La donna ombra (1267)

marzo 2nd, 2011

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Anna Marie St Clair salirà sulla sedia elettrica per l’omicidio di Big Joe Childers, gangster di Chicago,suo amante. Omicidio di cui Anna Marie si è sempre dichiarata innocente. Tutto inutile: l’ultimo circuito sta per essere chiuso. Solo che, a poche ore dall’esecuzione, il vero assassino confessa il delitto. Anna Marie è libera, ma sceglie di fingersi comunque morta per diventare una “donna ombra”. Così ora la “donna ombra” può tornare nel mondo, determinata a vendicarsi di chi l’ha incastrata. E per farlo ingaggia il migliore investigatore sulla piazza: l’avvocato John J. Malone. Sulla cui strada, i cadaveri diventano molti, molti di più.

Craig Rice pseudonimo di Georgiana Ann Randolph Walker Craig (1908-1957). Fu giornalista, autrice di testi radiofonici e produttrice radio, sceneggiatrice cinematografica e, ovviamente, narratrice. I suoi polizieschi sono brillanti, ricchi di humour e fantasia, spesso incentrati sulla figura dell’avvocato John J. Malone.

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Thin air

novembre 8th, 2010

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Sarebbe un vero peccato leggere lo straordinario romanzo di Howard Browne senza prima aver letto questo ottimo (come di consueto) articolo di Luca Conti.

Questo, come molti altri imperdibili contenuti, sono disponibili sul suo sito ufficiale: lconti.com

Non mi resta che augurarvi una buona lettura.

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Howard Browne (Omaha, Nebraska, 15 aprile 1907 – San Diego, California, 28 ottobre 1999) è stato – malgrado sia completamente sconosciuto in Italia – uno dei personaggi chiave nella storia dell’hard boiled e della fantascienza, sotto il suo vero nome ma anche con lo pseudonimo di John Evans. Con tale firma, infatti, Browne ha scritto tra il 1946 e il 1949 quattro romanzi nei quali appare il detective privato Paul Pine, considerato dalla critica uno dei più brillanti emuli di Philip Marlowe. Browne e Chandler vantavano una solida amicizia, nata negli anni in cui Browne era direttore di Amazing Stories, una delle più popolari riviste pulp di fantascienza del’epoca, pubblicata da un autentico colosso del settore quale la Ziff-Davis; e il nome «John Evans» appartiene ad una delle primissime incarnazioni di Philip Marlowe, come si può verificare nel racconto di Chandler No Crime in the Mountains.

Browne, figlio illegittimo di una maestra di scuola diciassettenne e di un medico itinerante, era stato adottato dalla famiglia di un fornaio, scomparso quando Howard aveva poco più di dodici anni. Il giovane Browne finì quindi per qualche anno in una sorta di casa-famiglia, fin quando la madre adottiva non poté dimostrare di poterlo mantenere; all’interno dell’istituzione, comunque, aveva già scoperto il suo interesse per la scrittura, e a quindici anni decise infine di abbandonare gli studi per trovare lavoro a Chicago. Nella migliore tradizione degli scrittori americani, collezionò i più disparati impieghi in acciaierie, sanatori, magazzini di uova, come commesso viaggiatore, eccetera: tutto questo fino alla Grande Depressione del 1929, quando il gangsterismo iniziò ad espandere la sua influenza sulla città soprattutto grazie al bootlegging, la distillazione e vendita illegale di alcolici.

La crisi economica permise a Browne di trovare con relativa facilità numerosi lavori in un campo in evidente espansione come quello del recupero crediti, fin quando (era il 1937) la lettura di un racconto sul Chicago Daily News gli fece balenare l’idea che, certo, anche lui poteva diventare uno scrittore. E perché no? Detto, fatto. Un racconto di mille parole, scritto in men che non si dica e inviato al giornale, aprì a Browne le porte del mondo delle riviste pulp.

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La vigna di Salomone (1243)

aprile 3rd, 2010

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Karl Craven, duro investigatore privato, non ha esitazioni a schierarsi al fianco di Oke Johnson,suo socio, in un caso di quelli ugualmente duri. Paulton è tutto il contrario della tranquilla cittadina rurale che uno si aspetterebbe. Gangster senza scrupoli, omicidi, una famigerata comunità esoterico-religiosa. E quando Oke viene ammazzato, Craven si trova a combattere su un doppio fronte: da un lato salvare una ragazza tramutata in agnello sacrificale, dall’altro scendere in campo contro il fondatore e capo dell’organizzazione criminal-religiosa. Peccato che si tratti di un uomo morto da cinque anni…

Jonathan Latimer (1906-1983), è nato a Chicago. Compiuti gli studi universitari, ha lavorato come giornalista e sceneggiatore cinematografico. L’originalità di Latimer, considerato uno dei grandi maestri dell’hard-boiled, sta nell’aver trasformato il romanzo della “scuola dei duri” in commedia di nero umorismo sorretta da toni dissacranti. Famosi soprattutto i romanzi che hanno come protagonista Crane.

All’interno, l’articolo “Minerva privata” di Enrico Luceri. 

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Relazioni letali (3002)

aprile 3rd, 2010

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C’è del marcio a Minneapolis e Rushmore McKenzie, un tempo poliziotto, è proprio l’uomo adatto per il lavoro sporco. C’è una donna disperata e un fidanzato morto ammazzato da giorni. C’è una ricca e influente signora dell’alta società e una figlia nata da una relazione a dir poco pericolosa. Ci sono politicanti ammanicati con i gangster e abbastanza scheletri nei loro armadi da riempirci un intero ossario. In sostanza, ce n’è più che abbastanza perché Rushmore McKenzie decida di andare fino in fondo. A patto di non ritrovarsi in fondo a una fossa. 

All’interno, il racconto “Caterina la Sanguinaria” di Angelo Marenzana. 

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Hardcover in libreria/1

marzo 19th, 2010

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 Splendida edizione con copertina “vintage” per questo capolavoro di Joe Gores

Quando Sam Spade viene coinvolto nel caso del falcone maltese sappiamo cosa aspettarci: corruzione, donne astute e manipolatrici, un groviglio di conflitti irrisolti. Sappiamo che il suo ultimo socio, Archer, era un figlio di puttana; che Spade ha avuto una relazione con sua moglie Iva; che Effie Perine, la sua segretaria, è l’unica figura innocente della sua vita. Ciò che non sappiamo è come Spade sia diventato quello che è. Ora Spade & Archer completa il quadro.
1921. Dopo aver lasciato la Continental, Spade avvia una sua agenzia di investigazioni a San Francisco, e ben presto i clienti bussano alla sua porta. I sette anni successivi lo vedono alle prese con delinquenti da fronte del porto, persone scomparse, morti misteriose, frodi bancarie e contrabbandieri d’oro. Eventi che, in qualche caso, nascondono collegamenti inquietanti. Spade sceglie Miles Archer come suo socio, nonostante gli abbia rubato la ragazza e l’abbia sposata mentre lui era al fronte durante la Prima guerra mondiale. Si ritroverà legato a un delinquente che non ha mai rinunciato a fargliela pagare per aver mandato a monte quello che sarebbe stato il colpo perfetto. E si innamorerà, anche se le cose non andranno per il meglio.
In questo memorabile prequel del Falcone maltese, Joe Gores proietta il lettore nell’atmosfera brumosa e sinistra della San Francisco ai tempi del proibizionismo, delle prime dure lotte sindacali, funestata da gangster incalliti e senza pietà. Spade & Archer è un romanzo che ripropone intatto nella sua ricchezza espressiva un personaggio come Sam Spade – cinico, carismatico, ruvido e coraggioso -, perennemente in bilico sul sottile confine che separa il buio dalla luce, emblema dell’America violenta e amara del disagio urbano; un classico di quello stile hard-boiled di cui Dashiell Hammett è uno dei massimi rappresentanti.

Joe Gores (1931), ex investigatore privato, è autore di altri sedici romanzi, tra cui Hammett, con cui ha vinto il Japan’s Falcon Award. È anche l’unico ad aver vinto tre Edgar Award in tre diverse categorie: il romanzo, il racconto e la commedia televisiva.

Ricordo che Joe Gores è stato pubblicato recentemente all’interno della collana “Segretissimo”.

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Disertore di coscienza (1228)

agosto 31st, 2009

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Benvenuti a New Bradford, cittadina tranquilla e pacifica. Almeno fino a quando un eccentrico quanto brutale trio di gangster – Furia, Goldie e Hinch – si impadronisce delle paghe di una cartiera, suggellando il colpo con un omicidio a sangue freddo. La polizia, però, reagisce con inattesa prontezza e la banda capisce di essere costretta a far sparire il malloppo. E quale miglior custode di Wes Malone, un poliziotto del luogo? Tenendo la sua figlioletta in ostaggio, naturalmente. Tutto a posto quindi, giusto? Sbagliato. Perché Wes Malone è un uomo che di tranquillo e pacifico non ha nulla, proprio nulla.

Ellery Queen è lo pseudonimo, famoso fin dal 1929, dei due cugini Frederic Dannay (1905-1982) e Manfred B. Lee (1905-1971), ed è anche il nome del loro celebre personaggio, un giallista detective, alter ego dei suoi autori. Il paese del maleficio è una delle sue inchieste più importanti, oltre a Il mistero delle croci egizie e Dieci incredibili giorni

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Posizione di tiro – Shangai – AnnaMaria Fassio

agosto 12th, 2009

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 Intervista a cura di Dario pm Geraci

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Innanzitutto la voglio ringraziare per aver accettato l’invito nel rilasciare questa breve intervista e un grosso benvenuto da tutti i lettori del Giallo Mondadori.

DG: Vuole parlarci di Shangai? Cosa l’ha ha spinta a virare così pesantemente sul thriller rispetto al giallo di stampo classico?

Shanghai è nato dall’esigenza di porre uno stacco tra me i i miei personaggi abituali. Credo che capiti un po’ a tutti gli scrittori.  perché i  personaggi seriali, ancorché molto rassicuranti, talvolta diventano pesanti come certi parenti che ti stanno sempre addosso. Hai bisogno di tirare il fiato e di fare il punto della situazione. C’è anche da dire che mi piace molto cambiare e cimentarmi con storie e situazioni nuove. E poi ero tornata dalla Cina e allora “Shanghai” è stato come prolungare il mio rapporto con una città che ho amato da subito. Una piccola confidenza. I miei antenati erano cinesi, capitati in Italia, precisamente a Venezia, all’inizio dell’Ottocento. Sicché il romanzo è anche un omaggio alle mie antiche, ma mai dimenticate, origini.

DG:  Leggiamo dalla Sua biografia che è allieva nientepopòdimenoche di Ed McBain, una leggenda del Giallo. Potrebbe raccontarci brevemente la Sua esperienza o qualche ricordo legato alla Sua figura?

Ho conosciuto Ed McBain in occasione di un corso di scrittura poliziesca. Quattro giorni di full immersion nel mondo del Giallo e della scrittura. Un’esperienza unica…Dopo il corso abbiamo iniziato a scriverci e, senza presunzione, posso dire che siamo diventati amici. Mister Evan era un uomo eccezionale, di una sensibilità ed umanità incredibili. Mi chiamava “Annamaria, Secondo me”, perché i miei interventi iniziavano spesso con “secondo me”. Una cosa che ricordo di lui è la sua generosità e il suo umorismo. Molto anglosassone, direi. Non si risparmiava mai, anche quando era ormai alla fine ha trovato  il tempo per inviare un breve messaggio ai bambini della mia classe. Stavamo lavorando sulla sceneggiatura degli “Uccelli” e Mister Evan li esortava a non stare troppo vicino alla finestra, soprattutto se in giro c’erano gabbiani e corvi.

DG:  Lei rientrerebbe sicuramente in una ipotetica “Hall of fame” del Giallo Mondadori, avendo pubblicato ormai una decina di romanzi in questa storica collana. Qual è il Suo rapporto con il Giallo e tra tutti i romanzi pubblicati, a quale è rimasta più affezionata?

Il mio rapporto con il Giallo è personalissimo e fa parte da sempre della mia vita. Ho iniziato a leggere mistery intorno ai dieci anni (partendo da zia Agata, ovvio) e da allora non ho mai smesso. Mi piace scrivere Gialli perché ogni volta è una grande sfida. Metto in scena i miei personaggi, tramo e brigo, annodo e riannodo. Mi diverto molto, anche se non sempre sono rose e fiori perché quando scrivo sono  davvero  esigente con me stessa. Penso che “Tesi di laurea” sia il libro a cui sono più affezionata perché ha una storia  forte e importante che mi convince sempre a distanza di anni. Probabilmente lo riscriverei tale e quale. E poi c’è “Gangster” che, ancor prima di “Shanghai”, ha impresso una svolta alla mia scrittura. In “Gangster” l’elemento forte è stata la raccolta della documentazione. E anche per questo aspetto devo ringraziare Mister Evan. Lui diceva sempre: “Sei mesi per documentarmi, tre mesi per scrivere”.

DG: Ora un gioco proposto anche ad alti autori “passati” a fare quattro chiacchiere qui sul blog. Se dovesse scegliere  uno dei Suoi romanzi da trasporre per il cinema, quale sceglierebbe e a chi affiderebbe la regia?

Ahi che domanda! Se dovessi essere proprio sincera direi che mi piacerebbe vedere tutti i miei romanzi sul grande schermo, ma dovendo scegliere….Dunque vediamo… Forse “Shanghai” si presta molto per essere trasposto sul grande schermo. C’è molta azione, molta violenza, e un mondo esotico che affascina sempre. Il regista? Ridley Scott, oppure David Cronenberg. E “Tesi di Laurea”, naturalmente, per la regia di Dario Argento. Dal momento che devo pensare in grande, tanto vale non essere avari, no?

DG:  Purtroppo siamo già arrivati all’ultima domanda, quindi cercheremo di sfruttarla al meglio per dare ai lettori  qualche anticipazione sui Suoi lavori futuri e se vorrà anche un saluto al popolo del Giallo Mondadori.

I miei progetti futuri? Una spy story che dovrebbe uscire nel 2010 su Segretissimo e una ripresa dei miei personaggi seriali, Antonio Maffina ed Erica Franzoni. Poverelli sono lì che aspettano da un anno…

Un grosso abbraccio al popolo del Giallo Mondadori che mi ha seguito in tutti questi anni e al quale va la mia gratitudine.

Grazie per la Sua disponibilità e alla prossima intervista!

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Squadra Notturna (1214)

marzo 2nd, 2009

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È sempre difficile il mestiere del poliziotto. Per Corey Bradford è anche più difficile. Espulso dalla polizia con l’accusa di corruzione, emarginato dagli amici, abbandonato dalla moglie. Così ora ha un’unica compagna, la bottiglia, e nessuna ragione per vivere. Ma quando salva un uomo da una brutale aggressione, la ferocia torna a bussare alla sua porta. Perché quello è l’uomo sbagliato: Walter Grogan, gangster a tempo pieno e padrino del quartiere più infame della città. Il quale ha per Corey un nuovo, entusiasmante lavoro: trovare i mandanti di quell’attacco e farli fuori. Ma qual è il prezzo per scendere sino al fondo dell’inferno?

David Goodis nato a Philadelphia nel 1917, si diplomò nel 1938 in giornalismo. Dopo aver lavorato per un’agenzia pubblicitaria, si dedicò a tempo pieno alla scrittura collaborando sotto pseudonimo a famosi pulp magazines e facendo il soggettista a Hollywood. Morì nel 1967. 

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John Wainwright

gennaio 20th, 2009

Grazie alla preziosa collaborazione di Luca Conti che ci regala la scheda presente all’interno del Dizionario delle letterature poliziesche (in uscita nel 2009), questo mese, dedichiamo l’approfondimento ad un autore troppo a lungo dimenticato ma che ha fatto senz’altro parte non solo della storia, ma, anche dell’èlite della tradizione poliziesca mondiale.

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John Wainwright [25 febbraio 1921, Leeds – settembre 1995] Britannico. Pseudonimo: Jack Ripley. Presta servizio militare nella RAF (1940-45), si laurea in legge come studente lavoratore nel 1956, è per oltre vent’anni agente di polizia nello Yorkshire (1947-69). Nel 1969, bloccato nella sua carriera dai contrasti con i superiori, si dimette dalla polizia per dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, lavorando anche come editorialista per il Northern Echo, quotidiano di Darlington. Da allora fino alla morte Wainwright riuscirà a tenere una strabiliante media di tre, quattro romanzi l’anno (addirittura escogitando, tra il 1971 e il 1972, lo pseudonimo «Jack Ripley» per lanciare una nuova serie di quattro libri il cui protagonista, John George Davis, è un agente sospettato di omicidio e sospeso dalla polizia).Nel suo primo romanzo, Death in a Sleeping City, scritto e pubblicato nel 1965 (quando ancora Wainwright lavorava come poliziotto di quartiere), una sonnolenta cittadina britannica inglese vede arrivare due killer della mafia che il sovrintendente Lewis deve neutralizzare. Il romanzo ottiene un notevole successo e spinge l’autore a intensificare i propri sforzi letterari, che gli procureranno un forte esaurimento nervoso costringendolo alle dimissioni da poliziotto.In seguito Wainwright diversifica la propria produzione, che raggiungerà la bella cifra di 78 romanzi, svariati racconti brevi, due volumi di memorie e un saggio sull’autodifesa del cittadino. Se la parte centrale e forse più significativa della sua opera ha a che fare con il procedural, Wainwaright non ha mai disdegnato la contaminazione col thriller e il noir, concedendosi anche un paio di sortite nel giallo classico e nella camera chiusa. Tension (1979), per esempio, è la storia di una rapina raccontata dai diversi punti di vista degli undici protagonisti del colpo; in Brainwash (1979) l’ispettore Lyne prova a far confessare il presunto colpevole di uno stupro e dell’omicidio di tre ragazze; The Eye of the Beholder (1980) ha per protagonista Pilter e Skeel, due poliziotti che indagano sull’avvelenamento del famoso illusionista Gordano (un bel finale conclude questa indagine classica, che conta una rosa di indiziati di primo piano); Anatomy of a Riot (1982) descrive in maniera convincente la nascita e lo sviluppo di una sommossa di natura razziale; Spiral Staircase (1983) è una denuncia nei confronti delle ronde di quartiere organizzate per far fronte a una criminalità sempre crescente.Assai più originale è The Forest (1984), che mette in luce il declino dei valori inglesi tradizionali attraverso lo scontro senza pietà di due fratelli che aspirano al titolo di baronetto. Clouds of Guilty (1985) è la storia di un banchiere accusato di complicità in una rapina. Una volta rilasciato, si allontana dalla famiglia che lo crede colpevole. Viene assunto da un gruppo di gangster che si vogliono servire di lui per riciclare il denaro rubato da un treno postale. Pool of Tears (1977) è un tipico procedural alla Wainwright, mentre Take Murder (1979), che rispolvera il mito di Jack lo Squartatore, propone una riflessione sul concetto di colpevolezza.Lo stile e le trame di Wainwright sono solo apparentemente convenzionali, tanto da aver portato, negli anni, a una sostanziale sottovalutazione dello scrittore e al suo quasi totale oblio. Se infatti, da un lato, c’è chi ne sostiene la visione conformista e superficiale, accusandolo di limitarsi a una semplice constatazione degli effetti del crimine trascurandone invece le cause, d’altro canto non si può che rimanere ammirati davanti all’ampiezza di temi trattati da Wainwright, autore di feroce forza morale, quasi calvinista nella sua assoluta intransigenza. Non bisogna infatti dimenticare la profonda crisi personale dello scrittore, costretto a lasciare la polizia per i difficili rapporti con i suoi superiori e per la sua fermezza nel non volersi piegare alla corruzione. Nella sua smisurata galleria di personaggi, difatti, i ritratti più poderosi sono quelli dedicati ai poliziotti, con una facilità di caratterizzazione che rende Wainwright, per certi versi, affatto inferiore a Ed McBain e con la sostanziale differenza che l’autore britannico parla e scrive per esperienza diretta.Grande appassionato di musica classica e, soprattutto, di jazz, Wainwright si è servito della sua notevole conoscenza del periodo Swing per uno dei suoi romanzi più riusciti, la commedia nera Do Nothin’ Till You Hear from Me (1978).  

BIBLIOGRAFIA ITALIANA:

Ten Steps to the Gallows, 1965 (Dieci passi dalla forca, 1967);

Web of Silence, 1968 (I rimorsi non servono, 1970);

The Crystallized Carbon Pig, 1966 (Quello sporco diamante, 1969)

The Take-Over Men, 1969 (I cervelli, 1971);

Night Is a Time to Die, 1972 (La notte è fatta per morire, 1973);

Cause for a Killing, 1974 (Peggio che spia, 1976);

 The Hard Hit, 1974 (Il killer dall’indice d’oro, 1977)

Square Dance, 1975 (Partita a quattro, 1976);

The Bastard, 1976 (Il bastardo, 1978)

The Day of the Peppercorn Kill, 1977 (L’ultimo atto, 1979)

Do Nothin’ Till You Hear from Me, 1978 (Che altro pezzo dobbiamo mandarti?, 1980)

Brainwash, 1979 (Lavaggio del cervello, 1981).

The Distaff Factor, 1983 (Povero William Drever, 1983)

Cul-de-sac, 1984 (Vicolo cieco, 1984)

The Ride, 1984 (Giro vizioso, 1985)

Portrait in Shadow, 1986 (Ritratto in controluce, 1987)  

Firmati come «Jack Ripley»:

Davis Doesn’t Live Here Any More, 1971 (Davis non abita più qui, 1972);

My Word, You Should Have Seen Us, 1972 (Parola mia, andavamo a mille!, 1974);

My God, How the Money Rolls In, 1972 (Mamma mia, quanta grana!, 1975). 

Un articolo di Luca Conti sull’autore: http://lconti.com/category/john-wainwright/

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Rosso come il sangue (2966)

ottobre 28th, 2008

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Angelo Schwarz, agente speciale della DIGOS: grilletto troppo facile e coscienza troppo sporca. Fino a quando il suo capo non gli affida la più classica delle missioni nere: facilitare l’apertura del “rubinetto del gas” di un gigante petrolifero nella Russia dei nuovi oligarchi. Anna Ascari: avvocato di cause perse e madre in cerca di riscatto. Sua è la responsabilità – e l’affetto – di Zoya, tre anni, figlia di una prostituta russa assassinata. Aleksej Dutrinov: gangster della mafiya e avanzo di galera. Determinato al confronto diretto con un capoclan più che pronto a inchiodarlo contro una lastra di ghiaccio. Tre vite al limite estremo, tre destini in rotta di collisione, tre biglietti di sola andata per la strage. Dopo Metal detector, vincitore del premio Tedeschi 2006, l’atteso ritorno del nuovo astro dell’hard-boiled Italian-style. All’interno “Il sorriso del Diablo”, un racconto inedito dello stesso autore. 

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