I classici de Il Giallo Mondadori 1340: Il 31 Febbraio
Cranio fratturato e collo spezzato. Il 4 febbraio è morta così la moglie del signor Anderson, cadendo dalle scale della cantina. Era andata a prendere una bottiglia di vino per la cena, e l’interruttore della luce guasto l’ha tradita. Ma c’è una scatola di fiammiferi, accanto al cadavere. Forse mentre scendeva si è spento il fiammifero ed è scivolata. Oppure qualcosa l’ha distratta, facendole perdere l’equilibrio. Tutte le ipotesi sono possibili, ma anche inutili se il verdetto è di morte accidentale. Sempre che sia stato davvero un incidente. C’è chi giudica sospetto il comportamento del marito: perché in cantina non è andato lui? Perché da un po’ di tempo sembra assente e preoccupato? E poi c’è qualcuno che lo perseguita manipolando il calendario sulla sua scrivania, in ufficio, per impostarlo su quel tragico 4 febbraio. Come un macabro avvertimento. Per Anderson è solo l’inizio, e prima che gli sia concesso di trovare la pace dovrà combattere una lunga battaglia. Fino al giorno 31…
Julian Symons (1912-1994), britannico, è stato un importante poeta, critico e saggista, con un interesse collaterale per la narrativa giallistica. Nella sua produzione di romanzi e racconti si distacca da un modello di indagine rigorosamente razionale per introdurre elementi di ambiguità e di analisi psicologica. Ha dedicato alcuni omaggi letterari, anche di ambientazione moderna, alla figura di Sherlock Holmes. È stato presidente del Detection Club e ha vinto numerosi premi, tra cui l’Edgar e il Grand Master. L’ispettore Bland e l’investigatore privato Francis Quarles sono tra i protagonisti ricorrenti delle sue storie.
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gennaio 30th, 2014 at 10:27
…ovviamente pubblicato a febbraio, questo romanzo è uscito negli anni ’50 per Longanesi e poi mai ristampato. L’autore è forse poco noto al grande pubblico, ma a mio avviso rappresenta una delle personalità più colte e significative della letteratura britannica, mystery e non solo, del secolo scorso. Critico dalla acuta capacità di analisi, indimenticabili sono le sue prefazioni-postfazioni ai romanzi di Agatha Christie usciti negli Oscar Mondadori (anni ’70-’80). Pochi suoi titoli sono stati pubblicati nelle collane Mondadori, ma due – “I falsi di Amberside” e “False verità” – sono dei gioielli (per trama, scrittura e ambientazioni) che consiglio a tutti di riscoprire.
febbraio 2nd, 2014 at 11:36
Che sia stato un grande critico,non c’è ombra di dubbio: il suo “Bloody Murder – from the Detective Story to the Crime Novel”, rimane a tutt’oggi forse la migliore opera di critica incentrata sul genere poliziesco, che mai (fino ad oggi) sia stata scritta.
Tuttavia, proprio in quel “from the Detective Story to the Crime Novel” si può ravvisare a parere mio, l’elemento disturbante: Symons era autore e nel tempo stesso critico, e se lui stesso passò dalle primissime sue opere( nel segno della detective story ad enigma), a quelle dominate dall’intreccio psicologico, come critico non si mantenne del tutto imparziale (perchè così sarebbe dovuto essere) ma criticò aspramente il genere mystery classico basato sul puro enigma a favore del thirller psicologico in cui lui vedeva – sbagliando per me – l’orizzonte definitivo e giungendo a definire il mystery classico, un sottogenere. Il suo unico errore fu cioè di non aver compreso che un genere può avere diversi orizzonti, e non solo uno per forza. E non è neanche detto che un determinato tempo dovesse essere identificato esclusivamente da un sottogenere. Secondo me, apprezzò Agatha Christie per la capacità di evolversi e quindi di cambiare il modo di scrivere in rapporto al mutare dei tempi, passando dalla Spy story al mystery più classico che non si può, alla Crime Story, al genere psicologico. Ma non è detto che uno dovesse per forza cambiare il suo modo di scrivere.
Così, se vi furono scrittori che continuarono a scrivere mystery per tutta la vita, forti del loro successo (Carr), ce ne furono altri che, meno forti e meno conosciuti, che avevano sfruttato la corrente del mystery finchè era stata impetuosa prima della seconda guerra mondiale, o si adeguarono al nuovo corso postbellico, o criticati per il loro modo di scrivere perchè incapaci di scrivere altrimenti, cessarono del tutto.
In età senile, ebbe come un ripensamento sulle sue tesi a riguardo della precedenza del giallo psicologico su quello ad enigma, pubblicate a partire dai primi anni ’50.
Chi volesse conoscere più da vicino il personaggio, può andare a rileggere il mio “medaglione” circa Symons, un lungo articolo con bibliografia, su Sherlock Magazine, da cui potrà capire perchè a Mariano proprio quei romanzi – che ha citato – piacciano e li consigli:
http://www.sherlockmagazine.it/rubriche/4166
😉
febbraio 4th, 2014 at 10:46
Piero, ho trovato molto molto interessante il ‘medaglione’. Grazie per la segnalazione. Anni fa riuscii a trovare sul mercato dell’usato l’edizione italiana dei ‘Grandi detectives’ di Symons, e trovai molto gradevoli i vari pastiches con ricostruzioni di dettagli ‘inediti’ nella vita di Poirot, miss Marple, Ellery Queen, Nero Wolfe… Symons sarà stato discontinuo (“La familgia felice”, edito una quindicina d’anni fa nel Giallo Mondadori, mi sembrò di una noia mortale) ma nei suoi momenti migliori merita di essere letto e magari anche riletto.
febbraio 7th, 2014 at 23:03
Partito con la lettura. Le prime cinquanta pagine sono piacevoli e originali.
febbraio 12th, 2014 at 10:31
Finito stanotte. Pubblico qui la mia recensione.
Faccio fatica ad esprimere un giudizio su un libro molto particolare (pure troppo, mi sento di dire…). Alla fine mi tocca fermarmi a metà strada, dandogli un 6,5, anche se questo è tutto tranne che un romanzo “a metà strada”, banale o mediocre, visto che ritengo che possa piacere tantissimo, ma, in egual maniera, deludere tantissimo. Provo a spiegarmi attraverso alcune riflessioni. Primo: è innegabilmente scritto bene, con un’ottima e piacevole descrizione dell’ambiente pubblicitario, che caratterizza almeno tre quarti del libro (prima di un finale altamente psicologico, incentrato quasi interamente sulla figura del protagonista, in cui anche la prosa diventa un po’ più criptica). Secondo: è un libro che non finisce con una certezza, ma il finale, che pure spiega molto, lascia aperta la porta al dubbio su come siano andate realmente le cose per quel che riguarda il centro nevralgico dell’enigma (soluzione che, personalmente – da amante del giallo classico specialmente per la “catarsi” finale basata su prove razionali ed esposte con fair play dall’autore nel corso della narrazione – trovo negativa, pur sapendo che molti lettori dall’approccio più “moderno” del mio l’apprezzano). Terzo: lo trovo adattissimo come plot per la sceneggiatura di un film, meno come romanzo in quanto tale. Tutto ciò premesso, si può capire come possa essere valida la mia apparentemente contraddittoria affermazione che non mi sento di consigliarne la lettura, ma che capisco allo stesso tempo come qualcuno possa trovarlo un capolavoro o quasi.
P.S.: Alla fin fine, chi gioca con fair play più di tutti è l’editore, che scrive, in prima di copertina: “Nessuno saprà la verità”…
marzo 3rd, 2014 at 00:36
appena comprato,lo inizierò prestp