Il pugnale del destino (1227)
Non è facile per un artista essere sempre al massimo. Così, per ritrovare ispirazione e concentrazione, non c’è nulla di meglio di Demarest Hall, sorta di colonia in cui convivono, più o meno pacificamente, scrittori, pittori e musicisti. Tutti quanti alla ricerca della notorietà. Ma troppe celebrità sotto lo stesso tetto fanno scintille. E quando Walter Nichols, scrittore, scopre che Christopher Bartel, pittore, è innamorato della sua bella moglieLucille, decide di vendicarsi. Ucciderà la moglie con la complicità di P.C. Cooke, direttore di Demarest Hall L’unico cadavere che viene ritrovato, però, è proprio quello di Nichols. Con un pugnale nella schiena.
KENNETH FLEXNER FEARING nato nel 1902 e laureato alla University of Wisconsin, ha fatto il giornalista a Chicago e New York. Poeta e romanziere dal 1929, è approdato al giallo nel 1941, scrivendo poche opere, una delle quali, The Big Clock , è considerata un capolavoro del poliziesco in genere.
All’interno, l’articolo “Nemesi ovvero La vendetta (nel giallo) è un’equazione” di Enrico Luceri.
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Posted in I Classici del Giallo, Le collane del Giallo
agosto 5th, 2009 at 15:58
E questa volta Mantova è capitale del Mondo.
Sono già arrivati tutti e quattro i volumi.
Questo l’ho acquistato!!!!
agosto 5th, 2009 at 18:51
Porc…sono arrivato secondo. Ricordo a tutti che alla fine del libro abbiamo anche un bell’articolo “Nemesi ovvero la vendetta (nel giallo) è un’equazione di Enrico Luceri.
agosto 6th, 2009 at 19:22
Altro libro che non posso perdere, soprattutto per l’articolo di Enrico! ciao
agosto 6th, 2009 at 20:53
L’articolo di Luceri è interessante, anche se mi sfugge completamente la necessità di rivelare le soluzioni dei romanzi analizzati; il ragionamento avrebbe retto benissimo anche tacendo l’identità dell’assassino.
Quindi, se non avete mai letto Assassinio sull’Orient-Express, La sposa era in nero, La lega degli uomini spaventati e Miss Marple: Nemesi, sappiate che nel saggio di Luceri sono rivelate le soluzioni…
agosto 8th, 2009 at 14:52
Meno male che non sono i romanzi di Boc(c)a, Windry e Boileau di cui rivela le soluzioni: in quel caso avrei promosso una gierra santa per impalarlo!
agosto 8th, 2009 at 14:54
leggasi “guerra” santa per impalarlo!
agosto 17th, 2009 at 14:22
Finito il romanzo ieri. Il finale “aperto” lascia spazio a parecchie ipotesi su come son andate effettivamente le cose, chi mi espone le sue?
agosto 17th, 2009 at 19:16
Ops… Forse sarebbe il caso di non parlare di un finale di giallo in un forum pubblico. A meno che l’assassino non sia il maggiordomo
agosto 21st, 2009 at 17:38
Ma invece penso si possa benissimo parlarne (segnalando naturalmente lo SPOILER). Quando almeno il finale lascia addito a dubbi o l’autore lascia qualcosa in sospeso…
agosto 22nd, 2009 at 11:10
Sono a metà libro e non mi pare male. Solito gruppo di artisti in senso lato (scrittori, pittori, musicisti ecc…)che si ritrovano in uno stesso luogo, qui Demarest Hall. Con tutto quel che comporta la convivenza di simile umanità alla continua ricerca della fama. Gelosie, invidie, corna e battibecchi, fino all’assassinio che altrimenti non ci si diverte.
La trama si svolge attraverso il racconto in prima persona di vari protagonisti in modo da offrire al lettore un quadro più ampio di punti di vista. Almeno per ora è abbastanza godibile.
agosto 23rd, 2009 at 16:19
Terminato di leggere. Lavoro interessante con autodenuncia finale che non ci sconfinfera tanto. Lo consiglio.
agosto 24th, 2009 at 22:41
Gli assassini si trovano in ogni classe sociale. Ce ne sono fra i salumieri, i dentisti, le donne delle pulizie, i capitani di industria: l’omicidio è un hobby diffuso fra ricchi e poveri, belli e brutti, ignoranti e intellettuali. Proprio in quest’ultima categoria Kenneth Hearing, passato alla storia del poliziesco per The Big Clock, è andato a cercare il suo colpevole. L’autore stesso era un’intellettuale di prima scelta: collaboratore del New Yorker, ancora oggi bibbia dell’intellighenzia americana, e del Partisan Review, un pezzo di storia della sinistra d’oltre oceano. Macha Rosenthal, pezzo grosso della critica americana, lo ha definito the chief poet of the American Depression. In questo Il pugnale del destino ci racconta di Dermarest Hall, un’eccentrica colonia di artisti che si trovano, o credono di trovarsi, appena fuori dalla soglia della celebrità. Ricorrendo ad un raffinato gioco delle parti, i vari capitoli hanno un io narrante di volta in volta diverso, svela una vicenda in cui la passione domina la scena fino a sfociare nell’inevitabile omicidio. Purtroppo, però, anche se le premesse per una vicenda raffinata e gustosa ci sono tutte, il risultato non è dei migliori. Il romanzo ad un certo punto si perde per strada: la situazione si fa confusa, come se l’autore non fosse in grado di tirarsi fuori dalla ragnatela nella quale lui stesso si è infilato. Quando la noia inizia a farla da padrona ci si aggrappa alla speranza di un finale geniale e invece ci viene offerto quello che a tutti gli effetti è solo un escamotage. Peccato, l’idea era buona: Fearing non ha saputo svilupparla ne per quanto riguarda i contenuti, assolutamente non all’altezza del grande poliziesco che le prime pagine promettevano, ne per le forme, che ad un certo punto iniziano a farsi monotone scadendo in un cinismo noioso e privo di ironia. In poche parole Il pugnale del destino si rivela un esercizio mal riuscito che sarà facile dimenticare, uno scomodo scheletro nell’armadio per un autore che ha saputo produrre decisamente di meglio.
agosto 24th, 2009 at 23:16
Non è un grande poliziesco, e qui sono d’accordo, ma nemmeno da buttare. In quanto all’ironia non mi pare che manchi rispetto soprattutto alla combriccola degli artisti radunati a Demarest Hall . La staffilata più forte arriva dal maggiordomo Page “La nobiltà personificata:ecco quel che credevano di essere. Ma che cos’erano in realtà? Fango, nient’altro”. A me pare un tentativo interessante.
agosto 24th, 2009 at 23:20
Aggiungo solo che, rispetto a quello che c’è ora in giro, questo è addirittura un piatto di lusso. Credetemi…
agosto 25th, 2009 at 09:56
Finito di leggere ieri sera. Francamente l’ho trovato interessante. Non mi sono annoiato. Capisco però i dubbi di chi ama il genere. Il finale può lasciare piuttosto perplessi in quanto un giallo in qualche modo deve chiarirsi alla fine. Concordo con Campanella quando scrive “Il romanzo ad un certo punto si perde per strada” ma ne vedo più una diretta conseguenza della struttura narrativa. Un fatto voluto. Una disintegrazione del rapporto tra motivazione e verità che in qualche misura mi ha affascinato. A questo punto devo “rimediare” The big clock per approfondire meglio questo scrittore.
agosto 25th, 2009 at 12:01
Qui ci starebbe bene anche l’opinione di Marco Piva che l’ha acquistato per primo…
agosto 25th, 2009 at 15:48
Marco Piva non l’ha letto….è alle prese con gli autori presenti all’imminente Festivaletteratura per Corpi Freddi (Carrisi, Gimenez, Markaris, ecc.)
Tra l’altro, vado spudoratamente in OT :-), e segnalo oggi su Corpi Freddi la mia recensione sulla controversa opera “Il suggeritore” di Donato Carrisi
Sperando che il buon Dario mi perdoni
settembre 2nd, 2009 at 15:29
uno dei più brutti gialli che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.
si dubita persino che sia dello
stesso autore di Big clock. non basta l’espediente “colto” di frammentare l’io narrante in molteplici punti di vista per rendere interessante una vicenda. molto meglio aveva fatto con la medesima tecnica bruno fischer con a mani nude e verità in cenere.
Il pugnale del destino è confuso, irrisolto, scritto malissimo: pag 159: “un secondo passò marciando lentamente con bainetta innnestatae apssi regolari poi un altro con buccine bandiere e serti di fiori, poi un altro ancora fra il rullio dei tamburi che battevano una marcia funebre mentre la bara appariva e poi spariva seguita da un intervallo di vuoto assoluto.”
una metafora elefantiaca ed inutile, da brivido.
l’unica cosa positiva del libro qualche personaggio interessante: albert, pc cokoke per il resto un libro da dimenticare subito.
bello l’articolo di enrico luceri per quanto rivelare i finali dei gialli sia discutibile.
per fortuna mi son rifatto la bocca con due grandi libri di john d. macdonald: un posto rosso per morire (con assonanze con l’altro macdonald il più grande) e branco di lupi.
ripubblicate jd macdonald e bruno fischer!!!
settembre 2nd, 2009 at 15:59
Il libro ha dato adito a posizioni diverse e dunque almeno un obiettivo l’ha raggiunto…