John Wainwright
Grazie alla preziosa collaborazione di Luca Conti che ci regala la scheda presente all’interno del Dizionario delle letterature poliziesche (in uscita nel 2009), questo mese, dedichiamo l’approfondimento ad un autore troppo a lungo dimenticato ma che ha fatto senz’altro parte non solo della storia, ma, anche dell’èlite della tradizione poliziesca mondiale.
John Wainwright [25 febbraio 1921, Leeds – settembre 1995] Britannico. Pseudonimo: Jack Ripley. Presta servizio militare nella RAF (1940-45), si laurea in legge come studente lavoratore nel 1956, è per oltre vent’anni agente di polizia nello Yorkshire (1947-69). Nel 1969, bloccato nella sua carriera dai contrasti con i superiori, si dimette dalla polizia per dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, lavorando anche come editorialista per il Northern Echo, quotidiano di Darlington. Da allora fino alla morte Wainwright riuscirà a tenere una strabiliante media di tre, quattro romanzi l’anno (addirittura escogitando, tra il 1971 e il 1972, lo pseudonimo «Jack Ripley» per lanciare una nuova serie di quattro libri il cui protagonista, John George Davis, è un agente sospettato di omicidio e sospeso dalla polizia).Nel suo primo romanzo, Death in a Sleeping City, scritto e pubblicato nel 1965 (quando ancora Wainwright lavorava come poliziotto di quartiere), una sonnolenta cittadina britannica inglese vede arrivare due killer della mafia che il sovrintendente Lewis deve neutralizzare. Il romanzo ottiene un notevole successo e spinge l’autore a intensificare i propri sforzi letterari, che gli procureranno un forte esaurimento nervoso costringendolo alle dimissioni da poliziotto.In seguito Wainwright diversifica la propria produzione, che raggiungerà la bella cifra di 78 romanzi, svariati racconti brevi, due volumi di memorie e un saggio sull’autodifesa del cittadino. Se la parte centrale e forse più significativa della sua opera ha a che fare con il procedural, Wainwaright non ha mai disdegnato la contaminazione col thriller e il noir, concedendosi anche un paio di sortite nel giallo classico e nella camera chiusa. Tension (1979), per esempio, è la storia di una rapina raccontata dai diversi punti di vista degli undici protagonisti del colpo; in Brainwash (1979) l’ispettore Lyne prova a far confessare il presunto colpevole di uno stupro e dell’omicidio di tre ragazze; The Eye of the Beholder (1980) ha per protagonista Pilter e Skeel, due poliziotti che indagano sull’avvelenamento del famoso illusionista Gordano (un bel finale conclude questa indagine classica, che conta una rosa di indiziati di primo piano); Anatomy of a Riot (1982) descrive in maniera convincente la nascita e lo sviluppo di una sommossa di natura razziale; Spiral Staircase (1983) è una denuncia nei confronti delle ronde di quartiere organizzate per far fronte a una criminalità sempre crescente.Assai più originale è The Forest (1984), che mette in luce il declino dei valori inglesi tradizionali attraverso lo scontro senza pietà di due fratelli che aspirano al titolo di baronetto. Clouds of Guilty (1985) è la storia di un banchiere accusato di complicità in una rapina. Una volta rilasciato, si allontana dalla famiglia che lo crede colpevole. Viene assunto da un gruppo di gangster che si vogliono servire di lui per riciclare il denaro rubato da un treno postale. Pool of Tears (1977) è un tipico procedural alla Wainwright, mentre Take Murder (1979), che rispolvera il mito di Jack lo Squartatore, propone una riflessione sul concetto di colpevolezza.Lo stile e le trame di Wainwright sono solo apparentemente convenzionali, tanto da aver portato, negli anni, a una sostanziale sottovalutazione dello scrittore e al suo quasi totale oblio. Se infatti, da un lato, c’è chi ne sostiene la visione conformista e superficiale, accusandolo di limitarsi a una semplice constatazione degli effetti del crimine trascurandone invece le cause, d’altro canto non si può che rimanere ammirati davanti all’ampiezza di temi trattati da Wainwright, autore di feroce forza morale, quasi calvinista nella sua assoluta intransigenza. Non bisogna infatti dimenticare la profonda crisi personale dello scrittore, costretto a lasciare la polizia per i difficili rapporti con i suoi superiori e per la sua fermezza nel non volersi piegare alla corruzione. Nella sua smisurata galleria di personaggi, difatti, i ritratti più poderosi sono quelli dedicati ai poliziotti, con una facilità di caratterizzazione che rende Wainwright, per certi versi, affatto inferiore a Ed McBain e con la sostanziale differenza che l’autore britannico parla e scrive per esperienza diretta.Grande appassionato di musica classica e, soprattutto, di jazz, Wainwright si è servito della sua notevole conoscenza del periodo Swing per uno dei suoi romanzi più riusciti, la commedia nera Do Nothin’ Till You Hear from Me (1978).
BIBLIOGRAFIA ITALIANA:
Ten Steps to the Gallows, 1965 (Dieci passi dalla forca, 1967);
Web of Silence, 1968 (I rimorsi non servono, 1970);
The Crystallized Carbon Pig, 1966 (Quello sporco diamante, 1969)
The Take-Over Men, 1969 (I cervelli, 1971);
Night Is a Time to Die, 1972 (La notte è fatta per morire, 1973);
Cause for a Killing, 1974 (Peggio che spia, 1976);
The Hard Hit, 1974 (Il killer dall’indice d’oro, 1977)
Square Dance, 1975 (Partita a quattro, 1976);
The Bastard, 1976 (Il bastardo, 1978)
The Day of the Peppercorn Kill, 1977 (L’ultimo atto, 1979)
Do Nothin’ Till You Hear from Me, 1978 (Che altro pezzo dobbiamo mandarti?, 1980)
Brainwash, 1979 (Lavaggio del cervello, 1981).
The Distaff Factor, 1983 (Povero William Drever, 1983)
Cul-de-sac, 1984 (Vicolo cieco, 1984)
The Ride, 1984 (Giro vizioso, 1985)
Portrait in Shadow, 1986 (Ritratto in controluce, 1987)
Firmati come «Jack Ripley»:
Davis Doesn’t Live Here Any More, 1971 (Davis non abita più qui, 1972);
My Word, You Should Have Seen Us, 1972 (Parola mia, andavamo a mille!, 1974);
My God, How the Money Rolls In, 1972 (Mamma mia, quanta grana!, 1975).
Un articolo di Luca Conti sull’autore: http://lconti.com/category/john-wainwright/
Popularity: 23% [?]
Posted in Extra, Pulp Corner
gennaio 20th, 2009 at 19:24
“Denghiu” grande Luca direbbe un personaggio televisivo dai capelli rossi.
gennaio 26th, 2009 at 09:47
Grazie mille per il contributo. Siccome ho il pallino di verificare sempre il tasso di creatività nell’adattamento dei titoli, non posso che segnalare “Che altro pezzo dobbiamo mandarti?” (forse una storia di rapimenti? speriamo di no) e “Il killer dall’indice d’oro” (le protesi auree hanno avuto un lungo momento di gloria nel genere spy e thriller)
Grazie ancora
gennaio 26th, 2009 at 11:55
“Che altro pezzo dobbiamo mandarti?” è proprio una storia di rapimenti.
gennaio 26th, 2009 at 12:46
Paura!