frontiera dello spionaggio. Organizzazioni criminali, servizi segreti, gruppi privati di investitori stranieri. Disperati disposti a tutto per una dose in più. Una guerra per bande. Ma non è sempre stato così?
Forse sono cambiati gli scenari politici, ma i meccanismi della spy-story sono rimasti identici. Inganni, agguati, torture, doppi giochi. In questo mondo Volk si muove con ferocia, dispensando violenza senza pietà perché nemici e occasionali alleati sono demoni incarnati e non c’è scelta se non battersi con crudeltà ancora maggiore. Chi ama l’intrigo, l’azione rapida e feroce non potrà non diventare un fan di Volk come è capitato a me traducendone la prima avventura. Volk è un gigante in ogni senso, uno di quei personaggi che il Professionista vorrebbe al suo fianco. E il tormentato rapporto con Valya, la giovanissima guerrigliera cecena che ha portato con sé da Grozny, complica ancor di più la situazione. Valya è un angelo caduto; come dice il suo autore: “una ragazzina che potrebbe stare sulle copertine di una rivista sui giovani scappati da casa, a eccitare uomini che sognano di poterla avere in modi che non potranno mai realizzare”. Valya è l’innocenza perduta di Volk ma anche la sua unica via di redenzione. Perché Volk non è solo una macchina da guerra. Ce ne accorgiamo seguendolo nei vicoli di Mosca, nei palazzoni popolari con le porte imbottite per attutire i suoni, nei sotterranei dei musei , più famosi, nei locali a luci rosse e tra i monumenti di una Grande Russia ricostruita con precisione in ogni suo aspetto. Volk cerca un riscatto. E più disperatamente lo insegue, più affonda in una palude di vizio e sopraffazione. Ghelfi ritrae con realismo il mondo dei Vor v Zakone, i “ladri in regola” la maffya russa. Quella etnica e quella nata dagli apparati di potere. Lega storie nerissime a scorci della Nuova Russia, inserendo flash di un passato glorioso che va dalla rievocazione dell’epopea degli Zar alla Seconda guerra mondiale. Ma la storia si sofferma solo il necessario per lasciarci intuire questo mondo. Una trama serratissima, violenta, che non fa sconti a nessuno, accompagna Volk nella sua prima avventura.
Seguitelo, ma state attenti…molto attenti…nessuno dei posti dove Volk vi porterà è piacevole. Potreste lasciarci l’anima. Come lui.
Posted in Black Ops, Segretissimo, Segretissimo Foreign Legion
novembre 3rd, 2008 at 15:51
Interessante. Ora sono curioso di leggere questo romanzo.
A Di Marino: per curiosita’, quanto tempo ci vuole per tradurre un libro? esiste un metodo o un sistema che agevoli o semplifichi la traduzione? Per esempio avere una stampa del testo originale davanti al monitor mentre si compie la traduzione, piuttosto che una versione audio da ascoltare mentre si traduce?
Mi piacerebbe conoscere queste e altre cose ancora, che stanno dietro ai libri che costituiscono la mia passione, per permettermi di vivere piu’ pienamente questa passione.
Buone letture.
novembre 3rd, 2008 at 16:24
Una proposta che appare veramente ottima, in linea col mio profilo di lettore, non vedo l’ora di mettere le zampe sulla mia copia.
La traduzione di Di Marino rende l’opera ancora più interessante.
Continuate così ragazzi!
novembre 3rd, 2008 at 17:23
Gia di suo questo nuovo “amico” ha tutte le carte in regola per piacere,se poi la traduzione arriva da SDM,vuol dire che la qualità è molto alta.
novembre 3rd, 2008 at 19:14
per Gundam, la traduzione è molto simile alla scrittura. Non ci sono nè tempi nè trucchi particolari. Di solito è meglio leggere tutto il testo prima di tradurlo per cogliere eventuali riferimenti che, incontrati la prima volta possono sembrare oscuri. Io di solito non riesco a tradurre più di 7 cartelle(pagine) al giorno ma, per mangiare, in tempi passati ne ho tradotte anche molte di più. Sconsiglio a tutti di fare così. Meglio poco e definitivo ogni giorno che delle corse fatte in tempi dilatati.Ero più giovane e avevo più energie.
Per il resto buoni dizionari e soprattutto una buona conoscenza dell’italiano. Almeno io la penso così…poi arriva il revisore che ti ocrregge brutalmente se non sei stato alla lettera… però avendo esercitato per molti anni sia l’attività di traduttore che di revisore sono convinto che il lettore italiano debba avere per le mani un testo leggibile e godibile, fedele allo spirito e rispettoso della forma italiana che è strutturalmente differente da quella inglese, per esempio.
novembre 3rd, 2008 at 21:26
Sono proprio curioso di leggere questa nuvo….se è tradotta dal prof poi…:-)
Il Marp
novembre 4th, 2008 at 10:04
mah sai il traduttore alla fine ha un merito relativo. il libro di Ghelfi è veramente buono, almeno secondo il mio giudizio. Uno di quei libri che lavorandolo mi ha fatto pensare… ecco qui ho da imparare qualcosa. Mi piacerebbe averlo scritto io. credo che tutti coloro che amano Montecristo, il Professionista e Vlad ci troveranno degli elementi di interesse… e okkio al personaggio di Valya!!!
novembre 5th, 2008 at 09:45
Preso ieri pomeriggio assieme a The Company,non so se sarà un piacere leggerlo più per la storia o per la traduzione di un grande amico.
novembre 6th, 2008 at 00:38
Preso con The Company.
Subito una gradita sorpresa, a Dicembre il ritorno di Luis Piazzano.
novembre 6th, 2008 at 18:25
…Acquistato ieri. Del resto se chi crea personaggi indimenticabili (il Professionista) rimane impressionato da questo allora è qualcosa che merita.
Del resto 2: forse in questo novembre la Mondadori festeggia qualcosa: questo Segretissimo, “The Company”, il premio Urania, il Giallo che promette scintille con un autore italiano…Se si voleva un lettore soddisfatto, ecco ci si è riusciti!!
novembre 6th, 2008 at 18:58
Lo sto leggendo. Ho letto però troppo poco per farmene un ‘idea completa… L’impressione iniziale, comunque è positiva, anche se non mi ha lasciato entusiasta come pensavo, ma ripeto, ho appena iniziato il testo e non sono attendibile
novembre 7th, 2008 at 10:13
io ci ho vissuto dentro per un paio di messi…l’ho trovato estremamnte crudo..vedrai proseguendo…però è anche vero che per questo tipo di ambientazione russa impazzisco
novembre 8th, 2008 at 20:34
Sono circa a metà…non dico dove, altrimenti rivelo parti della trama : l’ambientazione piace anche a me e mi sembra che l’autore abbia fatto dell’ottima ricerca, però appunto, in definitiva, preferisco gli autori italiani di Segretissimo e forse qualche straniero di cui adesso per non dilungarmi, non ricordo il nome. Negli autori italiani, ho notato, per esempio, che i personaggi sono più reali di questi di Brent Ghelfi. In Volk sono un po’ da fumetto, basta vedere come li descrive, sono tutti sopra le righe e li ho trovati molto freddi, un po’ burattineschi a volte, nessuno sprigiona simpatia e non mi ricordano molto ‘l’anima russa’, né in bene né in male. Personalmente, mi piace trovare qualche personaggio ‘simpatico’ in quello che leggo, altrimenti dove sta’ il lato umano della lettura?, che sia una storia nera o no, poco importa. Anche il diavolo riesce meglio se lo si dipinge simpatico, e non per questo è meno cattivo. Beninteso, la mia è solo una questione di gusti e di sensazioni, un’opinione squisitamente personale. Mi pare che in US B.G. sia un autore di successo, quindi ha i suoi fan e il mio è un piccolissimo parere personale… Complimenti come sempre in ogni caso a Segretissimo che ci permette di conoscere il meglio degli scrittori ‘neri’ internazionali.
novembre 9th, 2008 at 10:29
Più che rispettabile e anche condivisibile la tua opinione.E certamente gradita perchè dimostra cheil lettore di Segretisismo non è solo un fuitore passivo.
A me è piaciuto proprio per la disperazione che nasce dal nero estremo con cui B.G. descrive ambiente e personaggi. Volk è un’icona. Il militare russo della nuova generazione legato alal vecchia. I suoi rapporti con Valya soprattutto sono strazianti.Non so se l’anima russa di cui parli sia quella dei romanzi classici russi..di certo BG è un occidentale e rilegge tutto secondo la sua sensibilità. In ogni caso mi sembra un buon esempio della nuova spy story in cui il nero si fonde con i meccanismi dello spionaggio
novembre 9th, 2008 at 18:56
Sono andato avanti con la lettura: devo aggiungere una precisazione: ci sono delle pagine veramente molto belle e riuscite dal cimitero in poi, che riscattano anche Volk. Lì la storia parte veramente… e si sviluppa un intreccio e dei colpi di scena molto interessanti anche umani, spero appunto, sfocino in una qualche situazione o che continuino. Comunque confermo, rimane molto bella l’ambientazione. Del resto gli americani sono molto bravi in tutto ciò che è ricerca e tutto quello, che appunto, richiede studio e applicazione, non improvvisazione. Sono d’accordo che B.G. ha un punto di vita molto occidentale, ma proprio per questo adottare la prima persona non è una limitazione, un autogol?
Credo che infatti la prima persona penso sia veramente un discorso complesso… (forse più indicata per diari personalissimi o epistolari?) da un lato secondo me può rendere la narrazione più coinvolgente, ma per un romanzo di genere, ecco, io l’ho trovata un po’ fuoriposto…e anche limitante a volte. Ho l’impressione che l’autore adotti sì la prima persona, ma poi pensi e faccia pensare in terza persona al suo personaggio. La mia ovviamente è una impressione personalissima, non so se altri hanno avuto la stessa sensazione. Comunque ringrazio Segretissimo che ci offre vere ‘chicche’ che altrimenti sarebbero irraggiungibili nel panorama librario italiano. Grazie dicendo che sono un lettore ‘non passivo’, è che adoro Segretissimo, lo trovo una splendida favolosa idea, e spero che abbia sempre tanti lettori e che la Mondadori si renda conto che ha in mano una collana che merita molta visibilità (anche il blog è una ottima idea) perché è unica nel suo genere. Una domanda, è questo il primo ‘Volk’ dell’autore?
novembre 10th, 2008 at 10:02
sì, il secondo si intitola Volk’s shadow edè previsto su Segretissimo. D’accordo con te che Mondadori potrebbe spendere un po’ di più per la diffusione e la visibilità della collana
novembre 14th, 2008 at 19:50
letto in treno (MI-RO e Ritorno) che grande mezzo di trasporto per leggere! non male. le ambientazioni ed i personaggi di contorno della russia Mosca e s. pietroburgo sono stupende, si vede che l’autore le ha viste di persona. qualche personaggio primario è un pò troppo “fumetto” o stereotipato.risente molto del pulp americano.
novembre 17th, 2008 at 10:17
Sinceramente non sono molto d’accordo. Non sono convinto chei termini stereotipato e fumetto siano sinonimi uno dell’altro. Volk poi lo vedo come una versione russa del Punisher di Garth Ennis che, pur essendo un fumetto, ha uno spessore che molti eroi, del cinema, della narrativa, del fumetto non hanno. del resto moltissimi eroi seriali hanno caratteristiche, diciamo facilmente accettabili dal grande pubblico nel tempo…primo di tutti direi SAS che in 40 anni ha mantenuto immutato il suo gradimento da parte del pubblico pur diventando quasi un testimone della vicenda. e questo non toglie nulla al divertimento.
ovviamenteè un’opinione personale e pertanto non necessariamente condivisibile.
però se parliamo di personaggistereotipati proviamo a pensare a un famoso eroe…subacqueo protagonista di un’infinita serie di romanzi di simil avventura e spionaggio in libreria…