Visti con il Professionista/10 – The Kingdom
VISTI CON IL PROFESSIONISTA:I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO
The Kingdom
A cura di Stephen Gunn
VISTI CON IL PROFESSIONISTA:I CLASSICI DEL CINEMA DI SPIONAGGIO
THE KINGDOM
A cura di Stephen Gunn
Nel tempo in cui fluiscono i tesissimi titoli di testa siamo proiettati nel cuore del problema. Con una riuscita alchimia di grafica essenziale e foto d’epoca riviviamo, dal 1932 a oggi, la storia della famiglia Al Saud, la nascita del regno saudita, la scoperta del petrolio, la stretta collaborazione tra le società americane,i reali e gli integralisti wahabiti. Sotto i nostri occhi scorre la Storia. L’embargo del 73, Osama bin Laden, la Guerra del Golfo, la caduta delle torri gemelle. Il quadro è chiaro: il terrorismo islamista di oggi ha radici lontane che, ambiguamente, legano i reali Al Saud ai dollari occidentali quanto al sostegno delle sette più estremiste. I profitti del petrolio girano e foraggiando una guerra che, apparentemente, è senza possibilità di risoluzione. E forse questo è davvero il senso del film di Peter Berg prodotto con una considerevole influenza da Michael Mann quasi che lo si può scambiare per un suo prodotto. The Kingdom(il Regno) è, in effetti, forse uno dei più riusciti film di spionaggio sul terrorismo post 11 settembre. In un quartiere riservato agli occidentali delle compagnie petrolifere di Riad avviene un sanguinosissimo attentato che è solo un’esca per un colpo terroristico ancora più devastante. Centinaia di morti occidentali, forte tensione USA-Arabia Saudita. È il piano di Abhu Hamza, un vecchio costruttore di bombe menomato dalla sua stessa follia, emulo di Osama che trama dai quartieri più integralisti della città. Il Dipartimento di Stato americano, temendo di compromettere i rapporti con il potente alleato arabo, non vorrebbe immischiarsi ma la squadra guidata dall’agente speciale Fleury non si rassegna. Tra gli altri è morto il loro collega Frank Mannen e la sete di vendetta è pari solo al desiderio di fare luce sull’accaduto. Janet Meyes scoppia in lacrime in sala operativa. Mannen era il suo mentore. Fleury le sussurra alcune misteriose parole e la giovane agente si ricompone. Dopo un braccio di ferro diplomatico, l’FBI riesce a inviare una ridotta squadra d’indagine in Arabia Saudita. Ne fanno parte oltre a Fleury anche Janet, il veterano Sykes esperto in esplosivi e il brillante Leavitt, forse non il più abile sul campo ma certamente un buon elemento. Soprattutto di origini israeliane e fonte di altra tensione con gli stessi sauditi. L’accoglienza che il gruppo riceve a Riad è a dir poco ostile. Il colonnello Faris Al Ghazi vorrebbe sinceramente aiutarli e catturare Abu Hamza ma ha ricevuto consegne strettissime. Gli americani devono essere protetti e, soprattutto, non rimestare in acque dove i locali non vogliono interferenze. Dopo qualche scontro di personalità iniziale, però, Fleury e Ghazi si scoprono più simili di quello che parrebbe. Entrambi sono agenti, credono nella giustizia, detestano i terroristi quanto i brutali poliziotti del regime. E tra mille difficoltà comincia a farsi strada una pista che porta il gruppo prima a individuar e il veicolo usato come autobomba per i secondo micidiale attentato poi un gruppo legato al vecchio terrorista. Incursione delle truppe speciale, scontro a fuoco. Tutti morti. Con l’odioso intervento del dipartimento di stato USA incarnato in un viscido funzionario, Fleury e i suoi stanno per essere reimbarcati verso casa. Caso risolto? Ghazi e Fleury non ne sono convinti. Il vecchio terrorista senza dita è rimasto nell’ombra. E, in effetti, tutto quanto è avvenuto non è che una parte di una astutissima trappola. Sulla via dell’aeroporto il convoglio viene attaccato. Lo scopo è il rapimento di Leavitt che viene trascinato in un quartiere “duro” per essere decapitato indiretta. Ghazi e il resto della squadra si lanciano in un estemporaneo e temerario inseguimento che finisce nel cuore della roccaforte islamista. Qui si svolge una delle scene di guerriglia urbana più lunghe e meglio riuscite del cinema d’azione degli ultimi anni. Mentre l’agente di origine israeliana rischia letteralmente di perdere la testai suoi compagni combattono fianco a fianco con Gazhi e i suoi. Sparano casa per casa tra donne velate, missili RPG, fatiscenti condomini. Janet segue una scia di sangue e,dopo un furioso corpo a corpo con un terrorista, salva il compagno. Lentamente torna la calma, arrivano i rinforzi. La gente è atterrita.
Sconvolta Janet offre un leccalecca a una bimba che si affaccia sconvolta da un appartamento vicino. Ne riceve in cambio una biglia…del tutto identica a quelle usate nell’attentato per aumentare il potere devastante dell’esplosivo. Di colpo la rivelazione fulmina gli agenti dell’FBI quanto Al Ghazi. Un innocuo nonnetto in kefiah è il famigerato Abu Hamza. Ne segue un altro scontro a distanza ravvicinata in cui Ghazi viene ferito a morte (non prima di aver mitragliato il terrorista) da un ragazzino. Il vecchio capo islamista muore tra le braccia del nipotino e i funerali di Al Ghazi sanciscono una tregua tra oriente e occidente, almeno tra poliziotti. Perché il vero colpo di tutto il film si consuma nella sequenza finale incrociata.
Di ritorno negli USA gli agenti pianificano con il loro capo la versione da fornire alla commissione d’inchiesta. Leawitt chiede cosa Fleury abbia sussurrato all’affranta Janet il giorno della diffusione della notizia dell’attentato. Allo stesso tempo torniamo a Riad dove il nipotino del vecchio terrorista (un bimbo con lo sguardo torvo carico d’odio) risponde a una simile domanda di sua madre. “Cosa ti ha sussurrato il nonno prima di morire?”
E in entrambi i casi la risposta è identica. “Non ti preoccupare. Li uccideremo tutti.” Si chiude così una storia che ha il ritmo di un’avventura ma riesce a passare informazioni ed emozioni allo spettatore in maniera semplice senza fronzoli. La sceneggiatura è originale e particolarmente efficace nel mescolare azione e ideologia con una buona caratterizzazione dei personaggi. La “guerra eterna” per il momento non ha possibilità, purtroppo, di trovare una fine. Troppi sono gli odi e gli interessi che si mescolano perché il semplice arresto o la morte di un terrorista possa placare le acque. Jamie Foxx sembra uscito da MiamiVice e incarna con aderenza il ruolo di afro-americano d’attacco senza sbruffonate. Gli sono al fianco Jennifer Garner che, dopo cinque stagioni di Alias, spara, combatte e indaga come una veterana e quella vecchia volpe di Chris Cooper che, pur in un ruolo secondario, riesce a dare un volto all’esperto di esplosivi dell’FBI con singolare efficacia. La vera rivelazione è Ashraf Barhoum nel ruolo di Al Ghazi che un po’ sembra il Raisuli di Milius in «Il vento e il leone» e un po’ ricorda Jean Reno giovane. Probabilmente è un attore noto nel mondo islamico, qui in una prova intensa e umana perfettamente in linea con le performance dei suoi colleghi occidentali. Intorno a loro una Riad ricchissima e degradata al tempo stesso. Il fulcro della guerra che stiamo vivendo. Perché questo è quasi un film di cronaca…
SCHEDA TECNICA
Genere: Guerra al terrorismo
The Kingdom(id) regia di Peter Berg. Sceneggiatura originale di Matthew Michael Carnahan- Interpreti. Jamie Foxx: Fluery- Jennifer Garner: Janet Meyes- Chris Cooper:Sykes- Hashaf Barhoum; Frais Al Ghazi-2007-107’- Il film è recuperabile in un’ottima versione DVD della Universal, accompagnata da una serie di extra e dietro le quinte per approfondire la vicenda e la situazione politica riprodotta nella fiction.
Posted in Visti con il Professionista
luglio 12th, 2009 at 10:12
peccato veramente che non esiste un romanzo originale… una delle migliori spy di questi ultimi tempi
luglio 12th, 2009 at 22:03
Il film è una delle cose migliori proiettate negli ultimi anni, ma il merito non è solo del regista che punta su un’azione frenetica e delirante, ma anche del montaggio serrato, che non lascia un attimo di tregua, senza pause inutili. Il momento in cui la jeep va a visitare il punto del quartiere dove non si avventurano neanche i militari del posto, è l’ideale : finiscono i nostri eroi per essere fatti oggetto di spari di cecchini, mitragliate, lancio di razzi. Il tutto ripreso da vicino, da mille angolazioni diverse. Un film stratosferico!
E la scena finale ? A dire che non si avrà mai pace, finchè i bambini saranno educati al culto della violenza, e diventeranno essi stessi dei terroristi..
luglio 12th, 2009 at 23:02
Comunque, Stefano, The Kingdom in senso stretto non è una spy-story: è un film d’azione. Come lo è The Peacemaker, che non è spy-story tout court.
Mi meraviglio invece che tu non abbia affrontato altri films che sono a tutti gli effetti dei films di spionaggio: Il TERZO UOMO, I 3 GIORNI DEL CONDOR, IL SEME DEL TAMARINDO, Notorius, Il Sarto di Panama, Il Sipario strappato, i 39 Scalini, Il quarto protocollo, L’uomo che venne dal freddo.
Esaminerai alcuni di questi ?
luglio 13th, 2009 at 10:13
Gran bel film,belle scene di azione,in una storia tesa dalla prima all’ultima scena.
luglio 15th, 2009 at 09:35
XPiero come abbiamo sempre detto questi sono i film di spionaggio visti dal Professionista secondo il gusto suo… alcuni dei titoli che citi saranno esaminati, altri no e altri ancora sì. Di solito cerco di alternare un titolo vecchio a uno nuovo cercando di non ripetere i registi o gli argomenti. per esempio il terzo uomo ho prefeirto sotituirlo con intrigo a berlino che è più recente e ne riclaca in parte i temi e forse può essere più facilmente reperito. la spy è un genere in via di trasformazione e anche il cinem ane riflette l’evoluzione che ormai ibridizza con il noir e l’action bellico.
luglio 15th, 2009 at 23:55
Sul serio Intrigo a Berlino è più facile da reperire de Il terzo uomo? Non ti sto prendendo per i fondelli. E’ la domanda di uno che come me non è un cinefilo, ma un maniaco dei film: oramai ne ho più di 700 a casa, e non so più dove metterli. Ieri ho preso “Viva Zapata”, la settimana scorsa Il Braccio Violento della Legge 1 e 2. L’anno scorso ho preso quasi tutto Kurosawa.
Francamente Stefano, Il terzo uomo l’ho trovato molto facilmente, anche perchè l’anno scorso in edicola hanno fatto una serie di film Noir e Il terzo uomo è un film al limite. Ne ho presi un bel po’ tra cui Lo Specchio Scuro, Ascensore per il Patibolo, Il Falco Maltese, etc..
Non credi che sia arrivato dopo tanto dire il momento di una rubrica dedicata proprio ai grandi classici intramontabili del cinema giallo & noir ? In cui possano commentarsi non so.. La porte de la nuit che è un film neorealista francese ma al tempo stesso uno dei primi film noir francesi o Alba tragica o Il porto delle Nebbie, o anche Io ti salverò o L’Ombra del dubbio ?
luglio 16th, 2009 at 09:41
mi sembra che stiamo andando completamente fuori campo, Piero. Come dicevo i criteri di questa rubrica sono, come tutti i repertori cinematografici, determinati anche e soprattutto da chi la cura. Ovvio che ognuno ha le sue collezioni i suoi preferiti ecc.(solo di film la mia collezione raggiune i 1300..non so più dove metterli) Intrigo a Berlino(dal romanzo di Kanon che ti consiglio di recuperare in Mondadori) è un film di un paio d’anni fa quindi è oiù facilmente reperibile.E poi ho preferito mettere quello. tPunto. Tornado a parlare del film di questa volta , che è l’argomento della discussione,mi sembra che segua un filone della spy che si è sviluppato molto recnetemente anche se ha agganci con il passato. me ne accorgo io che scrivo spy stories. non solo le condizioni sono cambiate dalla caduta del Muro, ma anche dopo l’11 settembre e la guerra del 2003 lo scenario è ulteriormente mutato.Anche se, come sempre, le radici storiche dei conflitti di oggi stanno nelal storia di eiri.se a qualcuno interessa consiglierei la lettura di Alla ricerca di Hussein(Ponte alle Grazie) un bel libro sull’Iran, quando il regime er differente.C’è una approfondita spiegazione sulla questione Mossadeq e il coinvolgimento della fmaiglia Al Saud che è poi al centro di the Kingdom.
luglio 16th, 2009 at 15:45
In ogni caso vista la caldazza direi di evitare discussioni inutili. sapete il Prof com’è, in “Visti dal Professionista” -come del resto ognuno che scriva un saggio su un filone- mette ciò che gli sembra più significativo e interessante. Delle raccolte e dell’enciclopedica conoscenza altrui…insomma ci siamo capiti. Questo non significa la scelta sia esaustiva o condivisibile al cento per cento ma siccome l’argomento sulle scelte dei film presentati lo abbiamo già più volte dibattuto è inutile perdere tempo. piuttosto parliamo dei singoli film. Anche su questi il giudizio può essere discorde. Ovvio che la scelta si orienta su cose che ritengo buone. Già vedo i commenti dei puristi quando parlerò dell’Hitchkock spionistico….
luglio 16th, 2009 at 18:05
Non hai capito Stefano, o forse non sono stato io a spiegarmi bene : non volevo importi delle scelte e dei repertori che sono tuoi. Del resto ognuno ama dei determinati generi. Intendevo solo lanciare un sasso nello stagno. Forse ho scelto male il luogo.
Era anche rivolto al fatto che siccome sei un amante del cinema, e nei tuoi libri metti dei riferimenti, dei rimandi, mi sarebbe piaciuto che anche uno come te avesse messo a frutto i suoi pallini e impostato un’altra rubrica, al di là di questa, che si occupasse di grandi films dell’altro genere. Tutto qui.
Grazie comunque dell’attenzione.
luglio 16th, 2009 at 18:13
Nessun problema Piero. E’ che avevamo fatto questo discorso all’inzio delal rubrica. per il momento non mi risulta siano in programmainiziative così vaste. Purtroppo scrivere e pubblicare di cinema soprattutto fuori dall’attualità stretta diventa difficile.
sicuramente lo avrai già ma esiste un “Book of spy films”(il titolo non è esattamente questo ma adesso non lo trovo) molto illustrato ma, anche inquesto caso le scelte dell’autore privilegiano alcuni film tralasciandone altri…
luglio 18th, 2009 at 01:09
Visto stasera.
Film molto valido. Ottime scene d’azione. Fornisce un quadro veritiero, quasi documentario, di uno dei paesi più ricchi (anche se la ricchezza è concentrata soltanto nelle mani della famiglia Saud)e retrogradi del pianeta.
Assolutamente da vedere!
luglio 18th, 2009 at 09:59
Sì e si vede che Michael mann ci ha messo qualcosa in più del semplice sforzo produttivo…