Omicidio nella lana (2994)
Nuova Zelanda, 1942. Cosa mai potrà esserci di pericoloso in un allevamento di pecore? Per esempio un brutale omicidio, quello di Florence Rubrick, facoltosa allevatrice e membro del Parlamento, prima misteriosamente scomparsa e quindi ritrovata cadavere in una balla di lana. Il marito la segue a ruota poco tempo dopo. Ufficialmente: complicazioni di una malattia cardiaca cronica. Crepacuore, dicono Fabian Losse e Douglas Grace,affranti nipoti della defunta coppia ma anche eredi universali dell’intero patrimonio. Tutto questo è più che sufficiente perché l’ispettore Alleyn si metta a indagare, scavando in un mare di lana. E di intrighi.
All’interno, il racconto “Bestie nere” di Andrea Villani.
(vai alla visualizzazione completa del volume)
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Posted in Giallo (serie regolare), Le collane del Giallo
dicembre 2nd, 2009 at 16:11
Pure questo delle pecorine lo porto a casa.
Anche se la prima sensazione a pelle è da calo della prostata
dicembre 2nd, 2009 at 16:22
Ne abbiamo già parlato il mese scorso, nei commenti di non ricordo più quale volume. E’ un bel romanzo, con una struttura abbastanza originale, un po’ lento nello svolgimento ma dall’atmosfera molto cupa e densa, per certi versi quasi noir.
Richiede un po’ di pazienza, ma ne vale la pena.
dicembre 2nd, 2009 at 17:06
Se è da calo della prostata a me andrebbe bene che la mia si sta allargando troppo…
dicembre 4th, 2009 at 13:24
@Luca :
Il mese prossimo c’è un Miles Burton inedito: è THE THREE CRIMES, del 1931 ?
Non ti scomodare: so benissimo chi sia. Ma..forse non lo sanno gli altri: vuoi esser tu, che sei il comunicatore ufficiale delle biografie dei grandi giallisti del passato, a dire chi sia stato? Ti cedo con grande piacere la parola.
Finalmente un bel giallo inedito !
dicembre 4th, 2009 at 16:07
Piero diamo un indizio: ha scritto una svagonata di romanzi, probabilmente è uno degli scrittori più prolifici del genere
dicembre 4th, 2009 at 17:39
Ma perché bisogna sempre parlare dei romanzi che ancora devono uscire?
Quando non usciva la Marsh, tutti a lamentarsi perché non usciva la Marsh; adesso che è uscita la Marsh, sembra che non interessi più a nessuno, tutti a fremere per il Burton/Rhode
(e comunque si tratta di The Three-Corpse Trick, del 1944).
dicembre 4th, 2009 at 20:38
Ma perché Marco è giovane e deve guardare al futuro…
dicembre 4th, 2009 at 21:26
Infatti, bisogna sempre guardare al domani, cari miei.
Lo diceva anche Rossella O’Hara : “I’ll go home, and I’ll think of some way to get him back. After all, TOMORROW IS ANOTHER DAY”.
Poi è arrivato Stuart Kaminski, e se ne è servito per uno dei suoi migliori romanzi.
dicembre 4th, 2009 at 21:35
Ma guarda mio caro Luca, io fremo ancora per la Marsh, sto ancora fremendo. Guarda come fremo..
A Bari è arrivato stamattina il volume, e prima di domani non l’avrò cominciato. Però devo dire che mi hai spaventato, quando hai detto che è un po’ lento e non sembra un Marsh consueto. Non è che è un po’ alla Vitali, questo della Marsh ?
Ovviamente faccio un complimento a Vitali, il cui “dopo lunga e penosa malattia” è un gran bel romanzo.
dicembre 4th, 2009 at 21:38
Ho letto “Dopo lunga e penosa malattia” e mi è venuta la febbre…
dicembre 4th, 2009 at 22:20
Piero, non è lento, è MOLTO lento. Un recensore dell’epoca l’aveva definito “uno spogliarello verbale davanti a un funzionario di polizia,” riferendosi alla singolare struttura del romanzo – ogni personaggio, a turno, si presenta a illustrare la sua verità – di cui ho parlato altrove.
Però, a quanto racconta la bella biografia della Marsh uscita lo scorso anno (“Ngaio Marsh: Her Life in Crime” di Joanne Drayton), che consiglierei senz’altro di leggere a chi conosce l’inglese, si tratta forse del romanzo cui la scrittrice era più affezionata, e nel quale ha riversato gran parte dei suoi problemi esistenziali.
La brutta fine della vittima, che insolitamente per la Marsh avviene all’injzio del libro, è una delle più angosciose mai incontrate in un poliziesco classico, per tutta una serie di implicazioni che non posso certo rivelare qui.
E la Marsh è stata una donna dalla personalità affascinante e multiforme.
dicembre 4th, 2009 at 23:50
E a me lo vieni a dire? Lo so che tu sei un fissato della Marsh ( e devo dire che anche quando non ti conoscevo, son state le tue guide bibliografiche di alcuni romanzieri a farmi procacciare i loro scritti), ma poi nel mio piccolo, anche a me piace molto.
Poi sicuramente a te piacerà molto, per altre tue implicazioni personali, quel romanzo della Marsh che si chiama “Swing, Brother, Swing”, non è vero?
Avviene in un locale in cui…
dicembre 5th, 2009 at 08:54
Se ci pensate, una cosa strana è che il romanzo dei becchini della Allingham era “un po’ lento” e questo della Marsh è “molto lento”: dobbiamo aspettarcene uno estenuantemente lento il mese prossimo?
dicembre 5th, 2009 at 10:04
Be’, il Burton non è quel che si dice un fulmine di guerra
dicembre 5th, 2009 at 10:27
Ecco, lo sapevo!
E’ una sorta di pena del contrappasso. E’ come se ci avessero detto: “Lo volete davvero il Giallo Classico ? E noi ve lo diamo, ma quello che diciamo noi”.
E così ci propinano, degli strani gialli classici che altri potrebbero definire quasi dei..Noir.
dicembre 5th, 2009 at 12:21
Guarda che, comunque, il romanzo di Burton è uno dei suoi migliori.
dicembre 5th, 2009 at 13:25
Allora, uno che fosse anche un fulmine di guerra, si potrebbe definire..un capolavoro.
A me sarebbe piaciuto leggere un romanzo tipo Death at Breakfast: i romanzi gialli con gente che muore mentre mangia, son sempre molto cinematografici, e sempre godibili, perchè l’atto del mangiare rilassato è uno dei piaceri della vita, ma in un giallo prelude quasi sempre ad una tragedia. Quando vedi in un film giallo o i leggi in un romanzo giallo che uno annaspa, porta le mani alla gola e stramazza mentre sta a tavola, la prima cosa che pensi non è : ha avuto un infarto? quanto..Chi gli ha propinato il veleno ?
dicembre 5th, 2009 at 13:48
A proposito..un indovinello:
cosa hanno in comune la band dei Queen e la Letteratura Gialla ?
dicembre 5th, 2009 at 15:50
Beh, vi do un aiutino: riguarda qualcosa di cui si parla in questi giorni nel Blog.
dicembre 5th, 2009 at 23:06
leggendovi mi sono chiesta quanta della nostra attuale insofferenza per la lentezza in qualsiasi forma espressiva (penso ad esempio a quanto sembrino lenti visti oggi i vecchi Maigret televisivi) dipenda dal montaggio frenetico delle immagini a cui ci hanno abituato cinema e tv e che ha finito per contaminare anche le altre forme di comunicazione.
dicembre 5th, 2009 at 23:24
Aggiungo alla giusta riflessione di Anne quanto ci sia poco spazio, come ho già scritto da altra parte, in una abnorme massa di libelli ai momenti di “calma” e di silenzio…
Tutto è frenetico nella vita reale e in quella fittizia…
dicembre 5th, 2009 at 23:37
Che filosofo !
dicembre 6th, 2009 at 00:59
…poi, naturalmente, si incontra sempre qualche bischero. In senso buono s’intende…
dicembre 6th, 2009 at 09:57
Manuela, in senso generale hai ragione: in effetti la vita di ogni giorno ci abitua ad una esplosione frenetica, ad uno stress psico-fisico che poi può avere delle pesanti ricadute di altro genere. Ma già la cosa è diversa da ambiente ad ambiente: a Milano questa frenesia la si percepisce molto più che da noi, a Bari. Per es.,quando a Milano ci andavo ogni 3-4 mesi per trovare parenti ed amici, mi ricordo che i negozi chiudevano alle 12,30 e riaprivano alle 15,30 per chiudere di solito intorno alle 18,30-19,00 (non parlo dei megastores); a Bari i negozi chiudono alle 13 (escluso i supermercati) che chiudono in genere mezzora dopo (sempre con l’esclusione di Megastores e Ipermercati) e riaprono alle 16.30-17.00 per chiudere di solito alle 20,00. Come si vede c’è una bella differenza!
La frenesia di cui parlavamo Luca prima e io dopo, attiene proprio alla lentezza con cui si legge, per le involuzioni dello stile, e al ritmo.
Già il giallo di solito è molto meno frenetico di un romanzo di azione o di un thriller forte (mi ricordo di aver letto RELIC di Preston & Child in una notte !), figurarsi poi quando si parli di certi Gialli: stavamo parlando del romanzo di Vitali l’altro giorno, che è volutamente lento, perchè segue l’indagine di un protagonista che è anziano, che è malato, etc.. e che differisce per esempio da romanzi gialli più frizzanti, come per es. non so..Brand, Queen, Van Dine.
Poi c’è al di là di quello che è lo stile dell’autore e di come egli abbia voluto impostare il romanzo, c’è il fatto che la traduzione talora non riesce a rendere appieno la versione originale. E allora si avverte la macchinosità dell’intreccio, che si da per scontato sia una caratteristica dell’autore ed invece magari è stata solo incomprensione del testo da parte del traduttore.
Per non parlare di altri fattori, per es. una buona qualità editoriale: che invoglia a leggere, mentre errori, refusi, una cattiva qualità della stampa rendono la lettura difficoltosa.
dicembre 6th, 2009 at 12:03
Comunque, per quanto mi riguarda, mettere in luce la lentezza di certi romanzi non implicava affatto un giudizio di merito, anzi.
In uno dei miei libri preferiti, l’Oblomov di Ivan Gončarov, non succede praticamente nulla per 500 e passa pagine…
dicembre 6th, 2009 at 13:13
Sottoscrivo.
dicembre 6th, 2009 at 18:44
Vabbè, ma che c’entra l’Oblomov ? Qua parliamo di Gialli, in cui la lentezza o la brillantezza è sì un dato da tener presente.
Anche ne La recherche di Proust, il ritmo è piuttoato blando, per non dire altro, appure il testo è estremamente affascinante, e si legge bene; eppure in giro, se si vuol definire la pesantezza di qualcosa, parecchi prendono come modello proprio i romanzi di Proust.
E chi ha mai detto che Luca ha espresso un giudizio negativo su Marsh ? Non mettetemi in bocca ciò che non ho detto. Ho detto che alcuni romanzi, anche Gialli, sono mooolto lenti, e ciò è anche un effetto delle involuzioni dello stile, e della mancanza di ritmo. Non ho mica detto, che dopo la scoperta del delitto, per esempio il ritmo non possa decollare. Io per esempio non riesco proprio ad apprezzare le amenità delle descrizioni della James. In un romanzo, ne La stanza dei delitti, per tre-quattro pagine non si parla d’altro che del cane che faceva pipì o popò, e che aveva male al pancino, e che nulla ha di interessante o pertinente per la soluzione finale. Sono queste le cose che rallentano il ritmo, e che ti tentano di accantonare il libro e di passare ad un altro.
Se poi a voi piacciono i libri gialli in cui si parla di pipì e popò dei cani invece che di altro, beh..
In effetti, il Lotti ha comprato lo Speciale sui gatti, quindi..
dicembre 6th, 2009 at 19:19
credo che in realtà il problema della lentezza abbia una serie di sfaccettature diverse: la prima è l’innegabile cambiamento della percezione legato ai nuovi strumenti e modi di comunicazione.
mi piacerebbe vedere il risultato di qualche test sulla soglia di attenzione attuale comparato a quelli del passato.
la seconda l’innegabile tendenza delle strutture della narrazione scritta e visiva ad adeguarsi a quste nuove modalità, ad un montaggio incalzante per dirla in termini cinematografici.
bisogna poi distinguere tra durata e ritmo.
i bestseller americani spesso se non sempre superano le 350/400 pagine e al tempo stesso mirano a mantenere un ritmo incalzante se non vertiginoso.
sono l’equivalente scritto dei blockbuster da 120 minuti in su.
ma non sempre questo funziona ed è adatto a tutti.
leggevo poco tempo fa che Laurie King rispondendo alle rimostranze di alcuni lettori, che l’accusavano in sostanza di aver allungato eccessivamente il brodo nei suoi ultimi libri, ha ammesso che gli editori hanno fissato per gli hb un limite di pagine che si deve rispettare se si vuole essere pubblicati (oltre, ho il sospetto, per gli autori di serie un intervallo di tempo tra una puntata e l’altra delle serie).
il che spiegherebbe lo scadimento qualitativo di alcuni autori di successo.
non la Cornwell, la cui vertiginosa parabola discendente, è decisamente particolare.
dicembre 6th, 2009 at 19:22
p.s. anche per me lungo e lento non sono aggettivi necessariamente negativi.
il mio libro preferito è “Anna Karenina” ;)!
dicembre 6th, 2009 at 20:00
Ma questo è un Blog di Gialli o è un sito dove si fa critica letteraria ?
La domanda è volutamente provocatoria se non retorica?
A quello piace l’Oblomov, a me Proust e la Recherche, a Manuela Anna Karenina.
Ci mancano il Lotti, Stefano, Marco, ovviamente Dario, e poi tutti gli altri: Danilo, Bernardo, il sacro Lippi, l’onnipotente Mauro, l’enciclopedico Longo, la sacra triade (Petrocelli, Luceri, Leoni) e così via. Così facciamo una bella classifica, e vediamo quale sia l’autore non di Gialli più amato dai giallisti.
dicembre 6th, 2009 at 20:01
Per piacere non considerate il punto interrogativo al secondo rigo: m’è scappato. :-/
dicembre 6th, 2009 at 20:40
@Pierino.
Ho comprato il libro sui gatti per andare contro corrente, mentre ho acquistato l’antologia di Stefano per scuriosare ancora una volta in un mondo che non è proprio il mio. Ad essere sincero mi aspettavo anche qualche altro intervento per un’opera in ogni caso meritoria. Qui non c’entra niente ma l’ho voluto dire lo stesso.
dicembre 6th, 2009 at 22:15
Difatti, anne67, mi raccontava James Sallis che la sua carriera “di nicchia” è dovuta al fatto di non voler accondiscendere alle richieste delle case editrici, che per “lanciarlo” vorrebbero un romanzone da 4-500 pagine, cosa che lui non è assolutamente disposto a fare.
dicembre 6th, 2009 at 23:37
James Sallis mi è stato sempre simpatico: ora mi è simpatico ancor di più dopo quello che ho letto ! Oltretutto ha anche una bella faccia simpatica!
E se ne capisce anche di musica !
Ma siamo sicuri che non è un tuo parente, magari un “tuo fratello maggiore”, Luca?
dicembre 7th, 2009 at 10:40
per accontentare Piero e tornare in tema – ma non abbiamo sempre sostenuto che il giallo è letteratura a pieno titolo? – finito il Marsh ieri sera.
bello, bello, bello!
l’incipit e alcune descrizioni (quella del ritratto della vittima, della tosatura, dei paesaggi)sono veramente eccellenti.
dal punto di vista della scrittura non c’è dubbio che la Marsh batta la Christie di una pista.
anche la scelta di raccontare ciò che è avvenuto attraverso le versioni dei vari testimoni non per mera contrapposizione di punti di vista, ma con un andamento concentrico, quasi a spirale fino ad arrivare al nucleo della pesonalità della vittima e del delitto è decisamente innovativa.
qui lunghezza e lentezza non “disturbano” perché sono coerenti con la scelta stilistica ed espressiva.
non sono espedienti usati per rispettare criteri imposti dall’esterno.
forma e contenuto sono in equilibrio.
dicembre 7th, 2009 at 13:18
Credo che sia un problema di ritmo… Ogni libro, degno di questo nome, ne ha uno suo. Non è la velocità “in sé” che ci tiene avvinti alla lettura, ma il ritmo. Piero, che è un appassionato di musica, lo sa bene. Non è mai un problema di lunghezza o di rapidità. Leggere l’ultimo King per credere.
dicembre 7th, 2009 at 14:05
Bernardo, visto che facciamo lo stesso mestiere, sai come e meglio di me che in una buona traduzione, per esempio, il ritmo è uno degli elementi fondamentali (e spesso, purtroppo, è proprio quello che manca
dicembre 7th, 2009 at 17:47
Bernardo, in te mi sono riconosciuto !
Si vede che ne capisci anche tu di musica : la musica è ritmo, senza ritmo non c’è nulla. Veramente di musica se ne capisce anche Luca.
Siamo in tre: vabbè non continuo, sennò dovrei dire altro, e mi hai capito subito !
Il ritmo è essenziale anche nei Gialli, e ancor più nei Thrillers in cui il ritmo incalzante è il fine del romanzo ancor più che il mezzo; per i Gialli io credo che sia il mezzo.
Vedi i thrillers di Lehane che ritmo che hanno! o quelli di Chattam! A me piacciono molto i primi Preston & Child che sono adrenalinici, poi diventano più complessi.
Che libri traduci, Bernardo ?
dicembre 7th, 2009 at 21:23
@ Piero
Sono da anni nel campo della letteratura di fantascienza.
A suo tempo ho curato e tradotto per Fanucci (Powers, Ian MacDonald, Koontz e il classico Eddison, tra gli altri). Attualmente è in predicato una collaborazione con la Gargoyle…
dicembre 8th, 2009 at 00:46
Ho un amico che è uno dei più grandi collezionisti d’Italia di Fantascienza.
Conosci “La tana del trifide”? Bazzichi Uraniamania.com ? Se hai sentito parlare di Gort.. E’ lui.
La cosa curiosa è che anche lui è un Ingegnere elettronico: siamo assediati da Ingegneri elettronici, anche nel Giallo.
dicembre 8th, 2009 at 00:47
..Comunque ora si spiega, il cinguettio a due che si sente talvolta, tra te e Luca.
Cercherò di procurarmi qualcuno dei libri da te tradotti e di leggerlo.
dicembre 8th, 2009 at 10:26
Io sono un matematico… Potrebbe interessarti sapere che a suo tempo pubblicai, sempre per Fanucci, un romanzo di fantasy speculativa, che è in realtà un giallo camuffato. Si chiama Lo Specchio di Atlante, e contiene, tra l’altro, un delitto impossibile e un processo in puro stile Perry Mason… Ormai è quasi introvabile, però… Lo mandai a Lippi, un po’ di tempo fa, il quale espresse un parere positivo, ma data la sua anomalia, non trovò spazio per una eventuale ripubblicazione.
dicembre 8th, 2009 at 10:44
O Bernardo cerca di infilarci anche gli scacchi in qualche tuo racconto di fantasy…
dicembre 8th, 2009 at 10:52
Mi piacerebbe molto, Fabio, ma avrei bisogno della tua consulenza. Come giocatore non mi sono mai applicato molto e non ho mai superato la mediocrità…
dicembre 8th, 2009 at 11:04
Lo Specchio di Atlante ce l’ho Letto almeno una quindicina di anni fa, forse di più. Ricordo che mi era piaciuto e che c’erano delle idee interessanti.
dicembre 8th, 2009 at 12:45
..e ricomincia il cinguettio.
dicembre 8th, 2009 at 20:01
La consulenza ci sarà…
dicembre 8th, 2009 at 20:37
Grazie, Fabio, ne terrò conto…
dicembre 9th, 2009 at 22:01
Soltanto ieri sono venuto a conoscenza del fatto che fosse stato pubblicato un romanzo di Marsh, per di più un inedito. Ringrazio il Giallo Mondadori per la scelta dell’autrice, che insieme ad altri sollecitavo commentando “L’ora del becchino”.
Questa mattina mi sono precipitato in edicola. Sono davvero incuriosito dal fatto che sia un romanzo particolarmente caro alla scrittrice, in cui avrebbe riversato dei suoi problemi esistenziali.
Vi scriverò dopo averlo letto…
dicembre 12th, 2009 at 14:14
Iniziato e portato avanti per un bel pezzo il libro della Marsh. Bello e lungagnotto nello stesso tempo che non è un difetto ma nemmeno una eccelsa virtù. Occorre pazienza, come dice Luca, e andando avanti e indietro lungo la strada di Ampugnano ce ne vuole parecchia. Con il rischio di sbattere la testa contro qualche tronco inopportuno che ti si mette davanti…
dicembre 14th, 2009 at 12:21
Terminato di leggere. Ottimo libro. Secondo il mio particolare gusto di lettore si poteva fare a meno di una cinquantina di pagina.
dicembre 14th, 2009 at 12:21
pardon “pagine”.