Visti con il Professionista: Nessuna Verità
VISTI CON IL PROFESSIONISTA:I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO
NESSUNA VERITÀ
A cura di Stephen Gunn
Nel 1987 David Ignatius pubblicò quello che credo sia uno dei migliori romanzi di spionaggio scritti prima della caduta del Muro, Agenti d’innocenza(Mondadori) . era una superba commistione delle atmosfere e dei ritmi di Le Carré con quelle di Forsyth con un occhio particolarmente attento a tutta la situazione mediorientale. In seguito la sua carriera di autore ha subito degli alti e bassi sino a un ritorno di buona qualità con questo Nessuna Verità che si presenta più lungo e articolato ( in alcuni tratti radicalmente differente) dal film realizzato da Ridley Scott. Il registra di Blade Runner riesce non solo a cogliere la capacità d’intrigo, le lotte intestine a tutti i servizi segreti e gruppi terroristici ( invidie personali, meschinità di carriera anche tra jihadisti…) ma imprime un ritmo moderno e visionario che fanno di Nessuna Verità uno dei miei film preferiti di questo ultimo anno. Ancor prima di addentrarci nell’analisi del film e nel riassunto della sua vicenda è importante notare che nessuna verità sottolinea sin dalle battute iniziali due precise realtà che trascendono il semplice racconto. La guerra al terrore in corso è combattuta, dice il pacioso ma astutissimo Ed Hoffmann a in una riunione della CIA, da un Occidente ipertecnologicizzato e un nemico ancora arcaico nei modi di vita ma irriducibile. L’estremismo musulmano cerca il califfato universale, non vuole trattare, ma si è anche accorto di avere di fronte un avversario dotato di mezzi tecnici superiori. Allora scompare.
Usa l’antico sistema hawallah di trasferimento del denaro (basato su semplici foglietti e strette di mano), smette di usare la e-mail, il cellulare. Sul campo di battaglia i campi si confondono e gli occidentali non vedono più il bersaglio. Il secondo punto riguarda la supremazia. Abu Salim, il jihadista di una cellula vagamente legata ad al – Qaeda responsabile di atroci attentati a Manchester e ad Amsterdam, si finge un uomo pio ma, in realtà, è assetato di potere come qualunque altro boss dello spionaggio occidentale. Più di ogni altra cosa teme di perdere popolarità, detesta anche solo l’idea che un altro guerriero di Allah possa rubargli la scena. Da questi presupposti parte una vicenda dove l’azione non manca. Ritmata, sanguinosa, ripresa con un eccezionale controllo dell’immagine. A essa si abbinano inseguimenti, pedinamenti, doppi e tripli giochi inseriti in un caleidoscopio di scenari che ci portano dall’Iraq dove la spy–story si confonde con la guerra vera e propria, ad Amman, con grattacieli e viali alberati confinanti con suk, vicoli infestati da cani rabbiosi e desolanti distese di rifiuti, a Washington sino a Dubai con la sua foresta di grattacieli. È il mondo globalizzato dove uomini e servizi sono alleati e avversari per quello che basta in una girandola che, per dirla come il titolo originale, crea un ‘ammasso di menzogne’ dalle quali è impossibile districarsi. Sull’ormai rodata formula della vecchia volpe al controllo Hoffman( Crowe che sembra prenderci gusto a recitare nei panni del grassone) e del giovane agente sul campo Roger Ferris ( Di Caprio con barbetta islamica e pistola rapida) si innesta un complesso piano eversivo che ha per posta la cattura di Abu Salim (che nel romanzo viene chiamato Suleiman), califfo del terrore non dissimile a Osama bin Laden nell’aspetto e negli atteggiamenti. Educato in Occidente, proveniente da una ricca famiglia araba Abu Salim è il califfo dei salafiti e sparge terrore in Europa per minare la sicurezza degli alleati dell’America.
È anche considerato un nemico dal governo che gli dà ferocemente la caccia nella persona di Hany Pasha, capo dei servizi molto britannico nei modi e nell’aspetto ma in realtà un feroce “strappa unghie”. Con lui Ferris deve stringere una pericolosa alleanza dopo il fallimento di una missione in Iraq che ha comunque fruttato la nozione che una casa nel centro di Amman è la centrale giordana di Salim. Hoffman, che trama e dispone a distanza, invece, gioca sporco. Vuol usare Hany Pasha ma non essergli leale. Errore, perché il primo tentativo di infiltrazione va a monte e diversi agenti ci rimettono la pelle. Morso da cani rabbiosi, Ferris fa a tempo a intrecciare una platonica relazione con Aisha, infermiera giordana di origini iraniane che rappresenta tutto ciò che di bello e affascinante il giovane agente trova in medio Oriente. Ma la guerra procede. Abu Salim deve essere catturato. Così Ferris crea una ‘leggenda’ con un complicato piano che prevede un finto attentato in una base americana in Turchia e la creazione di un pericoloso nuovo leader della guerra santa. Un architetto che non c’entra per nulla ma che viene usato come esca per attirare Abu Salim allo scoperto. Purtroppo ancora una volta mezze verità e antagonismi mandano in fumo il piano e l’architetto ci rimette la pelle. Sarà invece Hany Pasha a ordire il piano più diabolico fingendo di rapire Aisha per vendere Ferris ad Abu Salim. Lo sceicco del terrore non sta nella pelle all’idea di aver veramente catturato un agente della CIA da giustiziare, ma un infiltrato dei giordani scatena l’arrivo della cavalleria appena in tempo perché Ferris se la cavi con un paio di dita rotte e qualche livido in faccia. Salim viene arrestato dai Giordani che riaffermano la loro sovranità territoriale facendo fare una figuraccia agli Americani. Per Ferris che, malgrado tutto è un eroe,viene riservato un futuro da dirigente a Langley. Ma lui decide di mollare, di restare in oriente e di cercare di riconquistare con la sola forza della verità (e anche del suo faccino da Titanic…ammettiamolo) la bella Aisha. Hoffman scuote il capo ma capisce di averlo perso come agente. Il film termina con un distacco improvviso della sorveglianza satellitare. Il mercato dove Ferris sta acquistando dolcetti per la bella infermiera diventa uno scacchiere indistinguibile e si riduce a un punto che scompare sullo schermo. Collegamento chiuso. Interpreti assolutamente in parte e non soloi due protagonisti yankee. Hany Pasha è la quintessenza del moderno guerriero del deserto e di fronte al sorriso di Aisha è difficile restare insensibili. La riuscita del film è una perfetta combinazione di intreccio, simpatia generata dai personaggi, ritmo e azione sapientemente divisi tra intreccio e sparatorie e, ancora una volta, la totale capacità di Scott di cogliere in ogni strada, in ogni interno la luce più drammaticamente adatta alla narrazione. Da vedere e rivedere.
SCHEDA TECNICA. Genere: Guerra al terrorismo.
Nessuna Verità (Body of Lies)- USA,2008- durata 123’ – regia di Ridley Scott- sceneggiatura di William Mohanan, ispirato al romanzo omonimo di David Ignatius- interpreti Leonardo DiCaprio: Roger Ferris- Russel Crowe: Ed Hoffmann- Mark Strong: Hany Pasha- Golshifteh Farahani: Aisha. Realizzato dalla Warner Bros. è disponibile in DVD dal 2009
Posted in Visti con il Professionista
gennaio 21st, 2013 at 11:43
L’ho visto sì. Ottime atmosfere e ambientazione e anche l’intreccio. Anzi, direi che era così perfetto che sembrava un docu-drama.
gennaio 21st, 2013 at 13:36
David ignatiusè stato un autore altelenante. mi ricordo di aver letto negli anni 80 Agente d’innocenza che era una perfetta spy story alla lecarréscritta però con grande conoscenza del mondo arabo. Uscì poi negli anni 90 prima con un altro romanzo di spioanggio classico…adesso non ricordo il titolo…ambientato a Istambul che però mi pareva un po’in ritardo con l’epoca..non ebbe grande riscontro… poi ci fu il Coyote che era un storia differente quasi un non-spy che inizialmente fu pubblicato in libreria da Mondadori inquella collanche sostituì i mystbooks..infine fu ripubblicato su Segretisismo… Questo romanzo che è molto buono comunque è uscito per Vertigo. ilfilm comunque è veramente bello.
gennaio 21st, 2013 at 17:25
Al film ho preferito il libro!
febbraio 2nd, 2013 at 00:10
Gran film.
Uno dei miei personaggi preferiti è Hani Salaam (Mark Strong).