La reliquia che scotta (2983)

luglio 2nd, 2009 by Moderatore

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Mike Hammer è ancora una leggenda. Mike Hammer è ancora un duro. Mike Hammer è ancora il re dei detective privati di New York. Ma questa volta, con gli anni che cominciano a pesargli sulle spalle, si ritrova a confronto diretto con un caso addirittura vecchio di millenni. Tra le sue mani finisce un fossile di biblica memoria in grado di mandare in briciole il già precario equilibrio strategico del Medio Oriente. Nel tiro incrociato tra nemici che risorgono, agenti segreti per tutte le stagioni, terroristi islamici fanatici ed estremisti israeliani ossessionati, Mike Hammer dovrà farsi largo nel solo modo che conosce: a colpi di 45. 

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12 Responses

  1. Fabio Lotti

    Mi pappo anche questo.

  2. Quiller

    Lo prendo per mio suocero, i Mike Hammer “canonici” se li sarà riletti venti volte…Collins è bravo, spero che catturi la grinta di Spillane

  3. il professionista

    mmi questo mi manca corro subito a comprarlo

  4. Fabio Lotti

    Inserisco qui un “pezzetto” che scrissi qualche tempo fa.

    “E datemi un martello. Che cosa ne vuoi fare ? Lo voglio dare in testa a chi non mi va” cantava Rita Pavone diversi lustri or sono. Questo motivo mi “martellava” davvero in testa al momento della dipartita dal teatrino del mondo di Frank Morrison Spillane, alias Mickey Spillane. Il creatore, appunto, di Mike Hammer il “Martellone” che picchiava sul serio. E non solo in testa.
    La vita di Mike Spillane (1918-2006) mi ha attratto come tutte le vite movimentate. Studia legge, vende cravatte, fa il bagnino, il fumettista e perfino l’uomo proiettile in un circo. Quando ha bisogno di money per comprarsi una casa scrive un giallo. Il problema è risolto e il lavoro definitivo trovato. Da ammirare. Da ammirare meno, semmai, la sua fobia contro i “rossi”, il suo razzismo, la sua visione del femminile. Chandler lo definì “nulla più di una mistura di violenza e pornografia esplicita”. Per quei tempi, forse. Oggi farebbe il solletico. Ma ogni avvenimento umano va giustamente circoscritto nella storia. E la storia di quei tempi subito dopo la fine della seconda guerra mondiale è una storia dura e difficile. C’è il maccartismo, una corrente reazionaria bella robusta ed una istintiva paura ed avversione per il nuovo ed il diverso. Spillane non è Hammett e Hammer non è un paladino di giustizia. La giustizia se la fa da solo. A suon di botte e pistolettate. Senza guardare in faccia nessuno. Nemmeno le donne, tutte maiale eccetto la mamma e la segretaria (forse). D’altra parte nei suoi libri odio e amore, sesso e morte fanno un tutt’uno. Sono indistinguibili. Spillane ebbe fortuna, tanta fortuna. Come autore, pur avendo la critica contro. Ogni volta che usciva un suo libro immancabilmente c’era Anthony Boucher del New York Times a dirgliene quattro. E se non c’era lui, perché malato o in vacanza, c’erano gli altri. All’uscita di “Io ti ucciderò” sempre un giornalista lo seppellì con la parola “lurido”. Ma più le critiche aumentavano, più aumentava la tiratura dei suoi libri. Siamo arrivati a circa 140 milioni di copie. Non male. Ad un certo punto ha una crisi religiosa e diventa Testimone di Geova. Per dieci anni smette di scrivere. Quando riprende ci si aspetterebbe uno Spillane diverso. Niente. Hammer è lo stesso di prima e se non basta lui c’è Tiger Mann che è ancora peggio. Oggi si cerca in qualche modo di “rivisitare” e “redimere” la sua complessa e strabordante personalità. Ma lasciamolo stare così come è stato e come voleva lui. Un bastardo brutto e schifoso che non aveva paura di nessuno. E io mi immagino che, scaraventato all’inferno, abbia preso a calci in culo perfino Belzebù.

  5. Luca Conti

    Se qualcuno possiede la terza stagione di Colombo, il notevole episodio “Un killer venuto dal Vietnam” vede Spillane in veste di attore, nella parte del giallista di successo che vuol cambiare casa editrice e che viene, per l’appunto, fatto fuori dal vecchio editore…

  6. RiccardoF

    Grande chicca! Grazie Luca!

  7. Piero

    Ho letto nella Storia del Giallo di Rizzoni e Benvenuti, che Spillane facreva posare la moglie nuda per le copertine dei suoi libri.
    Ma è del tutto vero?
    Se l’avessero preso, le femministe l’avrebbero impalato con “mucho gusto” :-)

  8. Luca Conti

    In realtà è andata al contrario. Fu Spillane a invaghirsi della modella che la casa editrice aveva ritratto (di spalle:-) sulla copertina di uno dei suoi libri; volle conoscerla, e la sposò nel 1962. Se non sbaglio, la seconda signora Spillane (che si chiamava Sherri Malinou) è apparsa nuda . con apposita fascetta – solo sulla copertina di “The Erection Set” (la copertina è visibile sulla pagina dedicata a Spillane da Wikipedia inglese).

  9. daniele

    ragazzi sto leggendo questo libro di spillane che dovrebbe concludere la saga di mike hammer ma personarlmente non lo considero un giallo classico e nemmeno un poliziesco ma piuttosto una specie di spy storie tipo poirot e i quattro della Cristhie voi che ne pensate?

  10. Paolo Botti

    Premesso che ho letto, ormai da parecchio tempo, tutte le avventure di Mike Hammer (ed anche Tiger Mann) e che all’epoca non mi dispiacquero assolutamente, devo però commentare negativamente questa ultima uscita. A parte l’inizio che non mi è dispiaciuto, con un poco di giusta atmosfera e di grinta del vecchio Mike, il proseguo della vicenda non mi ha interessato minimamente mancando di mordente. Non sono arrivato nemmeno a metà del libro.
    Sono passato a Fiamme di Sangue di Halter che non avevo ancora letto.

  11. Danilo Campanella

    Mickey Spillane non è un autore da mezze misure, o lo adori o lo odi. Personalmente non mi fa impazzire: troppa prosopopea mi annoia e come fanfarone all’anti-ironico Mike Hammer preferisco chi, come Archie Goodwin, è capace di prendersi elegantemente per i fondelli. Ma i libri di Spillane, che della sua opera diceva My work may be garbage but it’s good garbage, sono un pezzo dell’America più genuina, quella che non vuole mischiarsi con l’Ernest Hemingway (o il Woody Allen) di turno. Purtroppo questo La reliquia che scotta, che l’autore – morto nel 2006 – non riuscì a portare a termine e che è stato completato da Max Allan Collins, non è però il degno epilogo di questa saga. La vicenda si svolge in una New York segnata dalla tragedia dell’undici settembre, campo di battaglia per stereotipati arabi che se le danno con stereotipati israeliani mentre stereotipati americani ci ricordano perché John Wayne faceva bene a sparare agli indiani. Un attempato investigatore privato, per salvare la pace mondiale mentre quelli dell’ONU passano il tempo a parlarsi addosso, deve fare la guardia al femore di Golia ritrovato casualmente da un paio di ragazzini nella valle di Elah. Ma siccome i tempi de L’invasione degli ultracorpi sono passati da un pezzo e i fagioloni non fanno più paura la vicenda si trasforma in una beffarda tragi-commedia. A partire dal Hammer, un imbarazzante vecchietto che invece di preoccuparsi della prostata continua a ripeterci che ha undici decimi di vista e una mira ancora eccezionale. Quando per l’ennesima volta ci racconta che, nonostante l’età, la pollastrella che sta per sposare inguaina le sue splendide gambe in meravigliose calze di nylon verrebbe da urlargli: “L’hai conosciuta nel quarantaquattro, le usa per nascondere le vene varicose!”. Insomma, per riuscire ad apprezzare un libro come questo, oltre che per le balle che gli uomini si confidano al bar, anche una certa propensione alla gerontofilia aiuta. Giudizio ampiamente negativo, dunque: va bene il bullismo, va bene il vetero-maschilismo, va bene il razzismo paternalista, ma il complottismo (toh, cita persino l’Opus Dei come gruppo terrorista) unito alla depravazione geriatrica ne fanno un libro più ridicolo che brutto, in grado di dispiacere a tutti, appassionati del genere compreso.

  12. smith

    a me e’sembrato una c****a pazzesca, un libro patetico da sopravvissuto

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