Le soluzioni del gioco

febbraio 20th, 2009

Ecco le soluzioni al gioco proposto da Fabio Lotti qualche giorno fa:

Sherlock Holmes

Maigret

Kay Scarpetta

Dr. Thorndyke

Poirot

Nero Wolfe

Saverio Bonanno

Montalbano

Gianni cronista di “Giallo su Giallo”

Gideon Fell

Marlowe

Michael Shayne

Mike Hammer

H. Bosch

Il Professionista

Antonio Sarti

Ripley

Philo Vance

Peter Wimsey

Pimain

Lincoln Rhyme

Padre Brown

Sergente CuffKathy

Mallory

Dupin

Dante

John Ashwin

Avv. Malone

Ispettore Cockrill

Ispettore capo Chen

Charlie Chan

Duncan Maclain

Yashim Togalu

Isabel Dalhousie

Dr. Carlo Lonati

Martin Beck

Sarah Keate

Peter Duluth

H.M. Whiters

Cora Felton

Marco Tanzini

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La Repubblica e Il Giallo Mondadori: 10 uscite per celebrare il mito

febbraio 18th, 2009

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Da Venerdì 20 Febbraio, La Repubblica e Il Giallo Mondadori presenteranno una raccolta di 10 classici intramontabili della più antica e prestigiosa collana italiana dedicata al thriller. I volumi, selezionati dal Nostro direttore Sergio “Alan D. Altieri” verranno riproposti dal quotidiano nella loro veste grafica originale, in modo tale da poter restituire al lettore tutto il fascino delle edizioni d’epoca. Prima uscita “La strana morte del Signor Benson” di S.S. Van Dine a soli 3,90 euro in edicola il giorno 20 Febbraio solo con La Repubblica e L’espresso.

Nei prossimi giorni verrà pubblicato il piano completo dell’opera.

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Vittime&Detective

febbraio 18th, 2009

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Cari Lettori del Giallo Mondadori, Vi propongo questo testo di Fabio Lotti col quale potrete testare le Vostre conoscenze con il Nostro amato genere. Buon lettura

Chi è la vittima e chi sono i più o meno famosi detective? 

Un nutrito gruppo di investigatori più o meno privati e più o meno famosi viene invitato in una villa per scoprire l’assassino di un orrendo delitto. Di solito la domanda che si rivolge ai lettori è “Chi è stato?” Ma questa volta, come si vede, la domanda è diversa…   Leggi tutto »

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Fallito Latruff

gennaio 27th, 2009

Il primo Giallo? Non esattamente…

Più avanti farò una confessione, ma intanto desidero dirvi di Fallito Latruff.Il nome gli era stato affibbiato da noi, ragazzini d’undici/dodici anni, ispirandoci ad un personaggio perseguitato da Topolino il quale continuava a perpetrare truffe fallimentari. E c’era un motivo per quel nomignolo. Erano i tempi, all’incirca, di Furia Cavallo nel West e di Canzonissima. Il negozietto di Fallito, età ed accento indefinibile, era nei pressi della stazione delle Corriere di Modena. Sull’unica vetrina erano appiccicate lettere adesive grandi un palmo “ COMPRA-VENDITA FUMETTI USA”. La parola finale completa era “USATI”, ma la T e la I erano saltate via e mai sostituite. Cavolo, pensavi, qui hanno i mitici fumetti americani! Non era così, e non era l’unico piccolo imbroglio di Fallito. Sapete, lui aveva questo modo di scrutare con aria disgustata i “Tex”, gli “Alan Ford”, i “ Satanik” ed i “Diabolik” che tu deponevi sul ripiano della “scrivania” dopo aver scontato una lunga attesa psicologicamente devastante.“ No… non m’interessano”, dichiarava.“ Ma, signore, sono numeri recenti e…”“ Riportali a casa… dai che non ho tempo!”Mentre raggruppavi i tuoi tesori con la morte nel cuore, invariabilmente sparava “ Però… vabbè, sei venuto sino qua… ti posso dare cinquecento lire per tutti quanti”“ Ma, signore…”“ Se non ti va bene, sgombra!”Tu cercavi di mostrare sdegno ma era arduo mantenere a lungo una dignità offesa quando avevi undici anni, il Brill Cream che ti si squagliava in testa ed un paio di pantaloni corti color tortora che ti ballavano attorno alle gambe secche e scartavetrate dall’asfalto. Allora cedevi, consegnavi il malloppo e ti ficcavi a studiare gli scaffali cercando di fare il miglior affare possibile nei limiti della ridicola cifra decretata, adocchiando spesso la porta chiusa a lato della scrivania che, si narrava, celava i leggendari fumetti “ per adulti”.Ma ad un certo punto io mi stancai di subire: invocai il genio criminale di “Diabolik”, ma partorii una trovata più da “Alan Ford” Andava in questo modo. Mi presentavo con la mia sportina di fumetti. Fallito mi fissava da sopra gli occhialini. “Ora non ho tempo”. “ Aspetto, signore”Sorridevo con aria innocente e, non tanto innocentemente, facevo scivolare nella sportina qualche romanzo tascabile dallo scaffale più lontano dalla scrivania. Quando Fallito si decideva a taglieggiarmi ed arrivava ad estrarre dalla sportina anche quei volumi mischiati ai miei fumetti, io continuavo a sorridere con l’adrenalina nuclerizzata.A volte borbottava “ Questo ce l’ho già…” sollevava lo sguardo verso lo scaffale, poi si stringeva nelle spalle “ No… l’ho già dato via”; allora mi ricordavo anche di respirare.Con aria distratta mi proponeva il conto; io facevo un po’ di sceneggiata; poi mi davo da fare e portavo a casa una contropartita finalmente giusta.Andò avanti per tutta un lunga, serena estate sino ad un sabato pomeriggio.Stessa scena e stesso sorriso “ Aspetto, signore” avevo detto movendo un passo verso lo scaffale dei tascabili. Fallito era come il solito distratto alla sua scrivania; io, da bravo delinquente giovanile ormai scafato, afferrai un volumetto pronto a farlo scivolare nella mia sportina quando, sollevando la testa, incrociai lo sguardo scuro di un tipo alto e secco che si era materializzato sulla soglia “ per adulti”.Conservai il sorriso. Tenni il volumetto stretto in mano ben lontano dalla sportina; mi avvicinai con gambe fluttuanti alla scrivania.“ Compro questo, signore”Fallito mi fissò da sopra gli occhialini “ Cos’è questa novità?”“ Compro questo, signore”“ Non vuoi farmi vedere cos’ hai nella sportina?”“ Compro questo, sign…”“ Ho capito! Sono centocinquanta lire. Ce le hai, Onassis?”Mi dissanguai ed uscii con il sorriso ancora stampato in volto. Sorrisi a tutto il quartiere. Sorrisi a mia madre. Entrai in camera mia e crollai. Solo il giorno seguente controllai il mio acquisto forzato, questo strano volumetto giallo con un tondo nel quale due uomini lottano ed in primo piano, forse appena fuori dal tondo, il volto di una donna, una castana tipo Senta Berger con un sorriso che uccide.Il mio primo Giallo Mondadori. Ed ora, la mia confessione. Pensate fosse la mossa con Fallito? Ma per favore! Non so nemmeno come potrebbe definirsi: non c’era sottrazione di merce, quindi non era un furto. Non c’era scambio di denaro ed anche la ricettazione è esclusa. Mettiamola come giustizia proletaria, se vi va.No, la cosa è molto più seria e la confessione brucia: non ricordo il titolo di quel Giallo!E non è tutto… lo sfogliai solamente, poi andò rivenduto… eh sì. Ma qualcosa mi rimase dentro, come un sapore, come il senso di qualcosa di gustoso che potevo riscoprire, forse, più avanti. Ed è infatti un gusto che ritrovai, a vent’anni compiuti, quando presi a saccheggiare, disordinatamente ed indifferentemente, Urania e Giallo Mondadori. Mi fulminarono due romanzi in particolare: “ Prega Detective” e, più tardi, “Clandestino” di un tale di nome James Ellroy, avete presente?   Ma, diavolo, mi avete costretto a ripensare a quel primo Giallo. Se mi sforzo, forse posso visualizzare l’immagine sulla copertina.Credo che mi metterò a saccheggiare Ebay e le bancarelle per rintracciarlo. Forse questo glielo devo a Fallito, dopotutto.                                                                                                                                                                         

                                                                                                                                                                         Stefano Pigozzi

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L’estate del mio primo giallo

gennaio 23rd, 2009

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Quella lontana estate del 1970 è proprio indimenticabile. Comincia dalla fine, come un gioco di parole. Con la licenza elementare, ai primi di Giugno, e la prospettiva di frequentare le medie in un altro quartiere, cambiando scuola e compagni di classe.

Prosegue qualche giorno dopo, con i campionati mondiali di calcio in Messico, le partite in bianco e nero viste a notte fonda, un po’ assonnato, le immagini a volte tremolanti che sembrano precedere di qualche secondo la voce del telecronista Nando Martellini. Pelè e Gigi Riva, Müller e Albertosi, Rivera e Jairzinho danzano sullo schermo, e continuano a farlo nell’immaginazione mia e dei miei amici quando giochiamo a pallone sulla spiaggia, per lunghe ed estenuanti partite che sfinirebbero chiunque meno che dei ragazzi incuranti del sole a picco e della sabbia rovente. Poi la sera l’autobus per tornare a casa, e sognare altre partite, nelle orecchie le voci dei Dik Dik che cantano L’isola di Wight, sparata a tutto volume dal juke-box del bar accanto alla spiaggia.

E soprattutto un libro posato su una borsa di paglia sotto l’ombrellone, con la copertina di un giallo vivace e il disegno che mi ricorda i miei fumetti preferiti. Una combinazione che ricorda un libro per adolescenti piuttosto che per “grandi”. Lo guardo incuriosito e mi chiedo se lo legga il papà o il figlio, che gioca con me a pallone e m’infila sempre qualche gol quando io sono Albertosi e lui Pelè, proprio come nella realtà.

Alla fine di Agosto sono in viaggio con la mia famiglia: qualche giorno in una nazione così vicina e allo stesso tempo distante, che adesso non esiste più, spazzata via come tanti ricordi dell’infanzia: la Yugoslavia. Altre spiagge, in Istria, e altri boschi e laghi, in Slovenia. Scopro che quella terra non è poi così diversa dalla mia, hanno anche la Coca-Cola, anche se qui si chiama Sinalco-Cola. Però mi annoio un po': niente fumetti, né ragazzi con cui giocare a pallone sognando di parare finalmente un colpo di testa di Pelè, e nemmeno quella poca televisione che si vede a casa.

Così quando un giorno spunta da una borsa, che stavolta non è di paglia, un altro libro con la copertina di un giallo vivace, non ho esitazioni e comincio a sfogliarlo e poi a leggerlo, tanto per passare il tempo che precede la cena di quel lunghissimo pomeriggio estivo. Invece no, dopo qualche pagina mi accorgo che è appassionante, così diverso dalle storie che ho letto fin qui. Perché La morte fa l’autostop di James Hadley Chase è davvero un concentrato di tensione, ritmo e azione, un romanzo che vorrei far durare a lungo.

Ci sono riuscito. Si può dire che stia idealmente leggendo ancora quel libro, ogni volta che compro e sfoglio un Giallo Mondatori, perché, ormai lo sappiamo, la prima volta non si scorda mai. Certo, ne verranno tanti altri, di gialli, dopo quel primo romanzo letto un po’ di nascosto alla fine di Agosto del 1970, in una nazione che non esiste più, ma ora mi accorgo che nessuno, neanche quelli della mia amatissima Agatha Christie, mi hanno dato le stesse emozioni e quel sottile piacere della trasgressione, di fare una cosa da “grandi”, di sentirmi come loro senza desiderare di esserlo fino in fondo.

Ancora adesso spero di aver conservato qualcosa dello spirito di allora, di non essere diventato “grande” del tutto, come in quei giorni che nel mio ricordo si confondono in un’unica, lunga e indimenticabile estate.

 

                                                                                                                                                                         Enrico Luceri

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Wainwright/2

gennaio 21st, 2009

Grazie all’abile lavoro di recupero effettuato da Luca Conti, oggi Vi proponiamo l’intervista rilasciata dall’autore a Gian Franco Orsi. Buona lettura.

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(cliccare sull’immagine per ingrandire)

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John Wainwright

gennaio 20th, 2009

Grazie alla preziosa collaborazione di Luca Conti che ci regala la scheda presente all’interno del Dizionario delle letterature poliziesche (in uscita nel 2009), questo mese, dedichiamo l’approfondimento ad un autore troppo a lungo dimenticato ma che ha fatto senz’altro parte non solo della storia, ma, anche dell’èlite della tradizione poliziesca mondiale.

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John Wainwright [25 febbraio 1921, Leeds – settembre 1995] Britannico. Pseudonimo: Jack Ripley. Presta servizio militare nella RAF (1940-45), si laurea in legge come studente lavoratore nel 1956, è per oltre vent’anni agente di polizia nello Yorkshire (1947-69). Nel 1969, bloccato nella sua carriera dai contrasti con i superiori, si dimette dalla polizia per dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, lavorando anche come editorialista per il Northern Echo, quotidiano di Darlington. Da allora fino alla morte Wainwright riuscirà a tenere una strabiliante media di tre, quattro romanzi l’anno (addirittura escogitando, tra il 1971 e il 1972, lo pseudonimo «Jack Ripley» per lanciare una nuova serie di quattro libri il cui protagonista, John George Davis, è un agente sospettato di omicidio e sospeso dalla polizia).Nel suo primo romanzo, Death in a Sleeping City, scritto e pubblicato nel 1965 (quando ancora Wainwright lavorava come poliziotto di quartiere), una sonnolenta cittadina britannica inglese vede arrivare due killer della mafia che il sovrintendente Lewis deve neutralizzare. Il romanzo ottiene un notevole successo e spinge l’autore a intensificare i propri sforzi letterari, che gli procureranno un forte esaurimento nervoso costringendolo alle dimissioni da poliziotto.In seguito Wainwright diversifica la propria produzione, che raggiungerà la bella cifra di 78 romanzi, svariati racconti brevi, due volumi di memorie e un saggio sull’autodifesa del cittadino. Se la parte centrale e forse più significativa della sua opera ha a che fare con il procedural, Wainwaright non ha mai disdegnato la contaminazione col thriller e il noir, concedendosi anche un paio di sortite nel giallo classico e nella camera chiusa. Tension (1979), per esempio, è la storia di una rapina raccontata dai diversi punti di vista degli undici protagonisti del colpo; in Brainwash (1979) l’ispettore Lyne prova a far confessare il presunto colpevole di uno stupro e dell’omicidio di tre ragazze; The Eye of the Beholder (1980) ha per protagonista Pilter e Skeel, due poliziotti che indagano sull’avvelenamento del famoso illusionista Gordano (un bel finale conclude questa indagine classica, che conta una rosa di indiziati di primo piano); Anatomy of a Riot (1982) descrive in maniera convincente la nascita e lo sviluppo di una sommossa di natura razziale; Spiral Staircase (1983) è una denuncia nei confronti delle ronde di quartiere organizzate per far fronte a una criminalità sempre crescente.Assai più originale è The Forest (1984), che mette in luce il declino dei valori inglesi tradizionali attraverso lo scontro senza pietà di due fratelli che aspirano al titolo di baronetto. Clouds of Guilty (1985) è la storia di un banchiere accusato di complicità in una rapina. Una volta rilasciato, si allontana dalla famiglia che lo crede colpevole. Viene assunto da un gruppo di gangster che si vogliono servire di lui per riciclare il denaro rubato da un treno postale. Pool of Tears (1977) è un tipico procedural alla Wainwright, mentre Take Murder (1979), che rispolvera il mito di Jack lo Squartatore, propone una riflessione sul concetto di colpevolezza.Lo stile e le trame di Wainwright sono solo apparentemente convenzionali, tanto da aver portato, negli anni, a una sostanziale sottovalutazione dello scrittore e al suo quasi totale oblio. Se infatti, da un lato, c’è chi ne sostiene la visione conformista e superficiale, accusandolo di limitarsi a una semplice constatazione degli effetti del crimine trascurandone invece le cause, d’altro canto non si può che rimanere ammirati davanti all’ampiezza di temi trattati da Wainwright, autore di feroce forza morale, quasi calvinista nella sua assoluta intransigenza. Non bisogna infatti dimenticare la profonda crisi personale dello scrittore, costretto a lasciare la polizia per i difficili rapporti con i suoi superiori e per la sua fermezza nel non volersi piegare alla corruzione. Nella sua smisurata galleria di personaggi, difatti, i ritratti più poderosi sono quelli dedicati ai poliziotti, con una facilità di caratterizzazione che rende Wainwright, per certi versi, affatto inferiore a Ed McBain e con la sostanziale differenza che l’autore britannico parla e scrive per esperienza diretta.Grande appassionato di musica classica e, soprattutto, di jazz, Wainwright si è servito della sua notevole conoscenza del periodo Swing per uno dei suoi romanzi più riusciti, la commedia nera Do Nothin’ Till You Hear from Me (1978).  

BIBLIOGRAFIA ITALIANA:

Ten Steps to the Gallows, 1965 (Dieci passi dalla forca, 1967);

Web of Silence, 1968 (I rimorsi non servono, 1970);

The Crystallized Carbon Pig, 1966 (Quello sporco diamante, 1969)

The Take-Over Men, 1969 (I cervelli, 1971);

Night Is a Time to Die, 1972 (La notte è fatta per morire, 1973);

Cause for a Killing, 1974 (Peggio che spia, 1976);

 The Hard Hit, 1974 (Il killer dall’indice d’oro, 1977)

Square Dance, 1975 (Partita a quattro, 1976);

The Bastard, 1976 (Il bastardo, 1978)

The Day of the Peppercorn Kill, 1977 (L’ultimo atto, 1979)

Do Nothin’ Till You Hear from Me, 1978 (Che altro pezzo dobbiamo mandarti?, 1980)

Brainwash, 1979 (Lavaggio del cervello, 1981).

The Distaff Factor, 1983 (Povero William Drever, 1983)

Cul-de-sac, 1984 (Vicolo cieco, 1984)

The Ride, 1984 (Giro vizioso, 1985)

Portrait in Shadow, 1986 (Ritratto in controluce, 1987)  

Firmati come «Jack Ripley»:

Davis Doesn’t Live Here Any More, 1971 (Davis non abita più qui, 1972);

My Word, You Should Have Seen Us, 1972 (Parola mia, andavamo a mille!, 1974);

My God, How the Money Rolls In, 1972 (Mamma mia, quanta grana!, 1975). 

Un articolo di Luca Conti sull’autore: http://lconti.com/category/john-wainwright/

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Posizione di tiro – Chris Grabenstein

gennaio 15th, 2009

Intervista a cura di Dario pm Geraci

Questo mese la rubrica “Posizione di tiro” valica i confini Italiani e Vi porta dritti negli Stati Uniti alla scoperta di un vero talento del new-thriller: Chris Grabenstein che questo mese il Giallo Mondadori ospita con il romanzo “Giro di killer”. Buona lettura.

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DG: Ciao Chris e benvenuto sul Blog del Giallo Mondadori: Vuoi cominciare parlando di Te ai lettori?

CB: Ciao Italia! Prima Vi voglio dire quanto io ami il Vostro paese. Diversi anni fa, mentre stavo lavorando a degli spot commerciali per una marca di pasta in scatola (la Chef Boyardee) , ho avuto la fortuna di poter visitare città come Milano, Roma e Orvieto. Si, pasta in scatola! Con una salsa zuccherata al punto giusto. Noi americani sappiamo essere rudi qualche volta. Ad ogni modo ho filmato diversi stupendi spot televisivi insieme a Giuseppe Tornatore, che ha vinto tra l’altro un Oscar per “Nuovo cinema paradiso”. Pensate che mi ha anche permesso di toccare la statuetta. Come avrete letto dalle mie note biografiche, le mie prime esperienze nel mondo della scrittura sono state con delle agenzie pubblicitarie. Infatti, il mio primo direttore fu James Patterson, il più venduto scrittore di thriller americano e, probabilmente, del mondo. Negli anni ’80 abbiamo scritto insieme delle pubblicità per una marca di Hamburger. Quando lavori a degli spot commerciali, devi imparare ad attirare l’attenzione del pubblico velocemente e ciò è arduo da imparare. Io ho provato ad applicare lo stesso stratagemma per i miei romanzi. 

DG: Cosa ci puoi raccontare circa la Tua produzione narrativa?

CB: Sono dei romanzi “tutti d’un fiato”. Io generalmente lavoro a tre differenti serie di romanzi. Il mio “FBI Holiday Thriller” con protagonista Christopher Miller, un agente speciale che all’età di 50 anni crede di aver già trascorso i migliori anni della propria vita. Ma sbaglia di grosso! Miller è l’unico uomo in grado di fermare gli assassini e i terroristi in “Slay Ride” e in “Hell for the Holidays”- Poi, lavoro alla serie con protagonista John Ceepak. Una serie mystery che include titoli come “Tilt a Whirl”; “Mad mouse”; “Whack a mole”; “Hell hole”, e “Min Scrambler” (che verrà pubblicato negli Stati Uniti durante il 2009).Questi gialli hanno luogo in una amena località turistica lungo le coste del New Jersey, i luoghi descritti da Bruce Springsteen. L’eroe, John Ceepak, lascia sua moglie a causa di un rigoroso codice d’onore: Lui non mente, non bara, non ruba e non tollera coloro i quali commettono tali atti. Il suo braccio destro è un giovane ventiquattrenne che lavora part-time come venditore di poltrone. Insieme rendono frizzante e leggera la lettura di queste avventure a sfondo giallo. Infine, ho appena iniziato a scrivere una serie di eccitanti “ghost-stories” per ragazzi. “The crossroads” è il primo romanzo e sarà seguito a breve da “The hanging hill”, che racconta la storia di un teatro abbandonato.

DG:Quali sono i tratti distintivi della Tua scrittura?

CB: Beh, due sono le mie peculiarità. Primo, i personaggi. Se ripensi a tutti i romanzi che hai letto, non ricordi la storia, ricordi i personaggi. Pensa al film “ L’uomo ombra”, Ricordi chi lo interpretò? Ricordi Nick e Nora?Secondo, Io scrivo storie dal ritmo serrato che vanno lette come se si fosse sulle montagne russe: Un attimo prima stai ridendo, quello dopo urli di terrore. Riesco a tenere sveglio più di un lettore dopo la mezzanotte, vogliono leggere il capitolo seguente. Mi piace anche pensare che i miei libri vadano oltre al mero gioco del “Whodunit” e tocchino qualcosa di più profondo. Penso che facciano riflettere i lettori, almeno un po’.

DG:Cosa puoi dire circa le tue “ispirazioni”? Le capti dalla realtà o sono puramente fantastiche?

CB: Le ispirazioni per i miei eroi vengono da fatti reali. John Ceepak è stato modellato sulla figura di diversi uomini che conosco: un nipote che ha preso parte alla Guerra del Golfo, un capitano dei Vigili del fuoco di New York, diversi membri del Parlamento che ho conosciuto ad un matrimonio. Danny Boyle, il narratore dissacrante sono io, solo più giovane.Christpher Miller è stato creato solo seguendo il pensiero che mi ha colto quando ho raggiunto i cinquant’anni e mi sono chiesto cosa sarebbe capitato alla mia vita e alla mia carriera. Infine Zack, il ragazzo protagonista delle mie ghost stories, è ciò che ricordo di quando avevo dieci anni. Tutte le storie, naturalmente, sono tratte dalla realtà e “filtrate” nonostante io tenti sempre di basare I miei “casi” su fatti realmente accaduti e comprovati. Sfortunatamente molti dei crimini della Supremazia bianca, raffigurati in “Hell for the holidays” sono basati su gruppi terroristici attivi qui negli Stati Uniti, inclusi i loro attentati in collaborazione con Al Quaeda. I mafiosi Russi di Brooklyn descritti in “Slay ride” sono basati su storie reali tratte dai titoli di testa dei maggiori quotidiani Newyorkesi. Tutti i casi trattati dalla serie Ceepak, sono strutturati partendo da casi di omicidio realmente esistiti. Voglio essere certo che la psicologia dei miei “cattivi ragazzi” sia corretta, così gli permetto di compiere le loro diavolerie ricalcando fatti tragici reali.

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DG:Quali sono I tuoi gusti personali di lettore? Essi incidono sul tuo modo di scrivere? Ti senti influenzato dagli altri prodotti in tema di fiction (tv, cinema) o no?

CB: I miei scrittori preferiti sono Stephen King e Donal Westlake (intervista rilasciata prima della morte dell’autore citato). Ho cercato di leggere tutto quanto hanno prodotto. Cerco di non leggere thriller mentre ne sto scrivendo uno e mi butto nei saggi storici e di costume. A volte la realtà è molto più bizzarra della finzione! Naturalmente sono poi molto influenzato da ciò che guardo al cinema e in televisione, cerco di scrivere romanzi che siano compatibili con i prodotti d’azione trasmessi. Penso di scrivere dei “film mentali”! 

DG: Grazie per la bella chiacchierata Chris: vuoi aggiungere qualcos’altro per il pubblico italiano?

CB: Grazie molte a tutti Voi che leggete o leggerete i miei romanzi. Ah!,….il Tennessee non è così calmo come l’ho descritto in “Hell for the Holidays” (Ho vissuto in Tennessee per dieci anni quando ero giovane).  Poi, un’ultima cosa..Io amo Orvieto e spero di poterci tornare il prima possibile per bere un po’ di vino e gustarmi le deliziose bruschette del Ristorante “Orso”! 

Per maggiori informazioni sull’autore, potete consultare il Suo sito personale all’indirizzo: http://www.chrisgrabenstein.com/  

Qui il booktrailer di “Hell for the holidays”: http://it.youtube.com/watch?v=mz15uTeRb6E&eurl=http://www.chrisgrabenstein.com/thrillers.php

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Il primo giallo…non si scorda mai

gennaio 12th, 2009

Sono stato un lettore e un narratore precoce. Da sette anni già leggevo Salgari (Jolanda la figlia del Corsaro nero, nell’edizione Salani) e a undici ho cominciato con il mio primo Segretissimo( OSS117 le spie muoiono a Tokyo). Nel frattempo cominciavo con le prime prove di scrittura. Da quegli anni non sono stato più capace di smettere. Al giallo sono approdato dalle pubblicità che trovavo sui vecchi Segretissimo. Ovviamente erano ..neri. Parker con quelle mini pubblicità disegnate da Pinter. Quel Parker mi stimolava davvero.. ma…a trovarlo nelle edicole… Mi capitò invece in uno scatolone di libri regalati da qualche zio un giallo di cui avevo visto da poco una riduzione cinematografica IL CLAN DEI SICILIANI  di Auguste Le Breton . L’ho perso e a lungo ricercato nelle bancarelle sinché non l’ho ritrovato. A questo punto, una precisazione.  Carlo Jacono abitava dietro casa mia, ero amico di suo figlio Andrea e frequentavo casa sua dove, tra una magnifica collezione di armi antiche e moderne, quadri di guerrieri ci s’intrufolava nel suo studio.

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Lui ci lasciava stare lì con lui, a chiacchierare, ascoltare musica e vederlo al lavoro. Spesso su diverse copertine contemporaneamente. Usava il bioscopio per riprodurre volti di attori famosi che interpretavano personaggi dei  Gialli, oppure riproduceva le donnine di Playboy rivisitandole alla sua maniera aggiungendo  pizzi e merletti. E poi Pistole, sfondi di città…Un laboratorio dell’Immaginario che ERA  il Giallo. E così ho visto nascere tante copertine di Miss Marple, Nero Wolfe e tutta la serie dell’87° Distretto. Facevo conoscenza dei personaggi ancor prima di leggerne le avventure. Ed è iniziata così una magnifica avventura che si perpetua ancora oggi che i tempi e le copertine sono cambiate assieme ai filoni e agli eroi…Così che il sogno di un ragazzino è diventato un Hobby e poi un lavoro, senza che, realmente, ci sia una differenza tra gli uni e l’altro.

                                                                                                                          Stefano Di Marino

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Quella piovosa domenica pomeriggio

gennaio 8th, 2009

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Quando ero bambino, a casa, avevamo un corridoio molto lungo.Alla fine di questo corridoio c’erano due librerie, altissime. Nere.Quando si è bambini, si è attratti dai colori molto vivi, e quel giallo, così luminoso e in contrasto con il nero laccato delle librerie calamitava tutta la mia curiosità d’infante.Ricordo distintamente il mio primo incontro con “Il Giallo Mondadori”. Era una piovosa domenica pomeriggio e avevo appena finito di ascoltare in radio la partita dell’Inter. Quel giorno la mia squadra aveva perso e il mio umore non era dei migliori. Mi prese così la voglia di scoprire la natura di quei piccoli e coloratissimi volumi. Ce ne saranno stati una sessantina, non di più, tutti allineati sul penultimo scaffale dell’imponente mobile scuro. Li osservai a lungo, poi, la mia scelta ricadde sul numero 2283 “Giochi di morte” di Margaret Maron.Sgattaiolai nella mia stanza, appostandomi nel letto inferiore della costruzione “a castello” che ospitava i miei riposi notturni.Sinceramente non ricordo se il romanzo valesse qualcosa qualitativamente parlando, posso solo dirVi che dopo quelle due ore trascorse in compagnia di quel piccolo libretto giallo, la mia vita non è stata più la stessa. 

                                                      

                                                                 Dario Geraci

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