Gideon Fell: panico a teatro (1226)
Una traversata culturale quella del dottor Gideon Fell sul piroscafo Illyria, in viaggio da Southampton a New York. Ma non è certo l’unico personaggio di spicco a bordo: c’è anche Margery Vane, attrice d’altri tempi, famosa quanto chiacchierata. Quarant’anni prima, suo marito Adam Cayley è passato a miglior vita in circostanze drammatiche durante una rappresentazione di Romeo e Giulietta. Alla moglie, Cayley ha lasciato non solo i suoi beni ma anche il noto Mask Theatre che, dopo un periodo come cinema, sta per tornare alla prosa. Lo spettacolo inaugurale? Di nuovo Romeo e Giulietta. E di nuovo il delitto è in agguato. Solo il genio di Gideon Fell potrà separare finzione scenica da tetra realtà.
John Dickson Carr nasce a Uniontown, Pennsylvania, nel 1906. Nel 1930 scrive il primo giallo, Il mostro del plenilunio. Tre anni dopo dà il via alla serie delle inchieste del dottor Gideon Fell, e quasi contemporaneamente fa debuttare l’altro suo grande personaggio, sir Henry Merrivale, detto “il Vecchio”. L’autore resta soprattutto l’insuperato specialista dei misteri di camera chiusa. Scompare nel 1977.
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agosto 5th, 2009 at 17:02
E’ uno dei pochi romanzi di Carr a non essere stato ristampato nei Classici dalla sua prima uscita nel Giallo Mondadori, piu’ di 40 anni fa. Una chicca, dunque, pur se appartenente all’ultimo periodo, il meno felice, del grandissimo scrittore. Resta solo il dubbio, solito, sulla traduzione: quella originale fine anni ’60 non credo fosse integrale, speriamo che Boncompagni o qualcun altro devoto seguace di Carr e del dottor Fell ci abbia messo le manine…
P.S. Altri titoli di Carr desaparecidi da decenni sono ”Tutto bene, dottor Fell”, ”Piazza pulita” e ”L’ultima carta”. Chi ha orecchie…
agosto 5th, 2009 at 17:23
Non esageriamo, via: la prima uscita italiana è del 1975, e mi ricordo benissimo di averlo acquistato, dodicenne, il giorno stesso dell’uscita e con una certa emozione (anche perché aveva una straordinaria copertina di Jacono che sarebbe stato bello rivedere nella ristampa).
Non è uno dei migliori Carr, anche se le ambientazioni sono notevoli, però vale senz’altro la pena, considerando che in Italia è un romanzo ormai semisconosciuto.
agosto 5th, 2009 at 19:35
In effetti non è uno dei migliori di Carr ma vale la pena leggerlo, come tutte le opere di Carr.
agosto 6th, 2009 at 06:45
Non è uno dei migliori Carr non tanto per l’ambientazione e l’atmosfera che sono indubitabilmente carriane, ma per la soluzione del PLOT che lascia con l’amaro in bocca : possibile che…
Non aggiungo altro, sennò mi impalano. Solo però che Carr qui usa un espediente usato in un altro romanzo ma “STRA-FAMOSO” per uccidere: solo che lì si tratta della più grande camera chiusa (per me ovviamente..ma anche per qualche altro) di Carr. E cambia anche il contesto.
agosto 6th, 2009 at 07:18
Più che ristampare L’Ultima Carta o Piazza Pulita, bisognerebbe forse ritradurli.
E prima di ristampare Tutto bene dr. Fell (l’ultimo Carr con Fell), oppure Rombi di tuono per il Dr. Fell (quartultimo dei Carr con Fell e tradotto dall’ottimo Boncompagni), forse si potrebbe ristampare The Gilded Man ossia IL LAGO D’ORO, uno dei Carr (Carter Dickson) più magici, per ambientazione: appartiene al grande blocco degli anni ’40 e precede di un anno uno dei capolavori assoluti, SAPER MORIRE. Tra l’altro IL LAGO D’ORO, tradotto da Maria Antonietta Francavilla, fu pubblicato la prima volta Su IL GIALLO MONDADORI.
agosto 6th, 2009 at 09:50
Preso stamattina: da un lato per il brivido di riacquistare un Carr, dall’altro nella speranza che fossero state reintegrate le parti mancanti della vecchia traduzione.
Purtroppo no. La traduzione è quella del 1975, tagliuzzata con poco criterio (già il primo paragrafo, tanto per iniziare bene, è ridotto del 50%).
Il problema è che la traduzione non solo è tagliuzzata e stilisticamente invecchiata, ma anche piena di equivoci. A pagina 8, per esempio, Fell confronta le birre americane con quelle inglesi (che giudica ormai troppo annacquate) e sbotta: “datemi piuttosto una buona birra tedesca.”
L’originale, invece, dice: “Give me a sound lager like Alt Heidelberg or Milwaukee Pride!”
Quello che forse non sapeva il traduttore è che la Alt Heidelberg (malgrado il nome suggerisca il contrario) non è una birra tedesca ma statunitense, così come la Milwaukee Pilsener.
E’ solo un esempio tra i tanti, ed è chiaro che nel 1975 per un traduttore reperire informazioni era assai più difficile di adesso, ma proprio per questo motivo non trovo giusto prendere i romanzi e ripubblicarli pari pari com’erano usciti 30, 40, 50 anni fa, considerando anche che rimettere a posto un libro come questo, integrando le parti mancanti e rinfrescando la traduzione, non avrebbe richiesto più di una settimana di lavoro.
Non sono questioni di lana caprina, né i deliri di un maniaco integralista. E’ piuttosto un tentativo di far capire come il rispetto del testo (classico o contemporaneo) sia essenziale, tanto più in una pubblicazione specializzata come il Giallo. Non ha giustificazione, secondo me, il fatto che sia lo stesso Giallo Mondadori a malmenare il proprio patrimonio editoriale.
E il discorso non può – non deve – essere ridotto soltanto a una mera questione economica, perché l’investimento fatto per conferire una nuova dignità ai titoli del proprio catalogo sarebbe, credo, adeguatamente ripagato in termini di vendite e di “fidelizzazione” (scusate il termine odioso) dei lettori.
E’ davvero chiedere la luna?
agosto 6th, 2009 at 10:52
Come non sottoscrivere, parola per parola, quanto detto da Luca? La qualità paga… eccome se paga: o hai la fortuna di saper vendere un pezzo di plastica come fosse oro (vedi il caso di certi orologi che alcuni anni fa hanno avuto un successo straordinario) o devi arricchire di contenuti quello che vendi per continuare a rimanere sul mercato. Anche perché oggi il lettore è più smaliziato: fra wikipedia, google, file sharing, possibilità di acquistare i libri all’estero (eh si, non siamo ancora ai livelli scandinavi, ma un pochino di inglese ormai lo si sa anche noi) e newsgroup vari la possibilità di continuare politiche commerciali uguali a quelle del passato la vedo sempre più dura.
agosto 6th, 2009 at 17:52
Sono d’accordissimo con Luca… siamo nel 2009 e ci tocca sorbirci romanzi con traduzioni vecchie di 30, 40 anni, e per giunta dalla più famosa casa editrice specializzata in gialli; bah, chi ci capisce qualcosa in tutto questo è bravo.
agosto 6th, 2009 at 17:55
Qualcuno potrebbe dirmi quali sono i titoli previsti per il prossimo mese(sia gialli checlassici)?
agosto 6th, 2009 at 19:02
Non li ho in questo momento sotto mano ma nella collana g.m esce un Margery Allingham e un romanzo Italiano, nella collana i classici un Queen e l’altro non ricordo.
agosto 6th, 2009 at 19:07
Allora per “I Classici del giallo” esce “Disertore di coscienza” di Ellery Queen e “La casa dell’altra” di Mignon G. Eberhart. Per il semplice Giallo Mondadori “L’ora del becchino” di Margery Allingham e “La porta sulle tenebre” di Massimo Pietroselli.
agosto 6th, 2009 at 19:22
Salve Ragazzi,
siete fortissimi! non fanno in tempo ad uscire i Gialli di questo mese che già si pensa a quelli del mese prossimo
Grazie per tutte le informazioni fornite nei vostri post.
Leggervi è sempre un piacere
agosto 6th, 2009 at 20:06
Ma che senso ha iniziare a parlare subito delle prossime uscite?
agosto 6th, 2009 at 20:53
Non ne stiamo parlando, Luca, abbiamo solo elencato i titoli…
agosto 6th, 2009 at 20:57
Non è la prima volta che si parte alla deriva…
agosto 6th, 2009 at 23:12
Meglio essere previdenti…
agosto 7th, 2009 at 08:56
Vabbè Luca, tu hai ragione su tutto, ma..un traduttore cosciente, trentacinque anni fa non aveva internet per sapere in tempo reale se una birra dal nome tedesco lo fosse veramente !
Certo la logica avrebbe dovuto ispirare il traduttore o forse fargli dubitare del fatto che fosse tedesca, perchè non aveva nessun senso che Fell che è inglese parlasse di birre tedesche. Però il traduttore non era esperto come te in birre !
agosto 7th, 2009 at 09:16
E poi, parlando seriamente, e mi rivolgo a Luca ma facendolo mi rivolgo anche a tutti quanti, io il giallo non l’ho comprato perchè avevo quello originale, come te. Solo che non mi è venuto il ghiribizzo che ha mosso te, perchè sapevo già, e non perchè me l’avesse detto qualcuno, che RISTAMPA era e basta.
Ma l’avete capito o no che nei CLASSICI vengono ristampate solo ristampe ? E che nessuno si prenderebbe la briga di andare a ripulire o rendere presentabili RISTAMPE DI GIALLI CLASSICI ? Ma l’avete capito o no ? Io credo di no.
Luca tu sei un altro inguaribile romantico, pensi ancora che ci sia un residuo attaccamento della testata al suo passato e al suo glorioso lascito: vedendo quello che sta accadendo io la penso esattamente al contrario.
Questa cosa che auspichi, avrebbe avuto senso anni fa ( quando fu data una rinfrescata e fu integrata la traduzione di SOLE in L’Orologio della Morte di Carr) quando le traduzioni fioccavano, l’ambiente era sereno, la redazione svolgeva il suo compito, si potevano dar vita a progetti ambiziosi e non c’era nessuno che rompesse le scatole dall’esterno; e allora si trovava chi volantariamente e senza ricavarne alcun introito, per il solo gusto di mettere mano a Carr, si prestasse a queste operazioni. Ma ora che l’ambiente non è sereno, le traduzioni di gialli classici vengon fatte col lanternino, e di progetti a lungo raggio io almeno dall’esterno non ne riscontro nessuno che riguardi la testata che abbiamo a cuore ( e poi c’è chi come noi rompe le scatole dall’esterno perchè vede calpestati i suoi ricordi), non credo proprio che si presti gente a lavorare gratis quando già non percepisce introiti come prima.
E siccome come sappiamo benissimo, di soldi non ne arrivano più tanti alla testata come prima, potete star certi che tutte le vecchie traduzioni resteranno tali, e che quei romanzi di Carr che abbisognerebbero di belle rinfrescate o nuove traduzioni tipo IL MOSTRO DEL PLENILUNIO e PIAZZA PULITA, rimarranno così ancora per molto tempo, fino a che qualcuno prenderà coscienza che peggio di così non si può andare e stornerà più soldi finalemnte al Giallo classico invece che a tutte le altre iniziative editoriali, potendo presentare per la gioia di Luca e di tutti noi, traduzioni veramente presentabili e corrette e integrali rispetto all’originale.
Fino ad allora..risparmiate soldi, se i gialli li avete già !
agosto 7th, 2009 at 09:26
Però..
Leggendo delle nuove uscite, mi sorge un dubbio : che Altieri si sia ravveduto ? Non credo.
Una rondine non fa primavera !
agosto 7th, 2009 at 09:45
Anche se il mese prossimo faccio il pieno : c’è un Margery Allingham inedito (tanto tuonò che piovve..ma siamo sicuri che durerà? Mah..) e Pietroselli che non è male.
E poi segnalo l’Ellery Queen che non è apocrifo, ma proprio opera originale, anche se senza Ellery : tipo..IL Villaggio di vetro, o Complimenti Mr. Queen.
C’è anche la Eberhart, che a me personalmente non sconfinfera molto (usando il lessico di Montalbano), ma la prenderò comunque. Quindi Altieri sorrida : il mese prossimo 16 euro e 80 centesimi miei andranno nelle casse di Mondadori (che aggiunti ai 4 euro e 20 di questo mese del Fearing, fanno…21 euro : incredibile!).
E pensare che un tempo compravo quasi quattro volumi al mese..
Altri tempi.
agosto 7th, 2009 at 10:05
Piero, è proprio lì che volevo arrivare: in 34 anni, per i traduttori, è cambiato tutto. Non soltanto dal punto di vista stilistico, ma anche da quello della documentazione e dell’accesso alle informazioni. Per questo sostengo che, a intervalli più o meno regolari, sulle traduzioni è necessario rimettere mano; tanto più in un caso come questo, dove era noto che la traduzione era già raffazzonata in partenza.
Comunque, al di là delle sviste, dei tagli e degli errori d’interpretazione, il vero problema è che questa traduzione suona stilisticamente vecchia. soprattutto nei dialoghi, che tentano di riprodurre il (volutamente) pomposo stile di Carr – quando fa parlare Fell – ma con effetto molto più polveroso dell’originale (che, ripeto, era così voluto da Carr).
agosto 7th, 2009 at 10:09
A proposito del Queen – e poi non parlerò più delle nuove uscite fino al mese prossimo – ricordo a Piero, che forse non lo ha letto, che – malgrado sia proprio opera di Dannay e Lee, e non un apocrifo – non si tratta di un giallo classico, ma di un violentissimo hard-boiled alla Richard Stark o alla Lionel White, anche se vi compare gran parte dei tipici temi queeniani. Ma ne parliamo più avanti.
agosto 7th, 2009 at 11:11
Quando dicevo prima, non parlavo di rinfrescate pure e semplici, ma di operazioni più complesse. La rinfrescata c’è già stata, anzi ce ne sono state, e si è visto. E pure Boncompagni lo ammise tempo fa: del resto quando riproponi ristampe di cinquant’anni fa, qualche espressione occorre pure cambiarla.
Quindi che sia ben chiaro, non ho detto di essere contrario alle ristampe, anzi, se si tratta di romanzi non più reperibili o di altre case editrici, ben venga l’iniziativa, solo che siano fatte bene ! E che Gialli inediti se ne vedano più che ogni tanto: oramai escono per un mese e per sei mesi non se ne vedono: l’ultimo inedito di Giallo classico di cui abbiamo parlato in queste pagine è stato se ricordo bene, REQUIEM PER PHILIP BANTER, pubblicato…a fine febbraio. Quindi..sette mesi di distanza: vedete che la matematica non è un’opinione?
agosto 7th, 2009 at 11:16
Infatti è il solo Queen originale che non ho e che cerco da parecchio.
Ma vedi, Luca, che si tratti di Hard boiled o giallo classico, quando è firmato da grandi autori non fa una grinza. E poi è un Ellery Queen originale: anche se fosse stato un romanzo porno, l’avrei preso comunque !
agosto 7th, 2009 at 12:03
Buongiorno a voi tutti,
come sempre leggervi aiuta a riflettere.
In passato Piero ed io abbiamo chiesto ai traduttori, Luca ti prego ascoltaci, di scrivere qualcosa sulla traduzione di romanzi gialli.
Spero che in futuro questo argomento possa essere affrontato, perché immagino ci siano aspetti di questa affascinante ed estremamente utile arte che sfuggono ai non addetti ai lavori
agosto 7th, 2009 at 12:48
OK, Silvia, promesso:-)
agosto 7th, 2009 at 12:53
Grazie, Luca
agosto 7th, 2009 at 16:10
Beh, innanzitutto bisogna procurarsi un originale; poi si apre la prima pagina, si prende un buon dizionario e si comincia a tradurre. Oppure ancora meglio, per semplificare le cose, si acquista un buon software tipo Babylon e con la funzione OCR dello scanner si scannerizza ogni pagina in lingua originale e poi con l’aiuto del software di traduzione di traduce.
Poi ultimato il tutto, si comincia a limare, a rendere il tutto in un italiano il più fluido possibile, si consegna il lavoro e si intascano i soldoni.
Si potrebbe fare così, Luca ?
agosto 7th, 2009 at 16:40
ah, direi che è il sistema migliore
agosto 8th, 2009 at 11:04
Per portare acqua al mulino di Luca (anche se non ce n’è bisogno) osservo che “Gli enigmi dei vedovi neri” di Isaac Asimov, pubblicato quest’anno dalla minimum fax (ho letto anche gli altri tre libri precedenti tutti gustosissimi), ha una traduzione di Andrea Terzi (che non mi pare l’ultimo arrivato avendo tradotto anche Ballard, King ecc…) riveduta e corretta per questa edizione essendo la precedente (pubblicata da Rizzoli) del 1990.
E, sempre portare la solita acqua al solito mulino di Luca che i libri non si traducono da soli, nella nota al primo racconto della raccolta in questione Asimov afferma “Devo ammettere, però, di essere penosamente conscio che, ogniqualvolta queste mie escursioni lessicali sfruttano l’inglese, io erigo ostacoli sul cammino dei traduttori, e vedo scemare le possibilità di conseguire edizioni straniere”. Un pò di garbata ironia che nasconde una semplice verità.
Ora però basta con l’acqua che un ce la fo più…
agosto 8th, 2009 at 11:36
Ciao Fabio
in effetti una lingua non potrà mai essere completamente tradotta in un’altra. Qualcosa mancherà per forza, come conseguenza delle radici antropologiche del linguaggio umano.
La mia richiesta a Luca di un articolo sull’arte della traduzione nasce soprattutto dal fatto che desidero vedere riconosciuta la professionalità.
In questo periodo forse sono un po’ più critica, perché vedo dare per scontate molte cose e quello del traduttore è un lavoro ‘nascosto’ che è ora di valorizzare
agosto 8th, 2009 at 11:48
Ciao Silvia, non perdere i racconti di Asimov che sono leggeri e prelibati.
Naturalmente prima procurati i “nostri” della Mondadori, questo è scontato…:-)
agosto 8th, 2009 at 11:58
Oggi sono contento: ho trovato un mucchio di Gialli interessanti.
agosto 8th, 2009 at 12:00
@ Silvia : guarda che Luca è sposato!
agosto 8th, 2009 at 12:01
@Silvia :
agosto 8th, 2009 at 12:03
Grazie per la consulenza, Piero
agosto 8th, 2009 at 15:13
Quali “nostri”, Fabio ? E’ da parecchio tempo che nei Gialli Mondadori non si vedono racconti del genere dei Vedovi di Asimov, cioè dei divertissements o comunque racconti del genere classico giallistico: l’ultima volta, credo. è stata la raccolta di Chesterton, pubblicata due anni fa !!!
agosto 8th, 2009 at 15:30
Abbiamo due caratteri diversi, Piero. Io posso incacchiarmi e sbraitare, come è in parte nella mia natura (dopo l’arrivo di Jonathan mi sono un pò ammosciato), ma, finito lo scatto, non sto a sfruculiarci sopra. Tu, mi pare dai tuoi interventi, ci rimugini di continuo come un assillo. Per cui, visto che per ora la linea editoriale va verso un altro sentiero, cerco di interessarmi anche a lavori che non sono proprio attinenti al mio gusto. E poi non tutti hanno letto, magari, i libri che abbiamo letto noi e un “Gideon Fell: Panico a teatro” può andare benissimo così come altri. Insomma nelle situazioni difficili cerco sempre di trovare il lato positivo, tanto per capirci. Questo non vuol dire, ma l’ho già scritto più volte, che non sia dalla tua parte. Però, insomma, oltre al giallo ci sono anche tante altre cose nella vita…
agosto 8th, 2009 at 15:43
Ti dirò, e questo lo dico anche agli altri lettori, che cerco di divertirmi anche con qualche stronzata tipo http://corpifreddi.blogspot.com/2009/08/intervista-giallo-cura-di-fabio-lotti.html che serve anche a farmi dimenticare qualche momento meno felice.
agosto 8th, 2009 at 17:52
Fabio ha ragione, ci sono altre cose nella vita oltre ai libri gialli: i film gialli.
agosto 8th, 2009 at 18:15
Questa è carina. Si vede che un pò di spirito riesco a trasmetterlo…
agosto 8th, 2009 at 18:32
Guarda Fabio che mi pare che tu non abbia capito nulla di me. E del resto non è facile, ma alcune cose si possono dire solo se si conosce bene una persona.
Non mi pare di aver detto una cavolata: tu hai consigliato di leggere Asimov (d’accordissimo, li ho anch’io tutti e quattro!), ma prima “di leggere i Mondadori”. Siccome si stava parlando di racconti di Asimov, mi pare che il genere fosse quello classico e quindi ho detto la mia.
Per il resto, i Gialli sono una delle mie passioni: innanzitutto e prima di tutto c’è la Musica Classica (oltre 2000 CD e 100 DVD), poi quella Jazz (Luca sta dando dei contributi), poi quella Rock. E la musica francese che mi piace moltissimo. A parità di Musica e quindi prima dei Gialli c’è il cinema : ho circa 1500 films (tra cartoni animati, films gialli, fantascienza, thriller, guerra, fantascienza, drammatici, politici, etc..).
E poi moltissimi libri di arte, musica,storia, filosofia, narrativa poesia.
E siccome non mi conosci ti dirò che mi diverto moltissimo a fare scherzi (li accetto ovviamente). Per cui mi si può dire tutto fuorchè che non mi diverta e non mi piaccia farlo e che non abbia da fare altro. E poi ho un bimbo di 7 anni cui dedico quasi tutto il mio tempo (escluso quello lavorativo). Resterebbero i miei amati gialli e gli altri hobbies.
Il discorso, Fabio, è che quando non si conoscono le persone, bisognerebbe andare molto cauti nei giudizi. Ahimè sono un ibrido, a metà tra il serio e l’allegrone come dice mia moglie.
Ma vedi anch’io leggo le cose che divertono, non sei solo tu.
Il fatto è che tu hai accettato una situazione di fatto mentre io non l’accetto. Tutto qui.
Tu compri tutti i romanzi che escono perchè ti sei assunto il compito di recensire tutto ciò che esce, mentre a me non frega un tubo farlo: compro solo quello che mi piace. E siccome mi piace poco di quello che esce, parlo a ragione e in merito solo di quello che acquisto e mi piace. Per il resto esprimo delle riserve, e talvolta mi astengo dal dire cose che non farebbe piacere leggere. Ma ciò è nella mia libertà.
Se a te non piace leggere ciò che dico, non ti costringo mica a leggerlo: fai pure altro!
Che vuoi, mica è colpa mia, se le cose vanno in un certo modo: se stessi su Anobii, vedresti che non c’è solo Piero che parla ma molta altra gente, che qui ha paura di esporsi (non so perchè) mentre lì ci va anche dura.
Ciao Ciao.
agosto 8th, 2009 at 18:38
Ah, dimenticavo: non pensare Fabio che tutta la roba che ho messo l’abbia sentita, vista o letta. No di certo. Se vedo un bel film in vendita lo prendo ma non è detto che lo veda subito, possono passare anni. Idem per i libri, anche gialli, e per i dischi.
Del resto una biblioteca non è un elenco od uno spazio dove riponi libri che hai letto (ma soprattutto che non conosci, ma che un giorno come ti viene, prenderai e leggerai; stessa cosa per i films e per i dischi).
Non volevo che ti facessi altre idee strane in testa.
agosto 8th, 2009 at 18:55
Ah, un’ultima Fabio: non vorrei ti fissassi sul fatto che, parlando sempre di Gialli classici, io legga solo quelli. Vedi, a me piace anche e soprattutto Ross MacDonald, ma anche Goodis non disdegno. Oggi ho acquistato un Ross MacDonald (Il mondo è marcio), Un Woolrich (racconti:per l’ultima volta Kathleen), Mellissa di Durbridge, Giro della Morte di Grabenstein, Il vento del cacciatore di Hamilton,La sorte sbagliò tre volte di P.Quentin e Assassinio allo specchio di Ferrars). E il Fearing ovviamente.
Quattro giorni fa invece, due Goodis, due Woolrich, il primo Hamilton (bellissimo), Incubo e altri racconti di Woolrich, un C.Williams, l’ultimo Lansdale di Luca e La città del diavolo di K.Millar (se mi piace Ross MacDonald mi piace Kenneth Millar)e molti altri libri che non sto qui a riportare per tediarti.
Ah, ho acquistato anche l’Anti-Justine di Retif de la Bretonne: sai non volevo che pensassi che legga solo cose tristi.
Ho una fortuna: un posto trovato solo di recente, che io non conoscevo, ma che esiste da più di quindici anni, a Bari, dove negli ultimi tre mesi ho acquistato quasi 200 gialli.
Quindi, come ben capisci, che escano inediti o non escano, di roba da acquistare ne trovo sempre.
Oggi ho individuato delle bellezze di Ellery Queen e una palmina, che prenderò lunedì.
A presto.
agosto 8th, 2009 at 18:59
Il guaio è che quando parli con calore, la gente può capire che tu abbia una mente ristretta e sia fissato.
Io non sono fissato. A me piace da matti una cosa che oramai si pubblica a dstanza di sei mesi una dall’altra.
Io vorrei che i tempi fossero altri e chi pubblicasse di più, quello che amiamo.
E che invece ora, o si deve trovare nei centri di gialli usati (io sono fortunato) oppure per gli inediti bisogna procacciarsi in lingua originale, oppure sperare che li pubblichi Polillo: e pensare che la sezione Gialli della Mondadori, Polillo non la vedeva neppure !
agosto 8th, 2009 at 19:30
Faccio semplicemente notare che io ho solo ribattutto ad un tuo intervento su una battuta riferita ad altra persona con una osservazione sulla diversità dei nostri caratteri desunta da ciò che si scrive, senza alcuna implicazione di valore. Era come dire ad un amico “Te la stai prendendo troppo per questa faccenda della Mondadori”.
Solo un appunto. Non compro “tutti” i romanzi che escono ma solo quelli che mi interessano.
Per il resto questo “scoppio” strabordante non lo capisco proprio.
agosto 8th, 2009 at 19:56
Scusa Piero, mi diresti dov’è questo posto a Bari dove è possibile trovare gialli rari (presumo usati)? Siccome ci vengo per lavoro tre-quattro volte a settimana, vorrei farci una capatina.
Non credo, comunque, che Fabio volesse offenderti ma solo sdrammatizzare.
agosto 8th, 2009 at 21:12
Ehm..Le bellezze di Ellery Queen sono apocrifi, assai difficili da reperire oramai.
agosto 8th, 2009 at 21:15
@Fabio: per capire lo scoppio, dovresti andarti a rileggere quello che ho scritto in un anno, valutare cos’è cambiato in quello che dico, e vedere cosa abbia guadagnato e cosa perso finora.
Siccome sei una persona intelligente e anche abbastanza sensibile, dovresti anche capire perchè sono scoppiato.
agosto 8th, 2009 at 21:47
Tornassimo a parlare del Carr?
Ecco, per iniziare, cosa dice il biografo di Carr, Douglas G. Greene, nel suo “The Man Who Explained Miracles” (1995, traduzione mia):
Carr scrisse «Panico a teatro» nell’autunno del 1965, poco dopo essersi trasferito a Greenville, North Carolina. Il romanzo fu pubblicato negli USA nel settembre 1966 e, due mesi dopo, nel Regno Unito. Si tratta di un romanzo «teatrale» in entrambi i ssensi della parola. Teatrali sono le emozioni manifestate dai personaggi, così come gran parte dell’azione ha luogo in un teatro. Philip Knox, il protagonista del romanzo, ha alle sue spalle una vita molto simile a quella di Carr: al momento degli eventi ha più che passato la cinquantina, ed è un americano che abita in Inghilterra dal 1933; suo padre era un avvocato di religione presbiteriana; è uno storico e condivide lo stesso atteggiamento di Carr nei confronti della storia; il suo hobby è la scherma; sta andando negli USA per un giro di conferenze; le sue idee politiche si rifanno al conservatorismo del Diciottesimo secolo; infine, risiede nello stesso hotel newyorkese, il Gramercy, in cui spesso scendeva Carr. Gran parte degli avveimenti del romanzo si svolge a Richbell, una città di fantasia nei pressi di Mamaroneck (dove Carr aveva comprato casa nel 1947). La soluzione del romanzo è buona, ma non originale: Carr l’ha concepita combinando elementi tratti dal racconto «Il sipario d’argento» e dal radiodramma «L’arciere fantasma».
Più interessanti sono alcune noterelle che Carr lascia cadere nel corso del romanzo. Non c’è dubbio che la sua composizione sia stata ispirata a Carr da opere precedenti: vi è fatto cenno alla moglie di Fell, a Edward Stevens da «La corte delle streghe» e a Miles e Fay Hammond da «Il terrore che mormora». La parte migliore del libro è la scena in cui l’assassino viene braccato nel parco dei divertimenti, situazione già usata da Carr nel radiodramma «Scommessa con la morte» e nel romanzo collettivo «Crime on the Coast», ma è in «Panico a teatro» che questa scena raggiunge la realizzazione migliore.
agosto 8th, 2009 at 22:07
Per Piero e mi scuso con Luca. Siccome sono un pò duro di comprendonio non ho capito un tubo che cosa hai guadagnato e perso da un anno a questa parte. E che cosa c’entra tutto questo con il mio intervento che ti invitava praticamente a non prendertela troppo sul cambio di “indirizzo” della Mondadori. Se puoi essere più chiaro mi faresti un piacere.
agosto 8th, 2009 at 22:13
Non vorrei essere scortese, ma se riusciste, sarebbe meglio continuare la discussione “personale” in privato.
Grazie.
agosto 8th, 2009 at 22:56
Accolto l’invito
agosto 9th, 2009 at 07:50
@Alessandro B.: è in un quartiere piuttosto pericoloso, e vedono subito se sei forestiero o meno. Da noi un tempo ne esistevano sei o sette, ora invece ne rimangono solo due, di cui uno a 100 metri da casa mia: ma è uno che viene solo su appuntamento, e anche se ha un mare di Gialli, li disdegna a favore dei fumetti: io da marzo gli avevo dato una lista di oltre cinquanta titoli e non ha trovato il tempo di scartabellare. L’altro invece è sempre aperto, ma devi scartabellare tu.
Se mi dici quando stai a Bari, ci incontriamo (così ci conosciamo personalmente) e ti accompagno io.
agosto 9th, 2009 at 07:58
Ah, ha parecchi Gialli Mondadori (portati una lista).
@dario: non ti preoccupare, non parlerò più sul tema. E’ stato uno sfogo.
agosto 9th, 2009 at 08:00
@Dario:scusa la divagazione con Alessandro, ma non ho il suo indirizzo email, altrimenti gliel’avrei detto personalmente.
agosto 9th, 2009 at 08:15
@Luca: finalmente si riprende a parlare di Gialli!
Devo dire che la genesi del romanzo la conoscevo, non sapevo però altre cosettine, che pur se ininfluenti sul romanzo in se per se, sono indicative del personaggio Carr.
Correggimi se sbaglio,Luca,ma è questo il traguardo che vuoi raggiungere: insistere sul fatto che le note, che sono presenti nei romanzi in versione integrale, indirizzano molto spesso il lettore e sono molto indicative dello stile?
Mi ricordo per es. una cosa: quando fu approntato l’aggiustamento de L’Orologio della Morte, vennero integrate delle cose che da Sole erano state saltate a piè pari,sulla base che non avessero alcuna importanza sulla soluzione del caso:vero. Ma altrettanto, quelle note, quelle descrizioni (mi ricordo una escursione sugli orologi veramente da amante se non da collezionista) rivelano come Carr non solo fosse un eccellente romanziere e un superlativo giallista, ma che si aggiornasse e che facesse della ricerca storica e/o per argomenti, un uso sapiente nei suoi romanzi.
Anche se, sul viale del tramonto, più o meno a metà degli anni ’60, falciato dai guai fisici, i suoi romanzi non hanno più una vena di originalità ma attingono da cose precedenti, e comunque perdono nella costruzione del plot. In questo romanzo, la soluzione è poco credibile, diciamolo pure: pure a ripeterla più volte, forse una su dieci andrebbe. Invece,in tutti i suoi romanzi precedenti (salvo alcuni) i Plot erano sempre credibili, o comunque era lui che li rendeva tali: qui però non ci riesce, e per farlo si arrampica sugli specchi.
agosto 9th, 2009 at 08:24
Su Carr qualche tempo fa scrissi questo pezzo. Lo ripropongo ai lettori del blog.
Mille di questi anniversari mister Carr!
Si festeggia quest’anno il centenario della nascita di John Dickson Carr. Sì, quello delle camere chiuse. Come? No, non delle case chiuse. Non fate i burloni. Quella è un’altra storia risolta dalla Merlini. Qui si parla del famoso delitto della camera chiusa che con Gaston Leroux è diventato quello della camera gialla. Ma aggiungendo il colore il risultato non cambia. Sempre storia incasinata è. Da far andare in acqua il cervello. Mi dispiace dirlo ma le prime volte che ho letto i suoi libri gli ho mandato anche qualche accidente. Per fortuna senza conseguenze se ha vissuto in buona salute per più di settanta anni. Dal 1906 al 1977. Mi ricordo di un episodio in cui c’era, mi pare, Bencolin (o forse Fell o addirittura Merrivale…insomma uno dei tre). Sembrava di essere in teatro con il palcoscenico che si alzava e abbassava e uscite segrete da tutte le parti. Non c’ho capito nulla. Ad esser sinceri alcune volte, diciamolo francamente, le soluzioni sono impossibili, altre del tutto geniali. In ogni caso sempre stressanti. Si arriva in fondo ai suoi libri con la lingua penzoloni e il respiro affannoso come quello dei cani in estate. Talora da studentello, poiché mi spallavo non poco a tradurre Cicerone, pensavo di rilassarmi gettandomi ingenuamente tra le sue costruzioni diaboliche. Con il medesimo effetto: occhi sbarrati e testa pesante.
John era proprio un bel tipo. Abbastanza alto o alto il giusto secondo i gusti, elegante, forbito, con un bel paio di baffetti da sparviero aveva la fortuna di portare in giro la stessa faccia spiccicata di David Niven, attore di gran classe e grande successo. E anche lui inglobava tutte le qualità per diventarlo. Tre di sicuro: il carisma, lo scilinguagnolo sciolto e la faccia tosta (e interessante, lo abbiamo già detto). E la teatralità. Ce lo racconta lo stesso Carr. A otto anni, mentre suo padre deputato al Parlamento parlava al Congresso, lui si mise a recitare il monologo di Amleto davanti ad alcuni signori. Ed era pronto a continuare con D’Artagnan, Sherlock Holmes e il Mago di Otz. Fu una sfortuna (o fortuna per chi lo ascoltava) che non avesse tempo. Piuttosto riservato e diffidente aveva poche amicizie ma anche una sana propensione all’ironia e all’autoironia che lo rendeva simpatico. Era generoso e naturalmente (nel senso per natura) “portato” per le belle donne. Senza strafare. Elegante anche in questo. E poi possedeva quel qualcosa in più, quel quid dovuto alle esperienze di vita. Americano della Pennsylvania finisce gli studi alla Sorbona di Parigi anche se nei suoi libri con l’irascibile Bencolin non sembra proprio che tra loro sia stato un grande idillio. La Parigi disegnata da Carr, come è stato giustamente osservato, è una città più sognata e fantasticata che reale. Quella più vecchia almeno di una ventina di anni. Dopo sposato va in Inghilterra, ha un bel successo con i suoi radiodrammi polizieschi, finisce addirittura per lavorare per la famosa BBC durante il conflitto mondiale.
Ma ritorniamo ai suoi libri. Ne scrisse talmente tanti che dovette usare anche gli pseudonimi Carter Dickson e Carr Dickson (ed anche Roger Fairbairn ad esser sinceri) per non infastidire i lettori ma in questa scelta non ebbe certo la malizia che riversava nelle sue storie. Tra John Dickson Carr e Carter Dickson o Carr Dickson non mi pare che corra tanta differenza. O forse fu la sua vanità a dettargliela. Voleva cambiare nome e nello stesso tempo farsi ancora riconoscere…
Il punto fondamentale che lo rende unico e in questo senso insuperabile è che lui vuole colpire, stupire, meravigliare il lettore. Lasciarlo con la bocca spalancata come uno stoccafisso. Certo nelle sue storie non mancano gli ingredienti di ogni giallo poliziesco che si rispetti a cominciare dal movente, ma l’interesse del Nostro è concentrato in una lotta costante con chi legge. Vuole vincere a tutti i costi e con tutti i mezzi. Anche a costo di strabordare e farsi dire sì buonanotte, ma allora, che diamine, impossibile, inventala un’altra. O ricevere una bordata di fischi. Ma se la cosa funziona sono applausi a scena aperta e bis a ripetizione con scoppi d’artificio. Il tutto condito da una viva predilezione (o se vogliamo predisposizione) per il gotico, per le ombre, per il mistero, per streghe e fantasmi che oggi farebbero anche ridere di fronte ad altre ben più terribili paure ma che allora un brivido lungo la schiena te lo facevano correre. Un illusionista. Ecco che cosa sarebbe diventato, ne sono sicuro, se non avesse avuto successo come scrittore. Un formidabile illusionista. Con la maschera diabolica ed un forte odore di zolfo.
Di recente è stato pubblicato dalla Polillo editore Occhiali scuri che vi consiglio di leggere o rileggere. Qui di delitti “impossibili” ce ne sono addirittura due. Due avvelenamenti davanti agli occhi di tutti: il primo in una pasticceria e il secondo di fronte ad un mucchio di testimoni e ad una cinepresa che ha registrato tutto. Tanto per avere un’idea o ricordarvi di John Dickson Carr. Al quale auguro di cuore ancora mille anni di sentiti e dovuti riconoscimenti da parte di tutti gli amanti del romanzo poliziesco. Anche di quelli, talvolta illusi e “fregati”, come il sottoscritto.
agosto 9th, 2009 at 10:27
Fabio, John Dickson Carr non era affatto di alta statura (non arrivava al metro e settanta), né si è mai laureato – ha mollato gli studi per diventare scrittore – e tanto meno l’ha fatto alla Sorbona, dove non ha mai messo piede. Quella della Sorbona era una scusa che aveva inventato lui per farsi mandare dalla famiglia a Parigi, dove peraltro, lo dice lui stesso, “ho fatto di tutto fuorché studiare.”
agosto 9th, 2009 at 10:50
Ho scritto questo pezzo di getto senza alcun tipo di consultazione e dunque ci sta qualche smagliatura. Però non ho scritto che era alto ma “abbastanza alto o alto il giusto secondo i gusti”, per essere precisi. E tuttavia con questo mio intervento volevo solo esprimere ciò che il suo lavoro e la sua personalità mi avevano trasmesso. E spero di averlo trasmesso anche ai lettori.
agosto 9th, 2009 at 11:18
Però, Luca, rileggendo il mio testo dove scrivo che “non sembra proprio che tra loro ci sia stato un grande idillio” riferendomi ai libri, mi pare di esprimere, magari in forma più blandamente ironica, il concetto espresso da lui stesso “Ho fatto di tutto fuorché studiare”.
agosto 9th, 2009 at 11:51
L’idillio si riferisce agli studi ma ora basta che mi sto incartando. Quello che mi interesserebbe sapere è se qualche lettore l’ha sentito un pò come me o diversamente.
agosto 9th, 2009 at 12:17
Ma certo, Fabio, mica volevo rifarti le bucce. Era solo per dire che la storia dei suoi studi alla Sorbona è una leggenda alimentata dallo stesso Carr, personaggio singolare quant’altri mai. Sarebbe bello avere in italiano la fantastica biografia di Douglas Greene, e io la tradurrei anche molto volentieri, ma credo che trovarle un editore sia quasi impossibile.
agosto 9th, 2009 at 12:31
Ciao Fabio,
volevo dirti che ho letto la tua intervista al Giallo e che mi sono divertita specialmente la novità del delitto in camera aperta….
Grazie per il link.
Per quel che riguarda Carr, devo dire che l’ho sempre trovato una lettura piacevole, forse perché amo le atmosfere gotiche e per la vena umoristica che spesso si incontra nei suoi gialli.
Apprezzo molto la sua capacità di narrare la storia, di catturare l’attenzione del lettore.
Buona Domenica
agosto 9th, 2009 at 13:00
Appoggio in pieno l’eventuale traduzione di Luca, ricambio il saluto di Silvia e auguro una buona domenica a tutti. Stasera viene a trovarmi Jonathan e dunque mi devo riposare per essere in forze più tardi.
agosto 9th, 2009 at 13:12
Aggiungo solo che Jonathan a tre mesi pesa più di otto chili…
agosto 9th, 2009 at 13:25
Grazie per l’aggiornamento sulla crescita di Jonathan.
agosto 9th, 2009 at 17:49
Del resto se non mi ricordo male, nel romanzo carriano in edicola c’è una digressione sul perchè le stelle della Bandiera Confederata americana fossero 13 mentre gli stati aderenti (quelli secessionisti) erano in effetti 11, che c’entra poco o niente col romanzo in se per se, ma che rivela ancora una volta la tendenza di Carr ad aggiornarsi storicamente e a inserire nei suoi romanzi le notizie acquisite.
agosto 9th, 2009 at 17:53
Meno male che ci andò a Parigi, e che il primo romanzo quello di cappa e spada lui l’avesse poi bruciato e si fosse dedicato ad altro, altrimenti oggi non avremmo per es. i Bencolin.
agosto 9th, 2009 at 18:13
Ringrazio Piero per la disponibilità. Venendo a Carr, Panico a teatro ha, dunque, un fondo autobiografico, come ci chiarisce Luca Conti. Le atmosfere create da Carr sono, come sempre, eccezionali ma la soluzione, anche secondo me, è un po debole, come spesso accade nei suoi ultimi lavori. Concordo con Fabio sul fatto che Carr cerchi sempre di stupire il lettore con soluzioni ad effetto; il fatto è che quasi sempre ci riesce e, anche quando la sluzione non è all’altezza della sua fama, glielo si perdona lo stesso. I gialli di Carr, insomma, sono comunque imperdibili non solo per chi, come me, è un suo grande fan.
Qualche tempo fa si parlava di suggerimenti per le ristampe. Io proporrei le opere di Van Gulik, affascinanti per il luogo e l’epoca in cui sono ambientate e interessanti anche dal punto di vista più strettamente giallistico.
agosto 9th, 2009 at 18:46
Alessandro, i libri di Van Gulik li sta già ristampando, da qualche anno, la ObarraO (finora ne sono usciti cinque), e tutto lascia credere che intenda continuare.
Il problema degli ultimi Carr sta soprattutto nel fatto che l’autore stava, già da qualche tempo, facendo i conti con una vita passata a fumare come un turco e, soprattutto, a ingurgitare smisurate quantità d’alcol (pare che avesse cominciato a bere in quantità eccessiva fin da adolescente, e che il suo frequente stato di ebbrezza fosse ben conosciuto da amici e colleghi. Lo racconta anche Christianna Brand, il cui marito era medico e veniva chiamato spesso da Carr, che a quanto pare era anche assai propenso all’ipocondria).
Nella biografia di Greene ci sono diverse foto del Carr sessantenne, che dimostra almeno quindici anni di più, più due foto dei suoi ultimi mesi di vita – quando stava male sul serio – in cui lo scrittore sembra un vecchietto malconcio ma, in realtà, ha a malapena settant’anni.
agosto 9th, 2009 at 18:54
Si, sapevo che negli ultimi anni di vita Carr ha avuto seri problemi di salute. Forse per questo tendeva, in alcuni casi, a riciclare le soluzioni. E’ inevitabile, poi, che dopo tanti romanzi subentri un po di stanchezza.
A quanto pare il suo lifestyle non era molto diverso da quello di una odierna rockstar.
agosto 9th, 2009 at 19:13
@Luca: è stata completata la pubblicazione ad opera di Roland Lecourbe dei quattro volumi contenenti l’integrale dei Radiodrammi di J.D.Carr ?
A te erano arrivati i primi due nel 2007 mi pare; annunciasti allora che entro il 2009 sarebbero stati pubblicati gli altri due: è avvenuto?
agosto 9th, 2009 at 19:18
Ma è una caratteristica di quando uno è anziano, e non ha più la pazienza per creare ex novo storie eccezionali, rifarsi a quanto ha fatto da giovane: lo fanno tutti!
Musicologi, artisti, scrittori. Del resto Carr non è l’unico giallista ad averlo fatto: anche il Woolrich rinchiuso nella camera d’albergo a bere e fumare, con la gamba in cancrena che gli amputarono, riciclò delle cose che aveva scritto in gioventù, se non ricordo male.
agosto 9th, 2009 at 19:42
Piero, il quarto volume dei radiodrammi – che raccoglie Speak of the Devil e altri radiodrammi scritti durante la seconda guerra mondiale) è uscito in Francia ad aprile. Devo ancora comprarlo (ho i primi tre) ma lo farò a breve.
agosto 9th, 2009 at 19:58
Scusate se vengo in ritardo, ma sapete..sì lo so, qualcuno direbbe..la vecchiaia. E invece no: purtroppo io ho l’adsl a chiavetta, wind, e l’argomento del blog mi segnalava 57 interventi mentre erano molti di più. Così..sto venendo ancora : Ahh Ahh.
Vabbè, venendo a noi, ho letto la riflessione di Fabio su Carr: su parecchio sono d’accordo, non sul fatto che però lui volesse a tutti i costi vincere e stravincere. Carr eredita il modo di fare degli americani( è lui americano) anche se si sente figlio dell’Inghilterra e della vecchia Europa: dovrebbe fare come la Christie, che è lei sì che talvolta trucca le carte, talora si serve di cose che rivela all’ultimo e che sino a quel momento nessuno sapeva.
Carr è diverso. E’ un americano, schietto, non gli è congeniale l’imbroglio, la sottigliezza, il bizantinismo: le sue trame sono machiavelliche talora, complicate, virtuosistiche, ma mai irrealizzabili; talvolta gioca con le sue armi e le sue messinscene, creando delle false illusioni, ma mai prendendo in giro il lettore. Gli fornisce gli indizi, senza ovviamente dire di più.
E le spiegazioni pur virtuosistiche non si può dire che siano artificiose; viene invece da dire: ma diavolo, perché non ci ho pensato prima.
Le soluzioni che mi ricordo mi stralunarono di più tanti anni fa quando li lessi tutti, furono alcune, soprattutto del ciclo di Carter Dickson: in quella serie secondo me, Carr raggiunge la perfezione o quasi.
A partire dall’Occhio di Giuda che secondo me è la più bella camera chiusa mai ideata, un capolavoro assoluto, per l’irrazionalità dell’evento, la vittima trapassata da una freccia, dentro una camera chiusa, senza che possa essere passata dalle finestre; straordinaria, perché semplice, ma proprio nella semplicità risiede il virtuosismo; e passando ai Delitti dell’Unicorno, a Fantasma in Mare, a Così fino al delitto, a Saper morire, a H.M. e il fantasma di un amore.
In The Judas Window, invece, con un po’ più di malizia, il lettore ci sarebbe potuto arrivare, se avesse pensato una cosa che poi Carr spiega lapallisianamente, ed uno dice: porca miseria, è vero. Veramente due cose. Ma entrambe possibili. Certo è un trucco, ma non ottico: E’ una cosa che si potrebbe anche tentare. E non invece Le tre bare, che è ritenuto il capolavoro, ma è un romanzo con una soluzione machiavellica, che si spiega con un trucco ottico, a cui il semplice lettore non sarebbe mai arrivato. Anche se le più belle cose si creano coi trucchi ottici: vi ricordate, Amici miei ? Quanti di noi dopo aver visto quel film avrebbero voluto fare la stessa cosa, prendere a schiaffoni i passeggeri affacciati al finestrino (a me sarebbe piaciuto da matti) ma è virtualmente impossibile. Monicelli ci riuscì predisponendo un vagone coi finestrini più bassi del normale: una genialata, da Carr.
Mi fa piacere che Luca abbia accennato a Christianna Brand, altra fenomenale scrittrice (molti romanzi in meno): nell’elmo della corazza due occhi fissavano: come mai se in quella corazza non vi era nessuno, era vuota? Straordinario.
O l’indizio della boccetta di jodio senza etichetta in Il Mistero delle Croci egizie, o quello delle lamette in Sorpresa a mezzogiorno.
E’ proprio vero che è proprio SOLO dei grandi autori stupire con le piccolezze !
agosto 9th, 2009 at 20:22
Comunque una delle soluzioni più geniali, nella sua semplicità, dell’intera storia della camera chiusa resta quella dell’ “Enigma dello spillo” di Wallace.
agosto 9th, 2009 at 20:24
Perchè dici Luca che trovare un editore per la biografia di Carr sarebbe quasi impossibile?
Di case editrici che pubblicano biografie in Italia ce ne sono in giro, e anche importanti: per quale motivo non dovrebbero pubblicare quella di Carr.
Basterebbe solo che ti facessi prefare da uno noto, con un bel saggio introduttivo (lo potresti fare anche tu). Non credi?
agosto 9th, 2009 at 20:37
Lo stavo per dire, ma poi mi son stato zitto: perchè non lasciare la standing ovation a Luca ?
Lui è il nostro Cassano, pardon…Mutu !
Forse che Wallace non era un grande autore ? L’avevo già inserito nella ristretta cerchia.
Oggi ho preso I 3 Giusti (non I quattro) nelle rese presso un’edicola: tanto per dire che le ristampe di pubblicazioni vecchie si facevano anche prima che arrivasse Altieri (è del 2004): errori di “consecutio temporum”, e un italiano francamente vecchio. Segno che le traduzioni da rammendare non sono una caratteristica degli ultimi due anni, ma già c’erano prima (solo che ora sono di più, solo perchè il parco degli inediti si è abbassato ed alzato quelle delle ristampe): oggi mi sento buono.
agosto 10th, 2009 at 08:13
agosto 10th, 2009 at 11:55
E’ vero quello che dici su Wallace. Ma,sai me piacciono le Camere Chiuse fittizie, tipo quella del Mostro del Plenilunio; o Il Grande Mistero di Bow; o proprio Morte di una strega, cui accennavo. Cioè non un trucco, che può essere beninteso molto appagante, quanto altro: altro es. Morte dal cappello a cilindro.
agosto 10th, 2009 at 12:00
Non è stato più ristampato dal 1974 il primo romanzo di Carr ‘Il mostro del plenilunio’.
Ci sono speranze?
agosto 10th, 2009 at 14:24
Cari amci, lurko da tempo il blog senza intervenire soprattutto perché, non essendo uno specialista ma un semplice lettore,difficilmente trovo qualcosa da aggiungere. Mi ha intrigato però la discussione intorno a Carr, uno dei miei preferiti.
Tempo fa il Falcone Maltese (rivista ahimè prematuramente scomparsa) mi chiese un articoletto in occasione del centenario, e ho pensato di ripostarlo qui: non perchè aggiunga nulla a quanto voi sapete di lui (e anzi sarà pieno di imprecisioni), ma a semplice testimonianza di come JDC possa essere visto da uno dei suoi tanti lettori.
E quindi, se avete pazienza:
IL CENTENARIO DEL CRIMINE MAGISTRALE.
Magari ne abbiamo sentito parlare tutti, ma alzi la mano chi abbia meno di trenta anni e abbia letto un romanzo di John Dickson Carr. Temo che le mani sarebbero pochine, più o meno quelle dei volontari al battaglione per una corvée cucina: chi ha fatto il militare di una volta sa di cosa parlo. E non credo che andrebbe meglio se chiedessi di Carter Dickson, che poi mutato nomine è sempre lui.
Ed è un peccato, perché JDC, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, è stato davvero uno dei grandi dell’altro secolo. Grande in tutto, a cominciare dalla prolificità. Oddio, magari esagero in pessimismo: forse qualche baldo giovanotto conoscerà senz’altro uno dei romanzi che ha per protagonista il dr Gideon Fell, questa specie di Falstaff sornione e idropico, sbuffante come un mantice sfondato, sempre pronto a sollevare il boccale di birra e a giungere a conclusioni azzardatissime. Che tra l’altro è l’unico tra i suoi personaggi attualmente reperibile in catalogo con qualcuna delle sue avventure, non dappertutto e con qualche affanno. JDC è stato pubblicato quasi integralmente in italiano, ma di tutti i suoi romanzi sì e no una decina sono usciti dal circuito delle edizioni da edicola, per approdare nelle librerie. E chi volesse affrontarne la prima lettura non avrebbe altro da fare che ricorrere al difficile prestito di amici, o a esplorazione di bancarelle.
Per JDC niente di nemmeno lontanamente paragonabile all’edizione critica che Adelphi ha dedicato a Simenon. E invece se la meriterebbe, lui che è stato creatore insuperato di iperbolici enigmi, con due temi ricorrenti come una metafora ossessiva: il delitto nella camera chiusa e il delitto compiuto in condizioni impossibili, per esempio sotto gli occhi di numerosi testimoni, condannati a non veder nulla. Eppure quest’uomo, che non ha inventato nulla di originale, che si è limitato a portare all’eccellenza la formula della detection che aveva altri padri, l’uomo che ha reso omaggio a Conan Doyle fino a farsene biografo e epigono, questo scrittore è oggi il meno invecchiato dei grandi vecchi.
Forse è proprio per quel senso di straniamento costante che attraversa tutta la sua opera, quell’atmosfera artificiale che regna nelle sue ville di campagna, nei suoi castelli tenebrosi, nei suoi club così inglesi che più inglesi non si può. Ricorda la sensazione costante di “abbellimento delle cose” che ci trasmettono i film di oggi, in cui un’esasperata post-produzione riamalgama e corregge ogni sfrido nelle luci, nei colori, nei suoni fino a consegnarci non la realtà, ma l’idea della realtà che vive solo nella mente del cinematografaro. Ci sediamo, fissiamo lo schermo, crediamo di essere che so a Londra, e invece siamo solo entrati nel paesaggio mentale di qualcuno. Da un’altra parte.
Anche JDC sembra sempre da un’altra parte. O sul punto di andarci. Un americano che vive in Inghilterra e che ambienta i suoi primi romanzi in Francia: cosa si nasconde dietro questa brama di “altrove”? Sulla personalità artistica di JDC ci sarebbe da fare delle belle esercitazioni, se uno volesse. Però non è che dai suoi dati biografici si possa trarre molto materiale. Viene anzi quasi da pensare ad una sorta di vita segreta e nascosta, a uno che magari abbia fatto davvero parte del Servizio segreto, e dico davvero, non come tanti altri hanno fatto credere.
Probabilmente invece la verità è quella più semplice che viene raccontata nella sua biografia (nota: JDC è uno dei non molti giallisti che ha avuto la gloria di essere biografato, il che è tutto dire). Quella di un grande e assiduo lavoratore della parola, innamorato del suo mestiere. Con quel volto che sembra fatto apposta per spuntare da una copertina, che ricorda tanto quello di David Niven. Con la stessa aria sorniona da vero gentleman inglese che sembra fatta apposta per incarnare alla perfezione il tipo dell’attore brillante o dello scrittore anni Trenta-Quaranta, la sua immagine farebbe la gioia di ogni sostenitore dell’esattezza della fisiognomica.
E cosa c’è dietro quella faccia? Trame incredibili, a profusione. JDC ha scritto molto. È una penna del calibro dei Wallace, dei Rohmer. Dei Simenon. È un Balzac del veleno e della pugnalata. Ha al suo attivo un’ottantina tra romanzi e raccolte di racconti. E tutto questo da solo, perché non risulta che abbia mai fatto ricorso a aiutanti o negri che dir si voglia.
E in più scritti per il teatro e radiodrammi. Prima dicevo che non ha inventato nulla: sono stato ingiusto, perché la formula che JDC mette a punto per i suoi radiodrammi, la struttura narrativa ricorsiva, la cornice della voce fuori campo che introduce e termina l’episodio, la miscela di investigazione e terrore, di razionalità criminosa e intarsi soprannaturali, li ritroveremo poi come schema base di tutta la prima generazione delle serie televisive, da Twilight Zone a Hitchcock.
Un David Niven americano, però. Perché nonostante la sua aria inglese, e i baffetti da pilota della Raf, JDC è americanissimo, nato in Pennsylvania. Figlio di un avvocato, è appena un filo più giovane della generazione di espatriati che viene ad abbeverarsi alle fonti europee negli anni venti. È a partire dalla fine del secolo prima che in America è cominciato il riflusso: i padri come Henry James tornano a cercare le proprie radici, i figli come Scott Fitzgerald vengono a spenderci i loro soldi e a cercare il fantasma della felicità. JDC viene anche lui a Parigi, ma non si innamora della città. Anche se la userà come esotico sfondo dei suoi primi romanzi.
La Parigi disegnata da Carr è una Parigi vista con gli occhi della mente. Una post-produzione, appunto. Sognata, esattamente come la Parigi di Poe. E forse Bencolin, juge d’instruction è il personaggio carriano che più deve all’imaginifico di Baltimora. Sprague de Camp una volta, cercando di definire il genere fantasy, ha formulato una sintesi geniale: il fantasy ritrae il mondo non com’è o come è stato, ma come dovrebbe essere. A me sembra che questa formula possa essere estesa tranquillamente all’opera di Carr, specie ai suoi inizi: JDC racconta il crimine come dovrebbe essere. Si aggira nella città vera, vaga per i suoi caffè e nei suoi teatri. Ne respira l’aria immalinconita dal profumo dei fiori, addolcita all’alba dall’aroma dei croissants che escono dai forni. Ci vive in mezzo ma non la vede. O meglio, la vede ma con gli occhi della nostalgia. La Parigi che compare in It walks by night, il suo primo romanzo che è poi l’elaborazione di un racconto giovanile che il piccolo Carr aveva pubblicato sul giornaletto del College, non è la città reale, la grande metropoli in crisi, lacerata da conflitti sociali insanabili, che si appresta di lì a non molto a votare per il Fronte Popolare.
Quella di JDC è la Parigi misteriosa di dieci, quindici anni prima, quando trionfava il Grand Guignol e nelle sue strade misteriose anche Proust poteva sognare che dietro le imposte chiuse si accendessero vicende fascinose degne delle Mille e una notte. I suoi lastricati umidi, le sue ombre sono le stesse dei sogni di Edgar Allan Poe, e sono il regno di Henri Bencolin, sulfureo dandy e giudice istruttore, come si immagina che possa essere dandy un giudice istruttore parigino. L’uomo che indossa lo smoking come abito da lavoro e si arriccia i capelli ai lati della fronte per alludere maliziosamente agli attributi dei diavoli da operetta. In Bencolin c’è molto proprio del Grand-Opèra francese, ma anche delle pochade criminose che ogni notte vengono allestite nel teatrino de l’impasse Chaptal.
JDC gli dedica cinque romanzi, prima di passare la mano ad altri investigatori. È che l’autore cresce in fretta, l’esotismo giovanile, il gusto per il terribile esasperato lascia il posto all’ironia, al gioco intellettuale. Poe e Conan Doyle cominciano a ritrarsi leggermente, mentre si fanno avanti altri mentori, Chesterton (addirittura omaggiato nel fisico del personaggio di Gideon Fell) e P.G. Woodhouse, tanto ripreso nell’arguzia e nell’affabilità da indurre quasi tutti a credere, quando compare la prima storia di sir Henry Merrivale, che dietro lo pseudonimo anche troppo trasparente di Carter Dickson si celi proprio il papà dell’ineffabile Jeeves.
Nel ‘31 è a Londra, e lì rimarrà per una decisa scelta esistenziale e politica fino al 51, quando se ne torna in America, nel momenti in cui il suo amato paese adottivo sembra sul punto di scivolare nelle grinfie del socialismo reale. E John, troppo legato alla sua idea di un’Inghilterra anteguerra, conservatrice e austera, fa le valige. Si può dire che sul triste transatlantico che lo riporta, in cui pure tra i lustrini recuperati dell’ocean liner ancora si respira qualcosa del trasporto truppe, Carr veda allontanarsi insieme con la costa il paese dei sogni, l’età dell’oro perduta. Un’atmosfera rarefatta, che sembra illuminata a gas anche tra i lumi dei saloni di prima classe, evocata magistralmente nell’incipit di Panic in the Box C. Dove la fiancata del piroscafo, schiaffeggiata dai marosi, non è che la vita stessa, piegata a forza da una natura inutile.
Non è un caso che con il ritorno in America si esaurisca anche la fase più creativa del suo genio narrativo. Non che smetta di scrivere, tutt’altro. I romanzi con Gideon Fell, quelli con sir Henry Merrivale si arricchiscono di nuovi compagni, Carr tenta anche la strada del giallo storico, quando non del romanzo storico tout court, con risultati da par suo. L’ombra del grande Conan Doyle è sempre alle sue spalle, anche in questo.
JDC ha fondato le sue fortune letterarie, come una specie di artista circense, sul tour de force. Il suo assunto è sempre invariabilmente lo stesso: come si può commettere un delitto in circostanze letteralmente impossibili? È famosa la sfida che lo contrappose ad altri maestri del crimine: come si può far sparire qualcuno da una cabina telefonica, in piena luce e sotto gli occhi di testimoni? La risposta è ovvia: non si può. E infatti non è mai accaduto. Come del resto si compulserebbero inutilmente gli annali del crimine reale, alla ricerca di un delitto compiuto in una camera vuota chiusa dall’interno. Nessuno è mai stato assassinato così, per l’ottimo motivo che è impossibile.
Perché il gioco funzioni non c’è tanto bisogno della suspension of disbelief, quanto più spesso di una assurdità in premessa, una contraddizione in termini che non si risolve: per quale motivo al mondo menti lucide di assassini dovrebbero complicarsi la vita costruendo artificialmente un quadro assurdo per poi poterlo sviluppare logicamente?
La realtà è che a JDC non interessa assolutamente la veridicità del contesto, ma concepisce la narrazione come una sfida con il lettore in una sorta di partita a scacchi, di cui sia però lui a fissare le regole. Questo naturalmente potrebbe esser detto di tanti altri autori, specialmente dell’Età Classica. Ma nel caso di JDC c’è qualcosa di più, che lo allontana e lo solleva rispetto ai suoi compagni di strada. C’è una sorta di ossessione. La stessa ossessione che più o meno negli stessi anni, o poco prima, aveva portato Harry Houdini a inventare tutta una nuova forma di spettacolo, l’escapologia, anch’essa fondata su una ossessione privatissima: il bisogno di provare anzitutto a se stessi di non poter essere afferrati da niente e da nessuno. Nemmeno dalla Morte. Anche nelle opere di JDC c’è la presenza occulta, la traccia, di una sorta di esorcismo della morte e del crimine. Carr appartiene alla grande Età Classica non per i suoi personaggi in mantello e cilindro, non per le sue vetture enormi in cui ancora si sale invece di sprofondarci dentro, non per la sua ossessione maniacale per gli algoritmi del crimine. Carr è un classico perché crede ancora nell’Ordine, che la vita abbia un fondo morale, che le cose abbiano un senso. La morte può arrivare soltanto in circostanze eccezionali, perché è un’imperfezione nella trama dell’essere, un convitato inatteso che giunge solo grazie alle occulte predisposizioni di quei neri valletti che sono i criminali. Nel mondo di JDC non esiste la morte banale, quella che ti aspetta all’angolo di una strada per rapinarti della vita insieme con il portafoglio. Nel suo mondo i defunti muoiono per vocazione, seguendo nei modi e nei luoghi del trapasso quelle che sono le loro segrete e disperate predisposizioni. E quando il crimine è risolto e il colpevole illuminato al centro del palcoscenico, è ancora una sorta di patto tra gentiluomini che risolve le pendenze di ordine sociale: senza autorità, senza strepiti, senza sirene e manette, senza soprattutto titoli sui giornali, che potrebbero suggerire l’idea malsana che l’Età dell’Oro è terminata. Un suicidio, e la corda del boia si allontana.
All’americano Carr questa storia della corda insaponata, che fa tanto pirateria del secolo XVII, deve proprio essere rimasta impressa, lui che viene da un mondo molto più moderno in fatto di esecuzioni capitali. E ci torna sopra spesso nei suoi racconti, questa immagine della forca è un specie di leit motiv. Sembra quasi che per lui il delitto non sia altro in fondo che proprio questo, una romantica e sportiva sfida con la corda. Il resto è secondario.
Perché in tutti i romanzi di Carr quello che conta meno è il movente: non che non ci sia, naturalmente. Anzi, qualche volta è addirittura banale: odio, invidia, rancore, denaro. Non è quello che gli interessa: il criminale non è un fattore logico, è un agente del meraviglioso. La sua funzione è quella di scompaginare il nostro quadro di certezze, stroncare la monotonia delle nostre esistenze borghesi. Dare un fondamento attuativo a quella che de Quincey chiamava la più bella delle arti, ma non con gli scopi morbosi e sottilmente decadenti del maestro di Poe e Baudelaire. In Carr il delitto ha la stessa funzione del cilindro del prestigiatore, quella di attrarre i nostri occhi, spalancarli e riempirli di meraviglioso.
Ma purtroppo ha scelto un mestiere più difficile, ha uno svantaggio rispetto ai suoi rivali in frac: l’illusionista disalbera la nostra percezione del reale, e mentre siamo lì a bocca aperta ammirati o sottilmente seccati per essere stati presi in giro, si inchina e ci lascia con un palmo di naso, sparendo tra gli applausi. Lo scrittore invece alla fine ci deve spiegare il trucco, ed è lì che arriva il difficile. C’è il rischio che la reazione sia Ah sì? Così semplice? Oppure un Ma va’, non è mica possibile. È il suo rischio professionale, al quale non può mai sottrarsi. Pensate a un E poi non rimase nessuno senza il capitolo finale. Saremmo di fronte a un miracolo. Con la spiegazione, abbiamo solo un memorabile giallo.
In questo senso le soluzioni di Carr sono sempre ingegnose, qualche volta strampalate, molte volte geniali. La conferenza del dr Fell ne The three coffins sul problema della camera chiusa resta un piccolo monumento in materia, continuamente citato. Certo qualche JDC se l’aggiusta un po’: le sue case hanno un pianta comme il faut, c’è sempre un vicolo dove deve stare, una porta dove è utile che sia. Se serve la nebbia c’è la nebbia, e quando ci si sposta i mezzi pubblici funzionano alla perfezione, mai un semaforo rosso, mai una foratura. E qualche volta i suoi fondali sono proprio quelli di un teatro, che salgono e scendono quando serve. Più di uno dei suoi circoli di fans ha provato a ricostruire planimetricamente lo scenario dei suoi racconti, e pare che non ci si riesca proprio. Il più gettonato è lo Skull Castle dell’avventura di Bencolin sul Reno: ci si sono provati fior di architetti, ma insomma non si capisce proprio come dovrebbe essere fatto, peggio di una di quelle assurdità zuccherose di Ludwig di Baviera. Ma che importa? Noi vogliamo sapere se il misterioso Maleger, il diabolico illusionista, sia davvero tornato dal regno dei morti: e se poi dalla torre nord non si può passare a quella sud, che si fottano le torri. Più di settanta anni dopo la prima uscita, chi diavolo ci pensa più? Che ci importa, se la forza del mistero evocato a parole ci trascina lui, ci fare tutti i salti di torre in torre che servono?
A proposito: se anche per il Nostro partirà la moda degli apocrifi, e qualche editore vorrà lanciare un’antologia à la Dickson Carr, io mi propongo per rifare proprio Bencolin. Il più improbabile: acuto, charmant, lezioso, misuratamente crudele, irascibile. Senza l’insopportabile e un po’ loffia debordanza fisica di Fell, senza l’etilismo manierato di Merrivale. Un vero signore della Parigi che fu, falso come un baiocco di legno. Straordinario.
agosto 10th, 2009 at 15:30
Benvenuto tra noi Giulio! Bell’articolo già letto proprio su “Il Falcone maltese”. Fila via liscio come l’olio. E quando scrivo “La Parigi disegnata da Carr, come è stao giustamente osservato, è una città più sognata e fantasticata che reale” l’inciso è riferito proprio al tuo scritto. Per le eventuali imprecisioni ti lascio nelle mani di Luca.
Una piccola osservazione. Se Giulio “lurka” da tempo il blog senza intervenire è probabile che lo facciano anche altri lettori e dunque i soliti “tre o quattro gatti”, come sono solito definire i partecipanti alle discussioni, un qualche merito ce lo possono anche avere.
agosto 10th, 2009 at 16:04
Grazie Fabio! Il fatto è,veramente, che spesso gli interventi sono così puntuali che non viene molto da aggiungere. E’ interessante per esempio la quaestio sulle traduzioni: non sono in grado di valutare quelle nel campo del Giallo, anche se spesso amici più addentro mi hanno segnalato qualche e/orrore: pare che Stout in particolare sia stato massacrato, fino addirittura a cambiare il finale di uno dei suoi romanzi? Seguii meglio a suo tempo la polemica nella sf, di sui erano campioni Rambelli e Malaguti. Mi è sempre però restato un dubbio, che giro agli esperti come Conti: non vi è mai capitato un caso di traduzione italiana, smaneggiata, che fosse alla fine “meglio” dell’originale?
agosto 10th, 2009 at 16:35
Io un pò di timore che questo blog venga seguito solo da esperti ce l’ho. Ma sarà una mia sensazione. Per tutte le questioni di traduzione e compagnia bella rimando a Luca o a Piero o ad altri che se la sentono. All’interno di questo blog vorrei ritagliarmi uno spazio più sbarazzino anche per coprire la mia abissale ignoranza.
agosto 10th, 2009 at 16:42
La faccenda del delitto in una cabina telefonica sorvegliata a vista è comunque stata risolta da Clayton Rawson nel racconto “Off the Face of the Earth”, scritto per l’appunto in risposta alla sfida lanciata da Carr, che a sua volta scrisse il romanzo “He Wouldn’t Kill Patience” per rispondere a una parallela sfida lanciata da Rawson.
Qualche anno fa ho letto un secondo racconto – assai più recente, ma non riesco a ricordare di chi sia, ed è stato pubblicato in un’antologia inglese di delitti impossibili – in cui un tale viene ucciso con uno scalpello da ghiaccio in una cabina telefonica sorvegliata con una videocamera a circuito chiuso. Non male.
Un’altra famosa “sfida impossibile” è stata quella della scomparsa del signor James Phillimore, citata da Conan Doyle nel racconto holmesiano “L’avventura del ponte sulla Thor”. In breve, Watson annuncia che in uno dei suoi prossimi resoconti delle imprese di Holmes, parlerà della scomparsa di questo signor Phillimore, rientrato in casa per prendere l’ombrello e svanito “dalla faccia della terra” (guarda caso, proprio il titolo del racconto di Rawson).
Con questa “sfida” si sono cimentati in diversi, da Ellery Queen col notevolissimo radiodramma “The Disappearance of Mr. James Phillimore” (1944) ad August Derleth. con lo splendido racconto “Il fu signor Faversham” (1929), per finire addirittura a un grande romanziere (non poliziesco) come John Fowles, nel racconto lungo “The Enigma”, uno dei suoi capolavori.
agosto 10th, 2009 at 16:56
Giulio, di finali cambiati nei romanzi di Stout non sono a conoscenza (ma può anche darsi che non me lo ricordi io). Stout ha avuto in Italia delle traduzioni pesantemente rimaneggiate, quello sì, e moltissime girano tuttora (“La lega degli uomini spaventati” è un caso limite. Più che altro, le traduzioni italiane di Stout fino a tutti gli anni Cinquanta calcavano la mano sull’aspetto umoristico, quasi wodehousiano, del rapporto tra Wolfe e Goodwin, aggiungendo spesso appellativi inesistenti nell’originale: per esempio si può leggere Goodwin che parla di Wolfe come del suo “maestro e donno”, con inaudita citazione dantesca (se ben ricordo, capita in “NW e i ragni d’oro” e forse altrove), cosa che nell’originale di Stout ovviamente non esiste.
agosto 10th, 2009 at 17:00
Ciao Luca! Quell’amico mi accennava a un personggio (il colpevole?) che nell’originale si sucidava e nella traduzione italiana semplicemente spariva, fose in omaggio al politally correct di allora.
agosto 10th, 2009 at 17:58
Grazie per le informazioni sulla traduzione: avevo l’originale (del 1975, ricordavo male pensando fosse di fine anni ’60) e quindi non ho riacquistato il volume. Fino a qualche anno fa prendevo praticamente 4-6 volumi al mese, ora trascorrono interi mesi senza che ci sia nulla di appetibile, almeno per i miei gusti. Volete cosi’, diceva il grande Toto’…
agosto 10th, 2009 at 18:22
Ah sì, Giulio, adesso ricordo qualcosa. Ma non credo fosse un romanzo di Stout, bensì della Christie. Indagherò.
agosto 10th, 2009 at 18:46
Incredibile !
Ieri ne ho beccati due, oggi 3: c’è un’inondazione di rese Mondadori nelle edicole.
Meno male !
agosto 10th, 2009 at 19:32
Arrivo saempre in ritardo: però, l’articolo!
E’ un piacere averti tra noi, Giulio!
Ti meriti un applauso, anzi due : clap clap clap clap !
Son perfettamente d’accordo con te sull’eternità dei romanzi di carr e del perchè continuino ad affascinare. Perchè le atmosfere rimandano a luoghi che non esistevano più o che forse non erano mai esititi: Carr si era nutrito dei romanzi di cappa e spada, e la Parigi che descrive può essere benissimo quella di Dumas o di Balzac o di Hugo, cioè una Parigi conosciuta attraverso i libri, e quindi che vive solo nei ricordi e nell’immaginazione: un po’ come l’Isola non trovata di Peter Pan.
Io per certi versi lo accomunerei alla tendenza a rappresentare luoghi mai conosciuti e lontani e ricchi di fascino, che è tipica degli scrittori di fine settecento-inizio ottocento come il René di Chateaubriand, e che poi si radicalizza nel nostro Emilio salgari, altro romanziere che immaginava luoghi lontani, con una sapienza descrittiva che si cibava di libri e della sua immaginosa fantasia. Ecco proprio a Salgari io accomunerei Carr: ricrea dei luoghi e delle atmosfere, che continuano ad affascinare tutt’oggi, perchè non sono reali, perchè sono radicate nel nostro immaginario.
Per quello Carr è grande. Da un certo punto di vista è un residuato dell’ottocento. Le sue descrizioni possono parere talora dettate dalla nostalgia, dal desiderio di una realtà che non esiste più e che egli vuole a tutti i costi: anche per questo le sue descrizioni dell’Inghilterra ricordano più che la realtà inglese del periodo edoardiano, quella dell’età vittoriana. Per certi versi il letterato cui egli si avvicina di più, è Henry James, L’Henry James di Giro di Vite: che ci ricorda certe atmosfere ghost tanto care a Carr.
agosto 10th, 2009 at 20:42
Non ho parole…..solo per dirvi che vi seguo deliziato
Ancora, ancora, ancora.
agosto 10th, 2009 at 20:50
Aggiungo un altro spunto. Si è parlato di Fell, Merrivale e Bencolin ma non abbiamo accennato al colonnello March, se non vado errato. Chi se la sente di incominciare?
agosto 10th, 2009 at 21:12
Però mi aspettavo almeno una prefazione da parte di Boncompagni..
agosto 10th, 2009 at 21:14
Scusate..sto in trance !
agosto 10th, 2009 at 21:35
Il Colonnello March fu creato prendendo ad esempio John Rhode, amico di Carr. Gli fu dedicata una serie televisiva, di 26 episodi tra il 1954 ed il 1956, interpretati da Boris Karloff, dal titolo “Colonel March of Scotland Yard”.
agosto 10th, 2009 at 22:11
Aggiungo una curiosità. Cioè che a Boris Karloff fu messa una benda ad un occhio perché gli sceneggiatori della serie televisiva lessero “blind eye” invece di “bland eye”.
agosto 10th, 2009 at 22:37
Anche il Colonnello March è un diretto parto dei primi anni. Come Bencolin, si occupa di delitti impossibili, sparizioni, crimini apparentemente sovrannaturali, Camere chiuse.
Probabilmente guarda alla produzione francese dell’inizio di secolo, se è vero che Colonel March è la versione definitiva utilizzata da Carr di altro nominativo: la prima versione del nome March, era infatti Marquis=Marchese.
A chi pensava Carr quando coniò il primigenio nome? Forse a De Sade? Perchè no: Bencolin non ha fattezze mefistofeliche? Modificò la forma originaria del nome perchè poteva dar modo di pensare che ne fosse ammaliato, lui che in fondo era un moralista conservatore? O forse quando abbandona l’infatuazione per le ambientazioni parigine per dedicarsi a quelle più british ?Singolare mi pare il fatto che un altro soggetto di rango marchesale ricorre in quello che è forse il romanzo più fantastico di Carr, La corte delle streghe: lì non c’è un Marquis ma una Marquise, la Marchesa de Brinvillers.
agosto 10th, 2009 at 22:38
…E il Cavaliere de Saint Croix.
agosto 10th, 2009 at 22:46
Facciamo una bella coppia, eh Fabio ?
agosto 10th, 2009 at 23:22
Direi che non siamo male…
agosto 11th, 2009 at 09:50
Ma perchè non riesco a vedere in tempo reale gli aggiornamenti? L’argomento mi segnale 102 interventi, ma scommetto che OVVIAMENTE ce ne saranno degli altri..
agosto 11th, 2009 at 10:22
Luca ha buttato un sasso nell’acqua sperando e ipotizzando che un domani un ipotetico editore possa pubblicare la biografia immaginifica di Douglas G.Greene che fu nominata per un Edgard, su Carr.
Io auspicherei a quel punto (ma si tratta pur sempre di fantastiche ipotesi e direi anche azzardate visto l’orizzonte editoriale in Italia) che venisse pubblicato anche lo studio critico di S.T.Joshi,”John Dickson Carr: A Critical Study”, più vecchio di cinque anni del libro di Greene, e anch’esso candidato ad un Edgard.
E giacchè ci siamo, che qualcuno pubblicasse tradotto in Italia, il fondamentale studio di Adey, Bibbia per tutti coloro che amano i delitti impossibili e altri divertissements del genere: “Locked Room Murders and Other Impossible Crimes”.
Ci sarebbero anche gli studi di Lecourbe, altro massimo studioso di Camere Chiuse accanto ad Adey, ma chi vuole può procurarseli più facilmente,ritengo.
agosto 11th, 2009 at 11:22
Non ho cancellato alcun commento ve lo assicuro.
agosto 11th, 2009 at 12:43
Piero, lo studio di Yoshi non è un gran che, e poi ha il brutto vizio di svelare le soluzioni dei romanzi (cosa che invece Greene cerca di non fare e, se proprio deve, inserisce degli asterischi nel testo per avvertire il lettore).
Tradurre il volumone di Adey mi parrebbe una clamorosa perdita di tempo, trattandosi semplicemente di un grosso repertorio alfabetico in cui sono elencati tutti i romanzi e i racconti di camera chiusa (e, in appendice, le soluzioni). Non serve affatto una traduzione italiana, il libro è perfettamente comprensibile anche in inglese, ma il fatto è che se già una biografia di Carr riveste un interesse limitato per il lettore italiano, figurati un testo del genere. Quante copie potresti venderne, da noi? 200, a voler esagerare, ma mi sembrano già tante.
agosto 11th, 2009 at 12:47
Ah, Piero, un’altra cosa: Carr non sopportava affatto i romanzi di Henry James, tanto che in “Death in Five Boxes” c’è una sua violenta tirata contro quel modo di scrivere…
Un’altra cosa che odiava con tutte le sue forze erano gli scrittori e i romanzi russi, e lo dice molto esplicitamente, mi pare, in Deadly Hall
agosto 11th, 2009 at 13:18
Aspetto da anni una ristampa nei classici de ” La lampada di bronzo “……
agosto 11th, 2009 at 14:31
“La lampada di bronzo” è già stato ristampato due volte nei Classici, nel 1984 e nel 1997 (anzi, quest’ultima ristampa era finita, chissà come, direttamente nel Giallo, ma sempre di una ristampa si trattava). Nel 1991, poi, è stato ristampato anche nell’Omnibus “Le camere chiuse di sir Henry Merrivale”
agosto 11th, 2009 at 15:01
E quello che volevo dire, ormai è da qualcosa come 15 anni che La lampada non è più ristampata…
agosto 11th, 2009 at 15:03
Anche se proprio io ho difficoltà a farlo !
agosto 11th, 2009 at 15:06
No Dario non era rivolto a te: è una cosa che forse è riferita al tipo mio di collegamento ADSL.
Per es. poco fa riportava 111 interventi ma ne faceva vedere solo 105: ho dovuto aggiungere apposta qualcosa riferito al mio ultimo, perchè potessi vedere anche i restanti.
agosto 11th, 2009 at 15:12
Lucaaa, io non ho affatto detto che Carr amasse James; ho detto solo che il romanzo carriano si assomiglia per atmosfera a quello di James, e soprattutto alle storie di fantasmi, perchè entrambi tendono a rivalutare o almeno a inserire nei loro romanzi delle caratteristiche del romanzo gotico, tipo Udolpho.
agosto 11th, 2009 at 15:16
Ah, Luca, un’altra cosa : ho citato la “Bibbia” di Adey, per il semplice fatto che è comunque una cosa di cui l’appassionato può servirsi per cercare altre cose, e soprattutto perchè essendo una cosa del 1990, difficilmente si trova in giro. Ogni tanto viene venduta una copia su Ebay, ma il semplice lettore o appassionato che dir si voglia non riuscirà mai a beccarla. La cosa vale anche OVVIAMENTE per Douglas G.Greene.
agosto 11th, 2009 at 16:36
A proposito di Carr e di Rhode, ho letto da poco Discesa fatale. La soluzione è davvero ingegnosa (anche se non so quanto plausibile); sicuramente è una di quelle a cui si accennava prima che lasciano il lettore a bocca aperta. Una interessante variazione sul tema della camera chiusa. Peccato che il personaggio di Horatio Glass non sia stato ripreso in altre opere.
agosto 11th, 2009 at 17:30
Colo, l’ultima ristampa della Lampada di Bronzo è del ’97. Non sono proprio 15 anni, e non è un librò così difficile da reperire sul mercato dell’usato. Ci sono dei Carr non più ristampati da 35 anni, e forse sarebbe meglio rivedere prima quelli.
Se poi mi dici che certi capolavori – come questo – dovrebbero essere sempre disponibili in libreria e non legati alla periodicità dell’edicola, non posso che darti ragione.
agosto 11th, 2009 at 17:36
Pietro, lo so che il libro di Adey è di difficile reperibilità e che, ammesso si riesca a trovare, costa un bel po’ di soldi. Io ce l’ho, ma l’ho comprato dieci anni fa; ai prezzi che spunta oggi (passa tranquillamente i 300 dollari) non me lo potrei certo permettere. Quella che si trova a prezzo più ragionevole è la prima edizione (del 1979), ma non vale la pena, perché molto incompleta. La seconda edizione, del 1991, ha il doppio di pagine.
agosto 11th, 2009 at 18:26
Un altro giallo di Carr da ristampare è ” Delitto da burattini ” di cui l’ultima pubblicazione mi sembra che sia del 1983….
agosto 11th, 2009 at 20:20
Ma perchè non escono più i bei racconti che uscivano prima? Ieri ho beccato uno splendido Supergiallo cime resa, di Lovesey,con una serie di racconti di vario genere, dal thriller, alla camera chiusa, al nero, al gotico, etc..
agosto 11th, 2009 at 20:24
Discesa fatale è tutto di Carr; di Rhode è solo l’idea del marchingegno (era un fissato Rhode per meccanismi omicidi,e in quello tradisce la sua origine di scrittore che si rifa ad una generazione prima di Carr, pur essendo suo contemporaneo: Si veda per es. la lampadina piena di gas venefico ne I Delitti di Praed Street per esempio).
agosto 11th, 2009 at 20:44
In effetti la struttura del marchingegno presenta una macchinosità insolita per Carr, comunque è geniale. Mi piacerebbe costruirlo per vedere se funziona. Bisognerebbe sentire il parere di qualche ingegnere.
agosto 11th, 2009 at 21:42
Se non ricordo male anche Piero si è cimentato in una specie di camera chiusa. Piero dacci il link!!!
agosto 11th, 2009 at 21:49
Veder pubblicata la biografia Carriana sarebbe magnifico ma francamente impossibile. Mi accotenterei di vedere quella scritta da lui su Doyle, che sarebbe, commercialmente, abbastanza pubblicabile. D’altronde parlando di critica letteraria dedicata al giallo in Italia ci ci puo basare su un limitatissimo numero di volumi pubblicati. Mancano quasi totalmente i nomi di Haycraft, Keating, Symons e altri insigni studiosi della materia, dei volumi pubblicati finora non credo c’è ne sia nessuno ancora disponibile, e il dizionario contizucchesco è, per ora, disperso. Fortuna che c’è Internet :P.
agosto 11th, 2009 at 21:53
Mi scuso per i refusi, ho la cattiva abitudine di postare e poi correggere il testo, ma qui mancando il tasto “edit” mi è impossibile rimediare agli orrori…
Chiedo venia.
agosto 12th, 2009 at 08:16
*
agosto 12th, 2009 at 08:28
@Fabio:Il Link dovresti saperlo bene visto che è il Magazine su cui da sempre tu scrivi i tuoi articoli: peccato che la redazione sia in vacanza, perchè al Direttore avevo mandato un altro racconto, che sarà pubblicato immagino più in là.
Comunque è : http://www.sherlockmagazine.it/racconti/
Alla pagina riportata col Link si possono beccare 3, quello ultimo più i due omaggi: Se poi si ha altro tempo e si vuole leggere dell’altro basta cliccare sul mio nominativo e si può leggere anche il quarto; altri tre mi hanno detto verranno pubblicati in cartaceo: sono apocrifi sherlockiani.
agosto 12th, 2009 at 08:43
Lo so. Per correttezza ho voluto che fossi tu a dirlo. Aggiungo, già che ci siamo, che chi vuole un pò sorridere (spero) può leggere anche il mio “Delitti incrociati” in http://www.sherlockmagazine.it/racconti/3150/
agosto 12th, 2009 at 10:37
Rudy, la biografia di Conan Doyle scritta da Carr è già stata tradotta e pubblicata in italiano (Rizzoli, 1956). Non sarebbe male recuperarla, questo no.
agosto 12th, 2009 at 11:00
Anche Asimov si è cimentato nella camera chiusa. Leggere “La ricetta” in “Gli enigmi dei Vedovi Neri” dove cita apertamente Carr. Qui non c’è il morto ma una ricetta copiata impossibile (si fa per dire) a essere copiata
Chi vuole leggere la mia seconda stronzata (Intervista a Giallo) vada in .http://corpifreddi.blogspot.com/
agosto 12th, 2009 at 12:43
Fabio ci hai preso gusto su Corpi Freddi vero???
Sarà perchè ci girano tante donzelle???
Vecchio buongustaio…
agosto 12th, 2009 at 13:13
Ho deciso di dare una mano anche a “Corpi freddi”. E’ un blog giovane, pimpante, sbarazzino. I commenti dei lettori sono spesso semplici, istintivi. Un pò quello che manca qui e che vorrei, invece, ci fosse.
agosto 12th, 2009 at 14:18
A dire il vero non capisco perchè molti utenti si siano fatti prendere da questa sorta di timore riverenziale per il tenore delle discussioni tentute sul blog. Mi spiace. C’è da dire che Corpi Freddi come altri interessanti siti sul Giallo ha la possibilità di spaziare tra diversi prodotti, autori, proposte etc qui, io sono vincolato a ciò che esce nel giallo mondadori e solo talvolta a quello che propone la mondadori nel genere thriller il che come potete immaginare è abbastanza limitante.
agosto 12th, 2009 at 14:49
Mi sembra che qualcuno abbia accennato a questo timore ma non ricordo chi. Non è colpa di nessuno ed infatti io spingo sempre i lettori ad intervenire. Tra l’altro, voglio aggiungere, per non essere frainteso, che sono ben contento che il livello sia spesso molto elevato.
agosto 12th, 2009 at 15:21
Su ragazzi…non siamo così pessimisti; mi sembra che nell’ultimo periodo le discussioni sul blog Mondadori siano più vivaci grazie anche al fatto che sono meno vincolate alla rigidità imposta nei primi mesi di gestione.
Dario è diventato il perfetto padrone di casa e ci perdona maggiormente qualche marachella dovuta all’impulsività del momento :-)…ha capito le difficoltà iniziali e secondo me ha gestito la cosa con molta intelligenza.
Relativamente al timore nello scrivere è innegabile che esista e speriamo che con il tempo riusciamo tutti a prendere maggiormente confidenza; d’altronde con la sacra triade Piero-Fabio-Luca c’è solo da chinarsi e togliersi il cappello, la vostra cultura e conoscenza del mystery è impressionante….ovvio che molti di noi si sentono piccoli piccoli
Corpi Freddi ovviamente non ha queste pretese (pur comunque gestendo la cosa in maniera molto professionale sia chiaro); il motore che ci muove è la passione, la profonda conoscenza arriverà strada facendo…
Ringrazio Fabio per le belle parole….e comunque Dario sa che per qualsiasi iniziativa Corpi freddi è pronto a supportare il blog della Mondadori….il gemellaggio tra di noi è realtà
agosto 12th, 2009 at 15:28
Altrochè Marco, CorpiFreddi è veramente un bel blog destinato ancora a crescere. Massì dai, non bisogna essere pessimisti e ai lettori dico SCRIVETE senza timore.
agosto 12th, 2009 at 15:41
D’altra parte è anche giusto che i vari siti, blog e quant’altro si occupa di giallo abbiano ciascuno le proprie caratteristiche. Chi cerca approfondimenti sa già dove andare, così come chi vuole conversare in maniera più sbarazzina. Tra l’altro io sono sempre stato uno strenuo sostenitore della divulgazione non pallosa (il che, ovviamente, non significa buttare sempre tutto in caciara), perché credo esista sempre il modo di parlare di cose serie con tono piacevole.
Quindi, che adesso su Corpi Freddi si sia aperto anche l’angolo del cabaret, non può farmi che un gran piacere
agosto 12th, 2009 at 16:15
Questa storia della intervista con Giallo mi sta divertendo e penso di portarla ancora avanti su “Corpi freddi”. Per questo blog, invece, ma mi pare di averlo già detto, sto preparando per settembre-ottobre un qualcosa di scmiserio basato sempre su una bella dose di letture. Ai miei alunni ho insegnato che prima ci si fa il classico culo e poi si scherza…E la massima vale anche per me. Soprattutto per me.
agosto 12th, 2009 at 16:43
Vorrei sapere una cosa da Dario: quando si può presumere che un volume non sia più richiedibile ?
Sono alla ricerca di uno Speciale, con Queen e Kutak (Un paio di scarpe dev’essere quello tradotto da Montanari, che non ho; e il romanzo della Kutak, Profondo Sonno, nella versione del Giallo non riesco a beccarlo da parecchio) del 2001. E in aggiunta, ti risulta che detto volume, Speciale del Giallo n.30, sia stato venduto con le rese?
Grazie.
agosto 12th, 2009 at 16:48
@Fabio: se non ne avessi fatto cenno tu, io non avrei mai messo un link che rimanda a dei miei racconti; mentre sovente ho messo quelli che rimandano a cose scritte da altri.
Anche se mi fa piacere ovviamente che ci sia della gente che li legga: una volta li leggeva solo uno, un amico!
agosto 12th, 2009 at 17:00
Appena avrò tempo leggerò senz’altro i racconti di Piero e Fabio. Tra l’altro ho visto che uno dei racconti di Piero ha come protagonista il Grande Merlini, e a me Clayton Rawson piace molto (peccato abbia scritto così poco).
agosto 12th, 2009 at 17:59
@Piero: il romanzo della Kutak “Profondo sonno” (G.M. 1938) l’ho letto qualche mese fa ed è davvero un piccolo gioiellino, una delle cose migliori che ho letto quest’anno nel mystery di stampo classico. Peccato che la scrittrice non abbia scritto altri romanzi (almeno da quello che mi risulta).
agosto 12th, 2009 at 18:03
Non voglio beccarmi le ire degli esperti del blog ma devo dire che sono rimasto abbastanza deluso relativamente al romanzo “Morte dal cappello a cilindro” di Clayton Rawson.
E’ stata la mia prima esperienza con lo scrittore Americano dopo le sperticate lodi del buon Piero; tra l’altro confrontandomi con diversi anobiiani ho potuto constatare le stesse perplessità che ho riscontrato io.
Comunque uscirà a brevissimo (credo sabato) la mia umile recensione su Corpi freddi e ci saranno le motivazioni.
agosto 12th, 2009 at 18:07
Margaret Rosemary Norris – Kutak era il cognome del marito – era nata nel 1905 ed è scomparsa nel 1999. Ha scritto due polizieschi, non uno: a “Profondo sonno” (1944) va aggiunto anche “I Am the Cat” (1948), che non è affatto male e meriterebbe una edizione italiana.
agosto 12th, 2009 at 18:09
Luca ti è piaciuto “Profondo sonno”??
agosto 12th, 2009 at 18:23
Certo, Marco, si tratta di un piccolo capolavoro che meriterebbe di essere assai più famoso.
Ma ce ne sono altri. Tra i molti capolavori del giallo ancora poco conosciuti in Italia, perché magari fuori catalogo da tempo immemorabile, non si può trascurare per esempio “L’uomo orizzontale,” un romanzo del 1946 scritto dalla poco nota Helen Eustis, che peraltro ha anche tradotto Simenon in inglese. Ne era uscita una traduzione nel 1949 per l’editore Martello, come “L’incubo senza risveglio,” e il libro fu ristampato nel 1975 da Sonzogno come “L’uomo orizzontale” (com’è giusto, trattandosi di un noto verso da una celebre poesia di W.H. Auden).
Se vi capita sottomano, compratelo. E’ un romanzo straordinario.
agosto 12th, 2009 at 18:30
Mi schiero con i rawsoniani: viva Merlini!
agosto 12th, 2009 at 18:37
Vorrei proprio capire perchè di un autore come David Roberts, di cui Mondadori ha pubblicato, Brindisi Mortale, (Sweet Poison), GM 2866, non siano state pubblicate altre cose. Il volume uscì per di più in un tempo in cui di cose similari se ne sarebbero potute pubblicare altre. E si tratta di altro autore contemporaneo, di notevole livello, che scrive storie secondo tempi e modalità della Golden Age, un po’ come Anderson, con uno stile frizzante: l’ho acquistato il romanzo l’altro giorno ad una resa, e mi è piaciuto molto.
agosto 12th, 2009 at 18:52
Che dire, Marco? Non metto in dubbio che ad un altro possa non essere piaciuto, ma a me è piaciuto moltissimo Morte dal cappello a cilindro: è un’opera basilare. Non a caso è ritenuta (e non lo dico io) una delle migliori Camere chiuse in assoluto che siano mai state create!
Il miglior Merlini, tra i Romanzi! Anche “Impronte sul soffitto” è notevole, ma lì per es. sono riuscito ad arrivare a parte della soluzione già prima, mentre in CILINDRO, la soluzione è veramente stratosferica, e ti coglie impreparato. Fa riferimento ad un tipo di Camera più psicologico, che non meccanicistico, anche se l’espediente dell’apparecchio (non dico qual’è) è notevole.
Proprio nella soluzione si rivela l’arte di prestigiatore propria di Rawson: fa convergere gli sguardi e l’attenzione verso un determinato punto, per poi rivoltare completamente il tutto con un gioco di prestigio.
Certo, se ad uno piacciono le Camere tipo The Three Coffins, è un’altra cosa.
Ma CILINDRO è un’opera veramente possente, è un classico: non si può dire diversamente.
Son pienamente d’accordo con te, Giulio : W MERLINI !
agosto 12th, 2009 at 20:25
@Piero: chiaramente è una cosa soggettiva ma per quel che mi riguarda entra molto in gioco l’aspetto “emotivo” nel giudicare un romanzo, non mi accontento solo di una fredda disquisizione tecnica. Quello che imho manca all’opera di Rawson è la storia, tutto si riduce ad una immenso pirotecnico gioco di prestigio….appunto (e poi dai la soluzione….tra travestimenti, ceroni, trucchi, controtrucchi…vabbè non voglio incappare in spoiler)
E la storia dove sta??? Per me è elemento basilare in un romanzo.
Se posso fare un analogia nella musica Rawson è un po’ l’Yngwie J. Malmsteen del giallo, tanto funambolismo fine a se stesso.
Io preferisco David Gilmour
agosto 12th, 2009 at 21:12
@Piero: non comprendo cosa intendi per approccio alla camera più psicologico che meccanicistico. In che senso scusa??
Io trovo tutto invece assolutamente forzato e artificioso.
agosto 12th, 2009 at 23:11
@Giulio: hai qualche sito o blog, dove ti si possa conoscere più “stricto sensu”? Il tuo articolo era davvero interessante.
agosto 12th, 2009 at 23:32
@Marco: ne capisci di Classica ?
Per intendersi, io paragono Cilindro al “Grand Galop Chromatique” di Liszt: un’ esplosione di virtuosismi, di agilità, di giochi di prestigio, di funambolismi, di tecnica al parossismo. Tanto da incantare e da non far capire nulla di quello che si vede, anzi da far quasi dire: “Ma come fa?”. Ecco questo io intendo per Cilindro, che reputo una delle più grandi camere chiuse del genere. Un romanzo che è un grande unico gioco di prestigio. E come tutti coloro che assistono ad un gioco di prestigio, batto le mani estasiato.
Come stasera su La7 ho assistito ad un altro gioco di prestigio: tutti guardavano le carte e nessuno si è accorto che i tre si sono cambiati le magliette, ripetutamente. Questo perchè i sensi erano convogliati su un bersaglio, il gioco di carte , e nessuno si è accorto che i tre, con la complicità dei cameramen e gli assistenti di studio, ingannavano i presenti indossando, spogliandosi e reindossando altre magliette ancora. Come un altro gioco di prestigio.
agosto 13th, 2009 at 08:46
.
agosto 13th, 2009 at 08:47
No Piero, non sono un conoscitore della musica classica (pur apprezzandola).
Amo il rock e la musica blues.
Comunque ho perfettamente capito il tuo ragionamento che non fa una grinza.
Ma a me non basta leggere “le camere chiuse”, io amo leggere “i ROMANZI con delitti nelle camere chiuse”.
Spero tu abbia capito cosa intendo: non mi basta il perfetto congegno, nel giallo cerco pure storia ed atmosfera (e Carr ci ha insegnato che ciò è possibile), se poi c’è pure una discreta caratterizzazione dei personaggi meglio ancora.
agosto 13th, 2009 at 11:15
Al di là del giudizio globale sul nostro libro “Gideon Fell: Panico a teatro” voglio dire che merita di essere letto non fosse altro che per l’inizio con il nostro eroe che troneggia, ansima, ridacchia, la faccia rubiconda, i baffi da bandito, gli occhiali ficcati di traverso, il doppio mento, il sigaro acceso in una mano e un enorme bicchiere nell’altra. E poi sbuffa e aspira dal naso “con un rumore sordo simile a quello prodotto dal vento attraverso una caverna. Centotrenta chili di grande spessore in tutti i sensi…
agosto 13th, 2009 at 13:30
Guarda Piero, a dire il vero non saprei perchè non mi occupo io degli arretrati. Quello che mi sento di consigliarti in tutta franchezza è di cercare il suddetto volume per altre vie come ebay o nei mercatini. Comunque, prova a mandare una mail a: collez@mondadori.it
agosto 13th, 2009 at 22:37
Beh, io non ho centotrentachili, ma cento sì!
agosto 14th, 2009 at 07:47
Ciao Marco, il mio sito è http://www.giulioleoni.it
C’è un po’ di tutto, sempre in attesa di ristrutturarlo… ma sai come vanno queste cose. Ci sono anche altri articoletti come quello che ho riportato, se possono interessare. Il blog ogni tanto mi tenta, come pure quelle cose alla Facebook, ma ogni volta il tempo e la pigrizia… e si finisce per parassitare quelli degli altri! Comunque lì trovi la mia mail, che alla fine è la cosa più semplice.
agosto 14th, 2009 at 08:19
@Giulio: accipicchia…ma possiedo pure dei tuoi romanzi
agosto 14th, 2009 at 09:12
Giulio Leoni è un fior di scrittore ed ha vinto pure il premio Tedeschi 2000 con “Dante Alighieri e i delitti della Medusa”. Mi ricordo di un suo racconto “Sed efficiente malum” in “Anime nere”. Su http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/2777/ mi divertii a dare un giudizio in staggese con voto agli auitori dell’antologia e Giulio…ma andate a vedere. Il tutto con spirito scherzoso naturalmente…
agosto 14th, 2009 at 09:23
Oggi vado a scartabellare in libreria e vedo cosa trovo di Giulio.
Prima però mi sto dedicando agli scrittori presenti al Festivaletteratura della mia città (Mantova): Markaris, Gimenez, Carrisi, Ledesma e Dazieri.
Scusate l’OT ma nessuno di voi viene a Mantova a settembre??
Noi Corpi Freddi saremo presenti in massa….
agosto 14th, 2009 at 11:30
Finito di rileggere il libro di Carr. Sicuramente scoperta dell’acqua calda ma mi pare che l’idea dell’assassinio, con mezzi diversi, sia simile a quella della signora Leidner in “Murder in Mesopotamia” (Non c’è più scampo) della nostra Agatha Christie. O sbaglio?
Chiedo il parere di Luca, Piero e di altri che possano illuminarmi.
Per Marco. A Mantova non posso venire. Facci poi un resoconto!
agosto 14th, 2009 at 11:43
Con mezzi diversi, sì, ma l’idea di base è sostanzialmente quella.
agosto 14th, 2009 at 13:33
La soluzione di Agatha sembra più credibile.
agosto 14th, 2009 at 14:26
A proposito, visto che ho piacevolmente scoperto l’esistenza di una piccola setta di rawsoniani -che credevo estinti, vista la trascuratezze degli editori- vi segnalo che in uno dei prossimi numeri del Giallo ci sarà anche un mio articoletto sul Nostro, con disamina aggiuntiva delle sue fortune filmiche.
agosto 14th, 2009 at 16:06
Bene, lo aspetto con interesse.
agosto 14th, 2009 at 16:13
Aggiungo solo per chi non lo sapesse, credo che siano ben pochi, che il nostro Giulio è autore proprio dei gialli Mondadori…
agosto 14th, 2009 at 20:59
@Giulio : ma che fai? Io ti chiedo il tuo indirizzo web e tu lo fornisci a Marco? E ancor più lo confondi col sottoscritto ? AARGHH !!!
E poi fatto dal mitico Giulio de “La donna sulla luna”,i romanzi con Dante Alighieri, “E trentuno con la morte”, l’affronto è quasi da suicidio: ah, mondo rio !!!
Per il resto..dirò che a differenza della Christie, per cui l’espediente era possibile, usato da Carr diventa l’opposto. Quando si diceva che negli ultimi romanzi Carr diventa debole nelle soluzioni, io facevo riferimento anche a questo romanzo. Dire che una certa cosa fatta cadere perpendicolarmente possa uccidere ma ancor di più possa finire come finisce nel romanzo, mi sembra una assurdità. Ma Carr in quell’istante pensava che la sua vittima fosse fatta di ricotta?
A proposito Giulio: bisogna anche distinguare tra i rawsoniani sperticati, e quelli.. critici !!!
agosto 14th, 2009 at 21:59
Perchè ci sono in giro dei films che hanno contribuito ad accrescre la fama di Towne ?
Che io sappia c’è un telefilm della durata di mezzora scritto da Rawson stesso, che doveva inaugurare una serie, che poi non inaugurò; e poi due films,anche piuttosto vecchiotti:
Miracles for Sale (1939), da “Morte dal Cappello a cilindro”; e
The Man Who Wouldn’t Die (1942)da “L’Assassino invisibile” in cui curiosamente Merlini fu sostituito da Michael Shayne l’investigatore di Brett Halliday.
Chissà se dopo questo “sgarbo”, Rawson parlò più con Helen McCloy e David Dresser.
Del resto anche nel primo film al posto del Grande Merlini, misero Il Grande Morgan.
Evidentemente a qualcuno il grande Merlini era antipatico !
agosto 14th, 2009 at 22:10
:
agosto 15th, 2009 at 00:25
..
agosto 15th, 2009 at 01:24
,
agosto 15th, 2009 at 07:48
Gulp, quando si cominciano a impicciare i nomi è proprio un brutto segno! Dando a Piero quel che è di Piero, hai perfettamente ragione: oltre che vecchiotti i due film sono anche abbstanza difficili da reperire. Non tanto quello con Shayne, che mi sembra sia passato anche sulla Rai, quanto il primo. Cercato dappertutto, alla fine ero arrivato alla conclusione che fosse finito al macero: invece tempo fa un amico appassionato di cinema mi ha passato una soffiata su un pirata americano specializzato in stranezze, e sono riuscito a trovarlo. Beh, fatta la tara su un Merlini ritargato con altro nome e più charmant, la trama c’è abbastanza: manca però del tutto l’atmosfera del libro, purtroppo.
agosto 15th, 2009 at 08:35
Buon Ferragosto!!!
Parlando di film volevo sapere se qualcuno di voi ha avuto occasione di vedere ‘The fatal night’ (1948), regia di Mario Zampi
agosto 15th, 2009 at 11:41
Ma non è che su Giulio abbia avuto la sua buona influenza anche..”Il Segno del Comando”? Il riferimento ad uno spirito femminile che abita le antiche viuzze di Roma (ci mancherebbe che fosse anche il Rione Monti!) non mi sembra casuale.
agosto 15th, 2009 at 12:52
Magari! Ogni tanto mi capita di rivederlo, e ogni volta mi viene da pensare che negli ultimi 37 anni, fino a Dan Brown compreso, un bel numero di noi scribacchini non ha fatto altro che cercare di riscriverlo. Nella Regola “lei” è Simonetta Vespucci, e il riferimento è più al mito di Euridice, ma certo che come donna sfuggente e misteriosa anche la Gravina dell’epoca sarebbe andata straordinariamente bene!
agosto 15th, 2009 at 14:29
Poveri noi. Tra scrittori (per di più premiati) come Giulio (di cui ho letto un paio di opere davvero molto belle), professionisti del giallo come Luca e Fabio e autentici “studiosi” della materia come Piero è sempre più difficile per noi semplici appassionati intervenire dicendo qualcosa che non appaia banale o scontato.
Buon Ferragosto anche da parte mia.
agosto 15th, 2009 at 16:05
Grazie a Dio Alessandro ci siamo pure noi
Buon Ferragosto anche dal sottoscritto
agosto 15th, 2009 at 17:44
Ho annunciato su Anobii un mese fa, ma lo dico anche qui, che tra qualche tempo verrà venduto in DVD, “Morte a passo di walzer”, tratto da “Fire, Burn” di Carr, nella serie degli sceneggiati di Giallo & Mistero, con cui è già uscito ESP, e ora è in edicola Il GIUDICE E IL SUO BOIA, fenomenale sceneggiato con Stoppa e Pagliai (da Friedrich Durrenmatt).
agosto 15th, 2009 at 18:43
Parlando di Rawson anch’io preferisco “Impronte sul Soffitto” (e pure “No Coffin for the Corpse”)al più famoso “Cilindro”. Di Rawson non sarebbe male che pubblicassero finalmente la raccolta “The Great Merlini” e i due libri scritti come Stuart Towne (specie “Death Out of Thin Air”).
agosto 15th, 2009 at 20:31
Rawsoniani di tutto il mondo unitevi! Certo sarebbe una meraviglia se, a forza di sbombardare le orecchie di Altieri, si riuscisse a far pubblicare nel Giallo un mammuth con tutta l’opera del Nostro, compresi i racconti e Don Diavolo. Con l’occasione si potrebbe completare anche con tutti gli inteventi che CR fece sulle riviste magiche dell’apoca: lui fingeva che fosse Merlini a spiegare i giochi, e qualcuno di questi è un vero e proprio raccontino. Da uno di essi vi riporto la pseudo-biografia di Merlini:
The Great Merlini: b. Barnum&Bailey circus car en route trough Illinois, Aug.15.1882; s. Victor and Edna(Bradna) M.; educated at intervals; Eton, Heidelberg, Beirut, Paris; m. Mary Cordona, Jan.1.1914; children Michail, 1915, dec., Roberta, 1921; carnival and cicus magican, 1903-1912; full evening show 1912-1929: magic dealer 1930…;
Inventor of many effects and illusions including Tha Vanishing Elephant (Method No. 5), Hountad Alarm Clock, The card from Hell, etc.; Author: Legerdemaniacs, The Psychology of Deception, Sleight-of-Hand for Experts, Sawdust Trails: Edito: Conjurer’s Monthly 1920-28; Decorations: Sacred Order of White Elephant presented at command performance by the Maharajah of Seringapatan.
Clubs: U.S.Society of Magicians, Pres. 1923-25; Circus Fans Club, Secretary, 1936; Lamb’s club; Explorere’s Club; Author’s League. Honorary Member: New York Homicide Squad; British Circle of Magic; The Magic Wand; Associated Wizards of Amberdeen; Canadian Order of Magi; Magic Circle of Sweden; Association des Prestidigitateurs; Magischer Verein; El Illusionismos; Sociatad de Magia; Society of Bombay Magicians, Association of Chinese Conjuerers.
Hobbies: Archery, Table Tennis, Mrs Merlini. Home: 13 Washington Square; Office: The magic Shop, Times Square; Phone: Mephisto 3-8244.
agosto 15th, 2009 at 20:35
Tra l’altro proprio oggi ricorrerebbe il suo genetliaco.
agosto 15th, 2009 at 20:46
Per Alessandro B. Ma intervieni come ti pare e piace e butta giù quello che vuoi!!! Non lasciarti influenzare da nessuno. O come ve lo devo dire, ragazzi…
Per Giulio. Mi associo nello sbombardamento delle orecchie di Altieri…
agosto 15th, 2009 at 20:50
Buon Ferragosto a tutti, a quelli che stanno a casa e a chi sta a casa degli amici, anche da qualche giorno.
agosto 15th, 2009 at 20:53
E quanti eoni compie (Detto alla maniera di Jack Kirby)?
agosto 15th, 2009 at 21:21
Anche a me piace Le orme sul soffitto, ma ha una soluzione più facile di CILINDRO, che è veramente machiavellica. E le orme si capisce abbastanza presto come possano essere state lasciate.
Però è una bella Camera; No coffin for the Corpse secondo me promette molto bene ma poi si sgonfia, non è all’altezza dei due prima citati.
Muori, Muori quando lo lessi non mi piacque granchè: ma forse il giudizio è inficiato dalla traduzione che non mi piacque come scorreva, mi sembrò alquanto farraginosa.
agosto 15th, 2009 at 23:09
Certo, sarebbe bello se pubblicassero l’opera omnia di Rawson con tutti i racconti (compresi queli scritti come Stuart Towne).
Esistono libri che illustrano la figura di Rawson come illusionista?
agosto 15th, 2009 at 23:49
Non solo sarebbe bello pubblicare “Death Out of Thin Air”, ma soprattutto “Into thin Air”: quello sì che sarebbe un bel colpo !
agosto 15th, 2009 at 23:55
How to Entertain Children with Magic You Can Do (1963);
The Golden Book of Magic: Amazing Tricks for Young Magicians (1964).
agosto 16th, 2009 at 11:55
Avviso che su “Dexter il devoto” ho posto delle domande che possono portare ad una riflessione comune. Vi invito a intervenire.
agosto 16th, 2009 at 16:11
@Piero: Magari formalmente la camera chiusa è svolta meglio in “Cilindro”, ma “impronte” ha dalla sua l’ambientazione e lo svolgimento generale. Si potrebbe in realtà aprire una discussione su cosa intende per “miglior romanzo con camera chiusa”; si guidica il romanzo in se o si guidica principalmente il meccanismo della camera chiusa? Leggendo alcune “top list” sparse sul web mi pare che il secondo metodo di valutazione sia quello più usato, cosa che non mi trova per nulla d’accordo.
agosto 16th, 2009 at 18:51
Concordo al 100% con Hobbes. Può esserci una soluzione ingegnosa ma se non c’è un romanzo dietro secondo me l’opera rimane monca.
agosto 16th, 2009 at 19:36
Anche ” I delitti della vedova rossa ” e ” I delitti dell’unicorno ” sono molto belli sia per trame che per metodi delittuosi..e poi c’e H.M.!!!
agosto 16th, 2009 at 19:49
Ci siamo spostati da Carr a Rawson. E ora?
agosto 17th, 2009 at 09:38
A me piace “Death from a Top Hat” anche perchè è un whodunnit, e a me i whodunnit son sempre piaciuti moltissimo !
E del resto la Camera Chiusa in generale è un particolare tipo di Whodunnit.
E questa è una delle migliori Camere Chiuse mai concepite; e ha pure una discussione tipo quella di The Hallow man.
agosto 17th, 2009 at 13:33
La recente conversazione su Rawson mi ha spedito a ripescare tra i libri di casa l’edizione americana di “Death from a Top Hat” (un bel volume del 1979, con tutta una serie di fotografie dal film di Browning e una notevole prefazione di Walter B. Gibson, il creatore di “The Shadow”) e la traduzione uscita nei Classici del Giallo (il numero 417, gennaio 1983).
La prima cosa che salta all’occhio è che la versione italiana è stata pesantemente tagliata. Solo del primo capitolo manca un buon 30 per cento, ovvero tutta la parte in cui il narratore, Ross Harte – e scusate la rima – traccia una breve storia del romanzo poliziesco e dei trucchi usati dal buon giallista per sviare il lettore.
Altra, gravissima cosa: un capitolo è stato del tutto soppresso, ovvero il numero 13, con la famosa dissertazione sulla camera chiusa, che si rifà volutamente a quella di Carr nelle Tre Bare (e, proprio per questo, l’edizione italiana ha un capitolo in meno).
Sono saltate anche tutte le discussioni di piramidologia e di magia nera di Merlini (il capitolo 8 è, a questo proposito, massacrato), tutte le citazioni all’inizio dei capitoli (quasi tutte molto importanti per la comprensione del romanzo) e le numerose note a piè di pagina.
Insomma, un bel casino.
agosto 17th, 2009 at 13:57
Cavolo! e non sarà che anche gli altri sono nelle stesse condizioni? Mi sa tanto che toccherà fare un passaggio da Amazon!
agosto 17th, 2009 at 14:20
“Le orme sul soffitto” è sostanzialmente intero, a parte la sparizione di qualche nota a piè di pagina.
“L’assassino invisibile” è completo.
Nella ristampa Mondadori di “Muori, muori” manca la piantina del luna-park, che invece c’era nella prima edizione Longanesi (sull’integralità della traduzione, in quest’ultimo caso, non posso esprimermi perché non ricordo dove ho messo l’originale USA di “The Headless Lady”. Quando salterà fuori, vi farò sapere).
agosto 17th, 2009 at 14:21
Gnnneee!!!
Ma perchè mi dai sempre brutte notizie?
Però io la dissertazione sulle Camere Chiuse di Rawson, nel libro in questione, l’ho letta.
A meno che non l’abbia letta in inglese su qualche sito nel passato..ma sei proprio sicuro che al volume originale da te citato (che ho), manchi questa discussione? Bah, bisognerà che vada a riprendere il volume da casa dei miei e lo sfogli.
agosto 17th, 2009 at 14:35
@Luca
Ah ecco, io questa famosissima discussione sulle camere chiuse in “Death from a Top Hat” non la avevo mai letta, ma pensavo fosse colpa della mia memoria non di bizzarre scelte editoriali. Oltretutto la prima edizione è relativamente recente, essendo del 1983, un epoca che pensavo gia al sicuro da “tagli”. Chi era direttore a quell’epoca? La Grimaldi o Del Buono? Comunque quanto dici è veramente sconfortante…
agosto 17th, 2009 at 14:36
Piero, nel Classico non c’è (tant’è vero, come dicevo, che due capitoli sono stati fusi in uno). Qualche anno dopo, il romanzo è stato ristampato in uno Speciale del GM, “Magia gialla”, ma mi sembra strano che in quella edizione siano state reintegrate le parti mancanti.
Della dissertazione sulla camere chiuse si parla sulla pagina di wikipedia inglese relativa al romanzo. Può essere che tu ne abbia letto lì. Nell’edizione italiana non c’è.
agosto 17th, 2009 at 14:49
Il direttore, all’epoca, era OdB.
agosto 17th, 2009 at 16:31
A proposito di Rawson, non so se a qualcuno è mai capitato di vedere la serie TV britannica “Jonathan Creek”, che ha avuto quattro stagioni a partire dal 1997 e che continua ancora adesso con degli “speciali”, realizzati a intervalli di qualche anno.
Si tratta di un telefilm (dura un’ora esatta) tutto basato su delitti impossibili, soprattutto camere chiuse, sui quali indaga per l’appunto Creek, il giovane assistente di un illusionista nonché colui che gli inventa i trucchi.
L’autore delle sceneggiature è David Renwick, che ha anche lavorato su diversi episodi del Poirot interpretato da David Suchet. E’ un peccato che Renwick non scriva romanzi, perché molto probabilmente sarebbe oggi considerato al livello dei maestri del genere. E non scherzo.
Nel secondo episodio della prima stagione, per esempio (“Jack in the Box”), c’è una camera chiusa pazzesca, con una soluzione geniale che ha ben poco da invidiare al miglior Carr, e che avrebbe retto benissimo in un romanzo: un anziano comico, colpito da artrite deformante e quindi non in grado di impugnare una pistola, viene trovato morto, con un proiettile nella tempia e la pistola in mano, all’interno di un rifugio antiatomico a 12 metri sottoterra, con non una ma ben due (!) porte blindate e chiuse dall’interno, che data la sua artrite non sarebbe neanche stato in grado di manovrare.
Eppure l’assassino non è più nella stanza. Gli unici elementi per risolvere il caso sono una lampadina da 40 watt contenuta in una scatola da 100 e un wc ancora da installare e avvolto nel cellofan.
Soluzione geniale, a mio avviso, e perfettamente logica. Non so se qualcun altro l’ha usata, ma a detta di Roland Lacourbe sembrerebbe di no.
agosto 17th, 2009 at 19:49
Nello speciale “Magia gialla” il capitolo 8 è ridotto ad appena tre pagine e mezzo, per cui non credo che si tratti della versione integrale, e nel capitolo 13 non c’è traccia di dissertazioni sulla camera chiusa. Un vero peccato. Non capisco, poi, per quale specifica ragione siano state eliminate quelle parti.
agosto 18th, 2009 at 09:24
No, non l’ho letta su Wikipedia. Devo dire che mi sembra assai strano quanto state dicendo (a parte Jonathan Creek, di cui sapevo tutto, perchè un amico, Luca lo sa a chi mi riferisco, aveva tutte la serie completa). iO LA DISSERTAZIONE L’HO LETTA. Siccome non ho con me il volume, e non posso dire che Luca sia diventato matto, e non posso ammettere che su alcuni gialli sia stata pubblicata e su altri no, è molto probabile che l’abbia letta altrove, forse su qualche sito americano. Ma che l’abbia letta è sicuro. Quella che non ho letto, invece è la terza dissertazione, quella di Derek Smith in A Whisrle up the Devil, di cui parlò Luca l’anno scorso (in italiano se non mi sbaglio, uscì in uno dei Gialli del Secolo della Casini).
Devo dire che tuttavia la dissertazione di Carr, anche se è la prima da tutti accettata, in realtà non lo sarebbe, perchè in The Big Bow Mystery nel momento in cui le varie spiegazioni vengono scartate, si disserta sulla stessa natura della Camera Chiusa: quello di Zangwill non è tanto un romanzo sulla Camera Chiusa ma un romnazo che avrebbe voluto esaurire il tema, una specie di compendio, che non ha avuto altro fine invece che di promuovere fino a tutt’oggi, un sottogenere che è il Must del Plot nel giallo classico.
agosto 18th, 2009 at 10:59
La cosa buffa è che anche la “dissertazione” di Derek Smith in “Whistle up the Devil”, in cui si citano proprio Rawson, Carr eccetera, sparisce nella (tagliatissima) versione italiana pubblicata nei Gialli del Secolo…
agosto 18th, 2009 at 15:13
@ Luca Conti
Mi fa piacere che tu abbia citato Jonathan Creek. E’ un po’ che seguo la vostre discussioni e avevo intenzione di suggerirla. Personalmente ho visto tutti gli episodi in DVD (in inglese e con i sottotitoli inglesi) e li consiglio vivamente. Sono eccezionali. Una vera summa del sottogenere che anche a me piace moltissimo.
agosto 18th, 2009 at 22:01
@Dario: domani ti mando quella cosa che ti avevo promesso, all’indirizzo email che mi hai dato a fine luglio.
A presto.
agosto 19th, 2009 at 10:53
Sul suggerimento di Luca anch’io mi sono messo alla caccia di Creek. Se poi non ricordo male anche i vecchi Avengers avevano qualche puntata con elementi illusionistici.
agosto 19th, 2009 at 11:44
Scusate se mi intrometto in questa dotta discussione ma se qualcuno vuole leggere qualcosa terra-terra (diciamo pure sotto terra) vada su http://corpifreddi.blogspot.com/ dove ho intervistato me stesso…E scusate ancora l’interruzione.
agosto 19th, 2009 at 11:48
Giulio, la serie completa si trova su amazon inglese a meno di 18 sterline. Per 9 Dvd, direi che è un ottimo affare.
agosto 19th, 2009 at 12:11
Vado!
agosto 19th, 2009 at 13:37
@Bernardo Cicchetti : cosa vuoi dire? Che i DVD sono reperibili in Italia ? Oppure che sono reperibili soloattraverso internet? Me ne parlava un mio amico tanto tempo fa, con grandi lodi. Vabbè, lui parlava anche di qualche episodio di Matlock molto buono..
agosto 19th, 2009 at 13:39
Ah, Amazon..ora capisco !
agosto 19th, 2009 at 13:47
..Però anche quelli del tipo Murder Rooms, non erano malaccio !
agosto 19th, 2009 at 14:43
Comunque, anche se per me al momento è molto difficile procurarmi quei DVD di Creek, farlo non farebbe altro che farmi vedere quel che so già. Con il mio amico si parlava molto all’epoca, anche di DVD, per cui conosco gli antefatti e le soluzioni degli episodi.
Senza togliere il piacere ad alcuno di vederseli, dirò solo che la lampadina gioca un ruolo essenziale, e la soluzione a me è sempre parsa molto vicina a quella di un romanzo di Jack Vance.
Che ne dici, Luca? Se avessero guardato proprio a quel romanzo, non ne sarei stato sorpreso più di tanto.
agosto 19th, 2009 at 14:49
Sì, Piero, l’ispirazione è senz’altro quella; l’idea del WC, però, la trovo geniale
agosto 19th, 2009 at 18:51
Si sa già se sia previsto o meno uno speciale del giallo per l’autunno?
agosto 19th, 2009 at 20:38
Domani battesimo di Jonathan! Quattro mesi, otto chili…
agosto 19th, 2009 at 21:22
Ma sta notizia di Jonathan l’hai messa in ogni argomento di discussione di ‘sto Blog? Non è che stai un po’ rincitrullendo?
agosto 19th, 2009 at 21:36
Meno male che t’è nato il nipote e non un altro figlio, altrimenti…
agosto 19th, 2009 at 21:58
La volevo mettere dappertutto ma mi sono limitato a due posti diversi…Il rincitrullimento è un dato acquisito ormai da tempo.
agosto 19th, 2009 at 23:32
@Piero
La serie completa di J. C. è reperibile anche sul sito inglese play.com, che spedisce in tutto il mondo senza far pagare le spese di spedizione. Il prezzo è di 23€.
agosto 20th, 2009 at 09:54
Comunque sia..auguri Fabio per il bambino. Immagino che sia l’unico maschietto dei nipotini, e che prenderà il cognome scacchistico.
Oggi, Non mangiare troppo, e non bere smoderatamente, chè ti fa male..alla prostata.
agosto 20th, 2009 at 10:34
Grazie Piero. Seguirò i tuoi consigli…
agosto 20th, 2009 at 18:50
Caro Fabio,
grazie per averci reso partecipi del battesimo di Jonathan
A voi tutti e soprattutto al piccolo tantissimi auguri.
agosto 20th, 2009 at 19:39
Auguri a Fabio anche da parte mia e a risentirci tra qualche giorno.
agosto 20th, 2009 at 21:14
Beh, come è andato il battesimo di Livingstone ?
agosto 20th, 2009 at 23:48
Ritornato uora uora dalla cena del battesimo. Sono un pò rintronato. Quando Jonathan è stato battezzato con l’acqua benedetta dormiva. Ha dato due scossoni, un paio di storcignate e si è rimesso a dormire.
agosto 21st, 2009 at 09:09
Altra mia stronzata “Il giallo come antidepressivo” in http://www.milanonera.com/?p=2251
Il mio intento è quello di infettare tutti i blog o siti possibili in modo da farli morire lentamente.
agosto 21st, 2009 at 13:22
Gradevole, Fabio. Ormai, come un raffinato jazzista, ti esprimi in variazioni sul tema
agosto 21st, 2009 at 15:09
Osservazione impeccabile.
agosto 22nd, 2009 at 12:07
Bisogna pure vedere se riuscirai davvero ad “infettarli” proprio tutti..
agosto 22nd, 2009 at 15:15
Io ci provo…
agosto 24th, 2009 at 05:29
Esce qualcosa per Gli Speciali del Giallo, a settembre ?
agosto 24th, 2009 at 09:02
Ciao Fabio,
l’articolo su milanonera porpone una riflessione interessante circa la lettura come antidepressivo e la tua nota anamnestica lo rende ancora più incisivo
Grazie per averlo segnalato
agosto 24th, 2009 at 10:53
Guarda Silvia cercherò di segnalare le mie stronzate in modo da sciupare quel poco di buono che ho scritto (se l’ho scritto) fino ad ora. In genere mi piace impegnarmi, studiare, riflettere, costruire e poi all’improvviso distruggere con un paio di pedate ben assestate. Costruire e demolire è uno dei lati più strani della mia strana personalità. Mah…
agosto 24th, 2009 at 11:54
Caro Fabio,
penso che tu cerchi di rinnovare continuamente il modo di esprimere i tuoi pensieri e questo è un bene.
Dal momento che appartieni al segno zodiacale del Toro (spesso lo hai rammentato) non è escluso che tu manifesti caratteristiche del suo opposto, cioè dello Scorpione, che tende ad agire nel modo da te descritto.
Comunque la lettura è un valido aiuto in momenti difficili: per me lo è stata moltissimo e spesso mi capita di suggerirla come rimedio
agosto 24th, 2009 at 13:22
Speriamo che sia così…
agosto 24th, 2009 at 13:46
Ciao a tutti. Sono appena tornato dalle ferie ( rigorosamente senza computer). Ci ho messo quasi un’ora a leggere questo meraviglioso thread. Tanti argomenti veramente stimolanti. Per quanto mi riguarda sto finendo di leggere Fearing. Decisamente interessante.
Ciao
Gianni
agosto 24th, 2009 at 15:12
Bentornato! Sono d’accordo sull'”interessante” per Fearing già scritto nell’apposito spazio.
agosto 24th, 2009 at 19:15
Pure Derek Smith? Praticamente appena un autore discetta sulle camere chiuse richia di vedersi tagliato tutto il capitolo? Comunque a parte Carr pure Boucher scampò allo scempio (se mi ricordo bene :p).
agosto 27th, 2009 at 20:11
Rimediato Creek: nei prossimi giorni mi faccio una scorpacciata, e grazie ancora a Luca per la segnalazione!
agosto 28th, 2009 at 10:51
Per Silvia e gli altri eventuali temerari disgraziati che mi seguono dappertutto la terza stronzata in http://corpifreddi.blogspot.com/ . Mi hanno aperto anche una rubrica dal titolo “Fabio Lotti docet”. E’ il momento magico della stronzata…
agosto 28th, 2009 at 14:59
pensavo in 40 anni di gialli d’averne capito qualcosa ma qui siamo all’università…
di carr adoro le tre bare sfida per bencolin ( da bambino mi spaventò moltissimo), saper morire e pochi altri, per il resto mi annoia. ho decine di suoi romanzi ancora da leggere. sulle traduzioni concordo con chi sostiene che andrebbero riviste. ricordo la morte mi vuol bene di frank kane nel quale jhonny liddell chiama ostinatamente un dottore “medico” che nell’originale doveva essere “doc”.
agosto 29th, 2009 at 10:26
Grazie per la segnalazione, Fabio: l’ho letto con gran piacere. E’ molto divertente!
agosto 29th, 2009 at 14:26
Una caratteristica di questo blog che mi diverte è l’innamoramento mensile di noi lettori per un post (in genere riguardante gialli “classici”). Si parte in tema e poi ad libitum. Mi scuserete quindi se riporto anche qui un commento già inviato nella sua sede specifica, ma visto gli oltre 240 commenti raggiunti da questo post, spero di ottenere un poco di attenzione.
A tutto il 28 agosto non sono riuscito ad acquistare il giallo di Woolrich.
Nelle edicole di Chiavari, la mia città, e delle vicine località del Tigullio sembra non essere mai stato distribuito.
Sono stato a Genova e nelle principali edicole del centro non si trova e da quanto mi è stato detto non è mai arrivato. Delle due, una: o non è mai stato distribuito o all’improvviso le poche copie hanno scatenato torme di insperati estimatori di Woolrich. Tertium non datur. Per quanto mi riguarda propendo per la prima ipotesi.
Stessa cosa è accaduta al libro della collana Epix Bad Prisma.
Capisco che ormai le edicole sono veicolo di DVD, libri, profumi, modellini di auto e simili, biglietti autobus, ultimamente piatti del Milan e della Juventus…ma non si potrebbe porre rimedio.
P.S. A Genova, spesso, nelle edicole si fatica a individuare i gialli. Una volta nascondevano le riviste pornografiche. Ora invece un bel calendario softcore è sempre in bella vista, mentre il giallo è relegato nei meandri più reconditi: in fondo costa poco e quindi rende poco.
agosto 31st, 2009 at 08:29
In effetti in quelle quattro o cinque edicole che solitamete frequento il Woolrich non l’ho visto. Ne deduco che è andato a ruba.
agosto 31st, 2009 at 08:29
Ho dimenticato di dire che vivo a Roma.
agosto 31st, 2009 at 20:37
Appena tornato dai monti!
agosto 31st, 2009 at 22:06
Grande Piero!
settembre 1st, 2009 at 15:29
Quali notizie nuove ?
settembre 1st, 2009 at 23:37
Aspettiamo i tuoi interventi sulle nuove pubblicazioni…