La casa dell’altra (1229)
Villa Thorne è una casa bellissima, circondata da magnifici giardini. Nulla sembra cambiato da quella sinistra sera di giugno in cui Alice Thorne ha impugnato una pistola, decisa a uccidere. O almeno, così ha decretato la giuria. Ma ora i dubbi cominciano ad affiorare. Alice, moglie appagata del magnate Richard Thorne? Alice, amante fedifraga del vicino di casa Jack Manders? Alice, raggelante assassina dello stesso Manders spinta da un movente oscuro? Il caso viene riaperto, le accuse cadono, Alice può tornare a casa. Solo che adesso la sua casa appartiene a un’altra…
Mignon G. Eberhart è nata a Lincoln, nel Nebraska, nel 1899 ed è scomparsa nel 1996. Nel 1929 ha scritto il suo primo giallo, La stanza n. 18, la cui protagonista, Sarah Keate, sarà l’eroina di una lunghissima serie. Ha vinto lo Scotland Yard Prize nel 1931 e il Grand Master nel 1971.
All’interno, l’articolo “Illusione e crimine nel giallo” di Giulio Leoni.
(vai alla visualizzazione completa del volume)
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Posted in I Classici del Giallo, Le collane del Giallo
settembre 1st, 2009 at 23:32
Non so se mi attira di più il libro della Eberhart o l’articolo di Giulio Leoni…
settembre 3rd, 2009 at 14:31
Il saggio di Giulio è notevole, notevole davvero. E il romanzo della Eberhart non è affatto male, se piace il genere ragazza-in-pericolo (a me sì).
settembre 3rd, 2009 at 17:03
Grazie Luca, sei anche troppo gentile!
settembre 7th, 2009 at 07:34
Oggi è il mio compleanno: compio 46 anni. Che non sento affatto addosso.
😉
settembre 7th, 2009 at 11:33
Auguri Piero!
settembre 7th, 2009 at 14:22
Ho letto il saggio di Giulio: molto, molto interessante.
Dice delle cose che sapevo, ma anche alcune che non sapevo.
Veramente istruttivo.
settembre 7th, 2009 at 22:27
Devo dire che la Eberhart l’ho comprata per una forma di solidarietà con chi si batte per il giallo Classico all’interno della redazione, non perchè mi piaccia particolarmente. Tranne il suo primo romanzo, le sue trame non mi entusiasmano molto: sono molto molto femminili, del tipo Gialli Nancy Drew.
Anche se proprio leggere Nancy Drew a 12 anni, e poi i 3 Investigatori, mi ha invogliato a leggere successivamente Queen e Christie.
settembre 9th, 2009 at 15:29
Erano anni che non leggevo la Eberhart. Mi è andata bene “La casa dell’altra” non è un capolavoro, ma si fa leggere. Distrae e fa sognare il grande amore.
Che volete di più?
Con la Allingham sono invece in difficoltà. E’ un concentrato di almeno altri tre suoi libri che non cito……
Ciao a tutti
Giuseppina
settembre 14th, 2009 at 10:19
piacevole anche questo come la Allingham.
un thriller romantico nella tradizione della Du Maurier (e di Hitchcock)più che dei giallisti classici.
se il richiamo più evidente è ovviamente a “Rebecca”, le due protagoniste ricordano molte femme fatale e ingenue del cinema hollywoodiano anni 40.
e se la padrona di casa non fosse bionda potrebbe essere interpretata da una Gene Tierney al culmine del suo splendore.
settembre 17th, 2009 at 14:39
Una domanda: ma è un romanzo? A me sembrava di stare a teatro…
settembre 18th, 2009 at 21:46
Le mie impressioni…
Fra le mura di Villa Thorne, elegante magione alle soglie di New York, è stato commesso un delitto. Per l’omicidio di Jack Manders, figura quantomeno ambigua, è stata condannata Alice, bellissima moglie di Richard Thorne, il padrone di casa. Ma la vita continua e adesso le stanze della sontuosa dimora accolgono la delicata ed intelligente Myra. Improvvisamente, però, una nuova testimonianza riapre il caso e Alice viene scagionata: eccola quindi tornare in scena con il chiaro l’intento di riprendersi tutto ciò che le apparteneva. Richard compreso. Inizia così una battaglia fra le due donne che si svolge tutta sul piano psicologico. Con in più una venatura rosa, autentico marchio di fabbrica della Eberhart, gradevole e funzionale alla narrazione. Così in quella che appare quasi una pièce teatrale, praticamente tutta la vicenda si svolge in un solo ambiente, si respira l’atmosfera dei grandi classici, quelli che sono in grado appagare anche il lettore moderno. Solo il finale appare piuttosto raffazzonato o, meglio, non all’altezza della restante parte del libro. Per il resto un esercizio di stile quasi perfetto, una lettura tanto leggera quanto appassionante, un romanzo che sarebbe un un peccato sottovalutare.