L’enigma della banderilla (1245)
Autostrada Laredo-Città del Messico, grande inaugurazione. Dal Texas, la delegazione americana parte in treno per presenziare alla cerimonia. Un tranquillo viaggio negli splendidi scenari dei deserti del Sudovest, finché un funzionario doganale annusa il profumo appartenente alla moglie di uno dei delegati e muore. Non profumo: veleno. Per l’ispettore Oscar Piper, anche lui sul treno, è il momento di indagare. Ma, arrivato a Città del Messico, si ritrova dietro le sbarre. Fortunatamente, arriva in suo aiuto Hildegarde Withers, la celeberrima Signorina Omicidi.
Stuart Palmer nasce a Baraboo, Wisconsin, Stati Uniti, nel 1905. Maggiore dell’esercito e membro dei servizi segreti durante la Seconda guerra mondiale, nel dopoguerra lavora a lungo come investigatore privato e come sceneggiatore per Hollywood. Nel campo del mystery il suo nome è legato a quello del suo personaggio principale, Hildegarde Withers. Palmer muore nel 1968.
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maggio 5th, 2010 at 08:19
Atro sottotitolo geniale…Omicidi calienti 😀
maggio 7th, 2010 at 10:49
Storia nota ma sempre interessante con il solito morto ammazzato (avvelenato) in treno (mezzo assai pericoloso nei gialli) e una serie di minacce alla signora Adele Mabie, moglie del vicesindaco Frank Mabie. Ad indagare Oscar Piper coadiuvato dalla nostra maestra Hildegarde Withers alle prese con un caldo pazzesco (ti pareva) nella bollente Manhattam. La vicenda ci porta in Messico, più precisamente nella capitale e ci scappa pure un altro morto durante una corrida infilzato da una banderilla. Simpatico il rapporto tra Piper (mastica sigari) e la Withers che pare nutra proprio qualche dubbio sulle effettive capacità deduttive del compagno. Aggiungo pure un paio di citazioni degli scacchi che si trovano dappertutto.
maggio 7th, 2010 at 15:08
Ma c’ entra con il giallo “sportivo”? La banderilla è quella che usano i toreri se non sbaglio.
maggio 7th, 2010 at 19:11
Questo mese ci si è superati! Passo…
maggio 7th, 2010 at 20:40
Questo mese? Queste sono bazzecole.
Dite il mese prossimo piuttosto: c’è un inedito di Nicholas Blake, nientepopodimenoche. A parte un inedito della Allingham, ma s’è capito: stanno piano piano provvedendo a sanare i vuoti
Comunque un Nicholas Blake inedito è una grande notizia
maggio 8th, 2010 at 10:45
Ad essere sincero la seconda parte non regge poi tanto ed il finale risulta francamente piuttosto fragile. Per onestà intellettuale, secondo il mio punto di vista.
maggio 8th, 2010 at 16:55
A proposito di inediti, lancio un appello: quando verranno pubblicati in Italia Panic Party (1934) di Anthony Berkeley e Gaudy Night (1936) di Dorothy Sayers? Sono gli unici due inediti dei detective creati dai rispettivi autori (Roger Sheringham e Lord Peter Wimsey). Questo è un appello al quale spero altri amanti del giallo si uniranno.
maggio 10th, 2010 at 18:03
Di Panic Party ne avevo parlato tempo fa; su Gaudy Night, quando dissi la stessa cosa che dici tu un annetto fa credo, fu Luca mi pare a rispondere e a spiegare che è un romanzo troppo lungo (più di 500 pagine). Del resto me ne aveva parlato in termini molto simili Igor Longo parecchio tempo fa: un Giallo che abbia quasi 450 pagine, è stra-stra-stra difficile che venga pubblicato nel GM: sarebbe più facile trovarlo in libreria.
Ma gli appassionati – capisco benissimo perchè lo sono anch’io – vorrebbero che si pubblicasse tutto ciò che è inedito e di un certo valore.
Del resto per me Panic party sarebbe un bell’inedito; Gaudy Night, conoscendo già la prolissicità dei romanzi della Sayers (forse l’unica eccezione è “Lord Peter ed il cadavere sconosciuto”), potrebbe essere definito con un termine molto usato da Fabio
Anche se viene da molti ritenuto il capolavoro della Sayers, pur non essendoci nessun delitto.
maggio 10th, 2010 at 18:09
Il dato certo è il secondo: 450 pagine non 500 e più.
maggio 10th, 2010 at 18:35
Matteo, Panic Party è stato approntato e uscirà quanto prima, probabilmente il prossimo anno, dato che il backlog da smaltire è ancora abbastanza succoso. Sono particolarmente felice di poterlo annunciare, perché questo è uno dei titoli più iconoclasti e anticipatori (a partire dall’epigrafe all’amico Milward Kennedy) del grande Anthony Berkeley, e un’edizione italiana si imponeva da tempo. Non è un caso che Carr stimasse tanto l’autore e lo considerasse il più geniale esponente del Detection Club e del giallo anglosassone, almeno fino a quando Berkeley rimase attivo nel campo della fiction.
Sarei meno possibilista quanto al titolo della Sayers. Sono anni che si parla di una sua possibile edizione italiana (più o meno da quando collaboro con la Mondadori), ma questioni di foliazione (il libro è di una lunghezza spropositata) hanno sempre lasciato molto tiepidi tutti gli editor a cui, di volta in volta, il romanzo è stato suggerito. E dato che il Giallo è una collana periodica a prezzo fisso, non credo che rientri nei desideri della casa editrice pubblicare a breve un volume di settecento pagine circa. Ma sperare non costa nulla, in fondo.
maggio 10th, 2010 at 22:26
Un bentornato a Mauro al quale chiedo se non abbia voglia di scrivere un libro sulla detective lady nel romanzo poliziesco dato che non vedo pubblicazioni in italiano.
maggio 10th, 2010 at 23:01
Io non l’avrei mai chiesto, ma approfittando del fatto che pare che il grande Mauro stia alla finestra, vorrei chiedere se sia maturo il tempo di Winslow & Quirck, e se si sia mai pensato a pubblicare “The Boat Race Murder” di R.E.Swartwout o “What a Body!” di Alan Green.
Grazie.
maggio 11th, 2010 at 16:48
Grandi notizie. Un inedito di Blake il mese prossimo e uno di Berkeley a breve. Sarebbe troppo chiedere anche “La medaglia del Cellini” della Marsh?
maggio 11th, 2010 at 16:55
No, caro Fabio, un saggio del genere per adesso non rientra nelle mie intenzioni, ma potresti magari pensarci tu, visto che il tuo contributo in materia (ospitato qui sul Blog) è davvero brillante e decisamente ecumenico. Sono molte altre le cose su cui vorrei scrivere, se solo ne avessi il tempo. Per esempio, un saggio su quella bizzarra comunità poetico-letteraria attiva nel mondo anglosassone tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta che ha fornito contributi indispensabili al giallo e che, a studiarla, mostra intrecci biografici e critici incredibilmente curiosi. Qualche nome? W.H. Auden, Philip Larkin, Cecil Day Lewis (Nicholas Blake), Bruce Montgomery (Edmund Crispin), Kingsley Amis, Rex Warner ecc ecc. Che saggio verrebbe fuori, se qualcuno avesse il tempo di dedicarvisi con vigore! E a proposito, non perdetevi il giallo di Nicholas Blake in uscita il mese prossimo, è una vera chicca. Spero, se Sergio sarà d’accordo, di continuare a proporre ancora qualche inedito di Blake in futuro.
A Piero dico solo che il suo desiderio è anche il mio, e che su Winslow-Quirk sfonda una porta aperta (la millesima!) Ma dobbiamo aspettare l’okay contrattuale, e su questo non ci piove. Il libro di Alan Green è un gran bel romanzo, anche se ha avuto già un’edizione italiana (lo so, lo so, definire “edizioni italiane” quelle pubblicate da Casini negli anni Cinquanta è un po’ un eufemismo, dati i tagli, ma il libro non è un inedito in senso assoluto). So che Luca Conti aveva provato a interessare Marco Polillo, qualche anno fa, ricevendo però una risposta molto tiepida.
Lo one-shot di Swartwout è una buona camera chiusa, ma onestamente non credo rientri tra le priorità del Giallo, almeno adesso. Che ne dici invece di “Death Cruises South” di Roger Denbie? E’ un godibile giallo crocieristico di ispirazione cdalykinghiana. Se lo trovi, te lo consiglio.
maggio 12th, 2010 at 05:33
La medaglia del Cellini, io pensavo che fosse introvabile; invece..si può trovare. Detto tra noi un amico me l’ha regalato il volume della Marsh, assieme a tanti altri che non avevo, ma è senza sovracopertina (è la cosa più importante collezionisticamente parlando).
maggio 12th, 2010 at 06:18
Casomai lo trovassi, accetterei il consiglio di Boncompagni di buon grado.
Io piuttosto a breve prenderò il romanzo di uno di quegli autori che ho sempre cercato, ma qui nessuno li pubblicava: me ne parlò tanti anni fa Igor. A breve uscirà in edizione italiana, “The Footprints Of Satan”: ne sai qualcosa, tu, Mauro?
Norman Berrow è un grandissimo autore neozelandese. Come grandissimo è anche Max Afford. Ma qui non li pubblicano: uscirà qualcos’altro in futuro, Mauro?
I Gialli del secolo è vero che erano edizioni stratagliate, ma..proponevano tutte cose straordinarie: vi sono dei Marsh non pubblicati da Mondadori (ma anche i Carter Dickson lo erano prima che negli anni 90 ci fosse l’infornata), dei Keeler, Tiziano mi ha messo da parte un Baynard Kendrick, l’Alan Green di cui parli e un altro (They Died Laughing), due Rufus King altrimenti inediti (ma ne parlerò in un saggio, qui, tra qualche tempo) etc..tra cui anche un Alexis Gensoul, ma non è quello della selezione proposta da Roland Lecourbe, Igor Longo, etc..
A dire che la Casini anche se erano tagliate pubblicava delle cose che sono ancora dei must; come i romanzi che pubblicava la Pagotto (non tanto gli Steeman che erano ausciti anche altrove, ma i Boileau sì, e anche i Decrest); e la Martello, con I gialli del Veliero: parecchie cose interessanti, come i Farjeon, e “Man Running” di Jepson Selwyn, su cui Hitchcock basò il suo “Paura in palcoscenico” (Stage Fright) con Marlene Dietrich e jane Wyman.
maggio 12th, 2010 at 08:15
Peraltro “Roger Denbie” è sempre Alan Green, anche se in questo caso in coppia con un altro autore:-)
maggio 12th, 2010 at 10:01
Una domanda però a Mauro vorrei farla e me lo consentirà Dario : dato che dall’ultima volta che ne parlasti qui sul Blog, Sergio Altieri non ha dato più l’imprimatur all’uscita di Berberousse di Halter già tradotto da chi sappiamo noi, mi potresti dire se per il futuro è previsto qualche inedito di Philip MacDonald? Luca ti dirà, ma te lo dico io ora, che è uno dei miei autori preferiti. Siccome è un gran bell’autore, secondo me uno dei più rivoluzionari del Giallo nel novecento, è possibile che si veda un giorno..The White Crow, o The Polferry Mystery (una grande Camera Chiusa), o The Link o The Crime Conductor o Death on my left? O anche Rope to Spare?
Oppure qualcos’altro in aggiunta al Polillo appena uscito, di Rupert Penny? Dovrei chiederti delle cose privatamente, Mauro: è possibile avere un tuo recapito elettronico, attraverso qualcuno di nostra comune frequentazione? Già ti seguo su vari siti stranieri, quando capita, ma..un libro non l’hai ancora scritto? Ti accontenti solo delle prefazioni e di tradurre qualcosa?
Grazie.
maggio 12th, 2010 at 10:30
@Mauro : La comunità poetica cui fai riferimento è l’Auden Group o Auden Circle, al quale aderirono anche Christopher Isherwood, Louis MacNeice e Stephen Spender? Conosco quel gruppo e gli autori cui si ispiravano (Marx, Kierkegaard, Ibsen, Shakespeare, Freud) ma..oltre che Blake e Crispin non sapevo che ve ne fossero stati altri di giallisti.
Kingsley Amis scrisse un’avventura di james Bond ma non ha mai scritto gialli, anche se li amasse pare : Kingsley Amis era il padre di Martin Amis, così come Nicholas Blake era il padre di Daniel Day Leweis.
maggio 12th, 2010 at 12:26
Caro Mauro
io ho già dato. Ora mi trastullo con qualche articoletto e con Jonathan che è interessatissimo a seguire le file delle formiche che se ne vanno a spasso per prati.
Grazie per quello che fai.
maggio 12th, 2010 at 17:30
Grazie a tutti delle buone parole e continuate a seguire il Blog così, con passione e competenza. Qualche risposta veloce ma poi torniamo al tema, altrimenti Dario alza il cartellino giallo.
Eh già, caro Luca, hai capito che avevo citato il libro di “Roger Denbie” perché è uno dei due che Alan Green scrisse negli anni Trenta con un coautore; sono entrambi ottimi (il primo è un giallo “ferroviario”, e anche qui il paragone con C. Daly King potrebbe essere sostenuto motivatamente). Trovarli è piuttosto difficile, ma ne vale la pena.
Norman Berrow, Rupert Penny e Max Afford sono autori sostanzialmente inediti in italiano (ma tra breve, il solo a essere inedito sarà Afford). Vedremo di segnalare qualcosa a Sergio Altieri, ma tenete presente che le novità sono ridotte a due al mese e c’è anche tanto altro di interessante che esce in Inghilterra e in America. Quanto mi piacerebbe, per esempio, recuperare un po’ dei Bill Pronzini (un autore mondadoriano, tra l’altro) con Senzanome rimasti a giacere nei cassetti! E l’ultimo, “Schemers”, è un’ottima camera chiusa ambientata nel mondo dei collezionisti di gialli rari (mi sono visto per un attimo allo specchio).
Il circolo letterario che ricordi è quello, caro Piero, ma gli intrecci sono più vasti rispetto ai nomi che hai fatto tu (e mi dimenticavo dei musicisti!).
Amis non ha mai scritto gialli? E dove me lo metti “The Riverside Villas Murder”, tradotto anche in italiano? E’ un omaggio alla Golden Age del poliziesco e venne recensito all’epoca (1973) nientemeno che da Carr, verso il quale Amis aveva un rispetto e una venerazione assoluti. Lo considerava (parole sue) il Beethoven del giallo. E l’ampia recensione che lo scrittore inglese fece a una raccolta postuma di Carr sul “Times Literary Supplement” (1981) è uno dei pezzi critici più belli mai scritti sul maestro delle camere chiuse.
Philip MacDonald nel Giallo? Per adesso ho previsto solo la ristampa di “Mandato di cattura”, che dovrebbe uscire alla fine dell’anno in corso. Tra i titoli che citi, personalmente ho un debole per “The Link”, e mi batterò (spero non contro i mulini a vento) perché venga tradotto in italiano.
Per restare al tema dei gialli del mese, comunque, vi raccomando in particolare il titolo della Fletcher, che a me pare un gran bel romanzo, con la giusta dose di detection e di suspense. Ci manca solo la musica di Herrmann, ma provate a immaginarla…
maggio 12th, 2010 at 22:29
Lasciate che esprima la mia felicità per i numerosi interventi di Mauro Boncompagni, grande storico del thirller. Avere personalità come lui sul blog sono un personale punto d’onore.
maggio 13th, 2010 at 07:04
Pure il sottoscritto rimane a bocca aperta 😀
Continuate così….
maggio 13th, 2010 at 08:32
Gli interventi di Mauro Boncompagni sono sempre molto interessanti come quelli di Luca del resto. Per gli appassionati dell’argomento sembrano un modo per “stuzzicare l’appetito..” e si leggono quasi “golosamente”. Ed allora non posso fare a meno di chiedermi di quel famoso dizionario che spesso rimembro. Chissà dove sarà?
maggio 13th, 2010 at 08:33
Mi sa che dopo il refuso di Kingsley Amis andrò a Genova, non a Canossa, cinto del cilicio come Enrico IV.
E ovviamente cercherò di procurarmi e di leggere ciò che Mauro dice.
Però i dubbi che avevo e che intendevo sanare con una domanda privata al grande Mauro sono rimasti e semmai rafforzati. Bah..
maggio 13th, 2010 at 08:35
Ma come duettano bene Luca e Mauro : sembrano Cip e Ciop
maggio 13th, 2010 at 08:57
Ringrazio il grande mauro di avermi corretto: non me la sono affatto presa, anzi. Mi ha dato infatti modo di conoscere degli autori che non conoscevo e di affinare le mie conoscenze. Mi metterò alla ricerca degli scritti citati (anche l’articolo di recensione). Grazie.
maggio 13th, 2010 at 11:13
Grazie delle buone parole, Dario, e come sempre, un enorme apprezzamento per l’ottimo lavoro che fai. So che Sergio Altieri ti stima molto. E mi raccomando, il 15 a Milano tieni alta la bandiera del Giallo Mondadori!
maggio 13th, 2010 at 11:53
Mi associo ai ringraziamenti per i vostri bellissimi interventi e lancio una proposta forse banale: non sarebbe il caso che una delle due collane tornasse ad avere almeno tre (quattro sarebbe…il massimo) uscite mensili? Con tutto il ben di Dio che avete citato si potrebbe così accontentare una platea più numerosa di aficionados.
maggio 14th, 2010 at 17:59
A Mauro piacerebbe spolverare qualche bel Pronzini; io invece mi accontenterei di poter rivedere “”The Day the Children Vanished” di Hugh Pentecost, tradotto da Mondadori molti anni fa (GM 1517 “Uno schoolbus tutto giallo”).
Ma con quel “mi batterò (spero non contro i mulini a vento) perché venga tradotto in italiano” cosa significa veramente? Che ci potrebbe solo essere una qualche risposta ostativa dall’altra parte? E che qualcuno ha già combattuto contro i mulini a vento? :-;
maggio 14th, 2010 at 18:01
La faccina finale era questa :
😉
maggio 14th, 2010 at 19:04
Ho chiesto al grande Mauro in merito alla possibilità di vedere qualche Philip MacDonald di cui sono un fissato (Luca lo sa!): la risposta è stata esaustiva e mi ha messo di buon umore. Anche perchè tutti i Philip MacDonald pubblicati da Mondadori son state tutte delle bellezze. Ma a parte Philip, una cosa l’avrei voluta chiedere da lungo tempo, e così la chiedo a Mauro, che è sempre di più fra di noi (è quello che chiedevo a gran voce, e spero tanto che rimanga): perchè la Mondadori ha pubblicato un solo romanzo e per di più di produzione tarda di Michel Innes, un grandissimo autore britannico? Per quale motivo non si son mai visti i suoi capolavori, tipo “Hamlet, Revenge”, “Lament for a Maker” o “Stop Press”, o ancora per esempio “From London Far” ?
Polillo ha pubblicato “Death at the President’s Lodging”, Delitto nello studio del rettore, il primo della quaterna dei primi quattro capolavori: e voi, dico voi alla Mondadori? Non c’è nulla in cantiere o nel paradiso delle intenzioni?
Capisco che sia parecchio difficile da tradurre, con tutte quelle allusioni erudite sulla Letteratura e sull’Arte…
E che ci voglia un traduttore che sia anche un letterato, in un certo senso. Ma questo non credo che sia un problema in casa Mondadori, vero..Mauro ? 😉
maggio 16th, 2010 at 09:48
Volevo solo ricordare che pur essendo stato molto trascurato Innes sul versante dei romanzi, qualche racconto sporadicamente, nelle raccolte “Ellery Queen presenta”, è stato presentato: Il pozzo dei desideri, Le scarpe del morto, Il caso di zia Jessica, La tragedia del fazzoletto.
Troppo poco però per un grande autore del ventesimo secolo.
maggio 17th, 2010 at 09:03
Caro Mauro,
grazie della bellissima notizia riguardo a Panic Party!
Per Gaudy Night allora mi limiterò a sperare, magari in un Supergiallo o qualcosa di simile.
Grazie ancora!
maggio 17th, 2010 at 13:25
MacDonald andrebbe ristampato integralmente, non solo gli inediti. Credo che quasi tutti i suoi romanzi usciti per il giallo mondaori siano pesantemente tagliati, o sbaglio?
credo che solo The Noose (Il cappio) sia integrale, o lo è anche The Maze (Il labirinto)? Grandissimo autore, sono d’accordo
maggio 18th, 2010 at 18:28
Piero, il romanzo di Pentecost, “Uno schoolbus tutto giallo”, un ottimo mistero impossibile uscito dalla penna di un autore diseguale ma estremamente godibile nei suoi esiti migliori, è tra i titoli a cui pensavo proprio qualche tempo fa per una possibile ristampa nei Classici. Perciò non è escluso che lo troverai in edicola il prossimo anno.
Quanto a Innes, è un autore a cui avevo pensato già da tempo, e di sicuro i suoi saggi di detection stile anni Trenta sono decisamente validi. A me piace molto “Stop Press”, per esempio, ma la sua enorme lunghezza lo rende di difficile pubblicazione in una collana come la nostra. Lo stesso discorso vale per molti dei suoi primi romanzi (i migliori, secondo me). Personalmente, apprezzo di meno lo Innes post-1945, spesso divagante e stralunato, anche se un titolo un po’ folle come “Operation Pax” ha le sue indubbie attrattive. Hai letto “The Gay Phoenix”, il suo romanzo che apparve diversi anni fa sul GM?
maggio 21st, 2010 at 18:39
@Mauro: sì, ce l’ho quel romanzo. Ma, mi piacque relativamente; molto più, invece un Innes pubblicato dalla Rizzoli, “Delitto ad Elvedon Court”. Sono d’accordo con te che i primi Innes sono sicuramente non corti, ma..non credo molto più di quanto lo fossero certi Anne Perry (per es. I peccati della Lupa, di oltre 420 pagine), o certi mallopponi usciti nei Gialli, tipo “L’armata perduta di Cambise” di Sussman (oltre 450 pagine, volume Oro)o “Il giorno del tradimento” di Henry Porter (altre 450 pagine).
Il discorso secondo me è un altro: Innes, come testimonia il titolo della Polillo, è un autore che tradisce la sua natura cattedratica e la sua cultura profonda: diventa pertanto anche difficile da tradurre, non solo per i frequenti riferimenti letterari, ma anche per lo stile forse troppo ridondante, pieno di preziosismi, che devono essere tradotti non consegnando un prodotto finale che possa essere giudicato ampolloso. Questa è la difficoltà che a ben guardare, se il traduttore è DOCG, non è tanto oggettiva quanto soggettiva. Il discorso che facevo io era questo; e la faccina con la strizzata d’occhio voleva significare che per esempio un traduttore Mondadori molto forbito e nel tempo stesso con grande padronanza professionale nella materia della Letteratura Britannica, tale da poter tradurre in maniera appropriata Innes, secondo me potresti essere tu, Mauro, per esempio.
Tanto per essere chiari.
maggio 22nd, 2010 at 12:16
Beninteso, un altro autore a cui devi aver pensato più d’una volta di proporre, ne sono sicuro, è Gladys Mitchell : credo che almeno “The Saltmarsh Murders” potrebbe essere proposto con ottimi risultati. Oppure “Death and Maiden” che richiama nel titolo il quartetto per archi di Schubert. Strano che la Mitchell non sia mai stata proposta in Italia (tranne Speedy Death de La Tartaruga) e sia praticamente sconosciuta, non credi? Tanto più che è un grande nome del giallo classico.
maggio 22nd, 2010 at 12:17
@Mauro :
Beninteso, un altro autore a cui devi aver pensato più d’una volta di proporre, ne sono sicuro, è Gladys Mitchell : credo che almeno “The Saltmarsh Murders” potrebbe essere proposto con ottimi risultati. Oppure “Death and Maiden” che richiama nel titolo il quartetto per archi di Schubert. Strano che la Mitchell non sia mai stata proposta in Italia (tranne Speedy Death de La Tartaruga) e sia praticamente sconosciuta, non credi? Tanto più che è un grande nome del giallo classico.
maggio 26th, 2010 at 17:52
Innes, caro Piero, è innegabilmente un nome di grande rilievo nel panorama della letteratura gialla, e vedrai che prima o poi ci torneremo sopra.
Quanto a Gladys Mitchell, è di sicuro un’autrice eccentrica e ricca di fascino, ma anche parecchio disuguale. Ai tempi di Stefano Magagnoli, Grazia Griffini aveva letto sei o sette romanzi della Mitchell per una possibile pubblicazione nel Giallo, ma non ne aveva trovato neanche uno valido. Adesso non ricordo più quali fossero quei titoli (sospetto però che appartenessero alla produzione recente dell’autrice, quella più verbosa e sfilacciata), ma allora l’editor in chief archiviò la pratica sdegnosamente. Io ammiro Gladys Mitchell e ho una buona serie di sue prime edizioni (molte autografate), ma per ora non credo che i suo romanzi siano una priorità assoluta per il Giallo. Mai dire mai, comunque. L’anno scorso, parlando qui a Genova con Marco Polillo, gli ho suggerito tra l’altro di fare il romanzo della Mitchell che io amo di più in assoluto; “When Last I Died”. Un vero capolavoro. L’avrò persuaso? Mah…
maggio 26th, 2010 at 22:34
Io spero di sì…:)
maggio 27th, 2010 at 05:19
Sì, sì, ci sei riuscito. Vedrai, lo pubblicherà, così come gli suggeristi di pubblicare Rupert Penny, e lui l’ha fatto: gli hai pure prestato la copia originale in tuo possesso perchè potesse tradurla?
Il tuo suggerimento mi ha convinto a scrivere un articolo, il prossimo che uscirà qui: di straforo riguarderà anche l’Auden Group, ma non esclusivamente: quello lo potresti scrivere solo tu.
maggio 27th, 2010 at 10:24
Consiglio di leggere bene il post di Mauro: l’ho detto io che politica doveva fare!
Prima dice che la Griffini ha letto alcuni romanzi, al tempo che fu, cioè dodici-tredici anni fa almeno, quando c’era Magagnoli, della Mitchell e non li trovò adatti. Poi però dice che probabilmente erano della sua ultima produzione (e quindi prende le distanze). In sostanza dice che se lui avesse avuto la possibilità, uno o due li avrebbe fatti pubblicare, magari quello che poi ha consigliato a Polillo. Sa benissimo che quando in autore è stato bocciato, passa sempre del tempo prima che possa essere di nuovo proposto, e quindi..dice anche che non è una priorità assoluta pubblicarli.
Mauro sei grande!
maggio 27th, 2010 at 10:42
Vabbè, vabbè, non te la prendere, sei un grande, però, e questo è assodato.
Ti seguo da quando gli articoli li scrivevi solo tu (e che articoli!)e poi anche Igor (ma che begli articoli sul giallo scriveva anche Lippi!).
Ti seguo anche -quando capita- su blog stranieri.
Quella risposta sulla foto, mi piacque: secca. A Douglas Greene, per di più. Scusami ma non ho capito ancora per quale motivo, tu che sei un grande del panorama giallistico classico nazionale (e anche straniero) non hai ancora scritto un libro di critica, o una monografia su un grande autore. Li stai lasciando tutti agli altri? Ecco, fallo su Innes, o su Elizabeth Daly, un’altra che si potrebbe proporre (troppi Casini tagliati!).
Fu cominciata una serie, mi pare se non ricordo bene che a tradurla incominciò Marilena Caselli, e poi il testimone passò ad altra che non ricordo. Poi non se ne fece più nulla.
Oppure esamina un aspetto particolare di Carr di cui sei uno specialista, di cui nessuno ha detto nulla: almeno ne avremmo uno di libri docg in italiano: quanto è difficile ogni volta ricercare le notizie su quelli stranieri: si perde un sacco di tempo ! 😉
maggio 27th, 2010 at 15:16
Come sempre, Piero, grazie delle buone parole, anche se quello che dici sui saggi critici dedicati al giallo mi lascia un profondo rammarico, perché costituisce, almeno per me, una ferita aperta. Ti chiedi perché non scrivo una monografia sul giallo? Perché nessuno la pubblicherebbe. Non c’è mercato in Italia per operazioni del genere. E per mercato intendo una platea di lettori disposti a comprare un libro di siffatta natura. Personalmente, mi sarei accontentato di far tradurre in italiano (e ci ho provato; oh, quante volte ci ho provato!) due monografie assolutamente eccezionali: quella di Nevins su Woolrich e quella dell’amico Doug Greene su John Dickson Carr. Sembrava che un precedente editor del Giallo, Marco Fiocca, volesse fare un pensierino sul libro di Nevins, magari proponendolo alla redazione saggi, ma non ne è uscito niente e, a questo punto, dubito che ne uscirà mai qualcosa. La Christie vende come il pane, dicono, ma quando io e Sergio Altieri abbiamo proposto a Mondadori di tradurre la recente (ormai mica tanto) biografia christiana della Thompson, non abbiamo trovato neanche un buon samaritano disposto a incoraggiarci.
Consoliamoci, comunque. Le cose non vanno molto meglio nemmeno altrove. Jon Breen, il recensore della “Ellery Queen Mystery Magazine”, mi ha detto personalmente di aver rinunciato a scrivere una biografia sulla coppia Dannay-Lee (Ellery Queen) perché l’anticipo della casa editrice era talmente magro da non coprire nemmeno le spese per la documentazione. E Dio solo sa quanto sarebbe necessaria una BIOGRAFIA (non un saggio critico) su Queen. Specie su Dannay, il cui carteggio alla Columbia University è una vera miniera d’oro, anche perché il suo autore ha conosciuto in pratica tutti i grandi nomi della storia del giallo.
Il Penny di Polillo? Sì, la copia era mia. Ma si trattava solo di una ristampa (peraltro rara anche quella), perché la prima edizione originale (quella come tutte le altre dei romanzi di Penny, una persino autografata dall’autore) non la darei a nessuno nemmeno se mi tagliassero un braccio. Chiaro?
maggio 28th, 2010 at 06:38
L’ho buttata, ma ho azzeccato. Mauro è amico di tanta gente, e quindi quando uno va in cerca di qualcosa di mai pubblicato in Italia a chi deve mai rivolgersi se non a lui, al grande Mauro (per ciò che riguarda la tradizione anglosassone; se si parla di rarità di autori francesi, personalmente penso che uno che avesse le stesse priorità di pubblicazione dovrebbe chiedere a Igor perchè senza nulla togliere agli altri, l’autorità suoi francesi è lui. Ah, che bello se li avessimo tutti e tre nella redazione Mondadori: Igor, Mauro e Luca, ognuno esperto in un campo..)? A Mauro Boncompagni. Probabilmente anche parecchi altri dei Polillo pubblicati (quelli inediti e di assai difficile reperimento) provengono da casa Boncompagni (Bellairs, Kyd, Innes, Propper, etc..). L’ultimo REILLY fresco di pubblicazione, La porta socchiusa, invece è stato già pubblicato con altro titolo in Italia : Tintuta di odio; traduttrice all’epoca fu Lydia Lax
Personalmente penso che lui, Mauro, si abbatta facilmente. Innanzitutto i racconti di Daly King potrebbero essere proposti in un volume da libreria: non so gli altri, ma il racconto pubblicato da Polillo supera le settanta pagine, quindi una pubblicazione in edicola che li possa comprendere tutti mi sembra azzardato (forse era per questo che Dazieri rispose così). Oddio io sto fuori da Mondadori, e quindi parlo colla cognizione dell’appassionato, mentre Mauro parla anche con quella del consulente editoriale, però..qualche testo di critica, in Mondadori, io lo vedo: per esempio ci dovrebbe essere quello, ancora in catalogo, di Calcerano e Fiori: “Guida alla lettura di Agatha Christie”, che ho e che è un bel saggio. Forse pensano che basti una cosa di questo genere per chi vuol sapere qualcosa in più della Christie, chi lo sa..
Certo è che Igor mi disse al telefono tempo fa che esisteva un testo da lui tradotto per la Sonzogno (quando oramai era cominciato il periodo di magra delle traduzioni in casa Mondadori, sto parlando del Giallo classico, ovviamente) di Rex Stout, che poi ho acquistato: certo un qualcosa di diverso, non giallistico, ma..per chi voglia conoscere tutto Rex Stout è un buon viatico conoscere le sue..ricette. Rex Stout non era solo grande scrittore ma anche grande gourmet.
Del resto per la Christie, in giro si trova ancora sul mercato dell’usato o dei remainder’s, la biografia di Gill per la SugarCo.
Io penso che se lui Boncompagni li proponesse oggi i racconti di Daly King forse troverebbe un editor più attento o forse potrebbe tentare con la Libreria; o forse potrebbe tentare con altro editore, per la biografia di Greene, tipo..Polillo, Donzelli. Possibile che il suo amico Marco, così attento al panorama giallistico librario, non gli faccia pubblicare la biografia su Carr che almeno troverebbe come acquirente lo stesso pubblico che gli acquista i romanzi? I costi? Io venticinque-trenta euro, anche quaranta, per la biografia di Douglas Greene su Carr che è il must per ogni appassionato, li uscirei volentieri. Come pure ne avrei usciti anche trentacinque-quaranta se fosse uscito il Dizionario di Maspléde curato in Italia da Luca & Co. 😉
maggio 28th, 2010 at 09:22
Quello dei saggi critici e delle biografie di certi autori importanti, come fa ben notare Mauro, è uno dei grossi limiti dell’editoria gialla italiana. Resta il fatto che è perfettamente inutile tradurre, che so, il volume di Greene su Carr se poi il 95% dell’opera carriana non è regolarmente disponibile nelle librerie italiane. E lo stesso vale per Woolrich, per Queen eccetera: qualche titolo sparso, e poco più. Da questo punto di vista, a mio avviso, uno dei maggiori contributi all’educazione gialla del lettore italiano l’ha offerto, in passato, la collana degli Omnibus, pur con tutti i suoi difetti. Volumi che restavano in catalogo per anni e anni (alcuni addirittura per decenni interi) e che non si limitavano a coprire solo Christie, Stout, Wallace, Van DIne eccetera, ma toccavano anche Ross Macdonald, Wade Miller, Jonathan Stagge eccetera.
Per dire, ho davanti agli occhi “Sette casi per il dottor Westlake,” di Stagge. Sette romanzi, ben 1121 pagine. Provateci oggi, a proporre a un editore italiano un’operazione del genere. Ben che vada, vi tirano dietro una scarpa.
Quindi, pensare alla pubblicazione di testi critico-biografici nel nostro Paese è ormai diventato un “wishful thinking,” una pia illusione: non ci sono più, in larga parte, neanche i romanzi fondamentali del genere, figuriamoci se c’è spazio per il resto.
maggio 28th, 2010 at 16:46
Piero, il libro di Calcerano e Fiori è fuori catalogo da quasi vent’anni:-)
maggio 28th, 2010 at 18:36
Il problema sollevato da Luca è così reale da essere una delle grandi piaghe non solo dell’editoria italiana, ma in buona parte anche di quella mondiale. Trovare le backlist degli autori, superati i due o tre anni dalla prima edizione del romanzo, è un’impresa colossale (si fa prima a rivolgersi al mercato dell’usato). Qualche tempo fa, Bill Pronzini si lamentava per l’assenza di ristampe della sua produzione meno recente (e il limite sono sempre i due, tre anni di cui sopra), ma in America non pubblicano più nemmeno Carr e Queen, e anche gli altri nomi illustri del giallo fanno fatica a riapparire, salvo le occasionali ristampe di qualche editore benemerito come Hard Case.
In realtà, talora ho l’impressione che a sparire, poco per volta, sia la memoria storica. Chi scrive non sa nulla di chi ha scritto prima di lui, e chi legge vive in uno stato di ingenua esaltazione, convinto com’è di trovare un capolavoro assoluto, e un’idea originale, nella prima operina scadente che ha occasione di leggere.
E la critica accademica, di sicuro, non ha aiutato (e qui mi riferisco SOLO all’Italia, perché altrove le cose sono molto diverse). Troppa spocchia e (quasi) nessuna vera conoscenza dell’argomento. Alberto del Monte, che era un filologo, se non altro sapeva come documentarsi sulle bibliografie internazionali, anche se ho il sospetto che almeno i tre quarti della roba che citava nel suo “Breve storia del romanzo poliziesco” non l’avesse mai letta. E che dire dei contributi di tanti intellettuali italiani alla storia del giallo? Molti mi sembrano miserevoli, e forse lo sono davvero. Non faccio nomi per carità cristiana, ma potrei citare il caso di Rufus King, un autore su cui il nostro Piero ha scritto qualche giorno fa. Dopo averlo letto, come si capisce facilmente. Cosa che non credo si potesse affermare per un illustre classicista chiamato a cimentarsi anni fa in un saggetto sull’opera dell’autore americano. E mi fermo qui, perché poi ci sarebbero le camere chiuse…
maggio 28th, 2010 at 18:42
Non ci resta che piangere..
Anche se devo ammettere che il discorso sugli Omnibus che fa Luca è pienamente condivisibile. Ma io non mi abbatto: spero sempre che qualche buon samaritano esca fuori. Possibile che abbiano fatto al tempo una Storia del Jazz (che comprai su consiglio di Luca) che è un malloppazzo che avrebbe steso anche Fabio (ma che è notevole), e non possano pubblicare un’opera fondamentale come la biografia di Greene?
maggio 28th, 2010 at 19:18
Sposo pienamente la nostalgia di Luca per gli Omnibus: consentirebbero ad esempio di ripescare i romanzi brevi di Stout (a me ne mancano parecchi) e di ripresentare al pubblico serie, come appunto quella di Westlake, che sono un po’ desaparecide. Sui racconti, di qualsiasi grande autore siano, mi pare notte fonda e ci si deve accontentare dei talenti nostrani; sia detto senza offesa, il dislivello mi sembra però notevole.
maggio 28th, 2010 at 21:57
Però..non credo ci vorrebbe molto a mettere tutto Carr in libreria. Mondadori l’ha fatto tutto (meno forse pochissimi racconti, a me risulta; e il radiodramma, Speak of the Devil) nelle collane mondadoriane da edicola: per quale motivo non potrebbe ristamparlo in libreria tra gli Oscar, come ha fatto per la Christie, che è tutta a disposizione?
POi quando tutto fosse a disposizione si potrebbe anche rimettere parola su Greene. Il discorso sarebbe a quel punto, nella considerazione di una operazione commerciale così interessante, di ritradurre almeno due dei Bencolin fin qui nel catalogo de I Classici del Giallo Mondadori: Mostro e Piazza.
maggio 31st, 2010 at 19:30
NO, No, vai avanti Mauro.
Allora..
Poi ci sarebbero le Camere chiuse. E allora..
Insomma se ho ben capito la situazione italiana con Mondadori e Polillo ora (e Shake), e Le Masque in Francia, sono casi isolati, delle isole felici, insomma. Meglio così.
Il che ci pone nella condizione molto invidiabile di poter fare della critica costruttiva che altrove non è possibile.
Boncompagni dice che stiamo perdendo la memoria storica: ma questo è vero in tutto. Il giallo non è altro che un aspetto del tutto: stiamo perdendo la memoria storica dell’italiano corrente, c’è gente soprattutto tra i più giovani che scrive i temi scolastici facendo uso delle abbreviazioni di sms: lui che è docente lo sa e io lo vedo ogni giorno. Ma per il giallo la cosa è anche diversa: è la società che ci sta intorno e di cui noi facciamo parte che impone una conditio sine qua non, quella che ciò che è antiquato non lo si pubblichi perchè superato. Perchè l’evoluzione, dicono, lo richiede: qualcuno su questo Blog lo affermava tempo fa. Non lamentiamoci quindi che accada quello che dice Mauro: purtroppo quello che lui dice è vero. Mancando il termine di raffronto culturale, si pensa che tutto ciò che viene scritto ora sia del tutto genuino, e che un autore x sia un genio: magari ha usato un’idea già usata da mille autori di cui però nessuno sa nulla. Esempio illustre: Paul Halter, il mio pallino. Halter è il massimo del manierismo, e bisogna dire, TUTTI fanno del manierismo. Solo che lui addirittura cita i suoi autori, Christie e Carr: però per capire e trovare le citazioni, bisogna aver letto tutto Carr e tutta Christie. Molti anni fa io e Igor facevamo a gara nel trovare più citazioni: per es. un romanzo in cui ve ne sono parecchie è “La morte dietro la tenda rossa”. Il fatto è però che una meta lettura è possibile solo quando tu abbia gli strumenti per farla e la conoscenza necessaria; un altro che non la possiede, si ferma davanti alla semplice lettura. E magari, lo trova passabile, nulla più. Invece è notevole; e le citazioni, secondo me, non sono sedimentazioni di chi ha letto tanto e quindi ovviamente finisce per proporre cose che altri prima di lui hanno scritto, ma sono invece volute. Come a intraprendere con il lettore una vera e propria sfida, quasi quella che facevano i Queen nei loro romanzi.
maggio 31st, 2010 at 19:56
Non mi riferisco alla Sfida al Lettore di Queen (e anche di qualcun altro, assai meno conosciuto) ma la sfida metatestuale, che due ebrei che conoscevano la Kabbalah potevano lanciare, infarcendo i loro romanzi di significati nascosti ai più.
giugno 2nd, 2010 at 12:01
è da un po’ che mi chiedo se l’avvento dell’ebook non possa cambiare le cose per quanto riguarda il problema dei libri introvabili e delle ristampe.
p.s. in partenza per il we ho recuperato tra gli altri, in un’edicola della Centrale che spesso offre delle chicche a sorpresa, un CdGM del 2002 tradotto proprio da Mauro Boncompagni, “The Case of the Seven Sneezes” di Boucher.