Scorribande giallistiche
Incasinamenti sentimentali- Ma il noir è morto o non è morto?- Tra bassotti e mastini- Il rinnovamento della Mondadori- In giro per blog- Gli irritanti spot della pubblicità- Eco porta scompiglio e…e Jonathan che fa?
Questa volta non mi lascio trascinare da un solo argomento (vedi l’ultimo pezzo sul riso e il sorriso) ma saltello giulivo (finalmente!) di qua e di là come un fringuello appena nato. Ormai questo con il blog del giallo Mondadori è diventato per me un appuntamento assolutamente imprescindibile. Un momento di svago e di riflessione su ciò che accade nel mondo letteral-giallistico, con qualche puntatina nel personale. Un momento di relax, insomma, per togliere di mezzo incipienti paturnie senili.
Dunque, partiamo. Già assodata la sfiga tremenda dei protagonisti in altra sede, ora assodiamo un tormentato incasinamento sentimentale prodotto soprattutto dalle autrici giallistiche. Sfrutto una parte di articolo già scritto per “Corpi freddi” (visitatelo!).
“Non voglio fare distinzione tra autore maschio e femmina che mi frego qualche sudata simpatia, ma se l’autore è una dolce fanciulla (va bene per qualsiasi età) e il personaggio principale è pure dotato di “argomenti” femminili, sicuro che l’amore, quando c’è, trattasi di amore incasinato. Incasinatissimo. Su questo non ci piove.
Senza andare troppo indietro mi rifaccio agli ultimi esempi che mi sono capitati a tiro. Prendiamo Janne Korowa, giovane giudice istruttore di Nanterre, personaggio principale di “L’istinto del sangue”, Garzanti 2010. Trentacinque anni, zitella. Vita sentimentale tribolata. Citati come fidanzati un avvocato, un ingegnere informatico, un editore fallito e “Molti altri…”. Ultimo della serie il fotografo Thomas che le fa girare gli zibidei e allora vada pure al diavolo. Non aggiungo le disgrazie che in questo genere di libri sono come il cacio sui maccheroni (rimando a http://corpifreddi.blogspot.com/2009/11/la-paura-della-sfiga-fabio-lotti.html ).
Cassandra Fallows, scrittrice in “L’amica di un tempo” di Laura Lippman, Giano 2010, non è da meno (va verso la cinquantina e la menopausa). Due matrimoni alle spalle con “relazioni prima, dopo e durante i legami coniugali” ( meglio non farsi mancare niente). Da ragazzetta incline ai giovanotti con i capelli rossi e, cito testualmente, “me ne scopai quanti più possibile” che il buon tempo si vede dal mattino. Non mancano, naturalmente, le pene d’amore e, dulcis in fundo, il sacrificio per l’Amore, quello con la a maiuscola (di solito non ricambiato, tanto per creare un’atmosfera più sofferta).
Cambiando latitudine il risultato, a dir la verità, un po’ cambia. In ” La dea cieca” di Anne Holt, Einaudi 2010, l’avvocato Karen Borg non si limita a sognare il poliziotto Håkon Sand ma salta sul letto allegramente insieme a lui (e questa volta niente da fare per il povero marito di cui taccio il nome). Qui abbiamo pure, devo dire accennato con molto garbo e tatto, il rapporto omosessuale tra Hanne Wilhelmsen “una donna straordinariamente bella, da poco promossa al grado di detective” alla centrale di Oslo, e la dottoressa Cecilie, con la quale convive da diciannove anni senza che gli altri lo sappiano (o fanno finta di non sapere).
Di solito in diversi romanzi polizieschi si creano situazioni opposte: la donna in gran spolvero fra i maschietti alla fin fine sogna l’amore vero e quella impacchettata con l’unico uomo della sua vita è percorsa da fremiti stuzzicarelli che poco hanno a che vedere con il sentimento. Difficile trovare un rapporto tranquillo e sicuro per tutte le centinaia di pagine della storia. Anche perché l’incasinamento sentimentale (in genere) serve a rendere ancor più appetibile l’incasinamento delittuoso. Il lettore, si sa, è sotto sotto, un po’ cattivello e si diverte a seguire vicende complicate e sofferte (per i personaggi) dimenticandosi, oltretutto, le proprie. Sempre che, vista la qualità di certi romanzi, non siano una frana tutti e due (più che probabile)”. Ultimamente alla ribalta tradimenti per ogni dove a rendere più appetitosa la vicenda…
Domande angoscianti che serpeggiano sulla salute delle sigle giallistiche: il noir è morto?, il thriller come sta?, il mystery che fine ha fatto? Domande angoscianti, dicevo, con risposta univoca. Una valanga di noir, thriller, mystery e via discorrendo a dimostrazione che le sigle, come gli umani, non ne vogliono proprio sapere di tirare il calzino.
Ancora sui mallopponi scandinavi che, secondo alcuni, invadono il mercato togliendo spazio agli autori nostrani, piccinini santi. Ora a me queste tonnellate di roba stanno pure in quel posto, però ricordiamoci che siamo nel villaggio globale dove tutto può entrare da tutte le parti. Come scrittore di scacchi mi sono dovuto confrontare con i colossi dell’est europeo (la Russia, l’ex Jugoslavia ecc…), padroni incontrastati del settore. Ergo, prima che spuntasse fuori il mio nome su qualche libro, centinaia di articoli, centinaia di partite per corrispondenza, un anno intero per scrivere il primo. E dunque un culo così senza avere tanti santi in Paradiso (già detto millanta volte ma i vecchietti sono ripetitivi da morire e poi ci tengono a far sapere le loro titaniche imprese. Voi, comunque, non contrariateli e assentite con la testa…). Conclusione? Un consiglio spassionato frutto di atavica saggezza: Arrangiatevi!.
Si impara un sacco di cose dai commentatori dei blog attraverso i loro temperamenti, attraverso, cioè, lo spirito simpaticamente sbarazzino di Alessandra Buccheri nel suo “Angolo nero”; quello altrettanto brillante e competente di Pegasus Descending dell’omonimo blog; la passione e la freschezza dei vari corpicini freddi di Enzo “Bodycold” Carcello; la goliardica irruenza della banda nordista di “Sugarpulp” e via di seguito (aggiungo “Liberi di scrivere”). Bravi ragazzi! (anche se non siete più ragazzi).
Gli insostenibili, irritanti spot della pubblicità. Dei libri, si capisce. Arriva il primo e va bene, arriva il secondo e può andare, arriva il terzo e si sbuffa (sempre dello stesso libro eh…), arriva il quarto (già successo) e il libro non lo prendo nemmeno se me lo tirano dietro. A meno che…no, non lo prendo.
Nuove detective lady a babordo e tribordo. Eccone un paio: l’investigatrice finlandese (aridagliela con questi scandinavi! Allora mi sa che i nostri facitor di parole non abbiano del tutto torto…) Maria Kallo di Leena K. Lehtolainen di cui è uscito “Il mio primo omicidio”, Fanucci 2010, di una lunga, lunghissima serie. Una femminista che si trova a dover indagare su un omicidio che coinvolge vecchie amicizie. E Catrin Price, di Howard Marks in “Gli uomini preferiscono il diavolo”, Giano 2010, (siamo a Cardiff, anni novanta e duemila), agente della Narcotici alle prese con un dubbio suicidio di un poliziotto, suo ex compagno di cuore e di lavoro, caduto nelle grinfie della droga e della gnocca dannata di turno. Viso infantile, pelle scura tipica della razza celtica “con qualcosa di zingaresco”, tutta vestita di nero, tatuaggi sulle braccia come se “fosse appena uscita da una banda di motociclisti”. Discreta pure lei se il nuovo collega “le lanciava le classiche occhiate che ti inducono a controllare se hai tutti i bottoni allacciati”. E’ chiaro che in un momento di debolezza (ubriacatura) ci scappi pure “qualcosa” di intimo con inevitabile futura, tremenda vergogna (difficile “qualcosa” di intimo a mente libera eh…).
Gran fermento tra le case editrici. La Polillo non sta ferma un secondo e dopo i bassotti ha sciolto i mastini che se ti si attaccano ai polpacci non li stacchi più. Accanto al mystery ecco dunque l’hardboiled, il thriller procedurale, il romanzo coi brividi (così definisco il genere suspense) e insomma staremo a vedere. Per ora (nel momento in cui scrivo) mi sono beccato “Mirage” di Howard Fast. Grande perizia stilistica, tuffo nell’inconscio, in un incubo alla Hitchcock, una vena di sottile umorismo che serpeggia per tutta la vicenda serrata dentro una atmosfera angosciante. Il lettore si trova sballottato e confuso tra i pensieri e gli assilli del protagonista che narra in prima persona e nello stesso tempo viene attratto irresistibilmente dalla voglia di scoprire il mistero. Da questo racconto, pubblicato nel 1951 con il titolo “Fallen”, fu tratto il film “Mirage” del 1965 con Gregory Peck e Walter Matthau. Ho sentito dire che qualcuno ha definito questa dei “mastini” una operazione di sciacallaggio. Non riesco proprio a vedere dove sia lo sciacallaggio. Se uno un po’ più vispo del sottoscritto me lo può spiegare…
Rusconi sta ristampando classici come Wallace che non mi stanno proprio simpatici. Come autori, voglio dire. Soprattutto quando scrivono, scrivono, scrivono e…guadagnano, guadagnano, guadagnano e…e spendono, spendono, spendono…(invidia?). Ancora oggi non si sa di preciso il numero di commedie, romanzi e racconti che abbia scritto. All’apice del successo gli fruttavano grosso modo sui 250.000 (duecentocinquantamila!) dollari all’anno. Una bella cifretta anche al momento. Nonostante questo ai suoi eredi lasciò un debito di centoquarantamila sterline! Immaginatevi per un attimo la loro faccia davanti al notaio…Ma si ripresero ben presto con i diritti di autore che arrivavano a valanga. Scrivere troppo significa pure (spesso, non sempre) scrivere veloce, prosa poco curata, personaggi sbozzati, trama confusa il giusto. Parere personale ma chi vende ha quasi sempre ragione.
La Sellerio di Palermo, in occasione dei 40 anni dalla fondazione di questa casa editrice, ripropone alcuni titoli che hanno rappresentato dei punti cruciali della sua storia editoriale. Preso subito “Il tè delle tre vecchie signore” di Friedrich Glauser, quello, tanto per intenderci, dei “Dieci comandamenti per il romanzo poliziesco” contro l’ormai stantia “vecchia volpe” in continua lotta con “l’assassino malvagio”. E quello della famosa frase “Non sottovalutate il racconto poliziesco: oggi è l’unico mezzo per diffondere idee ragionevoli”. Ottima idea. Solo che è stato preso alla lettera. Troppo alla lettera. E le idee espresse spesso non sono per niente ragionevoli.
Ritorna Chesterton (e vai!) con “Il club dei misteri stravaganti”, Guanda 2010. Assolutamente da non perdere con Basil Grant, ex giudice diventato pazzo che si trova a dover dipanare i casi più strani proprio con la sua pazzia e l’intuizione (agli antipodi di Holmes). Se qualcuno lo invita a guardare i fatti puri e semplici risponde “Dell’intuizione non vi fidate?…Da che altro è mosso il mondo se non dall’intuizione? Che c’è di più concreto?”. Riferito a suo fratello Rupert, detective dilettante, “La sua logica è straordinariamente lucida e fredda e invariabilmente porta fuori strada”. Meno male che a salvarlo c’è la poesia. Se volete un maestro dell’ironia, del paradosso e dell’assurdo eccovi accontentati. Seguite Chesterton, in silenzio, con calma, pazienza e senza fiatare.
Ritorna Jim Thompson (arivai!) con “The Killer Inside Me” della Fanucci riletto con l’avidità di un ragazzino. E insomma questo pazzo buono che buono non è di Lou Ford vicesceriffo di Central City con il suo bel cappello Stetson in testa tirato un po’ indietro, la camicia rosa pallido con papillon nero, jeans blu, stivali Justin, magro e asciutto, che ci racconta la sua storia e ride, ride e ride, fuma i suoi sigari e ride…racconta la sua storia che fila via liscia che è una meraviglia, cerca la nostra comprensione, sapete dovevo farlo, o ci prende solo in giro… Il pazzo buono eccetera si sta lì ad ascoltarlo, siamo invischiati come mosche in una ragnatela , qualche volta riesce quasi a trascinarci dalla sua parte, o forse non gliene frega niente di noi, no, non gliene frega niente e siamo lì che pendiamo dalle sue labbra e guardiamo dove vuole arrivare, ehi dove vuoi arrivare (recensione personalissima, anche troppo!, in http://corpifreddi.blogspot.com/2010/12/killer-inside-me-jim-thompson
fanucci.html). Un autore da leggere e rileggere, soprattutto per coloro che vogliono scrivere. E che, magari, dopo averlo letto, non scrivono.
Ritorna il mystery classico (arriarrivai!) addirittura con Ngaio Marsh e il suo “Delitto a teatro” della elliot 2010, una delle regine del giallo dell’età d’oro, dotata di una penna particolarmente leggera e ironica di cui proprio la Mondadori ha pubblicato un sacco di libri (questo, però, se l’è fatto sfuggire). Qui l’ispettore capo di Scotland Yard, Roderick Alleyn, si trova ad assistere ad un omicidio avvenuto proprio durante una scena di “Il Topo e il Castoro”. Egli è un avido lettore di libri criminali e psicologici (Irving, Freud, Ernest Jones ecc…). Alla domanda, da parte di una gentile signorina, “Ha letto Edgar Wallace? Non è niente male”, segue un silenzio imbarazzante e significativo. Due piccioni con una fava. Citazione per invogliare il lettore a conoscere Ngaio e per rafforzare il mio giudizio negativo già espresso su Wallace.
Veniamo ora ai gialli Mondadori tra tradizione e innovamento. All’inizio mi sembrava una bestemmia mettere i nostri scribacchini a fianco degli “antichi” scrittori stranieri, via! Poi, ammorbidito dal nipotino Jonathan, mi sono fatto coraggio e ho incominciato a gettarci sopra qualche occhiata, scoprendo pezzi di rilievo insieme a promettenti novità (e a letture mediocri). A fine romanzo la rubrica “I segreti del giallo”, per farci conoscere più a fondo gli alambicchi di questa strana performance della mente umana, oppure “I racconti del giallo”, in modo da offrire un po’ di spazio a qualche nuova e promettente penna italica. Talvolta niente, che è ancora meglio (non è vero ma la battuta è venuta spontanea).
Il problema, secondo me, è che il rinnovamento non vada a troppo discapito della linea tradizionale, fin qui seguita dalla casa editrice, con la pubblicazione di testi inediti forniti di nuova traduzione. Ma non voglio entrare nelle polemiche che lascio ad altri. Io sono un lettore con i miei gusti particolari e curioso di tutto ciò che è parola scritta. Ergo, se pure un certo genere non mi alletta, mi ci butto sopra a babbo morto anche a costo di qualche capocciata…
In gran spolvero gli Speciali davvero speciali. Ne ricordo qualcuno: “L’isola dei delitti”, “Gli investigatori di Dio”, “Le signorine omicidi colpiscono ancora”, Delitti dall’aldilà”, “Politica del delitto”. Di corsa a richiederli se non ce li avete (evitati di proposito quelli sui gatti che pure hanno i loro bravi lettori).
Occhio al Supergiallo tutto tette in fuori che preclude ad un pericolo davvero incombente. Quando scrissi “L’assalto delle pocce” qualcuno mi dette dell’esagerato, eh che sarà mai. Lo ripropongo in parte, anche per abbassare un po’ (parecchio) il livello del blog che mi pare fin troppo elevato…
“Le pocce arrivano da tutte le parti e in tutte le forme: a pera, a mela, a cocomero, a zucca. Di tutti i tipi e di tutte le dimensioni. E s’aggregano e saltano e ballonzolano e fanno un casino del diavolo. E incominciano a sparare. Ma mica latte caldo che farebbe anche bene alla salute. E ti sparano articoli, racconti, romanzi polizieschi, interviste, recensioni. A ripetizione, a raffica, a mitragliate. Sono tante. Ma tante, tante. Troppe. Se non ci si sta attenti si pestano. Sono furbe, scaltre. Assetate di gloria. Hanno le punte delle penne intinte nel veleno del riscatto. E ci sanno fare. Sono più organizzate, meno litigiose del solito. Capaci di stare insieme, di fare comunella. Non contente di scrivere gialli ti inventano una dopo l’altra una serie di detective in gonnella (o in pantaloni che fa lo stesso) da far venire il capogiro. Via il maschio anche nell’immaginario! Una rivolta. Una rivoluzione. E l’uomo che fa? I’ bischero, diceva i’ mi’ babbo. Mica si dà da fare per respingere in qualche modo questo assalto di forme rotonde. Anzi lo agevola . Soprattutto nell’immaginario creando a sua volta un bel malloppo di pocce con la pistola. Quel tontolone di James Patterson te ne ha scaricate addirittura quattro gli venisse un colpo! E quell’ingenuo, a dir poco, di Otto Penzler ha dedicato una intera antologia alle “Donne pericolose”. Lui voleva forse metterci sull’avviso e intanto hanno conquistato la parte essenziale di tutti i racconti. Povero allocco!
E a proposito di antologie sta venendo fuori una nuova forma di razzismo alla rovescia. Niente autori con le palle (in senso non metaforico) ma solo autori con le pocce. Basta citare “Alle signore piace il nero” dove non c’è posto per pistolotti di sorta. Ma poi, insomma, che le pocce siano dappertutto basta fare un giretto in internet per rendercene conto. In tutte le loro sfumature: aggressive, delicate, signorilmente classiche, composte, gentili, peperine eccetera, eccetera. Scrivono, recensiscono, intervistano, discutono, commentano. Non stanno mai ferme. Non stanno mai zitte.
Spesso ho un incubo. E’ notte. Cammino per una strada buia. All’improvviso delle pocce incappucciate. Le riconosco dal capezzolo che esce di fuori. Mi seguono ballonzolando. Cloppete cloppete cloppete. Allungo il passo. Allungano il passo. Inizio a correre. Ballonzolano e rimbalzano più veloci. Cloppete cloppete cloppete. Una via senza uscita. Una luce bianca, irreale. La luna rotonda nel cielo a forma di poccia. Abbasso lo sguardo. Sono circondato. Le pocce si avvicinano. Mi avvolgono. Il loro tepore mi stordisce. Un sorrisetto da ebete. Faccio fatica a respirare. Ho paura. Le pocce mi stringono, mi soffocano…
Mammaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! “.
E la cosa è continuata, appunto, con “Eros & Thanatos”. Ormai siamo circondati, non abbiamo scampo. Neppure come meri personaggi dei libri. Nell’ultimo citato una ecatombe di portatori di palle. Si salvi chi può!.
Donne dappertutto, dicevo. Anche in “Notte buia, niente stelle” di Stephen King, Sperling e Kupfer 2010, praticamente quattro racconti, tre dei quali occupati dal (fu) gentil sesso dove, ad essere sincero, non se la passano bene, a dimostrazione che la Nemesi opera anche nel campo della fantasia.
E’ arrivato “Riso nero” della Delosbooks, a cura di Graziano Braschi e Mauro Smocovich. Appena sbocciata l’antologia, subito mi sono precipitato a vedere come se la passavano i miei due racconti bonsai che avevo allevato con tanta cura. Il primo perfetto, il secondo un po’ meno. Parecchio meno, con il finale piazzato nel mezzo che non c’entrava un fico secco. Mi ero preparato a sorridere ma mi è venuto da piangere insieme a qualche accidente che ho distribuito equamente fra i’ Braschi e lo Smocovicce.
O vediamo se ne hanno combinata qualche altra, mi sono detto, e ho incominciato a leggere il resto dell’opera, praticamente venticinque racconti gialli comici, sessantaquattro brividi brevi e numerose battute di una sola frase. A fine lettura non ho trovato uno sgarro che è uno, facendomi piuttosto incavolare dato che mal comune sarebbe stato mezzo gaudio.
Mi sono divertito. Mi sono divertito tra le grinfie di un umorismo nero, di un’ironia leggera e di un riso grottesco e sguaiato terra-terra. Un po’ di predisposizione d’animo ci vuole per aprir la bocca a certe battute che ci riportano ai tempi dell’adolescenza e della giovinezza, quando si rideva di un nonnulla, di una presa in giro, di uno sberleffo, di una bischerata qualsiasi. Ma il riso e il sorriso fanno sempre buon sangue, come dicevano gli anziani di un tempo, che lo corroboravano pure con qualche bicchiere di vino pieno fino all’orlo. Se poi nascono tra morti ammazzati ancora meglio. Uno sberleffo alla nera signora dalla lunga falce ci sta proprio bene (anche perché non possiamo fare altro).
Sempre della Delos Books segnalo la rivista “Sherlock Magazine”, portata avanti con passione encomiabile e grande competenza da Luigi Pachì. E’ giunta al ventesimo numero che contempla una serie di articoli appetitosi e il bel racconto “Il tesoro di Sir Francio Drake” di Luca Martinelli, già autore di “Il Palio di Sherloch Holmes”, Alacran 2009, che ho letto con vera soddisfazione (tra l’altro si svolge in luoghi che conosco). Per gli amanti del Detective una bella occasione da sfruttare.
Morti a go-go se ne trovano da tutte le parti. D’altronde se in un giallo non si inciampa nemmeno in cadavere strucinato, che giallo del cavolo è. Che se ne peschino, però, ben dodici in un solo giorno nello stesso luogo, troppa grazia Sant’Antonio! Eppure ci sta pure questo in “La morte in più” di Colleen McCullough, Rizzoli 2010, sì proprio lei, quella di “Uccelli di rovo” che si è buttata nel filone mortuario che va tanto di moda. E dunque te ne ha infiocchettati dodici il 3 aprile 1967, a Holloman, piccolo paese del Connecticut: quattro avvelenamenti, un crimine sessuale (praticamente uno stupro), tre morti per arma da fuoco (con silenziatore), la fine violenta di una prostituta (gola tagliata), due soffocamenti con cuscino, una tagliola per orsi (sì, avete capito bene). Andando avanti di questo passo, per attirare l’attenzione dei lettori, si dovranno far fuori interi quartieri…
Se un personaggio va bene figuriamoci due. E’ quello che deve avere pensato Michael Connolly, quando ha inserito ne “La lista”, Piemme 2010, un paio di grossi calibri come Harry Bosch e Mickey Haller. Il secondo meno noto, ma che comunque aveva fatto vendere un casino con “Avvocato di difesa”, Piemme 2008. Messi insieme sarà una cuccagna da Paperone (sia per Connolly che per la Piemme).
Quando l’imitazione paga. Vedi “Un caso per tre detective” di Leo Bruce, Polillo 2010. Tre detective, o meglio investigatori dilettanti, Lord Simon Plimsoll, monsieur Amer Picon e monsignor Smith, Tutti e tre modellati (con parodia, devo dire) sulle figure di Lord Peter Wimsey, Hercule Poirot e Padre Brown. Perché affaticarsi tanto a creare degli originali?…
Sempre molto forte il legame giallo-scacchi. Cito “Caro Caino” di Ignacio García Valiño, Piemme 2010. Una famiglia come tante altre: il padre Carlos Alberto, la madre Coral Arce, un figlio Nico (Nicolas), una figlia più piccola Diana, la governante Araceli, il cane Argos. Bella villa, Mercedes 600 metallizzata, il solito Armani che si infila tranquillamente nei polizieschi, questa volta sotto forma di profumo, a darci l’idea di un discreto benessere. Un romanzo quasi tutto incentrato sulla figura del piccolo demonio Nico (della razza di Caino, da cui il titolo), capace di programmare piani diabolici che mettono in agitazione la famiglia e semina dubbi a chi vorrebbe capirlo e correggerlo. Nello stesso tempo un affresco, non sempre veritiero sul gioco e sul mondo degli scacchi (mi riferisco ad esempio alla tecnica dell'”adescamento” ritenuta antisportiva, mentre fa semplicemente parte del bagaglio tattico di ogni giocatore), con rievocazioni di grandi campioni del passato, di partite storiche e analisi di quelle di Nico. Tutto quanto un po’ artificioso, gonfiato, poco credibile compresa la soluzione finale con la palese sensazione che, per creare un astutissimo mostriciattolo, si sia superato il limite.
Cito pure La camera d’ambra di Matilde Asensi, Rizzoli 2009, colpito dalla seconda di copertina (anche le seconde di copertina fanno brutti scherzi…) “Sono sei e sono i migliori esperti d’arte in circolazione. Si fanno chiamare il Gruppo degli scacchi e di professione falsificano e rubano opere di immenso valore per rivenderle al miglior offerente. Ci sono la Torre, l’Alfiere, la Donna, il Cavallo e ognuno ha un ruolo diverso, proprio come le pedine del gioco: e poi c’è il Pedone, alias Ana Marìa: ladra infallibile e proprietaria di un negozio d’antiquariato ad Avila. E tutti rispondono a un grande e misterioso capo: il Re, imperscrutabile fondatore del Gruppo”.
Se gli scacchi non sono al centro del libro, spesso ci si intrufolano di straforo. Porto gli ultimi esempi tra i millanta trovati. In “Sul filo del rasoio” di A.A.V.V. a cura di Gianfranco de Turris, Mondadori 2010, citata una scacchiera pag. 24 (“Malasanità” di Giulio Leoni) e pag. 26 “Appollaiata sul fianco della montagna ligure, la vecchia villa stava come l’ultima torre a difesa del re. Lo scacco matto con il tempo era inevitabile” (“La memoria rende liberi” di Stefano Di Marino).
In “Mano Nera” di Alberto Custerlina, B.C.Dalai 2010, vecchi che giocano nella piazza davanti alla cattedrale. Uno dei personaggi, il russo Kirill, gioca una Nimzoindiana, perde e si ritira dal torneo (78). Alla fine della storia si ritrova in carcere e tenta di impiccarsi, dopo avere perso una partita con il suo compagno di cella (173).
In “Bambole pericolose” di Barbara Baraldi, Mondadori 2010, una amica, parlando ad Eva, protagonista principale, a proposito delle zanzare “E così ogni volta che ne schiacci una conduci una specie di guerra psicologica. Tipo nel “Settimo sigillo”, dove il protagonista porta avanti una partita a scacchi con la Morte”. “Non capisco se mi stai prendendo in giro. Comunque gli scacchi sono un ottimo metodo per aumentare autocontrollo ed elasticità mentale” (88).
In “Operazione Atlanta” di Hugues Pagan, Meridiano Zero 2010. “Mauber giocava interminabili partite a scacchi da solo” (pag.207), “Merda”, pensò Jankovic, “sa già come andrà a finire questa cazzo di storia. Ha giocato il gambetto di Donna” (239), “Poi Chateau disse:- Il sacrificio dell’alfiere…” (240).
In “Il tè delle tre vecchie signore” di Friedrich Glauser, Sellerio 2009 (già citato), il consigliere di stato Martinet al giornalista inglese O’Key “Per gli scacchi si tratta di trovare la mossa chiave. Di regola questa mossa chiave è talmente idiota da far rizzare i capelli, sicché non sarebbe possibile in una partita regolare dove sono in lotta due personalità, dove ciò che gioca il ruolo decisivo è la disposizione d’animo dei due giocatori, il loro carattere. Proprio per questo un problema di scacchi è qualcosa di insolito e morto” (282). Vallo a dire ai problemisti che ti conciano per le feste…
In “Le ceneri non parlano” di Bruno Fischer, Mondadori 2009, a pag.36-37 l’avvocato Ben Helm si mette a giocare a scacchi con Thayer “Così cominciai la partita a scacchi, mentre intorno a noi regnavano il silenzio e l’afa che non aveva abbandonato il villino neppure al calar della notte”. Poi Ben si prende uno scacco e per non perdere se ne va in camera da sua moglie. Una bella prova di sportività! A pag. 90 il giovane Spike, parlando di un uomo ucciso, “Eravamo amici- spiegò Spike- giocavamo sempre a scacchi insieme”. E qui mi fermo che vi vedo già nervosetti.
Non ricordo dove l’ho letto ma ricordo perfettamente il numero dei romanzi che escono all’anno in Italia: 10.000!!! (diecimila!!!), quasi uno ogni ora (e io che credevo di leggere parecchino…). In un momento di crisi si risparmia pure sulla lunghezza dei titoli e sugli spazi. Nel campo del romanzo tout court “Io e te”, “LeieLui”, e ora mi aspetto un “NoieLoro”, “Voieglialtri” e via di seguito fino a completo accostamento di tutti i pronomi personali. In campo giallistico una serie infinita di nomi e basta: “Il suggeritore”, “Il manipolatore”, “L’esecutore”, (addirittura due! Quello di Lars Kepler e quello di Jon Evans e Andrea Mutti), “Il predicatore” (tutto in “ore”), “L’alfabetista”, “L’ipnotista”, La psichiatra”, “L’antiquario” ecc…e qui mi aspetto “Il farmacista”, “Il dottore”, e insomma avete capito il giochino. Ad anno nuovo uscirà pure “Il Divoratore” (segnalatomi dalla Buccherina e speriamo che non ci mangi).
Appena arriva Umberto Eco (“Il cimitero di Praga”, Bompiani 2010) scoppia un casino del diavolo. Non c’è niente da fare. Che scriva una boiata (difficile) o un bel lavoro (più facile) tutti intorno a cantarne le lodi o a crocifiggerlo. Ma a lui interessa il giusto. Si diverte un mondo a costruire storie complesse, aggrovigliate, a rimpinzarle di letture, libri, citazioni, a ricostruire personaggi vissuti, squarci di vita, atmosfere, idee, sentimenti, astuzie, tranelli, lotte, ricatti, tradimenti, passioni, amore e morte. E me lo immagino con gli occhietti furbetti da talpetta a scuriosare tra montagne di libri e documenti per creare, anche lui, un “documento” che faccia discutere (vedi il tema dell’antisemitismo, per esempio) e rimanga nel tempo. Si diverte e si becca una montagna di quattrini, mentre io scrivo a gratisse (staggese) in qua e là dove capita senza divertirmi molto (a dire la verità mi diverto ma allora avrei sciupato la battutina).
Appena arriva i’ Falettone (Faletti) lo stesso casino, a livello, diciamo così, un po’ più basso. Però questa volta è andata meglio con “Appunti di un venditore di donne” Dalai 2010. Per la critica, intendo, che per le vendite i’ Falettone ha fatto le bucce anche a Eco. E allora a prenderlo sempre in giro (come succede spesso) non è che convenga troppo. Ormai Catozzo (sbaglio?) è morto da un pezzo.
Due o tre consigli per Natale. In primis “L’aquila di sabbia e di ghiaccio” di Massimo Pietroselli, Mondadori 2010, così si ripassa un po’ di storia al tempo di Marco Aurelio con l’interessante Tito Ulpio Geminus; poi “Delitti in treno” di A.A.V.V., Polillo 2010, per incontrare i grandi del passato e mettere a fuoco un luogo particolare, il treno, appunto, mostro terribile e fascinoso, dove sono avvenuti spesso delitti memorabili; infine “Ti voglio credere” di Elisabetta Bucciarelli, vincitrice del premio Scerbanenco 2010 (complimenti!). Poi ognuno vada per librerie e scelga quello che gli pare.
E Jonathan, il Grosso, che fa? Cresce come un torello, ancora non parla e sputacchia strani suoni da tutte le parti. Non parla ma “nonno”, guarda un po’, l’ha imparato. Chissà perché…Al culmine di un momento di esaltata euforia manda fuori una specie di squittio da topolino impazzito. Però, quando una cosa non gli torna, sbuffa e se ne va di corsa a capo basso dietro la poltrona, poi si affaccia e spia la mia reazione con gli occhietti ansiosi. Di solito veniamo ad un accordo ed il gioco ricomincia. E’ uno studente molto bravo e impegnato come si evince dalla foto. Speriamo che abbia preso solo i miei lati positivi (un paio, credo).
Buon Natale a tutti da…
Fabio e Jonathan Lotti
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Posted in Extra
dicembre 14th, 2010 at 07:52
Il piccolo “Lottino” mi sembra già interessato alla materia. Io lo vedo già un futuro “Corpo freddo”.
E poi pure tu caro Fabio mi sembri ringiovanito. Stare dietro al nipotino ti fa bene 😀
dicembre 14th, 2010 at 09:18
Io, invece, mi vedo già bello caldo, pardon bello freddo, pronto per la bara che mi aspetta a braccia aperte.
dicembre 14th, 2010 at 15:18
Ehi Fabio, grazie della nomina! E una scompigliata ai quattro peli in testa (non tuoi, di Jonathan! )
dicembre 15th, 2010 at 16:25
Bè, io non posso che ringraziare The Old Chessmaster per aver ricordato anche un libro non giallo come l’ultimo mio!
dicembre 15th, 2010 at 18:06
In alcuni blog, compreso il tuo, trovo delle cose davvero interessanti insieme ad una vena di hunour che mette allegria.
dicembre 18th, 2010 at 23:43
Per chi vuole leggere “Natale in noir” andare qui http://angolonero.blogosfere.it/2010/12/natale-in-noir-ecco-lantologia.html
dicembre 19th, 2010 at 00:37
Accidenti che carrellata… Ce n’è per tutti i gusti
dicembre 19th, 2010 at 20:31
Sempre super Fabio. Viva chi fa dell’humour una bandiera che sventola! E VIVA super nipotino jonathan da mangiare
dicembre 20th, 2010 at 22:40
Un saluto alla Buccherina vivace e sbarazzina e un saluto alla grande Debicche che, udite udite!, si è beccata il secondo premio al “Festival Mediterraneo del giallo e del noir” con “L’uomo dagli occhi glauchi”, Corbaccio 2010. Per chi vuole saperne di più http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/4153/.
Complimenti!
dicembre 21st, 2010 at 15:37
Ottimo pezzo! Perfino meglio del solito…
dicembre 22nd, 2010 at 18:42
Sarà per l’influenza positiva di Jonathan
dicembre 23rd, 2010 at 18:07
Tra i blog che seguo quasi giornalmente non ho citato quelli a cui collaboro, “Sherlock Magazine” e Thriller Magazine”, poi “Thriller Café” e “Milanonera”, tanto per ricordarli tutti. Poi ci sono quelli meno visitati ma qui mi fermo.