Giallo in vacanza (1249)
Cosa c’è di meglio di una vacanza a Key West, Florida, per riprendersi da tanti mesi di duro lavoro? Proprio quello che pensano Jerry e Pam North, decisi a lasciarsi alle spalle lo stress. Jerry è un editore e Pam, simpatica e chiacchierona, spende i soldi del marito. Ma, dove arrivano i North, nemmeno il delitto tarda ad arrivare. E così Jerry e Pam si ritrovano con un cadavere steso sul pontile, ucciso da una pugnalata. Il morto è Edmund Piersal, eminente medico legale, che i North avevano da poco conosciuto. E le indagini iniziano…
Frances e Richard Lockridge americani, dopo gli studi universitari divennero entrambi giornalisti per periodici del Kansas. Frances (1896-1963) e Richard (1898-1982) si sposarono nel 1922. Dal 1940 diedero vita auna saga poliziesca dai molteplici filoni e dai personaggi interscambiabili. Vinsero l’Edgar per i testi radiofonici nel 1945 e lo Special Award nel 1962.
All’interno, l’articolo “La neve nera” di Enrico Luceri.
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Posted in I Classici del Giallo, Le collane del Giallo
luglio 11th, 2010 at 09:51
Luca mi aveva detto: “Prendilo! E’ divertente”.
In effetti..
Romanzo poliziesco balneare, molto leggero, con uno stile molto scoppiettante e divagatorio, situation movimentata. In sostanza si basa sulle osservazioni della Lei (di una coppia), che sembra essere confusionaria, ma che ha la lampadina che si accende al punto giusto. La cosa interessante è che qui non vi è un omicidio con tanti sospettati tutti collegati o quasi, in un ambiente chiuso, ma un omicidio all’aperto con tanti sospettati ognuno con un movente diverso, ma tutti non collegabili tra loro, se non dal risentimento provato verso il morto ammazzato. Poi ad un certo punto l’indagine punta su un punto preciso (e il Giuramento d’Ippocrate anche se si divaga è fortemente connesso all’omicidio) e non si schioda. Anzi nel momento in cui parrebbe che possa essere schiodato dall’entrata in causa di un’altro sospettato, è questo che fornisce involontariamente la distruzione dell’alibi.
Bello, non bellissimo, e si legge in cinque-sei ore. Oddio io dico Bellissimo per i romanzi da Camera Chiusa, I Carr, I Rawson, I Derek Smith, Fratelli Shaffer, gli Halter, i Queen, i Christie, i Van Dine, i Daly King, i Rufus King, etc.. Ma questo Lockridge, che Luca mi aveva consigliato, è un romanzo veramente godibile.
Aspetto di leggere il Berrow per dire se è anche lui ascrivibile ai bellissimi. Ah, dimenticavo Milne: bellissimo.
Cinque sei ore ho anche messo per leggere il Giallo del mese scorso, il primo della Allingham: molto leggero, stranamente molto diverso dai Campion che molto spesso fanno addormentare in quanto a mancanza di ritmo. Qui il ritmo c’è e si vede; tuttavia è ingenuo come romanzo: a pag.31 viene chiaramente indicato chi sia l’omicida, tanto che dieci pagine dopo sente il bisogno di confondere le acque dicendo che lo schioppo poteva essere usato da quella posizione solo da una persona che fosse seduta o comunque accovacciata etc.. Guarda caso c’è uno che sta su una sedia a rotelle. Ma non è lui l’assassino. Poi capendo di aver fornito chiaramente un indizio base (o l’ha fatto apposta a fornirlo e poi a dissumularlo? Probabile) rinforza la dissumulazione dicendo che qualcosa di bianco si era visto ed “era la sottana di una signora”. Poi il romanzo analizza tutta una serie di sospettati, e alla fine.. converge sull’indiziato di pag.31
Ora è possibile che chi scrive l’abbia individuato facilmente il colpevole in virtù dei tantissimi romanzi letti e del fatto che da allora altri romanzieri hanno scritto storie facendo riferimento a soggetti come quello individuato dalla Allingham, ed è anche possibile che invece allora fornire un indizio così importante puntando su un soggetto così difficile per i tempi da individuare, fosse una cosa nuova; tuttavia il romanzo ora appare alquanto ingenuo, anche se carino, e facile da leggere. Almeno non è la Allingham più tarda..
Il secondo giallo che ho letto su un lettino, è stato quello di Blake: libro poderoso, bello, davvero bello, complesso, molto complesso, ma con un assassino che è anche questo stranamente uno dei più ovvi. E’ difficile da leggere non per la mancanza di ritmo che c’è invece ma per la natura della conversazione, molto contorta, alibi e contro alibi, ipotesi e contro ipotesi, citazioni di poeti (bella quella di Virgilio: si vede il poeta Cecil Day Lewis che ricorda un altro poeta!). Ho messo cinque giorni a leggerlo. Ma Blake è Blake, non c’è nulla da fare. Il prossimo da leggere sarà un vecchissimo Blake dei Capolavori del Giallo. Avevo anche portato con me un Horace McCoy pensando si trattase di un noir tipo “Il sudario non ha tasche”; invece “Sarei dovuto restare a casa”, I Should Have Stayed Home, è un romanzo agro, triste con una sola vittima, suicida, uccisa dalle sue illusioni, che sono poi quelle del protagonista e della sua amica. Il protagonista alla fine, non si ritroverà galleggiante in una piscina, come il William Holden in Sunset Boulevard, ma solo in una città che non lo vuole, a rincorrere i suoi sogni infranti, di attore che non viene da una scuola di arte e recitazione ma da un palcoscenico di provincia; e la Hollywood che è narrata è una Hollywood vorace, senza anima, in un tempo, il 1938, in cui il mondo di Hollywood era il più gettonato. Il tono è triste e quello che avevo pensato durante la lettura (cioè che stranamente ripercorresse Gli ultimi fuochi di Scott Fitzgerald) poi è stato confermato dalla postfazione di De Cataldo. La cosa interessante è che quello che altri hanno scoperto non molti anni fa (cioè che i divi molto spesso avessero un’anima e delle inclinazioni sessuali diverse da quelle che la stampa patinata proponeva) in questo romanzo è affermato, anche in maniera abbastanza cruda, senza essere però volgare. E’ un romanzo dulla distruzione del Sogno americano, sulla distruzione del mito del Self Made Man.
luglio 11th, 2010 at 17:00
Scusa Piero, puoi dirmi di che cosa tratta “La neve nera” di Luceri?
P.S. Secondo me il Berrow, se conosco un pò i tuoi gusti, ti farà andare in visibilio…
luglio 12th, 2010 at 06:07
E’ un’inchiesta sulla morte di De Angelis, spiegata con un’analisi della figura di De Vincenzi e delle idee di De Angelis espresse nei suoi scritti e romanzi. Una cosa del genere l’ho scritta alla fine dell’anno scorso su EuroPolar.
Il titolo NEVE NERA si rifa alla celebre asserzione di Anassagora secondo cui siccome l’acqua perchè diafana era nera (il nero è la privazione di tutti i colori) automaticamente doveva esserlo la neve e il bianco che le attribuiamo noi è solo una nostra impressione, come pure dato puramente sensibile è la tonalità dei colori che noi riconosciamo come tali. In sostanza, come spiega Luceri, se è sbagliato il presupposto da cui si origina il concetto e non c’è nulla che sul percorso lo mette in dubbio, si finisce per sbagliare nell’ottenere un risultato: e così si può arrestare un innocente.
Il commissario De Vincenzi è l’antitesi di questo ragionamento, che invece si sposa trionfalmente molto spesso nei suoi romanzi con le tesi delle autorità fasciste. Così Neve Nera finisce per rapportarsi idealmente anche all’ideologia fascista, di cui De Angelis è critico (talora anche avventatamente) nei suoi romanzi.Penso che anche a questo si riferisca Luceri, nonostante non faccia accenno alla similitudine nero=fascista.
luglio 12th, 2010 at 12:22
Ottima spiegazione. Se lo leggi fammi sapere di Berrow…
luglio 13th, 2010 at 19:15
Lo sto leggendo..Berrow. Il morto oltre pag. 60 e fino ad allora..somari, bevute di birra e oltre dieci pagine di orme caprine sulla neve: un po’ troppo!
luglio 15th, 2010 at 07:14
Ho finito di leggere The Footprints of Satan di Norman Berrow: bell’atmosfera, ottima soluzione, ma..risente moltissimo di Carr. E se hai letto tutto di Carr o almeno il 97%, puoi capire qua e là cosa di Carr ci sia in questo romanzo, molto bello ma non trascendentale. Ne parlerò in un mio prossimo articolo.
luglio 25th, 2010 at 14:04
Pamela e Gerald North costituiscono l’ennesimo esempio di investigatori dilettanti che, involontariamente, riescono a trovare cadaveri ovunque e, dato che le forze di polizia sono costituite solo da incapaci che non sanno cavare un ragno dal buco, sono costretti a risolvere di volta in volta i misteri in cui incappano. Una figura retorica del romanzo di genere che oggi ci fa sorridere, ma che per anni ha costituito uno degli escamotage preferiti da parte di moltissimi autori, sia fra i più che fra i meno dotati. Così, nel pieno rispetto dell’artificio appena esposto, quando la coppia di coniugi creata da Frances e Richard Loockridge decide di concedersi una vacanza abbandonando il gelido New England per la soleggiata Florida dopo poche pagine spunta l’immancabile cadavere. E l’albergo di lusso completo di morto ammazzato diventa il cast ideale nel quale far sfilare la processione dei sospetti. Purtroppo, però, il tutto si traduce in un esercizio prevedibile nei toni e nelle situazioni, la vicenda viene esposta con sciatteria e nemmeno i caratteri dei personaggi riescono ad accendere la fantasia del lettore. Più che un giallo in vacanza, un giallo da vacanza, una veloce lettura da ombrellone nei confronti della quale non si potrà che pur non avendo nulla da eccepire ma che sarà facile dimenticare.
luglio 26th, 2010 at 14:20
Almeno non ti fa addormentare; e se stai sotto un ombrellone, un giallo che ti fa addormentare, finisce come la bottiglietta vuota di coca: nel cestino.
Poi può anche essere che si domenticherà, Danilo: almeno però si son passate 4-5 ore piacevoli.
Non è detto che sotto l’ombrellone uno debba leggere per forza cose “toste”.
E’ proprio come dici tu: la letteratura estiva è letteratura da vacanza, cioè un libro che si possa leggere tra un tuffo in piscina, una partita a bocce e un ghiacciolo, qualcosa di non particolarmente impegnato se non proprio..disimpegnato.
luglio 28th, 2010 at 18:16
Ciao Piero, è un piacere ritrovarti. La mia critica, opinabilissima, non era alla letteratura leggera: sono un lettore onnivoro che considera la leggerezza una virtù. E’ la leggerezza, anche se declinata in tutt’altro modo, ad aver fatto di Italo Calvino lo scrittore che amo più di tutti. E, come immagino tutti i frequentatori di questo forum, non leggo quei quattro o cinque gialli al mese per passatempo: sappiamo bene, noi appassionati, che nella letteratura di genere possiamo trovare autentici capolavori. Leggeri, magari, ma pur sempre di grandi libri si tratta. Poi ogni tanto amo farmi del male, ma una certa dose di masochismo è piacevole (e spesso istruttiva). Questo romanzo non mi è piaciuto semplicemente perché ho fatto fatica a terminarlo e temo che in tempi brevi lo avrò dimenticato: ho una memoria selettiva, tendo a ricordarmi solo i libri che mi hanno appassionato e a cancellare tutti gli altri. Ho ancora vive nella mente le visioni, per quanto lontane, che mi ha procurato Marquez o le lacrime versate quando ho terminato i Miserabili. Ma ricordo anche di aver preso un aperitivo con Maigret o di essermi seduto su una certa poltrona rossa. Insomma, tutto questo per dire che ho trovato questo Giallo in vacanza, sostanzialmente brutto e non leggero. Perché non amo le letture da ombrellone: in spiaggia preferisco ascoltare il rumore del mare. Non riesco a distinguere fra letteratura impegnata e no, ma solo fra libri belli, meno belli e brutti. Ma cosa sarebbe, poi, un libro o un film se poi noi lettori poverelli non ne discutessimo? E’ anche questo il bello del gioco. Sorrisi assortiti, d
luglio 31st, 2010 at 09:07
Sono d’accordo. Ma, io distinguo oltre che tra romanzi brutti belli o così così, anche tra libri impegnati, pesanti o leggeri. Un romanzo può essere bello epperò pesante, oppure di facile lettura ma insulso. Io non ho mai detto che questo Giallo in vacanza fosse un capolavoro, ho detto che mi è sembrato un buon libro da ombrellone: una trama che ricorda molto i telefilms de La Signora in Giallo.
Luca mi disse “Prendilo, è divertente!”. Divertente nel senso di molto leggero, e anche frivolo immagino. Cosa che è. Che poi sia un libro che presto si dimenticherà, sono d’accordo con te ed è una cosa che mi pare ovvia: è un romanzo da ombrellone!